martedì 29 ottobre 2013

Una vita in punta di piedi

In una plumbea giornata autunnale che cosa rimane da fare a due tardone solitarie sulla via della depressione se non cercare conforto nella convivialità e nel buon cibo?
Si sa che il calore della compagnia scalda i cuori e il buon vino la pancia. E' così che con mia cugina Emiliana domenica scorsa ci siamo sfacciatamente "imbucate" alla festa di compleanno di un caro amico, un ragazzo alla mano, sempre gentile e disponibile, che ha festeggiato il suo......novantatreesimo compleanno.
Si, parlo di Dino, il padre di mia cognata Daniela. Clandestine non proprio, perché la, in quel di Massarosa, siamo logicamente di casa.
Aver conosciuto Dino e la sua famiglia è stato indubbiamente un colpo di fortuna.
Lui è la persona che non ti stancheresti mai di stare a sentire, anche se ti parla dei momenti brutti come la guerra e la prigionia che lo hanno tenuto lontano dagli affetti per tanto tempo.Lui e la sua esperienza di vita.
E' uno di quei vecchi che potrebbero far parte di un brano qualsiasi della nostra letteratura classica.
Vecchio per modo di dire, perché a dimostrazione che l'età è una condizione mentale e non una questione anagrafica, lui conserva una mente lucida e uno spirito brillante da ragazzo maturo.
Non molto alto, magro, con il volto perennemente abbronzato di chi vive a contatto con la natura, ha una foltissima capigliatura di un bianco candido e due occhietti da sparviero sempre attenti e sorridenti.
Cordiale, educato, mai imbronciato, mai una parola storta. Non l'ho mai visto irato o rancoroso verso qualcosa o qualcuno.
Lui ha fatto del lavoro e dell'amore per la sua famiglia il suo scopo di vita, e si è dedicato al suo progetto con pazienza e devozione.
Penso che non sia mai dovuto ricorrere alle imposizioni o alla coercizione per allevare i suoi figli, consapevole come solo i migliori lo sono, che il modo più giusto per educare è l'esempio.E so di non sbagliare nel pensare a lui e alla sua consorte come a due persone dalle quali dover imparare molto.
Ida, la compagna di tutta una vita che l'ha lasciato ormai da qualche anno.
Ida, per amore della quale ha rinunciato al bar con gli amici e al fumo. In virtù di quei compromessi d'amore che rendono migliore il vivere insieme.
Ida, che accompagnava in Chiesa per tutte le feste comandate.
Ida, che ora spicca in una bellissima foto campestre appesa al muro, con lui in primo piano e lei con quei brillanti occhi verdi dietro le spesse lenti, che alle sue spalle lo guarda attenta come a dire: "Io sono qui e ti seguo ancora!"
Ma se qualcuno avesse potuto pensare a un crollo di lui beh, si sbagliava di grosso.
Il nonno Dino ha tenuto duro, ed ogni mattina, imperturbabile, risponde all'appello del destino con un "Presente!" ancora carico di cose da fare e di lavori da realizzare.
"Sapevamo bene" mi ha detto una volta serenamente, "che uno dei due prima o poi avrebbe dovuto andarsene. Sarebbe stato bello poterlo fare assieme, ma capita solo ai più fortunati. E ora non c'è che aspettare il momento in cui sarò chiamato a raggiungerla."
E all'Emiliana che non riesce a riprendersi dal trauma del suo recente lutto, ha detto quasi sottovoce per non dar fastidio ai commensali: "Non credere che col tempo il dolore passi. Non c'è giorno che io non pensi con nostalgia alla mia Ida. Ma bisogna andare avanti, anche per rispetto di chi abbiamo vicino e si prende cura di noi!"
Grande Dino! Sempre così moderato nell'esporre le sue idee. Sempre così attento ai problemi degli altri e così rispettoso delle altrui scelte. Così ponderato eppure così acuto, con quel suo simpatico, ricorrente intercalare, quel.."diciamo".. che usa così spesso per prendere tempo ed entrare nella vita degli altri senza irruenza, senza scalciare. In punta di piedi, ecco.
Ho saputo da non molto quanto è stato importante per mio padre e quanto lo abbia aiutato anche materialmente quando lui ne ha avuto bisogno. E per questo gli sarò riconoscente sempre.
Adoro e ammiro come lui si muove in mezzo ai suoi familiari non come un patriarca  arrogante e spocchioso, ma con serena compostezza come un attento compagno di vita. Umiltà e rispetto. Le doti che fanno grandi le persone.
E che dire di quanto si emoziona vedendo la nipote Sara in collegamento dalla Spagna che vuol fargli gli auguri?
Ha gli occhi lucidi ma sdrammatizza scherzando e offrendole, in un gioco da adolescente dispettoso, una fetta di torta attraverso il monitor.
Sì caro Dino, sei un uomo che offre ancora una miriade di emozioni, ed io...diciamo... ti voglio un gran bene.
Grazie a te e ai bei momenti che ci regali (ma anche all'ottimo vino che ci fai bere) , ho scoperto che per vivere bene " non abbiamo bisogno di giorni migliori, ma di persone che ci migliorino i giorni."
A presto.


                                                             Ognuno sta solo sul cuor della terra
                                                              trafitto da un raggio di sole,
                                                              ed è subito sera.

                                                                                                  Salvatore Quasimodo

martedì 8 ottobre 2013

Cronache d'Estate

Devo prenderne atto, non è stata un'estate delle migliori, anche se non si è mai sentito quel caldo torrido che io proprio non riesco a tollerare, e le notti, piuttosto fresche, ci ha costretti raramente ad azionare il ventilatore.
Ma qualcosa non è andata per il verso giusto, Troppe cose storte, troppa ansia, troppi eventi spiacevoli, e la tensione l'ha fatta un po' da padrona. Eppure, se pur con un mese di ritardo ché che giugno è piovuto quasi sempre, la stagione non era cominciata poi così male......

                                            12/ 6/ 2013

E così , finalmente, Giulia ce l'ha fatta, è riuscita in qualche modo a portarsi a casa il suo diploma di Maestra d'Arte, entrando così ufficialmente nel mondo dei disoccupati diplomati. Ma questo non è importante. L'importante per lei era riuscire a dimostrare di essere in grado di farcela, di riuscire ad arrivare come gli altri, come tutti quelli che hanno un minimo di orgoglio, di cervello e di discernimento, di non essere "diversa ". Ma quanta fatica!
Che lei non sia portata per lo studio è palese: non ama leggere, non ama approfondire. Riesce bene solo nelle materie più affini al suo modo di sentire, l'italiano, la storia dell'arte, la sociologia, e il lavoro manuale, che avrebbe dovuto essere prioritario nella sua scuola e invece negli ultimi due anni è stato completamente trascurato.
Se a questo aggiungi tutto il resto, il suo disagio, il suo non sapersi rapportare, il non sentirsi capita, appoggiata, apprezzata, e la sua assoluta mancanza di senso del sacrificio e del dovere, allora ti meravigli di come possa esserne venuta fuori.
In effetti è iniziato tutto con un patatrack. Quella che doveva essere una ritemprante vacanza pasquale, si è trasformata in un trasloco forzoso. Così si è stabilita qui, a casa della zia. Il paradiso fiscal-sentimentale di tutti i reietti e derelitti. Ed è stata dura per tutti!
Lei che vive in un mondo "tutto suo" dove non esistono regole, ha dovuto per prima cosa accettare l'idea che forse star fuori di casa poteva essere la soluzione migliore, prenderne atto e affrancarsene emotivamente.
Ha dovuto sottoporsi, lei che è un bradipo senza concezione del tempo, a ritmi regolari e frenetici per non perdere più neanche un giorno di scuola e dimostrare, anche ai prof la sua volontà di recuperare.
Ma più che altro ha dovuto mettersi sotto con lo studio, organizzando i suoi momenti per farci incastrare tutto, con la consapevolezza che nessuno ti regala niente, che anche la benevolenza e la stima vanno conquistate con i fatti.
Non è stato facile. Specialmente lottare contro i momenti "no", la sua voglia di mollare, di sbattersene di tutto e tutti. La sua voglia di richiudersi rifugiandosi nell'apatia e nel menefreghismo.
Ci sono stati momenti tremendi, colpi di mare a traverso che lei poi, immancabilmente, trasformava in disagi fisici e crisi psichiche.
Il momento peggiore è venuto a un mese dalla fine dell'anno scolastico quando, dopo un brutto scivolone proprio nella sua materia preferita, la storia dell'arte, aveva pensato di arrendersi. Ogni mattina alla sveglia la solita storia e il suo brutto inveire contro tutto. Ma la cosa peggiore era vederla piegata in due per i dolori di stomaco, prepararsi con le lacrime agli occhi. Giuro che sono stata tentata di dirle di mollare. Ma gli errori del passato insegnano (o così dovrebbero) e sono riuscita a tener duro. Non mi sono fatta intenerire.
Sì, perchè questo è stato un po' il diploma di tutti noi : della Daniela che ne ha ignorato gli irrispettosi scatti d'ira, la sua arroganza. Che ha saputo contenersi nel non mandarla a quel paese ogni volta che le capitava di dare i numeri per ogni minima contrarietà.
E' stato il diploma dei parenti che le sono stati vicini, delle mie amiche che l'hanno ascoltata con pazienza e consigliata. Dei suoi amici più cari che non hanno esitato ad "attaccarla al muro" rimbrottandola perché non si lasciasse di nuovo andare. Ed è stato il diploma di Serena, la cugina erudita, che è riuscita a donarle un po' del suo prezioso tempo per aiutarla nella stesura della sua tesina sull' Oigine dei tatuaggi, che si è poi rivelata essere il punto forte del suo esame perché ha colpito tutti per la sua originalità.
E' arrivato solo un 60, è vero. Ma per tutto quello che rappresenta, per tutta la fatica che le è costato, vi assicuro che vale più di un 100 e lode.
Sì, la Giulia deve dire grazie a tutte queste persone, perché ognuna di loro le ha donato qualcosa.
Ma deve dire grazie, come ho cercato di farle capire,  anche a quelle che le sono andate contro, quelle che l'hanno fatta incazzare, che l'hanno fatta piangere a volte umiliandola. Perché sono proprio loro che l'hanno fortificata costringendola a guardarsi dentro ed affrontare, vincendoli, i propri fantasmi.

Così, archiviata anche questa pratica, è cominciata la stagione. Ma quest'anno non è stata serena per niente.
Mancando i gemelli Luca e Roberto (per mare entrambi) , anche lo spirito goliardico di Livio ne ha risentito, ed è stato tutta l'estate, come un indomito Peter Pan, alla ricerca disperata di una spensieratezza tanto necessaria quanto oramai esaurita. Non fa più parte del nostro patrimonio genetico, ma lui non si arrende. E meno male, almeno noi ragazze siamo riuscite ogni tanto a farci una salutare risata.
Ma le brutte notizie incalzano e si susseguono ad un ritmo troppo incalzante.
Dopo il povero Gaetano, se ne va anche il mio amico Beppe, forse il più grande cheff della Versilia,, non che caro compagno di cene goliardiche. Una delle persone più speciali che io abbia mai conosciuto, e lascia un vuoto più grande di quello che avrei potuto immaginare, perché con lui si chiude veramente un epoca. E' la fine di un ciclo, ma non è finita.
Così, all'improvviso, "senz'avvisa'nessuno", come avrebbe detto il mio amico Casani, mio cugino Enzo se n'è andato in un soffio spirando, in una calda notte d'estate, tra le braccia di sua moglie, mia cugina Emiliana, lasciandola nello sconforto più assoluto.
Ed io, all'ennesima botta, non ho saputo far di meglio che rinchiudermi in me stessa. Mi sono rintanata nel bozzolo del mio dolore senza riuscire a dipanare la matassa dei pensieri tristi che mi si sono aggrovigliati in testa.
Nemmeno l'arrivo per le vacanze dei miei amici Nello e Paola mi ha tirata su di morale, anzi. arrivati con un paio di giorni di ritardo si sono tirati dietro il pensiero per il nipotino Gabriele tornato dalle vacanze con i genitori e ricoverato in ospedale per una forte diarrea.
E le cose poi sono andate anche peggio...ma andiamo con ordine....

                                          Il Guerriero !

Quando Daniela, da Milano, mi ha telefonato all'inizio dell'estate, per poco non mi prende un colpo tanto era concitata.
"Cosa sarà successo?" ho pensato subito. E poi:"Vuoi vedere che è di nuovo incinta ?"
E qui sono andata un po' in confusione non sapendo come prenderla né cosa dire. non potevo far altro che ascoltare fiduciosa.
Beh, non era una gravidanza ma ci sono andata vicina, perché è stato comunque l'annuncio di una nascita, anzi, di una  rinascita: quella di Gabriele.
"Sai Alfreda, volevo tu lo sapessi subito.. i medici hanno detto che il Gabri ce l'ha fatta, è uscito dall'autismo. Siamo così felici e volevamo condividere con te la nostra gioia."
Ho provato un tuffo al cuore, quasi un senso di mancamento. Ma che cavolo, non si può svenire per una bella notizia. Così, cercando di frenare il tremito della voce, provo a dirle le parole che forse lei si aspetta da me. Ma di fronte alla forza di questa splendida madre, mi sento totalmente inadeguata.
Che cosa si può dire quando si vivono cose come questa, così grandi che ti portano per forza a pensare che Qualcosa di veramente grande esiste, che ti portano a Credere.
Gabriele è caduto nell'autismo da piccolissimo, sembra a causa di un vaccino. Ed è stato un colpo durissimo per tutti, l'ennesimo per questa giovane coppia di ragazzi. Ma il loro Dio ha voluto che si accorgessero subito che qualcosa nel loro piccolo non andava, ed hanno reagito subito, senza indugiare, senza nascondersi dietro l'ipocrisia di parole pronunciate a metà o il non voler accettare la realtà.
Ci sono coppie che, al presentarsi delle prime difficoltà, barcollano, si perdono. Loro no!
Loro hanno subito preso coscienza della cosa ed hanno cominciato a lottare insieme, a lavorare con amore ancor più forte su quel progetto di famiglia che volevano costruire insieme. E il figlio maggiore, Matteo, non è certo stato da meno, perchè ha supportato i genitori in ogni modo e con ogni mezzo. Con amore.
Ecco, io penso proprio che sia l'Amore la chiave di questa storia.
L'amore che ti porta a credere, che ti spinge a dare senza aspettarti contropartite. L'amore che non giudica, che non addita che non inveisce mai, perché fatto di fiducia e fede.
Sì, sono sicura che la fede e l'amore hanno fatto di questa ragazza minuta e sensibile una fiera amazzone. E della sua forza la famiglia intera si è nutrita
Così dopo anni di triboli e sfiancanti alti e bassi, la loro temperanza ha dato i suoi frutti: Gabriele sta bene e a settembre potrà tranquillamente cominciare la scuola.
E' gioia grande e partono per le vacanze in Puglia, terra di Daniela, che dai suoi olivi ha ereditato la forza e la bellezza. Bellezza tipicamente mediterranea che nemmeno in questi anni tribolati si è affievolita e prorompe dalle foto vacanziere da loro postate su facebook per gli amici.
Ma non è finita. Ancora il fato è in agguato e il piccolo si ammala. Non una semplice diarrea, no.
La sua malattia, la SEU, è gravissima e rara. La cerco in Internet e mi terrorizzo.
Il bimbo, ormai ricoverato in ospedale, perde la media di un chilo al giorno, e non voglio ora elencare i rischi che corre con le piastrine ormai impazzite e i reni che potrebbero cedere da un momento all'altro.
Siamo tutti in apprensione e mentre i nonni non possono far altro che tornarsene a casa spaventatissimi, io sento crescere in me una rabbia assurda.
"Che senso ha "mi chiedo "fare questo miracolo del sanarlo da una malattia, se poi si deve cadere di nuovo nella disperazione, temere di perderlo e stavolta sul serio. Che senso ha accanirsi ancora contro questa creatura, questo scricciolo di bambino. E quanto ancora possono sopportare i suoi genitori?"
Tutte domande senza risposte.
Una sera Andrea, il padre, mi ha confessato per telefono di essere veramente spaventato e mi ha chiesto di pregare per il bambino. "Una di quelle preghiere che sai fare te!" mi ha detto.
E io mi sono sentita una merda. Perché in effetti io la preghiera già l'avevo fatta, proprio a modo mio, come voleva lui. Ma è stato meglio che non ne avesse mai conosciuto il contenuto.
Eppure, da parte loro, mai un segno di scoramento, di abbandono.
Poi, di colpo, il Guerriero ha reagito e ha di nuovo preso in mano le redini della sua vita. Ne è venuto fuori alla grande lasciando anche i medici di stucco.
Secondo me Gabriele è un prode, un lottatore nato. Non sottovaluterò mai più la sua forza, la sua "energia interiore", che non so da dove gli venga,m dove la trovi. Ma c'è. Non c'è dubbio.
E non so quante volte ancora la vita lo metterà alla prova, ma sono certa di una cosa: lui non mollerà mai. Perché ha un qualcosa dentro che va oltre ogni possibile umano pensare. E i poverini come me, quelli che credono di poter comprare la fede a etti nei supermercati, non possono che farsi da parte e inchinarsi al cospetto di questa forza da guerriero di luce.
Ecco, di lui ho voluto scrivere. Perché è una storia a lieto fine. Una storia d'amore, appunto.
E se non è amore questo........

Poi sono arrivate le piogge.
Via gli ombrelloni. Via quest' estate tediosa e faticosa. Ben venga l'Autunno, con un ritmo di vita più lento meno frenetico. Con meno gente ciarliera intorno ma un po più di tempo per se stessi e per riposare la mente. Per ricaricare lo spirito.
La vendemmia di Dino giunge a puntino. Un attimo di convivialità sereno, una pennellata di ottimismo che aiuta ad andare avanti.
Dino, che con i suoi 92 anni fa progetti per la semina della prossima Primavera. I ragazzi parlano di viaggi fatti e da fare, e l'Emiliana, seduta accanto a me, si sforza di sorridere cercando di non pensare a quello che è stato, con la consapevolezza che altro non si può fare se non cercare di tirare avanti. Provando ad ignorare che a volte, magari inaspettatamente....
"....la vita, ad un tratto....si mette a sede'  ".

Il mio amore

. .Sì, è vero, il nostro è stato un amore a prima vista. Non appena i miei occhi e i suoi si sono incrociati, ho capito che era l'uomo della mia vita, quello a cui ti puoi appoggiare, su cui poter fare affidamento. E che fosse anche bello era solo un fatto secondario, io lo avrei visto bello comunque perché aveva una luce dentro che lo rendeva speciale.
Simpatico, brillante, intelligente. Ma anche sarcastico, pungente e a volte irriverente, era comunque sempre l'anima, il cuore pulsante di ogni gruppo che frequentasse.  Un vero mattatore.
Condividevo gran parte delle sue passioni: le letture, le poesie che gustavamo spesso insieme, i films, la musica, lo sport e il mare, il fil-rouge della nostra vita assieme. E io mi nutrivo del piacere di essere spesso la sua compagna di giochi, la sua "complice".
Praticamente vivevo della sua luce riflessa, eppure avevo sempre una specie di timore reverenziale che mi impediva di manifestare in modo più esuberante il mio amore per lui.
Lo ammiravo; anche se, ogni tanto, tra me e lui scattavano scintille che innescavano liti furibonde.
Ma non ha mai smesso di essere il mio punto di riferimento, la mia guida, e, se possibile, l'ho amato ancora di più quando ho scoperto la sua fragilità, la sua debolezza.
Allora sì che avrei voluto stringerlo a me e coccolarlo, sbaciucchiarlo,infondergli forza e dargli fiducia in un futuro migliore e più sereno. Ma non ci sono riuscita, e così mi ha lasciata. Vuota, distrutta, smarrita. Sola.
Eppure tutto quello che di bello ha saputo donarmi, ancora mi sorregge e mi supporta . Ed oggi che è il tuo compleanno, anzi sarebbe stato, voglio comunque mandarti un pensiero caro: tanti auguri pappà.
E grazie di avermi aiutata a ricominciare a scrivere.

                                           Annullare il presente
                                           e ricopiare i tuoi passi
                                           padrona del tuo passato,
                                           per scoprire infine
                                           dov'è che ti nascondi.

                                           Come fossi l'aria
                                           e non ti fai respirare.
                                           Come acqua tra le dita
                                           te ne scivoli via
                                           e ancora è sete di te.

                                                                            Perla