lunedì 28 aprile 2014

Nostalgia in Rosso

A Gerusalemme un turista passa tutti i giorni davanti al Muro del Pianto e  nota che un uomo è sempre lì a pregare. Un giorno, incuriosito, decide di parlargli:
"Lei viene a pregare qui da tanto tempo?"
"Si, da da circa vent'anni!"
"E posso sapere per cosa prega?"
"Per la pace nel mondo, perché nessuno abbia più fame e si possano guarire tutte le malattie."
"E che impressione ha?"
"L'impressione di parlare a un muro..."

E' una sciocchezza, è vero, infatti l'ho trovata sull'Enigmistica di questa settimana. Ma la cosa strana è che mi ha colpita non facendomi ridere, che di comico non c'è proprio niente, ma per la marea di pensieri che mi ha suscitato.
Certo che sono proprio strana! Cerco di rilassarmi facendo parole crociate, e poi basta un nulla che la mia testa parte in quarta, e penso...
Tra poco sarà il 1° Maggio, festa dei lavoratori.  Ma quali lavoratori se gran parte degli italiani è senza lavoro, o in mobilità, o pensionati!?  Cos'è questa amarezza che mi pervade e mi fa apparire questa ricorrenza come una presa in giro, un'anacronistica illusione.?
Sì, si ha proprio l'impressione di aver passato tutti questi anni a parlare contro un muro. Eppure noi ci avevamo creduto.
C'è stato un periodo che ho mangiato pane e partito, ma all'epoca il "Partito" era quello per antonomasia, non c'era da sbagliare.
Gli anni della contestazione studentesca, il '68, quelli del "mettete dei fiori nei vostri cannoni", me li sono fatti tutti, non mi sono fatta mancare niente. Le sfilate folte di bandiere, i cortei di protesta, il picchettaggio davanti alla scuola ché nessuno doveva entrare durante gli scioperi e la cariche della Polizia sui viali a mare.
Gli operai dei cantieri con striscioni e fischietti, e quelli della F.E.R.V.E.T., affacciati al muro della fabbrica occupata, che aspettavano le mogli da incoraggiare, i figli da baciare o le madri, con qualcosa per poter mangiare.
E mio padre : "Pierina, portiamogli la branda che un s'usa più, almeno ci dormono"
E pur rischiando, con la Polizia che controllava all'esterno, riuscimmo a lasciarla appoggiata al muro di cinta.
" Che volete," fece mio padre con voce tranquilla, "la lascio lì perché e arrugginita e un mi serve più!" e lesti ce ne tornammo a casa.
Quello era il vero Comunismo, quello che ho imparato a conoscere e che mi ha inondato il cuore.
Poi, ormai ragazza, conobbi Gianpaolo, e con lui divenni un'attivista assidua. (Anche troppo!)
Uscivamo di casa e la nostra meta era la Federazione, quella in Via Regia con la mitica Paola come segretaria. Mi occupavo della scuola, naturalmente, e del tesseramento andando casa per casa a rinnovare le iscrizioni. Ad essere sincera non mi sentivo proprio a mio agio nel chiedere soldi a quella gente che certo ricca non era, ma che cordialità che mostravano. E nessuno si tirava indietro.
E in estate, sul mare, su e giù per la spiaggia a vendere "L'Unità". Roba che, una volta smaltita l'ultima copia, ti guardavi le braccia e ,dopo che il sudore aveva fatto il suo lavoro,  ci trovavi stampato l'articolo di prima pagina. Bemmi tempi!
Ma il momento più bello  era l'allestimento in pineta, vicino allo stadio, della Festa dell'Unità. Un mare di rosso nel verde profondo!
Mi ci impegnavo giorno e notte, ininterrottamente, prestando servizio tra la cucina e i tavoli. Accompagnata naturalmente dal brontolio di mio padre che mi rimproverava perché a casa non facevo niente per dare una mano alla mamma.
Non mi contestava per le idee, ma per la poca simpatia che nutriva per la sviscerata, esagerata, totalitaria passione politica del mio ragazzo, da lui soprannominato Papao, che a suo dire mi condizionava la vita.
A pensarci bene non aveva tutti i torti, ma io ero assolutamente assorta nel mio ruolo di passionaria studentessa contestatrice. E poi non era colpa mia se quel manipolo di gente si chiamava Marco Sormanni, Mameli detto Mamelone e un giovane rampante Milziade Caprili che diceva stimarmi molto per come tenevo testa a suo cugino Giampaolo (alias Papao, per l'appunto). Mi volevano bene tutti, era proprio una grande, bella famiglia.
Ma le cose poi passano, le persone se ne vanno, gli amori svaniscono, e la vita cambia direzione: un lavoro, una casa, i figli. Si cambia giro, ma le passioni restano.
" Eppur la nostra idea...è solo idea d'amor.."
Poi, ricordo come fosse ora, il giorno in cui la mia amica Ughetta corse in casa mia piangendo disperata facendomi prendere un colpo. Era il giorno in cui morì Berlinguer, ed il suo sgomento era ben motivato. Tutti noi eravamo consapevoli che dopo lui si sarebbe aperto un baratro. E così è stato.
Uno sbando totale, una lenta discesa verso un irreversibile, immaturo, convenzionale, futile "compromesso".
Diversi anni dopo ho provato a tornare tra le file del partito, spinta dalle amiche e da una non sopita voglia di fare. Sono stata eletta nella mia Circoscrizione e ho portato avanti il mio mandato con senso del dovere, fino alla fine. Ma non era più la stessa cosa. Non riuscivo ad esprimere me stessa, le mie idee. Nelle nostre pre-riunioni cercavano solo di indottrinarmi, mi davano delle direttive, dei dictat. "Si fa così e basta!" Non c'era alternativa. Ho combattuto non a fianco, ma contro le persone politicamente più ottuse che io avessi mai conosciuto. Una di loro addirittura ebbe la faccia di dirmi che le persone come me sono pericolose per il partito.La mia colpa? Pensare con la mia testa.
Di quel periodo ricordo con affetto e stima solo lei, la Lisandra. Già, ma lei era donna.
Qualunquismo, approssimativismo e quel terribile estremismo come malattia infantile del comunismo.
Che tristezza, e che delusione quel lento svanire del "colore".
Ad un muro, è stato come aver parlato ad un muro. E il risultato poi? Dove sono finiti i nostri ideali, le nostre passioni?Il Comunismo dov'è?
Noi volevamo un mondo pulito, pacifico, solidale, fatto di uguaglianza e parità di diritti. Niente, siamo naufragati nell'arrivismo, nel consumismo e nel menefreghismo.
Allora ripenso con nostalgia a quel mare di stoffa rossa, quando le bandiere avevano ancora un significato.
E torno con la memoria ad un libro, "La bandiera", regalato a mio padre nel lontano 1970 da "un certo " Leone Sbrana, scrittore viareggino morto prematuramente.
Quanti di voi lo ricordano, concittadini ingrati?! Eppure è stato un altro grande personaggio della Viareggio che fu. Ma torniamo al libro prima che mi monti il nervoso.
Vi si narra la storia di una delle nostre famiglie ai tempi del Fascio, quando il pane era poco e il fervore tanto.
Lui, Giovanni, è un uomo di mare troppo spesso lontano da casa. Lei, Maria, è la sua donna che si strugge nell'attesa di lui allevando il loro unico figlio.
Giovanni ha un sogno: abbandonare il mare ed entrare nelle file della Federazione comunista per aiutare i compagni e godersi di più la famiglia. Ma all'epoca la cosa comportava molti rischi, era forse più pericoloso che navigare..
Maria ha paura. Teme per il suo uomo, per la sua vita, e finisce che litigano. Giovanni poi, dopo rischi e peripezie, si vede costretto a riprendere la via del mare, a partire di nuovo.
Ma lei, che alla fine aveva capito e condiviso l'ideale del suo uomo, gli ha preparato un regalo: ha cucito per l'inaugurazione della federazione ( di nascosto naturalmente, che il rischio è grande, ) un enorme bandiera rossa. Ed è proprio su quella bandiera, accuratamente nascosta sotto il materasso del letto, che i due fanno l'amore negli ultimi giorni del loro stare insieme.
Io, inguaribile romantica, ho sempre adorato quell'immagine, e, ripensandoci, è proprio come se in tutti questi anni, quelli come me avessero tenuto nascosta sotto il letto una bandiera, fatta di speranze e di ideali.
Abbiamo praticamente dormito sui nostri sogni, nella speranza di poter, un giorno sciorinarli al vento, magari
simboleggiati dal garrire di una stupenda bandiera rossa.
Buon 1° Maggio a tutti!

Dedicato a tutti coloro che hanno lungamente accarezzato il sogno della dolce Anarchia.

venerdì 18 aprile 2014

Un uomo chiamato Gesù

Sembra ieri che ho messo via gli addobbi di Natale e siamo già a Pasqua. Questo tempo corre veloce, troppo, non si ha neanche la possibilità di assaporare le cose, che già si è andati oltre.
Le mie Pasque di bambina erano ben diverse. Più lente, più mistiche, più meditate, anche più noiose se vuoi.
Intanto c'erano le grandi pulizie, perché doveva "passare la benedizione" e guai se la casa, dopo i fumi dell'inverno, non fosse stata tirata a lucido.Come se lo Spirito Santo su un po' di polvere attecchisse meno.
Dunque finestre spalancate, tende rinfrescate, e quell'odore nauseante di ammoniaca, varichina e sidol per lustrare tutto quello che c'era da lustrare. Che noia, non le sopportavo. Tornare da scuola e trovare la casa all'aria mi dava sui nervi. Per fortuna, siccome la mamma diceva di non avere le forze per fare tutto da sola, aveva sempre un supporto esterno, ma tra tutte la più assidua era la zia Iolanda. Zia di mio padre per la verità, ché aveva sposato lo zio Duilio detto "il Gobbetto" a causa della evidente malformazione delle sue spalle,e lei che lo aveva adorato, rimasta vedova da tempo, diceva di lui : "Il mi' marito era storto ma era un dritto!".
Lei era povera in canna, e penso che mio padre la facesse venire più per darle qualcosa che per effettiva necessità. Alta un metro e qualcosa, completamente sdentata tanto che la bocca le rientrava accentuando la punta del mento, aveva una maniera di parlare totalmente di naso, che si stentava a decifrare quello che diceva. Ma era buffa e simpatica, vivace come una trottola.......al mattino. Perché dopo pranzo e qualche bicchierino di vino, che le piaceva tanto, quasi sempre crollava di tono, tanto che una volta, non sentendola più chiacchierare, siamo andati a cercarla e l'abbiamo trovata addormentata sotto il tavolo di salotto.
Gran personaggio la zia Iolanda, che merita certamente, lei e i suoi pittoreschi tre figli, un capitolo a parte (per la serie : a noi Gomorra ci fa un baffo).
Ma torniamo alla Pasqua, che di allegro aveva ben poco.
Dopo i bagordi del Carnevale la parola d'ordine era : Pentiti e cospargiti il capo di ceneri! Ma di cosa dovessi pentirmi non lo capivo proprio, né intendevo in alcun modo sporcarmi i capelli con della cenere.
La mia ignoranza in materia religiosa era abissale. D'altronde non è che in famiglia ci fosse qualche fonte autorevole cui poter attingere. Però ogni rito era sacro e andava rispettato. Come la visita delle sette chiese, o meglio "I Sepolcri" ( ma  di sepolcri non ce n'era uno solo? Boh!) Io mi limitavo a seguire la mamma, la Liviana e la zia Nenzi in giro per Viareggio : San Francesco, San Paolino, la Santissima Annunziata, la Chiesina della Misericordia.....e poi non ricordo più. So solo che questa cosa la facevo volentieri, perché quegli altari ricoperti con piante e fiori dai colori disparati, pieni di lumini e addobbi candidi, erano molto suggestivi e mi facevano sentir bene.
Quando costruirono qui al Campo d'Aviazione la Chiesa di S Rita, ricordo che il parroco di allora veniva con un camioncino dalla mia vicina di casa, la signora Maria, e si faceva prestare le sue stupende multicolori azalee. Lei non aveva figli e quelle, che coltivava con amore nella serra di casa, erano le sue creature.
Poi arrivava il venerdì santo che.."Sta a vede' che alle tre piove" Perché si riteneva che fosse quella l'ora in cui Gesù era spirato sulla croce. E devo dire, se la memoria non m'inganna, che il più delle volte, non so per quale strana coincidenza, ma succedeva davvero.
"Te l'avevo detto." saltava su mia madre. E se invece, per sbaglio non pioveva "E va be', vedrai che da qualche parte l'ha fatta!" OK mamma, va bene così!
E il sabato mattina? Non si sgarrava. Alle undici in punto le barche in porto e i cantieri della darsena suonavano le sirene e bisognava inginocchiarsi e baciare per terra ché Gesù era risorto.
"Ma non risorge di domenica?"
"Un fa nulla, in darsena risorge di sabato, han sempre detto così!" E con questa eloquente spiegazione mio padre fugava ogni mio dubbio.
Ma la cosa che ricordo con più angoscia è la Processione di Gesù Morto. Quella proprio per me era un trauma.
Che vi assistessi dal terrazzo della nonna in Via Cavallotti, o dalla finestra della zia Assunta in Via Matteotti, era sempre scioccante.
Ricordo come fosse ora i drappi alle finestre, i lumini accesi, e quel lento, cadenzato incedere dei portantini che si tiravano dietro, a spalla, l'enorme effige di Cristo morto che trasmetteva, almeno a me, un senso di angoscia. Anche perché quegli uomini uscivano dalla Misericordia imbacuccati in pesanti sai e con il viso coperto da un cappuccio in perfetto stile Ku Klux Klan ( manco so se si scrive così). E fatti pochi passi, proprio sotto la nostra postazione, trak! partiva la banda con la musica che non era proprio Vasco Rossi. Vi giuro che le budella facevano un salto fino alla gola. Eppure immancabilmente, ogni anno, non potevamo mancare alla suggestione di quel cerimoniale.
Finalmente alla domenica festa grande con il pranzo di rito con l'immancabile uovo benedetto e rigorosamente senza sale all'inizio del pasto.
"Mangialo, anche solo un pezzetto ma va mangiato che è benedetto".
"Ma perché?"  "Perché è così, mangialo e basta." E così via con l'agnello, le torte, e il pensiero all'indomani che era giorno di merende.  Pasqua archiviata.
Ora le cose sono cambiate. Le pulizie di primavera le fai quando ne hai voglia e quando il tempo te lo permette, che tanto la benedizione passa un anno si e un anno no, a totale discrezione del parroco di turno
Le sette Chiese più la mamma invecchiava più diminuivano di numero fino :" Entriamo e usciamo di qui sette volte tanto vale lo stesso." E le palme, quelle belle di carta colorata con l'effige di Gesù che portavamo a benedire per poi tenercele vicino al letto tutto l'anno, sono sparite per lasciare il posto ad enormi rami di olivo di cui poi conserviamo solo un pezzetto e tutto il resto, una volta seccato, viene buttato via. Però rigorosamente nell'organico.
Si, sono cambiate tante cose. Ma quel pathos, quella suggestione che mi procurava vedere quel povero Cristo in croce, mi sono rimaste dentro per anni. Finché ho capito!
Io il dolore per la morte di Gesù lo sentivo davvero, ero compartecipe, come se dentro di me avvertissi, immensa, tutta la sua sofferenza, tutto il suo patire di uomo. Che era sì figlio di Dio, ma sanguinava come noi.
Mi ci sono voluti anni anni e un bel po' di letture per dargli un senso, per provare a capirci qualcosa. E ancora non ci sono arrivata.
D'altronde l'essere credente vuol dire proprio "accettare con fede" senza avere mai dubbi. Ma io proprio il significato di quel grosso patire, il perché di quella grande sofferenza accettata così, senza reagire, non riesco ad intenderlo. Mi è ostico. E se davvero Lui si è sacrificato per noi, i risultati dove sono? E' per questo schifo di umanità che ha accettato di morire? Io non riesco a capire.
Intanto, perché nessuno mi ha mai spiegato che cosa abbia fatto Gesù dai tempi della fuga in Egitto fino al ritorno in Palestina? E' con i maghi egiziani che ha imparato a fare tutte quelle cose chiamate "miracoli"?
Poi trovo un libro dove leggo che Gesù, secondo alcuni manoscritti ritrovati nel Mar Morto, apparteneva agli Esseni, una tribù religiosa ebrea, vissuta a cavallo tra il secondo secolo A.C., e il primo D.C.Che, non so con quale stratagemma, sia sopravvissuto alla crocefissione, ( pare che quella spugna imbevuta d'aceto che ogni tanto il Centurione gli passava sul viso, fosse in realtà un anestetico che induceva una morte apparente) e che abbia per anni continuato a predicare in Persia, Afghanistan, India e Asia Centrale per poi finire sepolto in Kashmir.
In un libro sulla Sindone leggo invece di una morte avvenuta realmente per crocefissione (cosa orrenda perché pare si muoia lentamente per il soffocamento causato dalla posizione) e sul volto raffigurato, proprio accanto agli occhi, si scorge l'impronta di due minuscole monete coniate da Ponzio Pilato.
E infine c'è la versione che più mi affascina che è anche  un po' quella di Dan Brown, ma che ho anche cercato di verificare  su altri testi : quella che ci parla del rapporto speciale tra Gesù e Maria Maddalena.
Qualcuno asserisce addirittura che lei fosse in realtà una Principessa Egiziana  (per cui scura di pelle e da qui il culto della Madonna Nera ) che lo accompagnava e lo supportava nel suo peregrinare  in lungo e in largo.
Qualche altro azzarda anche ad una possibile loro fuga in Francia con relativa prole e quindi tanto di discendenza.
Che Leonardo ne sapesse davvero qualcosa? Darei non so che per saperne di più.
E mi perdonino i miei amici ferventi cattolici se per seguire il mio delirio mistico mi sono allontanata dalla Chiesa, ma quel Gesù che ho voluto conoscere attraverso letture, diciamo così, non proprio ortodosse, mi piace molto di più, me lo sento più vicino.
E, divino o no, quello che ha detto è stato veramente rivoluzionario e grande. Basta questo per farne un essere veramente degno d'amore e di venerazione, e posso affermare con sicurezza che, se fossi vissuta a quei tempi, lo avrei seguito in capo al mondo.
Intanto, credente o no, tanto per restare nella "nostra" tradizione, sabato mattina alle undici, a costo di dover essere tirata su a forza, mi chinerò a baciare per terra.  E la Domenica non mi farò mancare l'uovo benedetto, simbolo di vita e d'amore, cercando quindi di continuare a vivere nel modo più cristiano possibile.
Buona Pasqua a tutti.

"Il Signore amava Maria più di tutti i discepoli, e spesso la baciava sulla bocca.
Gli altri discepoli, vedendolo con Maria, gli domandarono : "Perché l'ami più
di tutti noi?" Il Salvatore rispose e disse loro :" Com'è ch'io non vi amo quanto lei?"

                                                                       dal Vangelo di Filippo.

Testi di riferimento:  L'ALTRO VOLTO DI GESU'. Memorie di un Esseno
                               di Anne e Daniel Meurois- Givaudan
                               SULLE TRACCE DI GESU' L'ESSENO
                               del Prof. Fida M.Hassuain
                               SINDONE, LA PROVA
                               di Pierluigi Baima Bollone
                               I SEGRETI DEL CODICE
                               La verità dietro il Codice Da Vinci
                               a cura di Dan Burstein.

domenica 13 aprile 2014

L'uomo senza tempo

Suonano alla porta, vado ad aprire, ed eccolo lì, dietro il cancello del giardino, il mio passato che mi sorride.
L'ha fatto davvero, ha mantenuto la parola ed è venuto a trovarmi. Il mio "Erichino",l'amico dei miei primi vent'anni. E il cuore mi batte come fossi una ragazzina.
Stranamente non mi sento in imbarazzo, non penso al mio aspetto fisico, agli anni passati. Neanche mi sfiora il pensiero di come io possa apparire ai suoi occhi, non ci penso proprio. Anche perché lui entra, ci salutiamo con un abbraccio sincero e cominciamo a parlare, ché di cose da dire ne abbiamo tante.
E' come se il tempo, enorme granchio, avesse fatto un balzo all'indietro. Niente retorica tra noi, niente finto pudore, solo noi due, onesti, sinceri, certamente emozionati nel ritrovarci, e le onde dei ricordi fluiscono placide una dopo l'altra.
Lui si racconta come volesse di botto colmare tutto quel vuoto di tempo, tutte le lacune accumulatesi per il nostro aver vissuto lontani.
Io lo guardo attentamente e noto che i suoi capelli sono appena brizzolati ed hanno ancora lo stesso taglio, le rughe sul viso sono appena accennate e gli occhi sono quelli di allora, verdi e buoni.
Ma è la foga del suo parlare che mi colpisce di più, quella voglia di mostrarsi, di aprirsi, di farsi "riconoscere".
E quello che dice è così vicino al mio mondo, al mio sentire, siamo così simili e in sintonia che è come se ci fossimo frequentati fino a ieri. Il cinema, il teatro, i libri, sono passioni sue come mie, compreso l'amore per questa nostra città così bistrattata e violentata nella sua bellezza, ma che noi ricordiamo con nostalgia negli angoli più remoti e reconditi.
Amico caro, sei veramente un uomo senza tempo, perché da ragazzino dimostravi una maturità maggiore rispetto ai tuoi coetanei e ora, da grande, parli di cose profonde con l'innocenza e l'ardore di un bambino, un  po' pudico e schivo, che vuole proteggere e tener per mano il fanciullo che ha dentro di sé.
Non ti offendere se ti dico che sei davvero "diverso", anzi, devi esserne fiero, perché è vero. Tu sei veramente una persona speciale, solo che, come tutti quelli come te, dovrai faticare di più nella vita per affermare quello che sei. Per difendere i tuoi valori, i tuoi principi. Ma senza questi, mi spieghi che senso avrebbe vivere?
E se oggi non hai quello che avresti sperato, se il senso di colpa per quello che non sei riuscito a fare fa sì che tu veda la vita come una battaglia costante, lasciati andare al bello che è in te per soddisfare i desideri della tua anima, che è grande.
Enrico credimi, non siamo noi i falliti, ma questa società che degrada ogni giorno di più. Sono le persone egoiste, gelose, false, cattive, quelle che rincorrono solo il bene materiale il vero fallimento del mondo.
Forse ancora non l'hai capito, ma tu ti trovi esattamente nel punto in cui avresti dovuto essere, al centro di quel mondo che poteva essere solo il tuo, perché solo tu sei in grado di poterlo gestire.
E l'entusiasmo che riesci ancora a provare, la gratitudine per le piccole cose, l'amore per l'arte in genere, per la natura in tutte le sue sfumature, sono testimonianza che Dio, in quello che di scintilla divina può mostrare, è veramente dentro di te. E ti definisci ateo!
Che piacere è stato averti ritrovato, amico caro, che regalo grande mi hai fatto.Non è facile, credimi, trovare così tanta affinità con gli altri, e nella piacevolezza della tua compagnia il tempo è volato. Già devi rientrare perché ti aspettano.
Grazie  Enrico, grazie per il tempo che mi hai dedicato, per le cose che mi hai detto, per questa comunione di spirito che hai professato. E grazie per essere tornato nella mia vita, perché so che ci rivedremo ancora .
Gran parte di quello che dovevamo fare lo abbiamo fatto, e molto di noi già lo abbiamo dato. A questo punto penso che possiamo permetterci di pensare un po' per noi, di cercare di godere del piacere di esserci ritrovati.
Facciamo un gioco se ti va, come se il tempo non esistesse, non fosse passato. Fingiamo di esserci dati appuntamento in cima al molo, la dove c'è il tuo gabbiano, per ammirare il tramonto ed assaporare insieme quel che resta del giorno. A presto

                                                      La tua amica da sempre.

giovedì 10 aprile 2014

Per ritrovare il tempo...

Se dovessi descrivere come mi sento in questo momento direi : come una tavola da surf in mezzo alle onde!
Ho il cuore leggero come i petali di quel fiore bianco che coglievamo nei campi e su cui soffiavamo affidandoli al vento. Sul viso mi si è stampato un sorrisetto stupido, quasi patetico per una donna della mia età, ma è molto appropriato per chi, come me, ha appena fatto un piacevole salto indietro nel tempo di...beh!, diciamo di tanti, tanti anni. E tutto questo lo devo a Facebook.
E' proprio vero, per scontato non si può mai dare niente. Mi sta sulle scatole questa pratica e l'uso improprio che ne fa chi pubblica foto stupide, odiose, a volte al limite della decenza e del legale.
C'è chi lo usa per offendere, chi sproloquia, chi si crede in  diritto di dire tutto a tutti, chi tira il sasso e poi nasconde la mano insomma, non lo ritengo una cosa necessaria né positiva.
Però ne usufruiscono tutti, anche in casa mia, magari per tenersi in contatto con amici o parenti, o addirittura per lavoro.
A me piace scrivere, lo faccio da sempre. Mi piace farlo per sfogo, per solitudine, per il bisogno di comunicare. E lo faccio a mano, perché sono anche una grafomane patologica.
Ma restare indietro rispetto agli altri un po' mi scoccia. In fondo io sono un Acquario, e i tempi dovrei precorrerli, non adattarmici. Poi ho già una certa, come si dice, e dopo un po' la mano mi duole.
Da qui l'idea geniale: mi hanno convinta ad aprire un "blog"! E così ho fatto.
A qualcuno è piaciuto, l'ha condiviso con altri, che a loro volta hanno apprezzato e...., insomma, mi si è aperto un mondo. Così, come per magia, dando sfogo alla mia viaregginità, sull'onda dei ricordi sono tornati a me, come spinti dal libeccio, due cari amici d'infanzia : Giuseppe e Enrico.
Che emozione ragazzi! Chi se lo sarebbe mai aspettato?!
Entrambi sposati vivono uno a Firenze (ma torna spesso qui nella sua città) e l'altro a poche decine di metri da casa mia. Eppure non li vedo da anni.
Io esco poco, vado poco in giro e sono diventata molto selettiva con le persone. Ho pochi amici ma buoni e non mi manca niente, non sento il bisogno di niente di più.
Alle volte incontro persone, anche vecchie conoscenze, dalle quali mi sento lontana mille miglia, con le quali non ho proprio niente da spartire. Allora evito di intrattenere relazioni, evito la frequentazione, insomma, evito.
Ma di loro, che si sono riaccostati a me apprezzando i miei scritti, ho spiato i profili proprio su facebook e ed ho scoperto i loro interessi, le loro priorità, l'importanza delle cose cui danno importanza, e mi hanno colpito.
Li ricordo ragazzi e ritrovo due uomini maturi, seri, profondi. Due persone che, come me, danno la parola a cose semplici, come una palma solitaria, una vecchia targa sul muro in un angolo nascosto della nostra amata città, o una bella giornata passata pescando arselle. Abbiamo, insomma delle "affinità elettive" che meritano di non essere buttate via..
Cari vecchi amici, io non sono più quella ragazza che veniva alle festine , rideva con tutti e non perdeva mai un giro di ballo. O quella pazza scatenata che correva nei viottoli della nostra pineta seminando un po' tutti. Ti ricordi Enrico? Solo il Di Beo era più veloce di me, ma chissà che fine ha fatto. Ero proprio un maschiaccio. Bene, scordatevi quella persona! Anzi, moltiplicatela per tre. Ma non facciamone un problema,
perché, tutto sommato, penso di essere ancora la brava ragazza che conoscevate, e, per ritrovarla, non dovrete fare altro che guardare nel profondo dei miei occhi, perché è li che si nasconde la mia anima.
Spero proprio che vengano a trovarmi come hanno promesso, avremo senz'altro un sacco di cose da dirci.
Dovremmo farlo anche violentando un po' le nostre abitudini, ma con leggerezza ed allegria.
Dovremmo farlo per dare forma ai ricordi, per esorcizzare gli anni o per dare un senso al tempo. Io ci conto.

mercoledì 2 aprile 2014

Attimi d'Amore

L'altra sera mi è successa una cosa che per me inconsueta non è, perché mi capita, alle volte, di vivere periodi di stanchezza psichica, di scoramento, di abbandono.
Mi succede in genere al cambio di stagione, alla fine dell'estate, quando se ne vanno gli amici o in qualsiasi altro momento topico della vita. Può accadere, no? Non c'è niente di male.
Ma sabato sera non era nessuno di questi momenti. Sabato sera ero tranquilla sul mio divano e guardavo "Amici" pregustando la serata. Perché io, che ho avuto la fortuna e il privilegio di fare teatro con i ragazzi delle scuole per diversi anni, adoro vedere sbocciare i loro talenti. Canto o ballo che sia, mi godo le loro performance come se fossero tutti ragazzi miei.
Ad un tratto entra in scena l'ospite di turno, Renato Zero, per duettare con Miguel Bosé  (che non sono proprio due giovani promesse ) e Boom! Qualcosa dentro mi scoppia e comincio a piangere come una scema, come la più stupida e patetica delle sorcine sessantenni che esista sulla terra.
Ma che mi è successo? Ascolto la canzone, commossa, e mentre una parte di me vi si perde dentro, un'altra si dissocia e comincia a pensare, ad analizzare.
Cos'è che mi tocca così tanto da far crollare di botto quel castello di dura razionalità che mi sono costruita intorno? La canzone recita:  Magari toccasse a me prendermi cura dei giorni tuoi..
Ecco, è una canzone d'amore, etero o omosessuale poco importa, ché l'amore è amore e basta. Ma è proprio questo il bandolo della matassa : l'amore. O, per meglio dire, l'amore che non ho e che mi manca tanto.
In un baleno penso alla mia amica Perla che da poco ha perso il suo Gaetano, il compagno della sua vita. Penso allo smarrimento dell'Emiliana, piombata nel baratro con l'andarsene del suo Enzo. E un po' mi vergogno.
Ma loro almeno sono piene di bei ricordi, convivono con  quelli, non con il vuoto assoluto.Io ho accanto la Fossa delle Marianne ed è peggio che essere sole.
Mi manca una persona con cui condividere momenti, sensazioni, emozioni. Mi manca qualcuno cui confidare i miei pensieri, le mie paure. Mi manca il condividere e l'affidarmi. E mi manca tanto l'intimità, le carezze, i baci, il sentirsi protetta, al sicuro, nell'abbraccio di un uomo, il sentirsi curata. In poche parole, sentirsi amate insomma.
Dove sei Amore? Ti ho cercato tanto. Inseguito ovunque. Ho provato con compromessi, azzardi. Alle volte ho cercato di prenderti anche con prepotenza. Altre volte invece, per non far del male ti ho lasciato andare.
E ora? Cosa mi resta, cosa posso fare ormai per non sentire questo vuoto che mi riempe l'anima. Che ogni tanto mi fa mancare il fiato.
La canzone finisce e le mani dei due si sfiorano.
Ecco dove mi ha portata questa musica.....a quella sera meravigliosa in cui, in macchina con te, salimmo su, fino quasi al Gorchia. Tu mi raccontavi le tue montagne e io, che amo il mare, ho cominciato a guardarle con occhi diversi, perché erano i tuoi. Poi hai fermato la macchina, mi hai fatta scendere in una fresca sera di Maggio illuminata da una timida luna e, accostandoti al ciglio della strada, dove da una fessura nella roccia zampillava acqua fresca, hai unito le mani come una coppa e mi hai detto offrendomela: " Senti come è buona!"
Io quel momento l'ho ancora vivo dentro di me, tanto che l'altra sera è zampillato fuori come quell'acqua che con semplicità mi offrivi. Era niente, è vero. Solo un piccolo gesto. Ma da quella conchiglia di carne rosa io ho bevuto una speranza, una comunione, un condividere te con me.
Ho condiviso l'amore, quello vero. Che non è fatto di momenti eclatanti o di grandi cose, ma solo di piccoli gesti, di un prendersi cura l'uno dell'altro.
E' stata solo una stella cadente, un attimo fuggente, una piccola cosa che ho celato dentro me come un gioiello in uno scrigno segreto.
Un piccolo gesto che è riaffiorato e del quale sono grata, perché per un momento mi ha ricordato che l'amore almeno l'ho conosciuto e per un attimo ho potuto riassaporarlo.
Un'attimo breve, quanto lo spazio di una canzone.

                                       Magari toccasse a me
                                       prendermi cura dei giorni tuoi
                                       svegliarti con un caffè
                                       e dirti che non invecchi mai....
                                       Sciogliere i nodi dentro di te
                                       le più ostinate malinconie......magari
                                       Magari toccasse a me
                                       ho esperienza e capacità
                                       trasformista per vocazione
                                       per non morire che non si fa.....
                                       Puoi fidarti a lasciarmi il cuore
                                       nessun dolore lo sfiorerà.....magari

                                       Magari toccasse a me
                                       un po' di quella felicità...
                                       magari saprò aspettare te
                                       domani, e poi domani, e poi...domani.
                                       Io come un'ombra ti seguirò
                                       la tenerezza è un talento mio
                                       non ti deluderò, la giusta distanza
                                       io sarò come tu mi vuoi
                                       ho un certo mestiere anch'io..mi provi..mi provi....

                                       Idraulico, cameriere....
                                       all' occorrenza mi do da fare
                                       non mi spaventa niente
                                       tranne competere con l'amore
                                       ma questa volta dovrò riuscirci
                                       guardarti in faccia senza arrossire.....magari..

                                       Se tu mi conoscessi, certo che tu 
                                       non mi negheresti... due ali che ho
                                       un gran disordine nella mente
                                       e solo tu mi potrai guarire......rimani!
                                       Io sono pronto a fermarmi qui 
                                       se il cielo vuole così
                                       prendimi al volo e poi non farmi cadere più
                                       da questa altezza sai non ci si salva mai...mi ami...?
                                       Magari....Mi ami......!?  ....Magari.........

                                                      " MAGARI "  di Renato Zero

martedì 1 aprile 2014

Il calendario dei viareggini

"Che dice la pioggerellina di Marzo
 che picchia argentina
 sui tegoli vecchi del tetto
 sui bruscoli secchi dell'orto
 sul fico e sul moro 
 ornati di gemmule d'oro...."
Pioggerellina un ciufolo, Qui, o scroscia come se si fosse rotto il rubinetto, o sventazza con un soffio gelido manco venisse dalla Siberia. Non ci si capisce più niente, o almeno questo è quanto si dice, perché io questa storia del "ai miei tempi era diverso" l'ho sempre sentita.
Ma è poi vero che il tempo è cambiato così tanto? O è proprio che le stagioni si sono spostate?( Scusate, ma solo io credo alla teoria del cambio di inclinazione dell'asse terrestre?)
Tanto a noi viareggini che ce ne importa, visto che il nostro calendario è scandito da appuntamenti che sono solo nostri e tramandiamo ormai da generazioni. Dobbiamo rinfrescarci la memoria? Allora vediamo........
GENNAIO: sì, indubbiamente è un mese tra i più uggiosi, e dopo i bagordi del Natale ci sentiamo anche un tantino frastornati, ma ancora qualche cartuccia da sparare l'abbiamo, perché aspettiamo chi..?Ma che Befana! Quella va per tutta Italia (tranne "laggiù" al nord, dove per far arrivare i regali ai bambini scomodano addirittura S;Lucia, che non solo è santa, ma è pure cecata. Boh! de gustibus) No, no, non scherziamo. Noi aspettiamo la Scabodda...la sorella cattiva della Befana, la vecchiaccia sdrucita e puzzolente che i regali, se non hai fatto il bravo, te li porta via. E' lei e tutto quello che intorno a lei riusciamo a inventare che riempe un po' il noioso Gennaio e ci trascina leggiadra verso...
FEBBRAIO, che è si il mese freddo per antonomasia, ma è anche il più corto e noi cominciamo a intravvedere la luce alla fine del tunnel, perché Carnevale è alle porte, e quando Burlamacco si sposa col mare, non c'è niente da fare, il viareggino esce dal letargo, si scuote dal torpore, e via, tutti sui viali a mare. Più o meno mascherati, più o meno intirizziti, ma che fa: una manciata di coriandoli, due brigidini, e tanta, tanta musica. Così il tempo passa veloce e in un battibaleno...
MARZO matto, ché più di tanto non ci si può fidare ma che ce ne importa, a Torre del Lago c'è la Fiera di San Giuseppe, con le filze, il croccante e i "duri" di menta.Sotto la Torre Matilde il Ciottorino impazza tra panzanelle e pasimata, e le tartarughe, immancabilmente, mostrano il capino dopo il primo temporale. E finalmente...
APRILE. La natura si risveglia, ovunque è un tripudio di colori, e s'attende la Pasqua come l'ultimo atto di un anno che ormai volge alla bella stagione. Ma noi cosa aspettiamo in gloria? La festa delle "Pisalanche".
Nel resto d'Italia le chiamano "gite fuori porta", ma a noi che di porte non ne abbiamo e ci piace spaziare con lo sguardo fin'oltre i confini dell'azzurro mare, per noi, dicevo, è già tanto poter  fare un merendino in pineta e riuscire a montare tra due alberi la mitica altalena.Così, tra un dondolio e l'altro, sognamo già...
MAGGIO odoroso. Sembrerà strano (eppure i vecchi lo dicevano) ma abbandonati i mesi con la "erre" il sole è tutta un'altra cosa, e non c'è niente che tira su il morale più dello sdoganare finalmente costumi e teli da mare. Ma Maggio, con i suoi profumi di zagare, tigli e rose, è anche il mese della Madonna, e mi fa tornare in mente quando, con le mie amiche d'infanzia, allestivamo in casa di ognuna un "altarino". Se lo ricorda nessuno? Mettevamo uno scatolone rovesciato, a mo' di altare appunto, sopra un piccolo tavolo o un mobiletto qualunque che fosse comunque appartato per consentircene l'ornamento. Lo coprivamo con una tovaglietta candida (meglio se lavorata), al centro ponevamo un quadro con l'effige della Madonna, qualche candela qua e la, e tanti vasetti con rose, garofanini e fresie.
Ecco, quello era il nostro altarino, e ogni giorno, alla stessa ora, con la signora Noemi che faceva da officiante, porgevamo le nostre preghiere alla Vergine. Quanti giorni durasse quel rito non lo ricordo, ma ricordo bene quella sensazione di benessere e di pace che quell'atmosfera e quegli effluvi ci davano, accompagnandoci armoniosamente verso la bella stagione.
GIUGNO. Nei piatti dopo tanta pasta e fagioli, arrivavano finalmente le fresche "capocchine", i teneri asparagi, le dolci fave (o baccelli per i più sofisti) , le timide fragole e le provocanti ciliege.Buone le ciliege, le adoravo. Ma mio padre diceva che non facevano bene, che Gigi il Ferrara ( il mio mitico pediatra) diceva sempre che provocavano infiammazioni e orticarie. Solo col tempo ho capito che le "primizie" costavano care e quella era solo una scusa perché noi, più di tanto, non potevamo permettercele.
Su LUGLIO e AGOSTO c'è poco da dire. La parole d'ordine è una sola: mare!
Mare con la rena che ti piaga i piedi da tanto che strina. Mare col Libeccio che ti impiastriccia i capelli di sabbia e salmastro, e ti fa volare l'ombrellone. E mi"o padre immancabilmente: Portiti via l'ancorotto..!" Mare anche se piove, che più bello di così si muore, e poi "tanto smette subito".
Mare sempre, tutti i giorni, anche se nel fine settimana la troppa gente rompe gli zebedei. Mare dalla mattina alla sere, un panino e rizziti, e Silvano : "Verrà settembre..!".
Così tra due spaghetti co' nicchi, du' coltellacci e du' trigliozze fritte, scavalli Ferragosto e ti ritrovi a .
SETTEMBRE Certo il mare continua, ma l'aria è diversa e già i colori cambiano. Persino i rumori sono più ovattati. E' tempo di vendemmia, e qui mare e campagna sono tutt'uno. Vorrei sapere quanti viareggini almeno una volta nella vita non hanno colto uva, fichi, o non si sono fatti un giretto in pineta in cerca di funghi, buonissimi con le prime polente.
OTTOBRE, e già il mosto ribolle. Siamo in attesa del novello da buttar giù con un cartoccio di castagne. E intanto, spostandoci solo di poco verso monte, possiamo cominciare a raccattar le olive, che la bacchiatura è già a buon punto.E in breve tempo.."caschin già le foglie a' platani"..
NOVEMBRE Ma quanto sarà noioso Novembre?! E' proprio il mese dei morti, e c'è la solita corsa alla tomba più bella. Che tristezza! Ma  .."  tra gli scogli i primi totani...donna, un en teneri, falli sbollenta'. UN ulteriore, irrinunciabile appuntamento per i viareggini.Poi..
DICEMBRE. Bene, anche quest'anno è andato. Non ci resta che organizzare le feste e fare un salto in pineta in cerca di un po' di "boraccina" per il presepe, ma di nascosto, che ormai è proibito anche quello.
Ci hanno regolamentato tutto, la pesca delle arselle, la raccolta dei funghi e  le anguille cee ormai sono un ricordo.
Ma il modo per trasgredire le regole il viareggino lo trova lo stesso, anzi. Perché l'anarchia è il nostro Vangelo e le abitudini il nostro Credo.E se non rispetti le usanze non sei viareggino vero.
Non sei viareggino se a Natale non sei mai stato a vedere il Presepe del cimitero o se non hai mai fatto una sosta davanti alla Bimba che Aspetta.
Non sei viareggino se non ami l'odore dei camuciori, se non ti rintani tra gli scogli a litigare col mare quando sei triste o depresso.Se non ti sei mai avventurato sul molo a farti violentare dagli spruzzi del libeccio.
Non sei viareggino se non ti sei mai soffermato in pineta a vedere la danza dei pinugliori che cadono copiosi nei giorni di vento o se non hai mai provato a far volare in alto le "minonne" il giorno della baldoria.
Non sei viareggino se non ami i "gozzi" che sballonzolano nel bozzone, se non conosci il tintinnio delle sartie o se non ti sei mai commosso seguendo la cerimonia dei caduti del mare.
Non sei viareggino se non sei mai stato in pineta a pregare davanti alla Madonnina o non hai mai fatto franella al Fortino fra la ragia e le more.
Non sei viareggino se non hai mai succhiato un "pollone", un pampino dell'uva, o non hai soffiato in una trombetta ricavata da un cimello di canna di padule.
Non sei viareggino se non ami il bagno di notte, i falò sulla spiaggia, o non ti sei mai sdraiato sui poggioni la notte di San Lorenzo aspettando una stella cadente.
Non C'è niente da fare, se non ami tutte queste cose non sei un viareggino, ma per poterle conoscere bisogna esserci nato. Ed io, per fortuna, "lo Nacqui"!