martedì 30 dicembre 2014

L'anno che verrà

Ci siamo, anche quest'anno volge al termine, ed è subito un rincorrersi di auguri e baci nella speranza che , da domani, qualcosa cambi , che tutto possa essere migliore.
Niente di male, per carità, "usa così". Ma per quel che mi riguarda, tutta questa stucchevole retorica mi ha stufata.
Lo so che il tempo è suddiviso in giorni, mesi, anni e così via, ma la vita è un'altra cosa. La vita si scandisce in periodi, momenti...
Come posso classificare con un aggettivo l'anno appena trascorso, se almeno per metà è stato così brutto da non aver neanche voglia di viverlo. Così stressante da farti gettare nell'oblio alcuni momenti, da farteli celare così nel profondo di te da non ritrovarli quasi più. E avresti voglia di fermarti, lasciarti andare in balia delle cose ma sai, dentro lo sai, che non puoi permettertelo, che devi tener duro. Perché il cammino è sempre, sempre da ricominciare.
Allora ti ritrovi a un bivio e devi scegliere : o lasciarsi portare dalla corrente o reagire, dare un colpo di reni.
Per quel che riguarda me, per natura scelgo le sfide.
La vita facile mi annoia, è esaustiva. Il cercare sempre una meta, invece, ti da una spinta propulsiva straordinaria. Ed è allora che avviene la svolta.
Si, accade, e di colpo capisci che nella vita hai un unico vero grande nemico: te stesso.
Bisogna imparare ad aver più cura del nostro io, a stimarci di più.
Rinchiudersi non serve a niente. Se chiudi la porta pensando di proteggerti, la tristezza non può uscire e l'allegria non può entrare. Se non credi in te stesso nessuno ti crederà, e se temi che ci siano persone che possono nuocerti, evita di attribuir loro istintivamente la colpa di quel che accade, ma chiediti piuttosto da quanto tempo eri alla ricerca di simili individui, perché niente è per caso. Questa è la sfida, questa è la vita!
Il segreto non è prendersi cura delle farfalle, ma prendersi cura del giardino affinché le farfalle vengano da te.
Alla fine troverai non ciò che ti mancava, ciò che stavi cercando, ma chi stava cercando te. E arrivi al giro di boa.La vita ti sorprende regalandoti cose che neanche ricordavi più di aver desiderato.
La seconda metà di quest'anno mi ha portato doni che mi hanno scrollato dalle spalle chili di fardelli, anni di solitudine.
Ho ricominciato a ridere, a scherzare, a far progetti. A vivere insomma.
Mica son spariti i problemi, ci mancherebbe. Non sono Mary fottutissima Poppins, che diamine.
Ma se ti senti meglio, più forte, più serena, se non ti senti sola, riesci ad affrontarli in modo diverso,
a ridimensionarli in qualche maniera.
E automaticamente torni ad essere per tutti  quel punto di forza, quell'esempio che il tuo ruolo ti ha sempre imposto di essere.
Sì, credetemi, le persone che decidiamo di avere vicine sono importanti. Bisogna scegliere di avvicinarci a chi è propositivo, a chi sa sorridere tendendo una mano, a chi ha storie da raccontare e lo fa con il sorriso negli occhi, perché la gioia è contagiosa e trova sempre una soluzione.
A tal proposito voglio ringraziare tutti gli amici, vecchi e nuovi che mi sono vicini e mi accarezzano l'anima donandomi sogni nei giorni in cui la realtà mi maltratta.
Quegli amici che hanno scelto me, i miei sorrisi, le mie incazzature, le mie follie. I miei pensieri a volte troppo veloci, le mie mille idee, che accolgono le mie paranoie, le mie insicurezze. Che sanno alleggerirmi la giornata con un " buongiorno ", o scaldarmi il cuore con una "  buonanotte".
E non devo neanche aspettare che inizi un nuovo anno per sperare. A me va già bene così, che questo periodo continui.
Non ho più l'età per rincorrere l'utopia di una vera o presunta  felicità. Preferisco sedere e godermi questa serenità o continuare ad andare a spasso con i miei sogni e la mia fantasia.
Godermi la quotidianità dei gesti comuni, dei "riti". Quei piccoli momenti semplici e importanti che ti rendono prezioso ogni momento e ti regalano "il colore del grano"!
Questo è l'augurio che di cuore rivolgo a tutti quelli che hanno la bontà di leggermi.E chiudo dedicando questi pensieri alla mia paziente e preziosa amica Perla e a tutte le persone che rendono preziosa la mia vita facendomi sentire importante. Un bacio.


Un estratto de "Il piccolo principe"

"Chi sei?" chiese il piccolo principe "sei molto carino"
"Sono una volpe" disse la volpe
"Vieni a giocare con me, sono così triste" le propose il piccolo principe.....
"Non posso......non sono addomesticata" rispose la volpe.
"Cosa vuol dire addomesticare.........creare dei legami?" chiese il piccolo principe.
"Certo" disse la volpe "Tu , fino ad ora, per me non sei che un estraneo, un ragazzino uguale a centomila ragazzini. E non ho bisogno di te. Ma se tu mi addomestichi, noi avremo bisogno l'uno dell'altro. Tu sarai per me unico al mondo, e io sarò per te unico al mondo....Riconoscerò un rumore di passi....e poi guarda! Vedi i campi di grano? Non mi ricordano nulla......è triste. Ma tu hai i capelli color dell'oro, allora sarà meraviglioso quando mi avrai addomesticata. Il grano, che è dorato, mi farà pensare a te......e amerò il rumore del vento nel grano.....E se tu vieni, per esempio, tutti i giorni alle quattro, alle tre io comincerò ad essere felice.....Ci vogliono i riti!"
"E che cos'è un rito" disse il piccolo principe
"E' quello che fa un giorno diverso dagli altri giorni....."
Così il piccolo principe addomesticò la volpe. E quando l'ora della partenza fu vicina:
"Ah, piangerò" disse la volpe.
"La colpa è tua, io non volevo farti male, ma tu hai voluto che io ti addomesticassi...."
"E' vero!" disse la volpe
"Ma piangerai!" disse il piccolo principe.
"E' certo!"
"Ma allora che ci guadagni?"
"Ci guadagnerò" disse la volpe, " il colore del grano!"


                                                        Antoine De Saint-Exupéry.

venerdì 5 dicembre 2014

Nel segno dell'Infinito

"...e poi Dio creò l'uomo e lo fece a Sua immagine e somiglianza!"
O almeno così ci hanno sempre detto. Ma chi sa cosa si cela dietro queste parole, perché alcuni proprio bene non son venuti.
Che strane creature sono gli uomini! Questi esseri così complessi nella loro semplicità....questi che dovrebbero essere i nostri sostegni nella vita, i nostri compagni di viaggio, coloro da ritrovare a fine percorso e con cui poter giungere fino in fondo.
Invece eccoli lì : evanescenti, sfuggenti, eternamente indecisi tra quello che sentono di essere e quello che vogliono apparire.
Mi chiedo cosa avrebbe fatto Adamo della mela se non ci fosse stata Eva....certamente avrebbe ceduto alla tentazione di usarla per palleggiare, imparando a passarsela da un piede all'altro.
E' stato necessario creare una donna per risolvere la situazione.
Ne è nato un po' di casino, è vero. Ma almeno è cominciata la vita!
Anche il fatto che Lui ci abbia fatte nascere da una cosa così piccola ma così vicina al cuore dell'uomo ha probabilmente un senso, ma nessuno si sofferma a cercarlo.
Per il maschio, quello comune intendo, pensare è troppo faticoso. Farsi domande, chiedersi il perché, essere un po' introspettivi insomma, per carità. Loro sono nati per fare,fare e basta.
E si identificano talmente tanto in quello che fanno, da dimenticarsi spesso di "essere".Poi una volta usciti dal loro ruolo sociale, si smarriscono, non si trovano più.
Non più guerrieri, non più condottieri, non più eroi. Solo uomini con del tempo libero da riorganizzare e finalmente da ........"condividere"? "  Macché, non se ne parla nemmeno. Piuttosto mi prendo un cane, o vado a pesca, o in palestra."
Sarei stata curiosa di sapere cosa ha fatto Ulisse dopo che, stufo di saltare da un'avventura all'altra, se ne è tornato a casa. .Senz'altro una volta sfogata la sua ira ( giù le mani dalle mie cose) , si sarà annoiato.
Loro sono così, gli uomini intendo. Neanche per un attimo si soffermano a pensare alla fatica che a noi è occorsa per tirare avanti durante le loro assenze. Eppure lo sanno qual'è la nostra forza.
Da noi attingono, attingono sempre. Alla nostra resistenza, alla nostra inventiva, alla nostra praticità, al nostro saperci adeguare e barcamenare sempre.
Senza considerare poi come si nutrono della nostra energia, la nostra positività, creatività, poesia........
Che ne sarebbe stato di Giacomo senza Silvia, di Dante senza Beatrice, del Petrarca senza Laura e via dicendo. Ma di che avrebbero parlato?
Intendiamoci, va bene così, è giusto così, anzi, deve essere così.Se solo poi ce lo riconoscessero. Ma ammettere il loro bisogno di noi sarebbe come riconoscere una loro debolezza.
Certo anche noi donne ci mettiamo del nostro, mica siamo immuni da errori.Loro vivono di impulsi e noi di istinti.
Saccenti, petulanti, puntigliose e polemiche. Eterne insicure.
Alle volte siamo così spaventate all'idea di poterli perdere che accettiamo di tutto: di esser messe da parte, messe in panchina. Chiniamo la testa e ci adeguiamo senza renderci conto che, annullando noi stesse, non abbiamo più niente da offrire.
No, così non funziona, non può andare. O almeno, non più.
Ci vuole coscienza e consapevolezza, per loro e di noi.In fondo, pur frivoli, insicuri, piacioni, a volte scontrosi , permalosi, impulsivi, con il  passare dell'età acuiscono le loro debolezze. è vero,ma non sono mica stupidi!
Lo sanno benissimo, loro, cosa vogliono. Ma soprattutto non vogliono rotture di scatole. Non vogliono porsi tante domande ne tanto meno rispondere a tanti perché. Quelle son cose che lasciano volentieri a noi, che siamo esperte nell'aggrovigliare cervelli riuscendo a complicare anche le cose semplici.
Perché a loro piacciono le donne, sì, ma preferiscono quelle poco impegnative. Le donne più...donne, quella che ogni tanto ti costringono a guardarti dentro, quelle sono "pericolose" e scomode.
Eppure basterebbe tanto poco. Non devono provare a capirci, a decifrarci, sarebbe un' impresa inutile, una battaglia persa in partenza.
Devono solo amarci, amarci e basta. Prendersi cura di noi, coccolarci, farci sentire importanti. Insomma, "intere" per una volta. Ci basta un pensiero, un garbo. Non chiediamo tanto, solo di essere rispettate.
Del resto noi non siamo solo noi, ma anche chi ci portiamo dentro. E se vi lasciamo questi posti privilegiati al nostro centro, è perché ogni tanto vorremmo che  ci permetteste di entrare in voi, nel vostro intimo.Per vivere di scambi, di sensazioni. I nostri dovrebbero essere due mondi che si intersecano, uniti ma distinti. Come nel segno dell'infinito.
Bisognerebbe lasciare sempre  un mare in moto tra le sponde delle nostre rive, per crescere vicini ma indipendenti, come le colonne di un tempio.
Può sembrare un processo complesso, lo so. Eppure è la cosa più semplice del mondo: il rispetto reciproco.
Naturalmente questa è la mia visione, il mio pensiero. Non pretendo che passi come un dogma.
Prendetelo come un consiglio, specie i più giovani, perché alla mia età si è imparato a dare il giusto valore alle cose. E credetemi, niente appaga di più dell'essere in armonia con noi stessi e con gli altri
Per questo, seguendo un istinto profondo, mi sento di consigliare alle donne un uomo che non vi tema,che ami la vostra forza, che apprezzi la vostra  estrosità e ami la vostra follia.Che punti su di voi e sul vostro coraggio senza volervi vinte né convinte.
Parlo per esperienza credetemi, e a chi mi chiede quanti amori ho avuto, io rispondo di guardare nei boschi per vedere in quante tagliole ho lasciato il mio pelo.

                                             NON mi temere, ed io sarò sicura.
                                             Non mi fermare, ed io sarò più vera.
                                             Non mi negare
                                              e insieme a te sarò un solo cielo.


                                                                                Perla


Le parole finali in corsivo sono di Alda Merini.

domenica 2 novembre 2014

Cercarsi..........per ritrovarmi.

                       "Poeta, tu comprendi?"
                       "Metto da parte il mio lavoro" risposi,
                       "perché devo aver tempo per capire"                                                                                                                                                    Tagore                                                                                                                                                                                                                   
Chissà perché ho sempre cercato di immaginare il dolore che può provare un serpente quando cambia pelle.
Pensieri strani per una giovane che si affacciava alla vita, ma ancora di più per una che buona parte della vita l'ha vissuta. Eppure ogni tanto mi si ripresentano alla mente insistenti, tediosi e vani, ché tanto, logicamente, resterà un enigma irrisolto.
Ma io ci penso, e ci penso, perché quel cambiamento e quell'inevitabile dolore ogni tanto lo avverto, lo sento mio.
L'ineluttabilità delle cose.!  Deve succedere, è normale. Ed è in quel preciso momento, quando senti di non avere il pieno controllo di te, che tutto ti fa male, tutto ti ferisce. Come se sulla tua pelle "sbucciata" buttassero sale.
E' una brutta sensazione, ma accade ogni volta che cerco di fare di me un essere razionale, ogni volta che cerco di darmi un freno per timore o rispetto altrui.Quando le mie parole perdono il loro aggancio ai sentimenti concreti.
Strano, cerchi di richiudere i tuoi canali affettivi, ed è proprio allora che, paradossalmente, ti ritrovi più vulnerabile, ed il brutto che accade intorno, ti circonda e ti imprigiona. Ti senti in balia delle cose, degli eventi,e ti lasci graffiare anche da un alito di vento. Passi, i giorni, le ore, smarrita, in balia del niente, del buio totale, e ti perdi.                                                                                               Perché è difficilissimo "abitare un posto" contrario alla propria natura. Allora non ti resta che un rifugio: il centro di te.
Cominci a cercare, a scandagliare l'anima. Finché una sera, ascoltando il suono dolce e caldo di un oboe, mentre piangi in solitudine sul tuo divano, giri lo sguardo verso la finestra , e la vedi....in mezzo alle foglie della magnolia, là, alta nel cielo, una stella luminosa, solitaria , bianca e lontana, e pensi : "E' lì, sola come me, distante eppure vicinissima, così forte che mi sembra di poterla toccare se solo allungo la mano."
Già,  allungare una mano,  protendersi verso gli altri o verso altro di noi verso, quella parte di noi stessi che sempre un po' ci sfugge.
Mandare la mente oltre lo spazio e il tempo per capire che siamo di più di quello che ci dicono, di quello che crediamo.
Non siamo solo un passato chiuso, definito, né un futuro ignoto.
Non siamo i figli cresciuti, le occasioni svanite, gli amori persi o quelli possibili.
Non un lavoro terminato o un periodo concluso. C'è altro, deve esserci altro.
Matriosca di me stessa, mi sento in continuo divenire, e non voglio fermarmi
Dobbiamo "essere". Ma non non essere qualcuno né avere ambizioni fuorvianti. Essere, e basta.
Lasciarsi andare, senza calcoli, senza mete, e non importa quante volte cadi, tanto poi ti rialzi. E se anche il tempo arriva e mi schiaffeggia, io rispondo con energia.
E' il mio modo di vivere. E' il mio mondo. E mi ci trovo bene. Non posso rinnegarlo né escludermene.
Voglio prendere la materia dei sogni e plasmarla a modo mio, per far sì che mi assomigli.
Riempirla di parole cariche di significati, di pensieri dolci, di belle presenze, momenti cari, stelle luminose e colori sgargianti.
Perché , come diceva uno che se ne intende, c'è qualcosa di peggio dei sogni svaniti, ed è perdere la voglia di sognare ancora.
E ringrazio di riuscire ancora ad emozionarmi, ad arrabbiarmi e piangere, anche se fa male. Perché ogni volta che esco dalla vecchia pelle, mi riscopro migliore.
Non me ne importa niente se il mio sembra un vaneggiamento senza senso.
Nessuna spiegazione è necessaria a chi mi conosce e sente come me.
Nessuna spiegazione sarebbe valida per chi non mi capisce o non sa chi sono.


                   Io non ho bisogno di denaro,
                   ho bisogno di sentimenti
                   di parole, 
                   di parole scelte sapientemente
                   di fiori  detti pensieri
                   di rose  dette presenze
                   di sogni che abitino gli alberi
                   di canzoni che facciano danzare le statue
                   di stelle che mormorino
                   all'orecchio degli amanti.
                   Ho bisogno di poesia
                   questa magia che brucia
                   la pesantezza delle parole
                   che risveglia le emozioni
                   e dà colori nuovi.

                                                   Alda Merini

mercoledì 15 ottobre 2014

Come Thelma & Louise

Non provate a dirmi che non è vero, tutti abbiamo bisogno di qualcuno che si occupi di noi in esclusiva, che ci faccia sentire, magari ogni tanto, unici e preziosi.
Ma gli errori della vita ci causano, a volte, un vuoto affettivo che ci soffoca, ci fa mancare l'aria, per
cui ci aggrappiamo a qualunque cosa, pur di non sentirci "disabitate"
Poi capita che una mattina viene a svegliarti un'amica e ti dice: " Vestiti che andiamo a giro".
"Ma sei matta?  Dove?"
"Così, dove ci va di andare."
L' aria è calda, la luce invitante. Ma sì, perché no, per una volta si può fare!  Mollo tutto e salgo con lei in macchina.
     Sapere esattamente dove siamo diretti, può essere il modo migliore per perdere la strada.
     A volte è meglio andare in giro senza meta.
La guardo di sottecchi mentre guida e mi sembra la solita di una trentina d'anni fa, di quando ci siamo conosciute. A parte l'argento dei capelli, stesso taglio corto, piglio sicuro e fisico asciutto, da ragazza. Il contrario esatto di me che sono quasi il doppio di allora. Ma chi se ne frega! Sono i nostri cuori e le nostre teste che contano, e qui, mi permetto immodestamente di dire, che siamo addirittura migliorate. Sì, il nostro percorso parallelo è stato notevole. Ed io mi affido a lei ora, come allora, e come farò domani, finché ci sarà data la fortuna di camminare a fianco.
Non ho dubbi, lei è proprio la mia persona!
Quando sto con Perla mi sento a casa. Ci capiamo, ci ascoltiamo, condividiamo quasi tutto, ma non ci risparmiamo critiche reciproche o discussioni.Anzi, è proprio attraverso queste che la nostra amicizia si è consolidata giorno dopo giorno. Insomma, ci vogliamo bene!
Così, novelle Thelma e Louise, facciamo la prima sosta sul mare a Torre del Lago.
Stranamente, per essere sabato, non c'è molta gente. Sarà perché c'è un vento noioso, anche se caldo,
e il cielo non promette niente di buono.
C'è molta polvere e lei prende a tossire un po' troppo. "E' allergia.." dice. Però, nata d'un cane, ha sempre la sigaretta in mano. Va beh!
"Spostiamoci sul lago" le dico. Così andiamo.
Mi vergogno un po' a confessarlo, ma sono almeno due o tre anni che non vengo a passeggiare da queste parti. Se ci penso mi rendo conto di quanto troppo mi sono fatta prendere dai problemi di tutti, in famiglia, e di quanto poco abbia pensato a me stessa in questi ultimi tempi. E mi viene il magone.
Ma assolutamente non voglio che i brutti pensieri mi avvelenino la giornata. Così mi concentro su quel quadro stupendo che è il Massaciuccoli. Di una bellezza mozzafiato!
Il grigio plumbeo del cielo assume contorni frastagliati accarezzando le Apuane. Mentre sotto, il lago increspato dal vento, è di un verde cangiante, intervallato, in lontananza, dal baluginio dorato di qualche timido e sporadico riflesso del sole. Mi viene subito pensato alla poesia che Perla scrisse per me tanti e tanti anni fa...."Briciole incandescenti nei tuoi occhi, rubati al fondo d'altro mare....." e mi immergo in una sensazione d'altri tempi, d'altri momenti..
Passiamo dal dietro, dall'ingresso che porta al teatro, lo stesso che dà accesso alla darsena. E mi tornano in mente le domeniche con mio padre, quando lui faceva le regate con la barca a vela, e con mamma lo raggiungevamo una volta finita la gara.
Correva in coppia con Andrea il Bandoni, un personaggio particolarissimo delle Focette, alto quasi due metri, ciuffo biondo ribelle alla Bobby Solo, occhialetti a specchio e l'immancabile sigaro in bocca. Poi tutti gli altri, Carlo, Sergio, il professor Pucci, tutti passati a regattare in altri luoghi, in altri laghi. Cazzo, sembro Valerio Scanu.
No, oggi niente malinconie. Si sta troppo bene.
C'è una pace, un silenzio, che entrambe rispettiamo, ben consce che i nostri pensieri stanno vagando per sentieri vicini ma divergenti. Ci sta!
Si ode solo, a parte lo sciabordio dell'acqua, lo strano sfrigolio delle foglie dei pioppi mossi dal vento.
Ci avete mai fatto caso? Sembrano tante mani che volteggiano in aria. Mi ricordano una cerimonia con gli indiani Apaches cui ho assistito anni fa, vicino a Pisa.  Loro stavano mettendo a dimora le giovani piante, e ci raccontarono che quel frullare di fronde, era proprio come una preghiera di ringraziamento al loro Dio. Suggestiva!
Attraversiamo tutto il piazzale erboso e ci avviciniamo al lago. Fa così caldo che mi viene voglia di mettere i piedi nell'acqua, e raggiungo lentamente il punto dove questa, spinta dal vento, s'inoltra ad attraversare il pontiletto di legno.
"Sola m'en vò ...." cantava Musetta nella Boheme, e come sempre, quando approdo su quelle sponde, le melodie del Maestro mi sommergono il cuore. E' una magia, e mi prende in automatico ogni volta che tocco quei lidi.
Non mi staccherei mai da lì, ma si è fatta una certa, e cominciamo ad avvertire un qualche languorino.
Tra me e me penso a quel ristorantino sul laghetto dietro alla Bufalina. Lo rivedrei volentieri, ma non so cosa lei abbia in mente e continuo a farmi portare. Tanto, insieme , mi andrebbe bene anche un panino su una panchina. Invece no, è proprio lì che andiamo, ma non me ne stupisco più di tanto.
L'ho detto, lei è la mia persona.
Ci sediamo vista lago, ordiniamo e partiamo con lo scorrere infinito delle nostre variegate conversazioni, miscelandole con ricordi e deja-vu spaziando per un infinità di temi.
Perla è unica nel suo approcciare la vita, le cose, l'amore.
Lei e la sua concezione liberalistica dei rapporti.
Lei che si accorge subito quando qualcosa mi turba e ascolta i miei sfoghi.
Lei che sa capirmi e condividere i miei sogni, le mie speranze.
Lei che cerca sempre di convincermi a non mollare, ad andare avanti, ché tanto ne vale sempre la pena.
Lei che non si stanca mai di dirmi che sono speciale, e finisce poi per farmelo credere davvero.
Lo so, qualche sciocchino può anche ipotizzare che il nostro rapporto vada oltre la semplice amicizia travisando e immaginando chi sa cosa. Bene, si sbaglia.
E non lo preciso perché possa importarmene qualcosa, che se anche fosse sarebbero comunque fatti nostri. Ma confesso che ne lei ne io siamo attratte da relazioni saffiche purtroppo, che così avremmo risolto i nostri problemi colmando reciprocamente le nostre solitudini.
Invece è proprio la nostra amicizia a trecento sessanta gradi che è unica e speciale. E mi rincresce per chi non è stato fortunato come noi.
La giornata volge al termine e ce ne torniamo a casa. In fondo, dobbiamo riconoscere e ammettere con noi stesse di non avere più vent'anni.
Ma abbiamo ancora tempo e un bel margine di crescita davanti a noi. O almeno lo spero, perché vogliamo ancora conoscere e sperimentare. In fondo, non troviamo il significato della vita da soli, ma solo insieme a qualcun altro.
Che ci volete fare, non ve l'ho detto?  Lei è la mia persona!


                       Lievi come betulle
                       sfidiamo il tempo.
                       Qualche foglia ingiallisce
                       e vola via,
                       ma restiamo maestose nel vento
                       e l'imbrunire esalta i nostri riflessi d'argento.

                                                                           Perla


giovedì 9 ottobre 2014

Signori.............Su il sipario!

        Quando senti qualcosa che ti fa vibrare il cuore, non domandarti mai cosa sia, 
         ma vivilo sino in fondo, perché quel brivido, quella sensazione, si chiama vita.
                                                                                        Alda Merini

E quell'epoca, quel periodo, fu tutta una vibrazione di cuore per me. Uno dei momenti più belli e intensi della mia vita...........

Fin da bambina ho sempre avuto una passione sfegatata per il teatro, passione evidentemente anche questa ereditata da mio padre che amava recitare.
Quando la TV era ancora in bianco e nero e cominciavano appena a fare le prove per il secondo canale, ricordo che al venerdì sera trasmettevano sempre una commedia :  Il giardino dei ciliegi, Arsenico e vecchi merletti, Anna dei miracoli, Le medaglie della vecchia signora, e tutto il meraviglioso repertorio di Eduardo de Filippo. Come non appassionarsi!
Per questo quando Enrico Casani chiese a me e alle mie amiche Perla ed Enrica di far parte della giuria nella rassegna Teatro Estate di Via Zara, accettai con entusiasmo. Era intorno al '94 se non sbaglio, e fu lì che conobbi Alfia Meliani.
Piccola, minuta, con una lunga massa di riccioli castani e occhi verdi, profondi e intensi.
La sua competenza teatrale mi colpì subito e ci fu molto utile nel giudicare le opere presentate e nell'assegnazione dei premi. Che fosse una donna di teatro già da tempo l'ho saputo in seguito.
Aveva frequentato il Teatro Laboratorio di Vittorio Gassman e diretto la compagnia "Teatroupe" dal '76 all''86. Poi la famiglia, il crescere la figlia, l'avevano allontanata da quel mondo che era il suo Habitat naturale. Ed ora era qui, con noi, a giudicare gli altri.
Fu un caso poi, o forse no, che il direttore della rassegna, Adolfo , le presentasse un suo progetto per farne la regia. Era tratto dalla vita di Mozart, e sembrava scritto su misura per il suo socio, Walter, un eclettico, poliedrico, camaleontico attore che di Mozart aveva le fisic-du- ruole.
Cominciarono le prove con grande entusiasmo di tutti, poi, per incompatibilità caratteriali, le cose precipitarono e Adolfo e Walter si tirarono indietro. Tutto il lavoro sarebbe finito a puttane se non ci fosse venuta l'idea di creare una compagnia ex-novo, associandola al nostro Centro Culturale che già possedeva uno statuto tale da consentirci di poter usufruire di ogni qual cosa un' associazione avesse bisogno, dai finanziamenti agli spazi comunali. Fu così che nacque la Compagnia Teatrale la Soffitta.
E fu l'inizio di un sogno.
Ci suddividemmo gli incarichi: Perla, che ne era presidente, si dava sempre un gran da fare per quanto riguardava l'organizzazione scenica. Mentre io, un po' più  addentro nei meandri della burocrazia, mi occupavo dei contatti con gli enti preposti, la ricerca degli spazi per prove e allestimenti, finanziamenti, permessi e ricerca di siti dove rappresentare i lavori. Insomma, tutta la parte amministrativa e burocratica. Praticamente Perla ed io ci facevamo il "culo" a mattinate da un ufficio all'altro. Ma non ce ne lamentavamo.
L'anima della compagnia però era lei, Alfia. Lei aveva idee geniali e brillanti, e a me si spalancò un mondo. Mai avrei immaginato che dietro ad una performance teatrale ci fosse così tanto lavoro e studio.
Partire da un testo, elaborarlo pur mantenendone integro il contenuto, e porgerlo al pubblico filtrato attraverso il taglio e la sensibilità della regia.
Quell' "Amadeus- atto d'amore" fu un piccolo capolavoro
La chiave di lettura della regia partì da un parallelismo tra il 1700 e il 1900; tra l'Illuminismo razionale e il materialismo sfrenato, tra il barocco e il dark, mentre il tutto si muoveva in una scenografia, specchio del sociale, gerarchica e scomoda.
Poi Lui, il personaggio chiave, il diverso, l'anticonformista, l'anarchico, il Candido, alieno da tutto ciò che lo circonda e dal tempo in cui vive. Che si muove non in orizzontale ma in profondità, per arrivare attraverso l'amore fino all'anima e farla vibrare.La magia dell'Arte.
Io ero ammaliata da tutta questa poesia.
Con il mio copione in mano per seguire e suggerire, osservavo la scelta dei costumi e imparavo l'importanza delle scelte cromatiche, il loro significato. Poi restavo incantata dal geometrico lavoro delle luci studiato a tavolino da Alfia e il suo compagno Luigi, un genio in quel campo. Da ultime, ma non meno importanti, la scelta delle musiche, che miscelavano sapientemente le due epoche, partendo appunto dalla Rapsodia in Blu di Gershwin e, passando attraverso le varie arie del genio mozartiano, approdavano poi, nello sfilare finale dei vari personaggi ( che neanche il saluto al pubblico era lasciato al caso ) al "Who want to leve for evere" dei Qeen.
Lo rappresentammo la prima volta al Teatro Politeama di Viareggio e fu un vero successo. Il primo di una lunga serie.
Mi sentivo fiera, orgogliosa e importante. Rappresentammo nel corso degli anni tanti lavori "scomodi"
e particolari: "alarm" di Hanay Geiogamah, "L'annivORSOrio" due atti unici di Cechov con cui a S.Miniati vincemmo cinque premi su cinque, "Macbett" di Ionesco, "La Soap-Opera da tre Soldi" liberamente tratta dal lavoro di Bertolt Brecht, "Stato d'assedio" di Albert Camus e una trilogia di lavori di Rosso di San Secondo, il Pirandello della Versilia, che rappresentammo anche a Camaiore davanti alla sua vedova. E tanti altri ancora.
Eravamo bravi. Talmente bravi che le altre compagnie cominciarono a non vederci di buon occhio. Ci temevano!
Così io avevo un bel da fare a barcamenarmi tra assessorati, associazioni, facendo lo slalom tra la loro riluttanza, l'arroganza di Luigi e la lingua che Alfia non teneva mai a freno. Pure lei ed io riuscimmo anche per alcuni anni a lavorare con i ragazzi delle scuole locali e non, proponendo il nostro Cantiere Teatrale.
Ma era sempre più difficile a causa dei dissesti economici e la poca disponibilità delle casse scolastiche.
Poi ognuno di noi, come succede nelle così dette dinamiche di gruppo, cominciò a portare all'interno della Compagnia le proprie problematiche, e col tempo non ce la feci più. Troppi problemi a casa, dentro me, non riuscivo più a barcamenarmi tra il teatro della vita e una vita fatta di teatro.
E, a dimostrazione del fatto che, se era vero che Alfia era l'anima della Compagnia, io comunque ne ero il cuore pulsante, poco tempo dopo la mia defezione, il gruppo si sciolse.
Sono stati ad ogni buon conto anni intensi e importanti per me. Mi hanno fatto crescere e insegnato tantissime cose. Ho conosciuto persone meravigliose. Gianpaolo, Walter, Roberto, Michele, Stefano, Luciana Enzo, Elena, e tanti altri ancora. Alcuni li ho persi per la strada, altri purtroppo non ci sono più. Ma quello che ognuno di loro mi ha donato  , resterà con me per sempre.
Non c'è niente da fare, chi non ha provato questa esperienza non può capire. La convivialità, il condividere opinioni o il discutere anche, i momenti di stanca, l'ammazzarsi di fatica per allestire e smontare le scene senza avere orari, le prove che sembravano non bastare mai e tutto mentre giorno dopo giorno vedevi un idea prendere forma.Una magia. E col plasmarsi di questa, tu stessa venivi plasmata, te ne sentivi parte.Emozioni uniche , irripetibili.
Stranamente il mio vivere dietro la quinte mi fece sentire per la prima volta al centro del palcoscenico della mia vita. Mi ha scandagliato dentro portando a galla tutto quel sommesso che per anni mi aveva soffocata.
Loro contavano su di me, si affidavano a me e alle mie capacità. Mi facevano sentire importante ed unica.
Io, fino ad allora comparsa tra le comparse, divenni la prima donna della mia commedia.
Vivevo un mondo immaginario, ma specchio  della vita. E mi ci trovavo a mio agio.
Ho fatto riserva di quei momenti, e li conservo dentro di me come un tesoro prezioso dal quale attingo, come grani di un rosario, ogni volta che mi sembra di affogare nella mediocrità del quotidiano.
E sarò grata e riconoscente a chi mi ha permesso di vivere questa preziosa esperienza rendendomene parte, consentendomi, allora come ora, di sentire forte i battiti del mio cuore.


" Il Maestro, che sedeva tra la gente con i suoi discepoli, disse : "Avete sentito e pronunciato
   molte preghiere. Questa sera vorrei che ne vedeste una".
   In quel momento si alzò il sipario, e il balletto ebbe inizio.

domenica 14 settembre 2014

Circondata da Amore

Sarà questa stagione altalenante e che pure volge al termine, sarà l'età o quel grammo in più di serenità ritrovata, ma in questo periodo mi sento in fermento.
Tutto o quasi mi fa venire voglia di scrivere,di esternare. Come se qualcosa portasse inesorabilmente
scompiglio nei percorsi preordinati del mio cuore.
E allora mi assecondo, concedendomi il lusso, una volta tanto, di ascoltare il mio istinto, le mie pulsioni. Perché sono le passioni che ci conservano giovani.
Niente di che, è solo una riflessione scaturita dalla visita di mia nipote che non avevo mai vista così. Serena, rilassata, finalmente non in balia di "sensazioni negative".
"Sto bene" mi ha detto sorridendo,"ho trovato una persona........e mi trasferisco da lui". Bene, non ho indagato (per ora) ma so quanto è importante trovare qualcuno che si prenda cura di te, che condivida il tuo sentire, che ti dia finalmente quella sensazione "di essere a casa".
Non conta il perché, il come, il quanto può durare. Basta con le paranoie, conta l'esserci nella storia, ora, subito, con tutto te stesso, Carpe diem, e niente più.
E a casa ho gli altri ragazzi, insieme ormai da diciannove anni, che ancora "giocano " tra loro come  e forse meglio di quanto non facessero i primi tempi.
Casinisti, irruenti, sono già passati attraverso mille difficoltà, mille problemi. Ma sono più uniti che mai, quasi che il loro percorso tribolato sia servito solo a rinforzare il loro rapporto, a consolidarlo.
Dirai: "ma tutto questo con il tuo sentire cosa c'entra?" C'entra eccome. Perché tutte queste trame hanno un unico fil-rouge, ed è l'Amore.
"Amore", è quello che muove il mondo, il solo, l'unico motore propulsore che valga la pena seguire.
L'amore discreto, l'amore maturo, quello innocente, disconosciuto, irruento.
L'amore rassegnato, quello che nutri a briciole di pane, l'amore famelico o quello focoso che ti arde e brucia.
L'amore fatto di abitudini pigre, di complicità, di affinità elettive. Anche di sacrificio e compromessi se necessario.
C'è l'amore fatto di rispetto, quello che si alimenta con la lontananza per non correre il rischio di spegnersi nello stagno della quotidianità.
Ci sono gli amori ritrovati, quelli che fanno lunghi giri e poi ritornano. Gli amori inattesi e quelli insperati.
Quelli solitari, illusori. Ma tanto alle volte l'amore di una persona basta per due, poi, col tempo, è contagioso.
Gli amori tanto attesi e quelli disattesi, che ti lasciano un segno dentro che non riesci a togliere, come una chiave spezzata al centro dell'anima.
E perché no, anche gli amori che spaventano e che rifuggi. Quelli che hai bisogno di inventarti per poterci credere, per sentirti ancora viva.
Ma in fine è sempre quello che ci spinge, ci rende creativi, vitali, vogliosi di andare avanti.
E non per forza devi rendertene schiavo, farsi castelli in aria, progettare, dirigere. Cercare di etichettare.
No, basta farsene catturare, lasciarsi andare, assecondarne il flusso. E ti senti cullare.
Prendiamo a piene mani quando Amore ci sfiora. Spalanchiamo porte e finestre senza fermarci sulla soglia della malinconia.
Comunque sia, per quanto possa durare, vale sempre la pena di farci un viaggio assieme, dovunque questo ci porti.
Ogni incontro, ogni persona quando ci è "data" da Amore, ha con sé un dono per noi.
Allora cerchiamo di coglierlo questo dono, non lasciamocelo sfuggire, perché ricordiamoci che forse, da questa strada, non passeremo mai più.


Un grazie a Filemone e a Massimo G. che mi hanno ispirato questo blog..


.....il vuoto d'amore. Vorrei molto umilmente ricordare che è l'amore ( laico o cristiano, consolazione o speranza), il filo d'Arianna che può salvarci dal vuoto che insidia e assedia la nostra vita,

                                                                              Gene Pampaloni

domenica 7 settembre 2014

Pensieri di sale......

Questo giorno di settembre è, senza ombra di dubbio, uno dei più belli che questa estate traditrice e subdola, ci ha regalato.
Eppure vengo sul mare controvoglia, quasi  violentando la mia volontà, con il solo convincimento che restare a casa non servirebbe comunque a placare le mie ansie, a rendermi una serenità che si affaccia dentro me ormai a corrente alternata.
Ma l'istinto mi dice di venire, almeno scambio due parole con gli amici, mi distraggo un po'.
Si sta bene, il sole brucia ma la brezza è fresca, il mare una lastra invitante.
Penso, tra me e me, che potrebbe essere l'occasione per uno degli ultimi bagni della stagione già così avara di opportunità, così mi incammino nel liquido calmo e trasparente.
Entro piano piano, assecondando il ritmo cadenzato di una canzone napoletana che da stamani mi
ronza nella mente.  Mi allontano sempre più, lasciando che l'acqua fresca, color smeraldo, mi accarezzi gradualmente il corpo, su ,su, fino a che non mi ricopre le spalle.
Allora mi lascio andare e il mare mi accoglie, sollevandomi, in un abbraccio tenero da amante protettivo.
E' tardi, oltre l'una,  non ho quasi nessuno intorno e il vocio della gente sull 'arenile è attutito dal leggero sciabordio delle onde, lente e disciplinate.
Guardo verso la parte della spiaggia così detta "libera", affollatissima, e penso che forse là ci sono le mie amiche Perla e Lori che non ho fatto in tempo ad avvertire del mio arrivo perché ho deciso all'ultimo momento.
Seguo con gli occhi l''orizzonte e vedo, oltre la linea dei variopinti ombrelloni, che le montagne , piano piano, stanno rivestendosi di un mantello grigio. Ma per ora le nubi sono ancora ben lontane, non c'è da temere.
Intanto, proseguendo con lo sguardo, mi spingo oltre, al di là del molo verso la marina di ponente e le vedo......decine di minuscole vele bianche, che si rincorrono sul filo dell'acqua.
Senz'altro è una regata, ma non ho la più pallida idea di quale manifestazione sia.
E' finito quel bel periodo , quando seguivo mio padre in questa sua passione, E' passato il tempo, e non solo per quello
Eppure le cose migliori entrano nella vita per caso.
Solo un inguaribile romantica come me può pensare di poter forgiare il passare dei giorni secondo i propri desideri, illudersi .
Mi arrabbio un po' con me stessa. Ancora non ho smesso di avere aspettative, di lasciarmi andare al flusso delle sensazioni.
Ancora mi cullo nei sogni, mi ci immergo, perché ne ho bisogno, per sentirmi leggera, fresca. Per sentirmi ancora viva . Ricerco energia vitale.
E non mi accorgo che è la mia fantasia a colmare i miei giorni, a costruirmi un mondo nel quale mi sento al centro del palcoscenico, maschera solitaria di un recital per sola voce.
Dovrei imparare a prendere quello che viene e accontentarmi. Invece sono nel culo della paranoia.
Sbaglio tutto. Sbaglio sempre. Sono pedante, sbaglio i tempi, traviso le situazioni. Una frana.
Di contro ingigantisco il poco che riesco a rubare e lo coltivo in me. Gonfio col vento della speranza le flaccide vele della tartana e la spingo come un veliero oltre i confini del possibile.
Trasformo un bicchiere d'acqua in un oceano e mi ci immergo così, come ora sono immersa in questo mare color della giada.
A ben pensarci sono sempre stata così.Non sono cambiata per niente. L'esperienza non mi è servita a niente. In me prevale sempre l'istinto animale e non riesco mai a domare  il cavallo della speranza.
Alle volte provo tenerezza per me stessa, per la stupida ragazza che è dentro di me  e che ancora non si rassegna a  cedere il passo alla donna matura.
Ma che ci posso fare, sono fatta così, non voglio arrendermi.
Esco piano dall'acqua e torno all'ombrellone circondata dai volti di sempre e sorrido.
In fondo perché fasciarsi la testa prima del tempo! Aspettiamo.
Apro il mio libro, isola salvatrice dei miei pensieri, e mi perdo nella lettura. Sperando che il mio telefono non suoni mai.


La vita mi ha insegnato che non devo mostrare il mare che ho dentro a chi non sa nuotare.

giovedì 28 agosto 2014

E adesso parlo di Te.....

Te lo confesso, il giorno che sei nato non è che proprio scoppiassi d'entusiasmo.
Tutto quel fervore, quel congratularsi, quella felicità perché era arrivato il "maschio ", tanta gioia e tanto casino per quel pezzetto di carne in più tra le cosce che non era neanche tanto bello da vedere, proprio non lo capivo.
Ma avevo solo cinque anni, e temevo tu potessi rubarmi l'affetto del pappà. Naturalmente poi non è stato  così, ma io non potevo saperlo.
Oltretutto eri bellissimo, biondo, occhi azzurri, e sempre sorridente. Mentre io, più introversa e pensierosa (già allora il mio cervello rimuginava continuamente ) risultavo un po' più musona. Tanto che il pappà mi aveva soprannominata Buster Keaton, dal nome di quel comico che non rideva mai, ti ricordi?
Come se non bastasse la notte facevo storie per dormire ché ho sempre avuto paura del buio, e non avrei mai voluto andare a letto, sola, in quel camerone enorme.
Mentre te, docile ed obbediente,dopo Carosello subito a nanna. Il bicchiere dell'acqua sul comodino che guai a dimenticarlo; cinque "righe" di avvolgibile aperto per far filtrare la luce, non una di più, non una di meno . E la porta della camera leggermente accostata.
"Non mi fate de' lupi, non mi fate delle streghe!" le raccomandazioni di rito. E buona notte al secchio. Un robot!
Ma perché non sei mai venuto a dormire in camera con me? Boh,, oramai non lo sapremo mai più.
Sarà stato per cercare di relegarti ad un ruolo subalterno che quando giocavi con me e le mie amiche
io facevo la parte dell'uomo e vestivo te da bambina? Con quel grembiulino a quadrettini bianchi e rosa,  la "pezzuolina " sulla testa.....-Io sono il pappà- dicevo - e te la mi' bimba.-
E non ti ribellavi mai, un Santo!
Però di te mi prendevo cura volentieri, ti portavo sempre con me e le mie amiche.
Ricordo una volta, quando ancora qui eravamo circondati dalla campagna e la Via Filzi era un fossato d'acqua tra i canneti popolato di rane e "salamandre", che mentre noi riuscimmo a saltarlo quel fosso, tu mi ci cascasti dentro. Ti riportai a casa fradicio.
Un' altra volta invece che eravamo sul gozzo del pappà alla Madonnina, sbagliasti il tempo di risalita e mentre questi, mollata la sagola d'ormeggio si discostava dalla sponda, mi cadesti nell'acqua. Ti riportai a casa fradicio.
E quella volta che invece dovevamo pulirne la chiglia e remammo, le mie  amiche ed io, fino alla Costa dei Barbari per rovesciarlo e togliergli i denti di cane? Al ritorno volesti fare il bagno nel bozzone ma poi non riuscisti più a risalire in barca.  Allora mi tuffai anch'io per tranquillizzarti e, nuotando insieme come due delfini, ritornammo a terra. Quella volta entrambi tornammo a casa fradici!
Sì, abbiamo condiviso davvero tanto. Ti accompagnavo con la mamma a lezione di Karate dal Romani, o a scuola di nuoto dal Bartelloni. Poi mi hai seguito allo stadio, io in pista a correre e tu in pedana che lanciavi il martello.
A scuola, manco a dirlo, sei sempre stato bravissimo, anche se un po' defilato da tutti quei movimenti che vedevano me invece in prima fila.
Però tu fosti promosso con il sessanta e io con il trentasei. Che ingiustizia!
Intanto io passavo da un amorazzo all'altro, mentre tu in quel campo un po' stentavi, tanto che il pappà e la mamma volevano portarti a "Porto-bello" per cercarti moglie.
Finché hai trovato Daniela, la First-lady di Massarosa, e ti sei accasato.
Trovare lei e la famiglia di lei è stata una gran fortuna, te l'ho sempre detto. Per me è stata più che una sorella, veramente. E vi ho seguiti passo passo nella costruzione di quella vita che vi volevate creare.
Naturalmente hai primeggiato anche nel tuo lavoro, ed hai raggiunto l'apice di quella carriera che il tuo titolo di studio ti consentiva di raggiungere.
Alle volte ti ho sentito dire : -Se ci fosse stato il pappà, chissà come sarebbe stato orgoglioso di me.-
Non rammaricarti, lui E' fiero di te, lo è sempre stato. E il fatto che non riesca a dirtelo non nega certo che lo sia.Fidati.  Mi par di sentirlo come si vanta di là con tutti i suoi amici. E se molli un attimo la tua razionalità e provi ad ascoltare con il cuore, sta certo che le sue lodi ti raggiungeranno.
Ecco, in tutto questo, se proprio devo farti un piccolo appunto, ti confesso che in alcuni momenti, e sai a cosa mi riferisco, avrei voluto sentirti un po' più vicino. Essere un po' più spalleggiata.
Ma hai pensato a preservare la tua famiglia e hai fatto bene. Nessun rammarico, nessun rancore. Toccava a me. Punto!
Sai Dudù, non te l'ho mai detto, ma quando ero ragazza sognavo di poter fare la hostess e vedevo te, ufficiale di marina, al comando di una nave.
Io, capelli al vento e gonna svolazzante, sarei venuta a trovarti e ti avrei raggiunto sfilando tra due file di bei marinai schierati e smaniosi di conoscermi. Proprio me, la bella sorella del comandante. Tu un Brad Pitt in uniforme ed io novella Marilin.
Invece la vita ha fatto di te un Bud Spencer e di me Maga Magò. Tutto quello che possiamo aspirare di fare oramai su una nave è "i parabordi".Pazienza!
Tanto siamo sempre qui insieme, con le nostre strade parallele, le nostre fragilità, e i desideri che ci portiamo dentro e che appartengono ai ragazzi che siamo stati.
Tu affetto da poriomania, e io da struggente malinconia (fa anche rima).
Sabato festeggerai il tuo compleanno ma io non ci sarò, avevo già un impegno precedente con un'amica e sai che a "lei " questo lo devo proprio.
E' forse la prima volta che antepongo un mio desiderio privato alla famiglia, e mi fa un certo non so che.
D'altronde non si smette mai di crescere e te, come mi hai detto, a maturare certe cose c'eri arrivato prima di me.
Comunque, come vedi, in un modo o nell'altro ci sono sempre. E un piccolo regalo volevo fartelo. Prendilo per quello che è e ricordati la promessa.
Tanti auguri fratello. T.V.T.T.B.


P:S: Voglio proprio vedere se avrai la faccia di mettere anche questo su F. B.

domenica 24 agosto 2014

Come una Sirena

Mia figlia è come me, semplice e schietta. Per questo ogni tanto ci troviamo a discutere su fatti o idee in maniera paritetica, molto alla mano pur se senza confusione di ruoli.
Così, al termine di un discorso, mi sono ritrovata a chiederle : "Dani, ma secondo te, io sono una che ubriaca di discorsi le persone?"
Mi ha risposto :"Sì mamma, non vorrei dirtelo ma sei proprio così."
Ecco, praticamente, come diceva un mio caro amico, un'arruffa cervelli o, meglio ancora, un affabulatrice,  un' " incantatrice" che usa il proprio dire per catturare l'attenzione.
Come una Sirena insomma.
Sinceramente la cosa mi ha fatto pensare. Non che mi dispiaccia, questo no.
Ricordo di aver passato gli anni della mia fanciullezza parlando poco e ascoltando molto.
Ho incamerato in silenzio ricordi, storie, sensazioni.  A scuola pure. Non litigavo, non inveivo, evitavo le discussioni pur essendo sempre partecipe. Ma nell'ombra.
Poi ho scoperto la scrittura e con quella ho cominciato a tirar fuori me stessa.
La vita comunque è strana, non sai mai cosa ti tocca e a volte ti fagocita, ti costringe a richiuderti. Finché scopri che quei dolori che hai nascosto in te, quei nemici estranei, sono stati rivestiti a cerchi concentrici da strati di te stesso come fossero lacrime. E piano piano si sono trasformate in qualcosa di prezioso, come fossero perle.
E' normale che ti venga voglia di tirarle fuori, di condividerle.
Ho scoperto così che la parola, specialmente la parola scritta, è il ponte che riesce a portare la mia ombra all'esterno, ad unire il mio io più recondito a ciò che mi circonda. E non mi sono più fermata.
Amo perdermi in fiumi di parole. Adoro la nostra lingua così ricca, varia, piena di sfumature.
Ricerco parole desuete, anacronistiche, creo neologismi.
Mi immergo nella liricità del momento e poi infrango l'incanto con un termine scurrile così, per il gusto di dissacrare l'attimo.
Uso il dialetto per rendere meglio, a volte un'idea che mi lega alla mia terra, il racconto di una memoria.
E uso a volte la provocazione per suscitare stimolanti reazioni.
Mi lascio andare, gioco con i termini, li compongo e scompongo in frasi affermandone la  verità e a volte l'esatto contrario. Parlo di tutto , non mi nascondo dietro niente e non ho nessun pudore nel mostrarmi per quella che sono. Solo per il dolore ho rispetto, e non mi permetterei mai di entrare in quello di alcuno.
La parola è stata per me terapeutica. Una volta ritrovata la mia "ferinità", la mia istintualità ha trovato la sua valvola di sfogo.
Narrare, raccontarsi. Mente chi dice che scrive solo per se stesso. E questo vale per tutte le arti.
Io lo faccio per farmi conoscere, per lasciare un minimo spazio di interpretazione, per trasmettere qualcosa di me e del mio vissuto.E spero che un giorno, se qualcuno avrà voglia di rileggermi, mi possa scoprire e perché no, rimpiangere con nostalgia.
Presuntuosa? Al contrario. Semmai necessità di onestà intellettuale.
Comunque, invito tutte le persone a tirar fuori la loro storia. In prosa, in rima o attraverso l'arte visiva. Il come non ha importanza. Lasciate che le storie vi succedano ed elaboratele. Irroratele con la vostra linfa vitale finché non fioriranno, finché voi stessi non rifiorirete.
E' come una medicina, ed è un lavoro, l'unico lavoro, che prima o poi ciascuno di noi deve fare.
Non è la chiave della felicità, sia chiaro. Ma a chi interessa essere felici?
Io preferisco la vita con le sue ombre, le sue sfaccettature. La felicità è una schifezza se non le insegni a vivere. Già, ma ci vuole coraggio a vivere come cantano i poeti!
Ecco, ancora scintille di parole che mi scaturiscono così, come fuochi d'artificio. Fatene ciò che volete!
Intanto io, novella Penelope, all'ombra del grande olivo, tesso la mia tela di parole in attesa......di chi? Di che cosa?
Questo non vi è dato saperlo.
Ho detto il vero?  Ho inventato una fola? Chi lo sa.
Intanto con il mio lessico divagante vi ho tenuti con me per un po'. Mi avete fatto compagnia. Ho catturato la vostra attenzione e vi ho "incantati " per un po'.
Sì, proprio come fa una Sirena. Non vogliatemene


                                HO deciso di non avere cassetti,
                                solo mensole.
                                Così i sogni li tengo a vista.

martedì 19 agosto 2014

Inclusi gli esclusi

Qualche sera fa, accettando l'invito della mia amica Perla, ho partecipato ad un aperi-cena all'Uovo di Colombo, l'associazione onlus che opera nella struttura de CESER, qui in Via Comparini.
Chi non conosce questo "gruppo" beh, farebbe bene ad informarsi perché si preclude un mondo. Comunque così, tanto per darne un accenno, si occupano, facendo leva anche su un volontariato attento e solerte, della cura e reinserimento delle persone così dette "difficili". E non mi se ne voglia se non vado oltre, ma rischierei di dire cose non precise e preferisco non farlo.
Quello che a me interessa far capire è l'"eccezionalità" di queste persone, la loro capacità di fare gruppo per accogliere e ascoltare l'"altro " il "diverso" , consapevoli che ognuno di questi è un mondo a sé, capace di stupire e meravigliare, degno comunque di essere accolto perché , come dicono loro, "l'altro non è mai scontato, è sempre nuovo. Non a caso tutto il loro staff indossa magliette con la scritta :INCLUSI  GLI  ESCLUSI.
Mi sono accostata a questo mondo in maniera un po' titubante, svogliata dico la verità, perché, da disillusa,  avevo dimenticato cosa e quanto può fare un piccolo nucleo di persone motivate.
Già alla seconda sera di partecipazione alle loro iniziative estive, create proprio per farsi conoscere meglio e raccogliere un po' di fondi, sono stata accolta come una del gruppo, come se mi conoscessero da sempre.
Martina, una delle giovani operatrici, mi è venuta in contro e mi ha letteralmente "investita" con la sua energia fresca e frizzante. Una vera bomba di adrenalina pura.
Ma non sono da meno Stefano e il suo compagno Davide, giusti concentrati di simpatia.
Ho ritrovato Luciana, una delle migliori rappresentanti teatrali della nostra viaregginità e oltre, nonché cara amica che non vedevo da tempo ma è ancora fresca come una ragazzina. E ho conosciuto Lori, fedele compagna degli ultimi momenti di un mio caro amico, che mi fa dono dei suoi ultimi ricordi con un sorriso e una luce negli occhi, così simili per colore e lucentezza a quelli di Lui. E glie ne sono grata.
Anche la presidente dell'associazione, e non me ne voglia se la chiamo solo Chiara, mi conquista con la sua intelligente semplicità Eppure si sente lontano un miglio che è lei la forza trainante di tutto l'apparato.
Ora capisco perché la mia Perla ci si trova così bene!
Loro, con la loro semplicità, ti fanno sentire a casa.
E' proprio vero, la salvezza è nelle cose semplici, e alle volte, sapendo guardare, riesci a trovare l'Oceano in un bicchiere d'acqua.
O di sangria forse, ma che importanza ha. L' importante è sentirsi vivi.
A metà serata, quando già è passato il primo assaggio delle cosine buone preparato da loro stessi con i tesori del loro orto, compare una band di ragazzi ( basso, chitarra , tastiera e batteria ) dal nome che la dice lunga: " I VERBI BREVI " che, come mi fa notare la mia amica, è una frase palindroma, cioè, come la leggi la leggi, sempre uguale è. E brava Perla, volevo vedere se eri attenta!
Fanno un rock anni sessanta, intervallando con un po' di De André e di Rino Gaetano. Vestono in maniera semplice e hanno le facce dei ragazzini puliti, ma filtrano le note come se passassero attraverso le fibre del loro corpo.
Il coinvolgimento è assicurato e la gente comincia a scatenarsi. Anche Perla si butta in pista, e con i suoi passetti alla Panariello mi fa morire dal ridere. Ma io, che so leggere in lei, so quanta forza le serve per mettersi alle spalle il non sopito dolore per la sua ancor recente perdita. E va bene così.
Intanto io sono sempre più catturata dal tastierista del gruppo, un ragazzo carino, semplice, capelli neri un po' lunghi e una voce bassa e calda. Ma con un carisma da vendere. Si chiama Abramo.
Ah Abramo, avessi quarant'anni di meno!
E' strano, sarà la musica, il profumo della campagna, la brezza leggera o il vino, ma mi sento catapultata indietro nel tempo, in quell'età dove tutto ti pare ancora a portata di mano. E, ora come allora, sento che un futuro è ancora possibile, ancora posso fare progetti.
E' come se una forza ancestrale ed empirica si fosse impossessata di me e mi spingesse a scatenarmi in un sabba propiziatorio.
In fondo è vero, chi ha amici speciali non può correre il rischio di affogare nel mare della mediocrità.
Intanto è partita l'asta di beneficenza e riesco a portarmi a casa una maxi foto del molo di Viareggio su cui capeggia la scritta : Viareggio in te son nato, in te spero morire! Che racchiude buona parte di me. Ma intender non lo può chi non lo prova.
E' un piccolo contributo così, tanto per non sentirmi proprio inutile in quel mare di solidarietà.
E come se non bastasse, il numero che mi hanno dato all'ingresso, il 3, viene estratto e vinco anche una cena gratuita per la prossima manifestazione. Non avevo mai vinto niente in vita mia.
E' proprio vero che quando ti senti positiva il positivo ti raggiunge ovunque!
La serata volge al termine, ma io mi sento euforica e vorrei tanto trasmettere questa mia carica a chi magari si sente deluso e demotivato.
Se solo si riuscisse a capire che basta poco per dare un senso alla propria vita, un po' di solidarietà, un po' di attenzione per "l'altro". Un po' d'amore insomma. L'amore quello vero, inteso come "prendersi cura di..", è la chiave che smuove il mondo e può far sentire ogni persona divinamente unica.
Ti riempe la vita di vita. E loro mi hanno fatto capire che non è mai troppo tardi.
In fondo, "una delle cose più sbagliate che può fare un uomo, è quella di rimandare il momento in cui cominciare a vivere"
Un grazie a tutti voi, veramente di cuore.

             Le radici del mio vecchio albero sono sane.
             Così alla mia età spuntano foglie verdi e
             fiori ancora profumati.
             E' una primavera continua.

                                                 Alda  Merini

sabato 9 agosto 2014

Omaggio ad Enrico Casani

Stasera sui viali a mare di Viareggio è di scena Burlamacco.  Buon divertimento a tutti, non entro nel merito. Favorevole, contraria, non ha importanza, non mi interessa.
Spero solo che gli organizzatori riescano a trasmettere alla gente il significato vero del Carnevale per farlo apprezzare ed amare proprio come lo amiamo noi, e non che debba ridursi all'ennesima scusa per giustificare caciarate e sbronze.
Detto questo, a me interessa solo sottolineare che il 6 di Agosto ricorreva l'anniversario di nascita di una persona simbolo degli anni d'oro della nostra manifestazione.
Siccome mi sembra sia passata più o meno inosservata, come sua amica ci tengo invece a ricordarlo e a rendergli il dovuto omaggio......

Ho conosciuto questa persona in un periodo della mia vita in cui provavo quell'aridità di cuore che segue a un eccesso di lacrime e il mio scoraggiamento sembrava tranquillità.
Ricordo che credevo di poter ordinare metodicamente i miei desideri e i miei dolori, così come si dispongono gli oggetti nel cassetto di un mobile.
Lui, uomo di mezza età, viareggino d.o.c., reduce da un divorzio doloroso, era una carica esplosiva di ottimismo, vitalità e fantasia. Una botta di adrenalina pura. Un animo ricco che sapeva intrattenere gli amici con eleganza e classe tra una storiella e una canzone, magari delle sue.
Sì, lui era l'ultimo cantastorie di una Viareggio che non esiste più, " quella Viareggio che piaceva a me!"
Enrico Casani era un  vero signore e un poeta.
Ci siamo conosciuti per una passione comune, il teatro e frequentati per anni senza che mai la sua amicizia potesse stancarmi.
Ci incontravamo a casa di amici comuni inventandoci il pretesto per qualche cenetta, oppure a teatro, dove lui metteva a disposizione delle mie amiche e mia il palco che, al Politeama, il titolare gli riservava.
"Perché mi tocca di diritto!" diceva sempre, e non aveva tutti i torti.
Aveva dato talmente tanto alla cultura viareggina, che pure, come spesso accade,  non sempre gli è stata un gran che riconoscente.
Educato, gentile, aveva un modo di scherzare e dire le cose molto garbato, quasi con humor inglese, finché poi la sua salmastrosità non esplodeva in tutta la sua verve sarcastica.
Un vero chansoniere. E non l'ho mai sentito dire parole sconce o parlare male di qualcuno.Neanche dei suoi detrattori.
Poi quella vigliacca malattia per la quale ha lottato e sofferto tanto.
Ti chiedo scusa, amico caro, se non ti sono stata vicina come avrei voluto, ma sapevo che del tuo soffrire hai sempre avuto un grande pudore. Allora mi sono fatta da parte ed ho aspettato....
"Senz'avvisà nessuno un giorno ci hai lasciato,
ma piglieresti un granchio a di' che t'ho scordato...."
Sì, tu l'hai scritta per Picciù ed io te la rendo.
Ma davvero non ti ho dimenticato, anzi, spesso e volentieri  riascolto il nastro che mi hai regalato, quello con i tuoi brani più belli, per sentirti ancora più vicini. Per rinfrescare la sensazione di quelle atmosfere magiche e fresche che solo tu, con la tua musica, sapevi ricreare.
Come un soffio di Libeccio quando soffia dal vialone.....

giovedì 7 agosto 2014

A modo mio

Io sono fatta così : iper critica, esigente,assolutamente totalmente onesta..... con me stessa.
Sì, penso di potermelo permettere alla mia età. Oramai ho messo dei paletti, dei punti fermi. Mi sono "conosciuta", e mi vado bene come sono.
Scrivo con l'assoluta necessità di esprimermi in una totalità che non ammette interpretazioni.
Sono fatta così. C'ho messo sessant'anni per fare di me quella che sono.
Ho attraversato un'infinità di oceani di dubbi, montagne di ripensamenti.Ho coltivato giardini di rimpianti, mi sono fatta travolgere da tsunami di sensi di colpa. Ma sono giunta alla fine. Penso sia ormai tempo di raccolta.
Niente più energie disperse in battaglie inutili, in utopistiche speranze. Più mi guardo intorno, più mi rendo conto che non ne vale la pena.
Il male, la cattiveria, la sopraffazione, la mancanza di rispetto per gli altri. Ne siamo circondati, non abbiamo scampo.
Colpa della mia generazione, di quella prima o dell'altra prima ancora poco importa. Dai tempi dei tempi l'uomo è quello che è, e "il male"che è comunque in ognuno di noi, sta prendendo il sopravvento.
Ma è inutile dilungarsi in disquisizioni filosofiche, rischiando di cadere nella melma della retorica.
E allora : ognun dal canto suo cura si prenda.
Sono fatta così. Non è una resa, è una presa di coscienza.
Tanto non ho bacchette magiche per fare un mondo a modo mio. E non è detto poi che sia proprio il modo giusto.
Tanto per dare un idea, così, per chiarire, in totale contro tendenza con le femministe, io ammiro la donna che sceglie di prendersi cura della propria famiglia, che rinuncia (bisogno a parte) ad immergersi in un mondo maschile che non ci appartiene e non ci apparterrà mai. In questa corsa all'uguaglianza ci siamo perse nel doverci omologare.  Non abbiamo capito l'importanza del nostro ruolo e " il vero splendore della vita che è la nostra singola, sofferta diversità".
E, tanto per parlare di diversità, non sopporto che si possa dire : -Sì, è così ma....io l'accetto, non è mica un problema!-
Certo che non lo è. Il problema è in chi non ha capito che noi siamo nessuno, e come tali non ci possiamo permettere di acconsentire o meno alla diversità dell'altro. Perché per gli altri noi, siamo i diversi. Quindi come la mettiamo?
Sono fatta così.  Non mi piacciono i saccenti, i prepotenti, chi addita e non vede se stesso riflesso nel difetto dell'altro. Chi non si mette mai in discussione. Gli irriconoscenti, i presuntuosi, i violenti, i sopraffattori e i falsi.
Dirai: ma allora sei intollerante?
Forse sì, e allora? Mica ho detto di essere perfetta.
Però ho maturato l'idea che ognuno ha diritto ad essere quello che ha deciso di essere. Basta che stia lontano da me, perché ho tagliato i rami secchi!
Scusate, ma con l'età si diventa più selettivi, si necessita di affetti veri, sinceri, gli si da più peso. Si è grati per le piccole cose, un sorriso, un pensiero, un buon giorno o un fiore, anche se finto e stampato su carta.
Sono così. Adoro le persone che riescono a trasformare il grigio delle ore in lampi di luce.
La famiglia è la famiglia, non si discute. Ma è degli amici che si sente il bisogno, pochi ma veri.
Mi piace condividere, perdermi in chiacchiere, in giochi, in quel "ti ricordi" che ci ha portati ad essere quello che siamo.
Archiviate le passioni forti, i teneri amori, le folli gelosie, si deve prender coscienza dei limiti dell'età. Quelli fisici naturalmente, perché il pensiero non ha confini. E così tutto il resto è assolutamente godibile.
Ci si può permettere cose che in gioventù mai avresti accettato.
Cosa ne sanno i ragazzi di quanto può essere bello, tanto per citare D'Annunzio, " l'attimo puro e inviolato in cui la passione ha lasciato le lagune dell'amicizia ma non è ancora approdata alle sponde del sesso".
Da giovani si brucia tutto troppo in fretta e poi ci soffermiamo a guardare stupefatti le ceneri.
L'età ci dona la schiettezza, la sincerità di pensiero che approda all'onestà dell'agire. E' bellissimo!
Ed è frutto della maturità. Ti presenti come sei, con le tue rughe, i tuoi chili di troppo. Non vai in fibrillazione per un capello fuori posto, per una maschera di trucco non ben riuscita. Non ti importa di "apparire"
Io sono così. Non posso essere diversa. Puoi prendermi come sono o rinunciare.
Non più mezze misure. Non più compromessi. E ben venga tutto quello che la vita vuole ancora regalarmi.
Pensa come sono diventata saggia! Non è che, come diceva De André "la gente dà buoni consigli quando non può più dare il cattivo esempio"?
E chi lo dice. Sono un elfo consigliere, secondo il significato del mio nome, mica una Santa.
La verità è che, al di là di tutto, quella che sono non mi dispiace per niente, e voglio vivermi tutto il tempo che resta cosi, A MODO MIO.


                 Poiché

Poiché la pietra
è stata gettata
nello scosceso fiume
dell' eterno,
posso alfine scordare

Giungo al centro, alla chiave
all'algebra 
allo specchio.
Presto assomiglierò
al mio nome.

                      Lang.

mercoledì 30 luglio 2014

C'è ancora tempo

Succede così, all'improvviso...Ti svegli una mattina dopo una nottata di temporale, suona il telefono e.....
Già la  giornata era cominciata male: un brutto scivolone sul bagnato del giardino e mi sono ritrovata per terra tra le tartarughe spaventate e i cani che mi annusavano incuriositi dalla mia strana posizione.
Per fortuna sono riuscita ad andar giù di fianco così le mie rotondità hanno attutito il colpo.
Niente. Mi rialzo moooooolto lentamente e arriva una visita non proprio piacevole. Tengo duro non voglio farmi trascinare in discussioni sterili.
Sarà finita la mattinata? Macché . Suona il telefono, rispondo, e sento il sangue che mi defluisce dalla testa.
Mi chiamano dall'Ospedale per "approfondimenti" su una mammografia eseguita un mesetto fa.
"E' meglio fare anche un ecografia" mi dicono.
"Perché, c'è qualcosa?" mi sento chiedere stupidamente.
Che domanda cretina e inutile. Certo che c'è qualcosa che non va, altrimenti non avrebbero chiamato.
Non rispondono niente e, fissato l'appuntamento, riattacco.  Mi crolla il mondo addosso!
No, un momento, calma. Mi siedo e riprendo fiato mentre tra me e me cerco di ragionare: "Fosse stata una cosa grave mi avrebbero chiamato subito, non dopo un mese. A gennaio l'ho fatta anche da un privato e non c'era niente. Possibile succeda così, all'improvviso?"
Si, è possibile. E lo sa bene la mia amica che in un anno ha già subito tre interventi. Così come lo sanno altri, amici e conoscenti, che sono passati da questo calvario.
Per non cedere al panico faccio appello alla mia razionalità. Ragiona Alfreda, ragiona.
Sono una sostenitrice della teoria per cui, ogni malattia, affonda le sue origini in un disagio psichico. Mi spiego meglio.  Dalla nostra mente partono impulsi che alterano l'equilibrio psico-fisico, e la malattia colpisce là nel punto simbolo del nostro disagio facendo da campanello d'allarme per denunciare una perdita di armonia con noi stessi. Ecco perché si dice che, chi subisce grossi dolori o forti delusioni prima o poi si ammala.
Questa teoria, riscontrata in diverse letture, mi ha fatto capire la mia obesità come bisogno di protezione,( non a caso i chili in eccesso si sono accumulati dopo la morte di mio padre.)E il mio diabete che, a quanto ho letto, è caratteristico in chi ha l'impressione che gli manchi l'amore.
Ma il mio seno ( legato principalmente ad un discorso di maternità ) che cosa c'entra?
Ha fatto da cuscino a tanti bambini, figli,nipoti, figli di amici,...e anche a qualche adulto, se devo essere sincera. Insomma, è stato un fedele compagno do giochi per tanti anni. No, non può tradirmi così. Senz'altro si sono sbagliati.
Intanto i giorni che seguono, fino a quello della visita, mi vedono insonne a ripercorrere le mie tappe.
E' vero, di strada ne ho percorsa tanta : la scuola, la politica, lo sport, il sociale, il teatro. Non mi sono fatta mancare niente. Qualcosa mi è riuscita bene e qualche altra meno, ma, tutto sommato, mi pare un bilancio positivo.
Cavoli, ma perché faccio bilanci? Io voglio ancora far progetti, ho ancora delle aspettative... Voglio veder crescere la mia nipotina, devo ancora trasmetterle un sacco di cose.. Voglio seguire i miei figli, aiutarli, per quanto posso, a realizzare i loro sogni. Devo andare al Louvre, mio fratello me lo ha promesso. Ho ancora tanto da dare, e mi serve tempo cazzo! Non sono pronta.
Già, ma chi stabilisce quando è il momento?
E se l"Indesiderata delle genti" bussasse davvero alla mia porta?
Ok! Decido di essere fatalista. Sarà quel che sarà e se dovrò affrontare il problema lo affronterò con coraggio cercando il più possibile di vendere cara la pelle, e intanto comincerò col non farmi avvelenare mente e cuore da pensieri negativi.
Starò qui, in questo "Luna Park " che è la vita quotidiana a godere il più possibile del bello che ho intorno. A cercare di non perdere neanche un attimo delle persone che ho vicine e che amo.
Quando arrivo in Ospedale sono serena e aspetto, con calma e pazienza di sentirmi dire.....che non è niente. Tutto è a posto.
Tiro comunque un sospiro di sollievo anche se,  dentro di me, sapevo, sentivo che non era ancora la mia ora.
Troppe cose da sistemare, troppi sospesi, e poi questi nuovi orizzonti che mi si sono parati davanti e mi gratificano, mi riscaldano il cuore.
No, non è  ancora l'ora, sono sicura che c'è ancora il tempo per un lungo, eccitante giro di giostra.

Gli Astri imprimono un indirizzo ai nostri destini ma non li decidono.
Altrettanto forte e misterioso regolatore delle nostre vite,
è quell'astro rosso che palpita nel buio del corpo,
sospeso nella sua gabbia di ossa e di carne.

           Marguerite Yourcenar 

sabato 5 luglio 2014

Conversazione con Dio

Bene, eccoci qua. Scusa se non mi genufletto e se il mio tono non è propriamente quello di una supplice, remissiva preghiera, ma sono un po' arrabbiata con Te.
Si, posso immaginare quanto Tu possa esserlo con me, misera peccatrice. Ma in fondo sei Tu " l'essere perfettissimo, infinitamente buono e degno di essere amato sopra ogni cosa ", mica io!
E poi, tutto sommato, cosa faccio di tanto male da meritare il Tuo castigo.....Sì, ogni tanto Ti nomino  invano, sono golosa, talora irascibile, e indugio spesso in pensieri impuri ( sono una donna non sono una santa).
Ma se ci hai fatti così  deboli nello spirito e nella carne mica è colpa mia.
No no, non cominciamo con la scusa del " libero arbitrio ",perché la facciamo troppo semplice e, perdonami, ma voglio pensare che il senso della vita vada ben oltre a una serie di scelte giuste o sbagliate. E , perDio, cerchiamo di essere seri! (Ops, scusa l'intercalare, ma Tu sai che noi toscani siamo facili al turpiloquio ).
Insomma, tutto sommato cerco di essere una buona cristiana : sono tollerante, altruista, democratica, animalista, ecologista ( faccio pure la raccolta differenziata ), evito gli sprechi, do da bere agli assetati e da mangiare agli affamati.  Ho sopportato perdite, cattiverie, ingiustizie, dolori fisici e morali. Faccio con quello che ho e non mi lamento. Non Ti chiedo mai nulla per me e alla sera, nelle mie preghiere, ti raccomando sempre e solo i miei cari.
Certo non sono un' ingrata, Ti  ringrazio per tutto quello che concedi e, in fondo, so bene che con tutto quello che ci circonda posso ritenermi fortunata. Che cosa sono io infine se non una cacchetta di mosca sullo spartito di questa grande sinfonia che è l' Universo!?
Ma hai già capito, vero, che non sto intercedendo per me? Che sono qui a raccomandarti un'altra persona? E se no che onnisciente saresti, giusto?
E' una creatura fragile, debole, una pecorella smarrita. Si professa atea ed è arrabbiata con il mondo intero, perché non ha ancora capito, ma Tu sai che dove c'è rabbia c'è sempre un dolore sotterraneo. Sai anche che il dolore sa dove si nasconde la vita, e se ne nutre per farle crescere le ali.
In fondo è ancora tanto giovane. Ha sbagliato sì, ma chi è immune da errori nella vita scagli pure la prima pietra.
Lei non sa pregare, non ha neanche questo conforto, altrimenti ti direbbe che riconosce il suo errore ed è pentita per ciò che ha fatto. Ma non castigarla più di tanto, concedile una seconda possibilità. Falla ricominciare da dove ha sbagliato. Vedrai che stavolta andrà diversamente.
Anche perché, sono sincera ( e come potrei mentire a Te), a questo punto avrei proprio bisogno, egoisticamente, di un po' di serenità. Per pensare a me, dedicarmi ad altre cose. E lo sai bene.
Perciò Ti prego, perdona  il mio sfogo ai limiti della blasfemia e accogli la mia umile supplica.
Non per merito. Non per dovere. Ma solo perché sono una Tua debole, umile creatura, Ti prego, allontana da me questo pesante fardello.
Già, io ci provo, ma che insisto a fare. Non hai ascoltato neanche Tuo figlio.

giovedì 26 giugno 2014

Non si può dimenticare

Non ne avevo mai ancora parlato, mi ero limitata a scrivere del nostro strazio alla mia amica di Milano che mi chiedeva notizie che non fossero quelle della televisione. Ma ora che di nuovo si avvicina l'anniversario di quella strage, sento il bisogno di condividere con i miei concittadini quel dolore che ancora non si sopisce, che ancora è vivo dentro di noi.
E lo faccio con le parole che usai allora, con tutto il rispetto e l'amore che ho per la mia Viareggio.

         Lungo le rive del Tirreno c'è una spiaggia
         piena di canti, meta d'amanti,
         sospiro d'ogni cuor...
Così comincia una delle più conosciute canzoni del nostro Carnevale. Ma la mia città oggi non sospira, geme.
La mia Viareggio è stata colpita al cuore, bruciata nelle viscere. Da quella notte maledetta niente è più come prima...Tutto ha un aspetto nuovo, diverso....l'atmosfera è cupa, ovattata.
Siamo così scossi che oramai per ogni rumore strano siamo subito in allerta.
In una città grande sì, ma dove ancora, magari di nome, ci si conosce un po' tutti, dove prima ci si manda a fanculo, e cinque minuti dopo si prende il caffè insieme, ci sentiamo come traditi, vulnerabili.  Questa Morte così repentina, subdole, vigliacca, ci ha colti di sorpresa, totalmente impreparati.
E' venuta a ghermirci nelle nostre case, all'improvviso. Si è infiltrata sotto le nostre porte, dalle finestre aperte, tra le nostre cose. E non ha guardato in faccia nessuno................E da quella sera fino a stamani, non mi è riuscito di versare una lacrima.
Ma ora sono qui, e dalla televisione mi arrivano le immagini del "nostro stadio", lo stesso dove tanti importanti atleti hanno gareggiato, tanti avvenimenti sportivi si sono susseguiti e dove noi, giovani donne, abbiamo vissuto la nostra favola rosa.
Oggi quello stadio è un urna piena di sgomento, di dolore. Descriverti questa atmosfera è quasi impossibile, e quando entrano dentro le bare, e fra tutte quei feretri bianchi, allora, finalmente, riesco a piangere.
Piango tutte le lacrime che da quella maledetta sera non sono riuscita a versare, piango per chi non c'è più, per chi è rimasto e soffre..........Piango per la paura provata, per l'impotenza vissuta, per la precarietà della vita.  Piango perché a guardare in televisione i miei concittadini, con le facce segnate dal salmastro gonfie di sgomento, mi accorgo che Viareggio a queste cose non è proprio preparata.
La gente copre il prato dello stadio vestite come se dovesse andare in spiaggia, smarrita, come a chiedersi se tutto questo è successo davvero.
Poi il commentatore locale si lascia sfuggire un :" Dai microfoni di Radio Carnevale..." che mi strappa un sorriso. E gli sono grata per questo. Perché d'un tratto mi ricordo la forza del viareggino, la sua allegria dissacrante, il suo cuore grande.
Questa gente che vorrebbe gli odiati cugini lucchesi fermi alla frontiera del Pitoro e poi accoglie gli stranieri come fratelli tanto da far piangere il capo della comunità musulmana, questa gente che non sopporta regole e da sempre accarezza il sogno della dolce anarchia, questa gente che non capisce " quelli che venghin da fori" ma è sempre pronta ad aprirti la casa....questa gente è grande, è forte, è eccezionale, ed io ne sono fiera.
Sulle tribune capeggia uno striscione, anche questo che si rifà ad una canzone del Carnevale scritta nell'immediato dopo guerra e dice: Risorgi ancor più bella o Viareggina.."e sono sicura che sarà così.
Viareggio ce la farà, deve farcela, perché la sua gente è avvezza ai colpi di mare a traverso.
La donna viareggina è capace di attendere, di sperare. L'uomo non teme la fatica . Il sacrificio non ci fa paura. E il dolore di tutti si poserà su questo lembo di spiaggia come un coriandolo a Carnevale....finché dai cuori ancora non sgorgheranno, come schizzi d'acqua salmastra, le note dolci di...Sulla coppa di sciampagna.                                                                                                                                                                                    


Ecco, questi erano i pensieri a caldo, anche se, dopo tanto tempo, quella brutta sensazione e quel dolore ancora non si sono affievoliti. Eppure è bene pensare che nella vita, al contrario che nel gioco degli scacchi, la partita continua anche dopo uno " scacco matto".

mercoledì 18 giugno 2014

Magari potessi......

Tutti gli anni è la stessa storia, arriva il tuo compleanno e non so cosa fare.
Tu lo sai che io aborro i regali scontati, la retorica banale del "E' solo un pensierino", tutto quello che appartiene alla comune sfera del convenzionale.
In questo un po' mi assomigli. Se la corrente ci trascina là, noi dobbiamo cercare di andare dall'altra parte, chissà perché. Il nonno la chiamerebbe " sindrome del salmone"!
Comunque Andrea questo per te è un anno importante, compi quarant'anni e, giustamente, vuoi festeggiarli come si deve, contornato dalle persone che ami e ti vogliono bene.
Quarant'anni! Al giorno d'oggi non si sa neanche più se sono tanti o pochi. Ma, più che altro, non riesco ad attribuire a te questa età, perché anche se è già da un po'che non sei più " Fifino", sei e sarai sempre "il mio Andrea".
E così, tanto per capire, sono andata a frugare nella mia agenda del '92 (oddio, ho un mancamento!) per ricordare come erano i miei quarant'anni e.....l'avessi mai fatto!
Indubbiamente furono i miei anni d'oro, quelli del mio risveglio dalla catarsi post-matrimoniale che mi aveva attanagliato, dei miei fermenti socio-culturali, del mio rigurgito ai doveri soffocanti e, ahimè, dei miei gorgoglii ormonali. In poche parole, una trottola impazzita.
Sinceramente io li ricordo come bei tempi, ma forse in qualcosa ho toppato se ogni tanto una frecciatina sul passato me la lanci.Sempre con rispetto s'intende.
Per fortuna tu sei più calmo, più pacato, più maturo forse. O almeno così sembri. Perché quello che veramente hai nella testa non ci è dato di sapere.
Contrariamente a me tu parli poco, ti esprimi poco, e stai bene attento a non far trasparire le tue emozioni. Unica eccezione.....quando parli di Laura. Tua figlia, in un modo o in un altro, riesce sempre a tirare fuori il meglio di te, e l'orgoglio paterno ti sprizza fuori da ogni poro. Laura, questo regalo grande che ci avete donato, questo piccolo scrigno di preziosità tutta da scoprire!
Fossi una madre "normale" ti direi : Ascoltala il più possibile. Seguila senza invadere il suo mondo. Falla esprimere più che può e come vuole, solo tenendoti pronto a rimetterla in carreggiata quando tenderà ( e lo farà) ad andare un po' fuori rotta. Non la umiliare mai, non deriderla. Dille, se ti riesce, quanto la ami. Diglielo spesso. Perché i figli crescono in fretta e te li ritrovi a quarant'anni che poi.......
Ma io non sono quel tipo di madre. Quello che ti ho detto ho più che altro cercato di metterlo in pratica.
Vi ho assecondati, te e tua sorella, nelle vostre idee, nelle vostre scelte. Vi ho lasciati  liberi, anche di sbagliare, perché so  che è attraverso certe esperienze che si cresce di più. Ma ho fatto bene?
Ti dico la verità Andrea, spesso mi trovo a pensare: ma se potessi tornare indietro?
Ah!...se solo potessi....certo mi impegnerei di più per aiutarvi a crearvi un futuro diverso, migliore, più agevole. Forse vi presserei un po' di più per farvi studiare. Per darvi una visione della vita più serena, più ottimista.  Se magari potessi vi preserverei dalle brutture, dalle cattiverie. Vi terrei lontani dagli spettacoli più cruenti del mondo e penserei solo a rendervi felici.
Potessi tornare indietro ti terrei stretto stretto per mano e ti porterei in un mondo più giusto, più....ma cosa vado dicendo!
Come al solito mi sono lasciata trascinare dalla mia vena melodica-utopistica, e ti vedo già stringere la bocca e arricciare il naso in una smorfia sarcastica come a dire...:"mamma, ma che cazzo dici".
Perché noi lo sappiamo bene che indietro non si torna. Quello che abbiamo vissuto è quello che ci ha portati ad essere quello che siamo. E ti chiedo scusa se noi, per destino o scelta, abbiamo percorso la via meno facile. Ma ti assicuro che quello che sei diventato a me piace tanto.
Potessi ti donerei la luna e le stelle, ma in questo momento mi trovo un po' a corto di risorse, e tutto quello che posso offrirti è questa poesia che Perla dedicò ad un caro nostro amico, ed io voglio invece offrirla a te perché, anche se non te lo dico mai, sei e sarai sempre il mio grande amore!
Tanti auguri Andrea.

                     Potessi.

Potessi rubare il tempo,
mi farei ladro per te.
Borseggerei i giorni
di ore infinite
e le stagioni
di sole e di vento.
Carpirei stelle alla notte
e rugiada all'aurora.
Mi ruberei i mesi 
e gli anni
e te li regalerei.
                                                          Perla

martedì 17 giugno 2014

Può succedere..(la metamorfosi)

E così ce l'ha fatta! La " Peppia asfissiante" ha tolto le tende, ha trovata un lavoro,  che già di per sé oggi come oggi è un miracolo, ed è andata per la sua strada.
Per parlare di Giulia non servono metafore particolari. Dire che "finalmente il bruco si è trasformato in farfalla" è retorica inutile, perché lei non assomiglia per niente ad un elegante e fragile farfalla, e il suo cambiamento è appena iniziato.
Ma neanche si può usare la metafora del brutto anatroccolo trasformato in cigno, perché lei è e sarà sempre un anatroccolo. Bello, ma anatroccolo. E si piace così.
Insomma, nel bene o nel male lei sarà sempre Giulia, ma forse sta imparando a volersi un po' più bene, ad avere un po' più di fiducia in se stessa, anche se il suo cammino, più che un sentiero ad ostacoli, è sembrato davvero un " percorso di guerra ".
A dire la verità, cara Giulia, pensavo proprio che dopo il faticoso, travagliato raggiungimento del tuo diploma ( era quella la meta  che ci eravamo prefisse ) tutto si sistemasse. Che tu fossi più tranquilla e te ne tornassi a casa serena.
Invece no. Non era cambiato niente. Stessi problemi, stesse incomprensioni, stessa incompatibilità. E la casa della zia era la tana in cui nascondersi per non essere costretta ad affrontare i tuoi fantasmi, i tuoi problemi.
Che naturalmente, immancabilmente, scaraventavi su di noi.
Era peggio di prima. Il posto dove ti rifugiavi ogni tanto per sfogarti, l'oasi di pace dove venivi a ricaricarti un po', a viverlo nel quotidiano con le sue regole, con i suoi obblighi del condividere civile, era diventato una gabbia soffocante.
Nervosa, scontenta, arrogante, irrispettosa verso tutto e tutti.  Forse, al di la della scuola, il tuo futuro ti spaventava. Ma quella che stavi diventando spaventava me!
Non sapevo più cosa dire, come prenderti. Stavo davvero, io che non mi arrendo mai, cadendo nello sgomento e nello sconforto. Era come trovarsi intrappolati in un malessere che mangiava l'anima.
Finché non hai avuto uno scontro frontale con un Tir chiamato Daniela.
Lì ho davvero temuto il peggio: Certe scene, certi atteggiamenti, li avevo già vissuti in  passato, e questo sembrava uno sgradevole deja-vu.
Ma lo scossone ti ha fatto bene, perché hai cominciato a darti una regolata, o perlomeno hai tentato.
Hai capito che niente è gratuito, che non tutto ti era dovuto e che se volevi continuare a vivere qui, un minimo di rispetto e di regole, dovevi impararli.
Farti capire che non era un obbligo nostro entrare nel tuo mondo, ma un dovere tuo  adeguarti al nostro, non è stato facile. Cercare di inculcarti concetti come "tolleranza, sopportazione, educazione," quasi impossibile, proprio non volevi capire.
"Io sono così, punto!" E con questo cercavi di tacitare tutto.
Il problema vero era che traboccavi  di preconcetti, di rabbia repressa, di delusioni, di sensi di colpa e di traumi strozzati che ti spingevano, proprio te per prima, a non accettarti.
Occorreva una sferzata, ed è arrivato l'ultimatum di Daniela : -Smettila di piangerti addosso, datti da fare, trovati un lavoro, fa qualcosa perché a Settembre ti finisce il "soggiorno"!-
Lì ti ho vista veramente spaventata e , come al solito, hai cercato un appoggio in me. Ma stavolta hai trovato uno scoglio. Per me poteva bastare così. Ti avevo accompagnata fino ai tuoi vent'anni. Ti avevo aiutata a raggiungere un diploma. Avevo cercato, parlandoti senza mai inveire né offenderti, di indirizzarti verso un mondo tranquillo, accettabile.Tutto quello che per te potevo fare l'avevo fatto. Tutto quello che ti potevo dire te lo avevo detto. Non avevo altro da aggiungere. Ora toccava a te.
Poi ancora un aiuto inaspettato dai tuoi cugini.Tutti quei lavoretti, apprezzatissimi sotto Natale, le vetrine decorate, un "affresco" importante per la ditta di Andrea, ti hanno portato in tasca non solo un po' di soldi ma anche tanta fiducia in te stessa.
"Sei brava, ci sai fare. Devi trovare un lavoro che ti consenta di sfruttare il tuo talento".
Sì,  facile come bere un bicchier d'acqua! Ogni cosa, ogni lavoro che ti sarebbe piaciuto fare, richiedeva corsi specifici e quindi un impegno economico che non potevi sostenere.
Accantonata la passione per i tatuaggi, quella per gli orridi trucchi cinematografici che tanto amavi, per i make-up impegnativi, abbiamo capito che la libertà passava attraverso l'indipendenza economica. Quindi qualunque lavoro sarebbe andato bene pur di racimolare qualcosa che ti consentisse poi di scegliere quello che ti piaceva.
Io insistevo : "Sii ottimista, cerca di essere positiva e vedrai che prima o poi la ruota gira".
Intanto il rancore e il dolore cominciavano ad affievolirsi e il ghigno, piano piano, lasciava il posto alle vere risate.
Alla fine il colpo di culo ( mi si conceda il francesismo), è arrivato: un corso a pochi euro in quel di Livorno per "animatrice turistica". E sei andata.
Il messaggio che hai mandato sul cellulare diceva: - Avevi ragione zia, se sei positiva dentro, tutto intorno diventa positivo. Mi hanno presa!"
Non sai il sospiro di sollievo, mi sarei messa a piangere. Era una rivincita su tutto, una conferma per me che avevo creduto in te. Era proprio quello che ti ci voleva.
La giocoleria, il teatro, i costumi da inventare, le scenografie da creare, i bambini da far giocare. E guarda caso, le regole sono le stesse che ho cercato di inculcarti: ascoltare con educazione, rispettare le idee e le esigenze altrui, mettersi al servizio degli altri, diventare responsabili. E il cerchio si è chiuso!
Cara la mia Giulia, tu ancora non puoi sapere dove approderai, ma " chi incomincia a cercare ciò che ama, finirà sempre per amare ciò che trova".
Dici che sei in un posto bellissimo e, anche se faticoso, quello che fai ti piace.
I tuoi compagni di percorso ti vogliono bene e ti stimano. La paga non è alta ma sei serena e tranquilla, finalmente.
Bene, forse ora posso rilassarmi (  sottolineo "forse"), e godermi un po' del vuoto che, nonostante tutto, mi è rimasto.Spero che tutto ti vada bene e tu riesca a tener duro fino alla fine. Tanto lo so che, sotto quella maschera da Umpa-lumpa  si nasconde il cuore di una leonessa.
Un ultima cosa però te la voglio dire . Magari ogni tanto nelle pause di lavoro, o alla sera quando " l'ora che volge al desio e ai naviganti intenerisce il core" , cercherà di giocarti qualche brutto scherzo, tieni duro e scaccia la malinconia.
E, se proprio non ci riesci, fa come quando eri piccola, quando alla sera la mamma era a lavoro e te non volevi dormire. Ti ricordi?
Allora io venivo nel tuo letto e ti dicevo : - Facciamo un gioco, infiliamoci sotto il lenzuolo e facciamo finta che sia il mare. Noi siamo due delfini e nuotiamo liberi nell'azzurro osservando la luna che ci illumina. Lasciati cullare dal rumore del mare e dormi.Prima ti addormenti e prima sorgerà un nuovo giorno!
Ecco, è lì sotto al lenzuolo che se avrai bisogno mi ritroverai, e poi........domani sarà un'altro bellissimo, luminoso giorno.
Buona notte Giulia e buona fortuna.   T. V. B
                                                                              la zia Tordella.

                          "Mi voto alla pace.
                           Porto dentro il nemico esterno.
                           Metto fuori il nemico interno."

venerdì 16 maggio 2014

Sfogliando l'album

Devo fare una confessione, passando davanti allo specchio mi sono soffermata ad ammirare i miei "colori", i miei lineamenti. E mi è venuto da chiedermi: "Perché sono così bella?"
Ma mi è bastato aprire l'album di foto dei miei per darmi una risposta. Eccoli lì, belli come due attori!
Lei piccolina, capelli neri, mossi, occhi profondi, grandi, color del mare quando il mare è in burrasca. Un tipetto alla Liz Tajlor, per intenderci.
Lui alto, slanciato, occhi azzurri e capelli lisci, biondissimi. Un misto tra Van Jonson e Charlton Heston. Questi erano i miei genitori! E naturalmente le affermazioni su quanto sono bella (che sembro ormai un incrocio tra Platinette e Maga Magò), sono solo il pretesto per fare un viaggio in quel mondo remoto che appartiene oramai a quasi un secolo fa.
Mi piace girovagare tra le vecchie foto, quelle un po' sbiadite,con quel color giallino che pare il dorso di una seppia non ancora spellata. E le foto le ho riordinate io, cronologicamente e con tanto amore, per non perdermi niente del loro passato. Anche se, quasi a  sottolineare che la storia della nostra famiglia comincia da lì, sono partita dal loro matrimonio.
Erano bellissimi. Lui in abito scuro, lei con un vestitino color acqua appena sotto al ginocchio e in testa un cappellino in tinta con la veletta a coprirle, pudicamente, il viso da ragazzina, (aveva ventidue anni all'epoca la mia mamma, e mio padre venticinque).Tra le mani un semplice mazzo di odorose zagare.
In effetti, oltre i numerosi regali, alcuni dei quali fortunosamente ancora conservo, di fiori ne avevano ricevuti a bizzeffe, e tappezzavano, nelle loro belle "corbelle", tutto l'enorme andito della nonna.
E le foto del rinfresco, loro che passano tra gli invitati a distribuire confetti, e quella combriccola sorridente e festosa la maggior parte della quale non ne conosco neanche i nomi. Poi le foto con i parenti, i nonni, gli zii e le mie cugine giovinette, carine e tenere nei loro vestitini castigatissimi e i capelli rigorosamente acconciati con degli enormi buffi fiocchi. Chissà che colori avevano.Infine il bacio di rito, piuttosto osé devo dire considerati i tempi, (ma figurati se mio padre perdeva l'occasione) e le foto di loro in luna di miele a Firenze davanti al Duomo, stretti stretti, con lo sguardo rivolto all'orizzonte, magari perso nell' immaginare il loro futuro insieme.
Ed ecco la storia di loro due.....Mia madre è davvero una ragazzina. Treccine e calzettoni addirittura, vestitini accollati e ai piedi un paio di "spardiglie" che mio padre si vantava di averle fatto usando i cordini fregati in veleria. In un' altra immagine c'è lei, seduta su una motoretta strana "da militari" mi diceva, sullo sfondo di una piazza Brin completamente spoglia, con indosso una camicetta leggera che si era cucita usando, sembra, la stoffa di un paracadute recuperato non so dove.
Poi le scampagnate con le amiche, in pineta o sulla piane. Un cocomero aperto tra le braccia, che a lei piaceva tanto mangiare col pane, e le "vasche" in passeggiata mano nella mano col suo Silvano che se la guardava estasiato.
Certo amici ne avevano tanti, e mi dispiace non aver memorizzato tutti i loro nomi. Ricordo bene però che la terrazza dove mia madre gioca con un barboncino, era del Bagno Felice, della sua amica Emma, che compare invece più avanti, assieme al marito Alfio (il famoso Bertacca della Darsena) in una foto collettiva mentre con mio padre si divertono a sparare al bersaglio del Tiro a segno del Luna Park.
Del resto le armi erano una delle tante passioni di mio padre, come le macchine da corsa ( sembra, come testimoniano alcune foto, che sui circuiti dei viali a mare si tenessero addirittura delle corse), le motociclette, 
l'aeromodellismo, praticato allo Stadio dei Pini, e la bicicletta, su cui ha diverse foto naturalmente tutte donate alla sua Pierina con tanto di dedica a tergo: "Al mio amore perché spesso si ricordi di me", "Con tanto affetto.", "Aspettando quel fatidico giorno.".
Che romantico mio padre, e che gran marpione che era!
Eccolo la, lo volevi? Vestito da donna con tanto di pezzuola sulla testa e seno finto. Poi in camice bianco, da medico, che si arrabatta tra vetrini e provette. Si, perché lui, tanto per non farsi mancare niente ( che comunque, per non dar adito ad equivoci, erano tutti passatempi per cui non ha mai speso una lira), si è cimentato nella disciplina teatrale.
Certo non tutti possono sapere che negli anni a cavallo tra gli ultimi quaranta e i primi anni cinquanta la Misericordia aveva fondato, così per svago e per raccogliere giovani attorno a sé, una compagnia teatrale. E pare fossero anche bravi.
Pieraccini, Colzi, Billet, Zipoli, Bertacca, Ramacciotti detto Boccino, Pezzini detto Bavaiolo, lo zio Fulvio e mio padre, naturalmente.
La sua rappresentazione preferita era "Gli spettri" di Ibsen, o almeno così diceva, e amava spesso citare con enfasi drammatica:"Che colpa ne hanno i figli delle malefatte dei padri!".
Si, era proprio una bella compagnia che, a quanto pare, rimase in piedi per una decina d'anni esibendosi in trasferte proibitive come Valdottavo, Borgo a Mozzano e Bagni di Lucca.
Come so queste cose? Naturalmente perché, per la serie "non buttiamo via niente che non si sa mai", ho conservato un vecchio articolo di giornale che pubblicizzava l'inaugurazione dell'archivio storico della Misericordia. Semplice, no?
Molto cara mi è anche la foto che ritrae mio padre assieme ad altri colleghi qui, sull'angolo di questa strada per la consegna, nel lontano 1953, delle case costruite dalla Cassa di Risparmio di Lucca per i propri dipendenti e assegnate previa riscatto. Ci sono voluti venticinque anni, ma ne è valsa la pena, tant'è che io,avendola ereditata, abito ancora qui.
Giro pagina ed eccomi la, la Pandora come mi chiamavano da piccola, in mezzo a mamma e papà sulla riva del mare. Dovevo avere più o meno quattro, cinque mesi, ma ne dimostro il doppio.
Ora eccoci ritratti nell'orto della nonna , proprio di fronte al muro di cinta che confinava col cinema Centrale.
Poi il matrimonio di Giuliano, il nipote più grande, e, qualche immagine dopo, quello della Liviana,accompagnata all'altare da un Silvano emozionatissimo nel fare le veci di suo padre, purtroppo disperso in mare.
Ecco, ora comincia la sagra delle barche a vela su cui mio padre regattava. La  "Stella", col numero 4367 del Benetti rigorosamente munita di vele del Puosi, che tanti momenti belli ha regalato a tutti noi.
Più grande e decisamente più ludica ecco apparire invece quella del Pucci, un professore di matematica paraplegico, appassionato di vela che si muoveva sul ponte come un gatto facendo forza solamente sulle mani.  Mitico, ma quanta soggezione mi incuteva.
Poi quella di Carlo il Giannotti, titolare della FIAT e amico di mio padre fino alla fine.
Ora le foto sono a colori. Ci siamo noi, i figli, la Bocciofila con le coppe vinte in coppia con Sergio, il matrimonio di mio fratello e a uno a uno, tutti i nipoti. Primo fra tutti l'amato Fifino.
Ma queste mi interessano di meno, è storia recente e l'ho vissuta.
Io amo in particolar modo le prime foto, quelle che testimoniano,  sullo sfondo di una Viareggio che non c'è più, la storia d'amore di due ragazzi, le loro amicizie, le passioni, le speranze. Quei ricordi patinati che ti riportano indietro a un tempo che fu. Quella memoria antica rivissuta attraverso immagini vellutate,  immagini color seppia.