lunedì 31 dicembre 2012

Il Circo

"Ecco...la musica è finita
gli amici se ne vanno.." e la casa si svuota, lasciandoti per un attimo con quello strano senso di...solitudine.
Sì, anche per quest'anno è andata, le feste sono quasi tutte passate e potrei dire che il bilancio è stato buono. I commensali al pranzo natalizio sono aumentati e nessuno si è lamentato del "servizio", così, se Dio me lo consentirà, il prossimo anno faremo il replay. Unica novità, la cena della vigilia a casa di mio figlio, ché mia nuora ci teneva tanto.
Non ho potuto mettere il ciocco nel camino, come da tradizione, per scaldare il bambinello alla nascita, ma l'emozione di Laura nello scartare i doni che le ha portato Babbo Natale è valsa la pena, e le sue risa cristalline mi hanno riempito di gioia il cuore più di un coro di Angeli.
Me lo concedo, sono stata proprio bene quest'anno. Una buona fine per un anno che di buono ci ha concesso veramente poco. Troppo caldo, troppe spese, troppi pensieri...ma, in fondo, quando mai è stato diverso?!
Con questo 2012 chiudo i sessant'anni, praticamente tre quarti della vita media di una persona. Ma non voglio fare bilanci, tanto i conti non tornano mai. E poi, sinceramente, mi sembra ancora un po' presto, anche se di acqua sotto i ponti ne è passata davvero tanta. Ho fatto di tutto e di più anche se,guardando indietro, mi rendo conto di aver vissuto con troppa sufficienza l'importanza delle cose che ho vissuto. Non per superficialità, ma perché il cercare di renderle ppiù leggere mi ha garantito la sopravvivenza, non me ne sono lasciata schiacciare.
Un po' come al Circo, dove tutto sembra semplice eppure puoi essere in pericolo ogni giorno, ma poi, con una rete o un salto all'indietro, riesci sempre a cavartela. Allora ho davvero rivisto tutta la vita scorrermi davanti come numeri dello "spettacolo più bello del mondo"
E' vero lo giuro, alle volte , leggera come una ballerina, mi sono trovata in bilico su un filo, lì in precario equilibrio, dove ogni passo deve essere calcolato se non vuoi rischiare di cadere nel nulla. Non puoi concederti nessuna distrazione.
Poi sono passata al trapezio. Appesa, volteggiando disinvolta tra sicurezza e voglia di avventura. Affidandomi ora all'una, ora all'altra e soffrendo, in maniera struggente, quel breve attimo di vuoto tra le due cose, prima di decidere a quale potermi definitivamente affidare.
Ma la prova più difficile è stata il calarsi nella gabbia delle fiere, e di bestie feroci ne ho affrontate davvero tante.
Devo dire che, tra le varie specie, ho decisamente preferito i leoni, anziché tigri o pantere. Forse perché di questi se ne distingue il sesso a colpo d'occhio, senza doverci pensare troppo, così sai subito con chi hai a che fare. E' vero, ne sono uscita con qualche graffio, ma me la sono sempre cavata, e le cicatrici, in fondo, servono a ricordare e a fare esperienza.
Decisamente più facile rapportarsi con pappagalli ciarlieri, foche ammaestrate e scimmie dispettose. Tutti carini e simpatici all'inizio, ma che palle! Troppi, decisamente troppi.
Ho provato ad avere a che fare anche con uno splendido esemplare di Orso Bruno, ma non è durata molto..., troppo grosso lui e troppo spaventata io. No, decisamente fuori dalla mia portata. Ma ne è valsa comunque la pena.
E vogliamo parlare della mia abilità nei giochi di prestigio? Inimitabile!
Arrivare a fine mese con stipendi esigui, far quadrare bilanci con le innumerevoli crisi, tenere unita la Banda, passare attraverso il fuoco senza scottarsi, e tirar fuori un coniglio dal cilindro quando tutto sembrava ormai perso. Beh, questo lo posso dire: sono stati numeri di alta magia.
Il ruolo però che in assoluto mi è costato più fatica è quello del clown.
Tante volte non avrei proprio voluto scendere in pista, ma quando la vita ti chiama e lo spettacolo te lo impone, non puoi tirarti indietro. Allora..., due dita di biacca sul viso, una una lacrima finta a mascherare quelle vere, e un sorriso che di naturale non ha niente se non la voglia, la necessità, di far credere a chi ti guarda che tutto va bene. Specialmente ai bambini.
Così, di spettacolo in spettacolo, la vita è andata avanti in un perenno Circo che ci accompagnerà finché avremo voglia di scendere in pista.
Ah, dimenticavo..: io non demordo. E siccome ho ancora voglia di avere i fari della vita puntati addosso, ancora spero in qualcuno che voglia prendermi per mano e trascinarmi in alto ( e non avrò paura se non sarò bella come dici tu..), per tutto questo ho in "cantiere" un nuovo strabiliante numero: la Donna Cannone!
Niente male, vero?
Buon anno nuovo a tutti....e una raccomandazione ai più giovani....

                                   Desiderata

Passa tranquillamente tra il rumore e la fretta, e ricorda quanta pace può esserci nel silenzio.
Finché è possibile, senza doverti abbassare, sii in buoni rapporti con tutte le persone.
Dì la verità con calma e chiarezza, e ascolta gli altri, anche i noiosi e gli ignoranti; anche loro hanno una storia da raccontare.
Evita le persone volgari ed aggressive, esse opprimono lo spirito.
Se ti paragoni agli altri, corri il rischio di far crescere in te orgoglio e acredine, perché sempre ci saranno persone più in basso o più in alto di te.
Gioisci dei tuoi risultati, così come dei tuoi progetti.
Conserva l'interesse per il tuo lavoro, per quanto umile. E' ciò che realmente possiedi per cambiare le sorti del tempo.
Sii prudente nei tuoi affari, perché il mondo è pieno di tranelli. Ma ciò non accechi le tue capacità di distinguere la virtù; molte persone lottano per grandi ideali e dovunque la vita è piena di eroismo.
Sii te stesso. Soprattutto no fingere negli affetti e neppure sii cinico riguardo all'amore, poiché, a dispetto di tutte le aridità e disillusioni, esso è perenne come l'erba.
Accetta benevolmente gli ammaestramenti che derivano dall'età, lasciando con un sorriso sereno le cose della giovinezza.
Coltiva la forza dello spirito per difenderti contro l'improvvisa sfortuna. Ma non tormentarti con l'immaginazione. Molte paure nascono dalla stanchezza e dalla solitudine. Aldilà di una disciplina morale, sii tranquillo con te stesso.
Tu sei un figlio dell'Universo, non meno degli alberi e delle stelle; tu hai diritto ad essere qui. E che ti sia chiaro o no, non vi è dubbio che l'Universo ti si stia schiudendo come dovrebbe.
Perciò sii in pace con Dio, comunque tu Lo concepisca, e qualunque siano le tue lotte e le tue aspirazioni. Conserva la pace con la tua anima pur nella  rumorosa confusione della vita.
Con tutti i suoi inganni, i lavori ingrati ed i sogni infranti, è ancora un mondo stupendo.
Fai attenzione.
Cerca di essere felice.


                Trovata nell'antica Chiesa di San Paolo.
                                                           Baltimora.   datata 1692

martedì 18 dicembre 2012

Il Giullare di Dio

Mi è capitato spesso di tornare con la mente a quando ero bambina e frequentavo la scuola elementare.  Ricordo che all'inizio delle lezioni, tutti assieme, si recitava una preghiera. Ricordo tutte quelle letture sul patriottismo e le poesie, le letture sulla grandezza dell'Italia e della sua storia. I suoi martiri, i suoi soldati, i suoi eroi e patrioti, e tutto questo orgoglio sull'italianità che poi, col tempo, è andato piano piano scemando. Non lo trovo più.
Ricordo che con mio padre assistevamo ad ogni parata militare che la televisione trasmetteva e ci commuovevamo ad ogni alza-bandiera o per qualsiasi ricorrenza in cui l'Inno di Mameli facesse da colonna sonora.
Poi, con l'allargarsi degli orizzonti, il nostro orgoglio è andato scemando e abbiamo cominciato col contestare il militarismo, il patriottismo, l'italianità.E la classe dirigente degli ultimi anni ci ha addirittura portati al ridicolo nel mondo, facendoci a volte addirittura vergognare di essere italiani.
Tutto messo in discussione quindi. Tutto da rivedere e rassettare. Fino a ieri sera...
Ieri sera ho assistito, in televisione, a una cosa di una grandezza unica, di una profondità, pur nella sua semplicità, che mi ha scosso l'anima dando un senso ed una risposta a tutte le domande in sospeso, facendomi riscoprire in un baleno quanto fosse lecito e giusto quell'amor di Patria che mi ha pervaso negli anni dell'adolescenza finché, ideologie più o meno fasulle, non mi hanno confuso la mente. Ho seguito Benigni in televisione che mi ha spiegato la "Costituzione Italiana". Come dice lui: la più bella del mondo.
E' stata un'esplosione di fuochi d'artificio!
Ha sciorinato un articolo dietro l'altro facendoci toccare con mano la ricchezza, l'ampiezza, la completezza e la grandezza di una cosa che la maggior parte di noi ignoranti ha sottovalutato e snobbato considerandola con supponenza e superficialità.
Invece lui ci ha aperto un mondo.
Ci ha presi per mano e ci ha fatto notare la forza, la ricercatezza, la profondità e il peso di ogni parola scritta. Rigo per rigo ci ha introdotti nella storia e ce ne ha fatti sentire protagonisti, ce ne ha resi parte.
Ha valorizzato ogni termine, ogni aggettivo, ogni verbo, ogni credo, ogni comandamento racchiuso in quei primi dodici articoli. Ed è stata una rivelazione.
Niente è lasciato al caso: la libertà di culto, la necessità vitale dello sviluppo nella ricerca, nella cultura, nell'arte. La tolleranza, l'accoglienza, l'amore per il diverso e per l'ambiente. Il diritto alla dignità del lavoro.
Praticamente un Vangelo laico di rara bellezza e profondità. E non so se avete notato che quando ne ha citato i redattori, i "padri fondatori", non omette mai di ringraziarne pariteticamente anche le "madri", concedendo a noi donne, in un sol colpo, riconoscimento, stima e uguaglianza. Cosa che, di questi tempi è quasi rivoluzionaria. Un novello Cristo.
Certamente poi qualche detrattore prezzolato troverà qualcosa da ridire. Su certe affermazioni, certe battute pungenti che lui si è concesso, sul compenso che ha ricevuto. Ma chi se ne frega! Tacete e imparate dal Maestro.
Vola alto Benigni. il suo parlare é semplice, immediato, ma forbito e aulico. Una miscellanea 
perfetta di politica, religione, fede e poesia. Non banalizza niente. Non trascura niente. E parla con il cuore, si vede e si sente.
E' autentico, schietto, onesto con se stesso. E' un "grande"! Ed è un italiano di Toscana, proprio come me, e ne sono fiera.
Che ci provino pure gli ignoranti, i vigliacchi, i novelli farisei a lapidarlo. Tanto lui non è alla loro portata. Non si farà infangare. Lui è gia oltre, troppo grande e troppo in alto per poterne essere scalfito. Che se ne facciano una ragione tutti quanti.
Neanche il suo finale è banale. Come ultimo omaggio esalta il nostro Tricolore e ci offre, con un filo di voce, la versione italiana della colonna sonora del suo film più importante, raccontandoci che non solo la vita è bella, quando è semplice e pulita, ma anche quanto debba essere rispettata e presa seriamente.
Grazie Roberto.

                    Alla vita.

La vita non è uno scherzo.
Prendila sul serio
come fa lo scoiattolo, ad esempio,
senza aspettarti nulla
dal di fuori o nell'aldilà.
Non avrai altro da fare che vivere.

La vita non è uno scherzo.
Prendila sul serio,
ma sul serio a tal punto
che messo contro un muro, ad esempio
le mani legate,
o dentro un laboratorio
col camice bianco e grandi occhiali,
Tu muoia affinché vivano gli uomini,
gli uomini di cui non conoscerai la faccia,
e morrai sapendo
che nulla è più bello, più vero della vita.

Prendila sul serio,
ma sul serio a tal punto
che a settant'anni, ad esempio,
pianterai degli ulivi,
non perché restino ai tuoi figli
ma perché non crederai alla morte,
pur temendola,
e la vita peserà di più sulla bilancia.

mercoledì 12 dicembre 2012

Letterina a Babbo Natale..

Una volta non si faceva, non c'era questa gran corsa allo shopping natalizio. Si aspettava che, la notte di Natale, Gesù Bambino ci addobbasse l'albero e poi era la Befana a portare i giocattoli. O almeno così mi sembra di ricordare...Già, ma io sto parlando della seconda metà del secolo scorso (OH  Giosuè!).
Oggi le cose sono diverse: è quasi sparita la vecchietta bruttina ma generosa ma al suo posto si festeggia Halloween, e Babbo Natale già da un paio di mesi è in giro per ristoranti e negozi a prendere accordi con una renna parlante. Boh! Non ci capisco più niente.
Comunque stanotte non riuscivo a prendere sonno e l'idea di una letterina al caro vecchietto mi è balenata nella mente. Chissà però che nel mio vagheggio mentale non abbia confuso le solite preghiere con un accorato appello al vegliardo. In fondo Padre e Babbo sono sinonimi. Dunque, vediamo un po'...

Caro Babbino nostro che scorrazzi nei cieli, fa' che quando vieni, una volta all'anno, tu sia veramente una gioia e non un problema in più. Da' un senso alla tua figura. Cerca di farci fare un pasto tranquillo, se pur parco, facendoci dimenticare che abbiamo debiti e anche debitori. Lascia che, almeno una volta, le nostre tentazioni di qualunque tipo possano essere appagate. E fa che l'idea del "male" che ci circonda per un giorno almeno ci abbandoni!
                                                                                                                      Grazie.
Si, in effetti forse un po' di confusione l'ho fatta. Del resto cosa si potrebbe chiedere per non cadere
nella solita retorica melassa qualunquista? La pace nel mondo? Non ci sarà mai e lo sappiamo. L'uomo è quello che è e la bellicosità fa parte della natura umana (se così si può chiamare) .Paradossalmente per l'uomo farsi guerre e uccidersi, è "vitale". A che prò dunque farsi illusioni.
La salute? Tutti vorremmo averla, ma sappiamo bene che il nostro corpo è soggetto ad un lento, inesorabile deterioramento cui non possiamo sottrarci.
Soldi? Disinquinamento? Evitare disastri ecologici?
Andiamo, per favore, siamo onesti con noi stessi. Accettiamo le nostre ipocrite bassezze ammettendo i nostri limiti. L'umanità fa veramente schifo e non troveremo le soluzioni in una slitta volante.
Contentiamoci di vivere una giornata serena, senza assilli, in armonia, che di questi tempi sarebbe già tanto.
Cerchiamo di goderci la compagnia dei presenti senza accusare troppo la mancanza di chi non c'è più. Sì, perché fondamentalmente il Natale è proprio questo: lo struggente ricordo delle grandi assenze!
Come non rivedersi davanti agli occhi Silvano o la Pierina, sempre nei miei pensieri. O riandare col pensiero alla Ida e alla Mila, che ci hanno lasciati da poco. Due grandi donne, due grandi caratteri, due vite importanti che hanno saputo lasciare ricordi importanti.
Perciò, caro Babbo natale, quando saremo tutti riuniti nella mia bella sala addobbata, con la tavola imbandita e il caminetto acceso, lascia che per un attimo mi dimentichi dell'IMU , del mutuo e della bolletta dell'ENEL. Facci perlomeno godere dello splendore delle luci dell'albero di Natale, così che, perdendoci nel luccichio delle sue palle colorate, ci dimentichiamo, per un po', di quanto invece le nostre girino!
Buon Natale a tutti.

Immaginandomi idealmente in volo sulla slitta del caro vecchietto, saluto idealmente tutti gli amici di  Milano, grandi e piccoli;  i parenti di Cremona, quelli di Livorno, i cugini per mare. Saluto caramente anche i parenti più vicini, anche quelli che non vedo mai. Un bacio agli amici della spiaggia e alle amiche di sempre, le più care (non occorre farne i nomi). Insomma, un saluto a tutti quelli che mi vogliono bene e, perché no, anche a quelli che fanno finta o addirittura non mi sopportano. In fondo non si può piacere a tutti. Per tutti un omaggio a costo zero.
E che la vita vi sorprenda regalandovi cose che non sapevate di desiderare!

                           Il mio Presepe

A sei passi dalla battigia, una posticcia baracca di canne allestita a custodia di una botte ormai scarsa di pece, di una cima sfilacciata ai capi, di due remi scompagnati, di un gozzo capovolto.
E' qui dove il preannunciato divino monello emette il primo vagito.
Lui se ne sta lì. Gli tolgo quel po' di sabbia che gli è rimasta appiccicata alle mani prima di addormentarsi.
A dargli protezione e fiato caldo gli ho messo accanto due cani randagi.
No, niente stella. Le stelle deludono come ci ha delusi la luna. Faccio, invece, suonare la sirena di un cantiere. Dalle case di rimpetto al "cantaccio" prende a muovere i primi passi tutta la gente imparentata col mare. Padroni di fogli, marinai, carpentieri, calafati, funari, pescatori. E i figli e le spose.

                     da "Il grande gioco"  di  Egisto Malfatti

domenica 9 dicembre 2012

La Bottega del mi' nonno

" Dai, salta su, vieni con tu pà"
"Ma dove si va pappà? "
"Si va in Darsena a bottega, dove vuoi andà.." ed io salivo sull'"orsetto", il motorino di mio padre, senza farmelo dire due volte chè con lui i "ma" e i "se" non esistevano. Quando chiedeva una cosa dovevi farla non subito, ma prima. E poi ci andavo proprio volentieri, perché la "bottega", come lui la chiamava, era la vecchia veleria di mio nonno, il posto più magico che io possa ricordare.
Si può dire che la storia di Viareggio e della sua marineria abbia sempre ruotato attorno a quel laboratorio, perché da lì usciva gran parte di quella che era la produzione velica dell' Italia d'allora, ed io ne sono fiera.Cordai, funai ,maestri d'ascia e calafati e poi c'eravamo noi a far la storia della città : i Puosi, maestri velai.
Recentemente il mio amico Claudio, un poliziotto in pensione con la passione della ricerca sulle nostre origini, ha scoperto che i miei precursori discendono da una stirpe tedesca che stabilitasi nella Garfagnana di secoli fa, ha quivi edificato un paese di nome "Puosi" per l'appunto,dalla cui popolazione poi noi discendiamo.
Ora, per i tedeschi mi può anche star bene (in fondo siamo quasi tutti alti, biondi e con gli occhi azzurri), ma lucchesi poi no. E delafia!! Questo spero proprio sia un errore.
Comunque lucchesi o no, i miei nonni avevano le palle. Uomini di mare, artigiani, grandi maestri. Insomma, loro avevano l'X-factor. E  misero su la "Veleria" proprio nel cuore della Darsena, sulla via Coppino davanti alla Pesa Pubblica e accanto al CRO.
Era un unico stanzone dal soffitto altissimo tutto di travi, le mura con le pietre a vista e il pavimento in legno, dove i fratelli Egisto e Duilio (mio nonno appunto) si dividevano spazio e lavoro.
Il nonno ebbe tre figli maschi: Alfredo, il più grande, che navigava sul  Colombo (di porto in porto, di mare in mar, passa il colombo nel navigar! così mi cantava sempre il pappà) ma è morto troppo giovane purtroppo; Emilio ha fatto il muratore e mio padre, il più piccolo, ha dovuto scegliere il lavoro in banca, anche se sono convinta che con il cuore e la mente era sempre a bottega.E lì trovava Sergio e Mario, i cugini, figli di Egisto, che invece hanno proseguito nel mestiere del padre. E l'hanno indovinata, perché la veleria era una vera miniera d'oro. A saperci fare naturalmente, e Sergio era veramente bravo nel tagliare le vele, mentre Mario era più portato per le tende.
Piuttosto chiuso, taciturno, era meno socievole del fratello Sergio che era invece un vulcano in eruzione, un eclettico, estroverso, folle personaggio indimenticabile. Era lui l'anima della veleria, ed è con lui che mio padre se la intendeva di più.
Due pazzi scatenati. Sergio, con quegli occhietti scuri, furbi e attenti come quelli di un furetto, non se ne perdeva una. Insieme avrebbero preso per il culo il mondo, e il vederli all'opera era un vero spasso.
A me piaceva da matti andare in veleria. C'erano, sul fondo dello stanzone, tantissime "pezzate" di stoffa dai colori sgargianti :blu,verde, arancio. Poi quella stoffa speciale, bianca, l'Eliolona, la chiamavano, che serviva per le vele delle barche da regata. Un bancone in legno ricoperto di rocchettoni di fili, metri sparsi qua e là, gessetti  per segnare la stoffa, forbicioni, poi scatole e scatolette piene di occhielli metallici di tutte le misure.
Sembrava un bazar. Appesi al muro cordami, cime, funi, e le foto di chi non c'era più compreso lo zio Alfredo.
Naturalmente una simile industria aveva bisogno di lavoranti e qui ce n'erano ben cinque, cinque donne ciarliere, tutte alla macchina da cucire.  Due, le più anziane, erano le loro sorelle, Alfreda e Raffaella, che in effetti un po' l'aria delle padrone l'avevano.
Capelli ricci , bianchi, occhialetti sul naso e quell'aria da zittelline furbette che a me, le rendeva anche simpatiche. Poi c'era Carmela, una bella moracchiotta, e altre due di cui non ricordo il nome.
Ricordo però di aver sentito tante volte parlare della prima, storica lavorante di bottega: la Selica. Ne parlavano sempre con affettuosa reverenza anche se poi la prendevano in giro, forse per le sue umili origini, dicendo che la sua passione era "l'arpa".Cosa ci azzeccasse poi l'arpa con la Selica  non l'ho mai saputo ne lo saprò mai, ma loro ci ridevano tanto quando lo dicevano.
Ecco, questo, assieme all'odore acre delle stoffe e della sciugna,ricordo con piacere: il simpatico cicaleccio che si faceva.
Quel posto era un vero porto di mare, vi approdavano elementi di tutti i tipi.
Io entravo, mi pascevo dei saluti affettuosi di tutti poi , mentre ognuno proseguiva il suo  lavoro, mi sdraiavo sopra le stoffe ammucchiate e ascoltavo.. ascoltavo..
Ogni tanto mio padre si ricordava di me e mi dava delle dritte sul mestiere. Mi insegnò anche tutti i nodi da marinaio rifilandomi pure qualche scappellotto sulla testa quando non  ne ricordavo la procedura: gruppo piano, scorsoio, parlato, gassa d'amante, e tanti altri che non ricordo più.
Poi interveniva Sergio che, agile come uno scoiattolo e rigorosamente scalzo, saltava da un lato all'altro della preziosissima tela stesa sul pavimento e mi spiegava con che criterio tagliarla,
Lui mi voleva molto bene. Avendo avuto due figli maschi, ero per lui la figlia femmina che tanto aveva desiderato, ed io lo ricambiavo con affetto e ammirazione. Perché, pur avendo a che fare anche con grandi nomi della velica venuti da tutta Italia a commissionargli le vele per le proprie prestigiose imbarcazioni, lui non se la tirava. Semplice ma non dimesso , umile ma fiero della propria maestria, dall' intelligenza pronta e dalla mente e corpo scattanti, non sopportava chi, al contrario di lui non aveva la "verve", chi non riusciva a stargli al passo.
Con mio padre se la intendeva più che con suo fratello, perché erano simili e nutrivano le stesse passioni: il mare e le regate. Il loro motto preferito era : se mi curi ti curo, se non mi curi ti vado in culo!
Ricordo con nostalgia quando, nel periodo di Carnevale, durante lo svolgersi del Rione Darsena, la veleria era aperta per amici e conoscenti.
La mamma e la Carla, moglie di Sergio, preparavano chili e chili di tordelli al sugo che sporzionavano  nel retro- bottega, mentre una damigiana di vino troneggiava in alto, su un seggiolone, con una "sughetta" immersa da cui si stillavano in continuazione bicchieri di vino.
Venivano i Benetti, i Cenami, i Giannotti, ricordo anche Delia Scala che si sdilinquiva in complimenti per la cucina di mia mamma, Egisto Malfatti e tanti altri della Viareggio bene. Poi i bomboloni dell'immancabile Zenzena e via, in balli e canti cui non si sottraeva nessuno. Davvero bei tempi.
Ora la veleria non c'è più.
I figli di Sergio non se la sono sentita di proseguire nel mestiere e sono diventati medici dentisti. Hanno lo studio proprio là dove sorgeva la veleria, loro al primo piano e sotto un anonimo negozio di oggettistica.
Neanche il CRO c'è più. Ma dalle finestre del loro studio ancora si domina la darsena.
E quando vedo dalla spiaggia una vela all'orizzonte, ricordo quelle atmosfere e spero, con orgoglio e nostalgia che ancora la gente si ricordi delle vele dei Puosi, quando le barche da regata lasciavano la banchina dietro al Club Nautico e si sentiva: "Orsa.. appuggia.. tira la sartia.. cazza la randa" .
E le seguivi con l'occhio fino a che il vento, ingravidata la vela, non se le portava via silenziose, al di la del molo... tra un fremito d'ali di gabbiani....

Un omaggio a mio padre che la sapeva a memoria.



                                           "Preghiera del Marinaio"

A Te, o grande Eterno Iddio, 
Signore del Cielo e dell'Abisso,
cui obbediscono i venti e le onde
Noi, 
Uomini di Mare  e di Guerra
Ufficiali e Marinai d'Italia,
da questa sacra nave
armata dalla Patria, 
leviamo i cuori.

Salva ed esalta nella Tua fede 
o grande Iddio, la nostra Nazione,
dà giusta gloria e potenza alla
nostra bandiera,

comanda che le tempeste
ed i flutti
servano a Lei.
Ispira al nemico il terrore di Lei 
fa che per sempre 
La cingano in difesa
petti di ferro 
più forti del ferro che cinge 
questa Nave.
A Lei per sempre 
dona Vittoria.

Benedici o Signore
le nostre case lontane,
le cari genti 
Benedici nella cadente notte
il riposo del Popolo.
Benedici noi 
che per esso
vegliamo in armi sul mare...
Benedici!! ,,, "