sabato 7 novembre 2015

Un passo indietro

Succede. A volte sì, può succedere.
Già al mattino quando ti alzi dal letto, capisci che c'è qualcosa che non va, che non è più come prima.
E' come un tarlo che ti rode dentro, e nonostante quanti sforzi tu possa fare, non riesci a farlo tacere.
Allora provi a far finta di niente, provi a parlare con chi hai vicino, con gli amici più cari. E guai se le risposte non sono quelle che ti aspetti, quelle che vorresti. Il vuoto aumenta.
Succede. Succede di pensare di essere in credito con la vita,  di meritare qualcosa di più.
E allora ti butti a capofitto sulla prima cosa che ti pare un barlume di speranza e pensi: ecco, questa è un'altra occasione! Magari ci provo, hai visto mai che il destino mi offra una possibilità.
Può succedere.
E' tanta la voglia di vivere, il bisogno di sentirsi ancora importante per qualcuno, la smania di credersi apprezzati per quello che si è, che ci auto convinciamo. Ci confondiamo la mente inserendovi ciò che si desidera al posto di quello che in realtà è. Prendiamo il nostro sogno e lo vestiamo a festa secondo le nostre esigenze. Ci nutriamo dei nostri miraggi come piante che hanno continuamente bisogno di acqua.
Poi devi fermarti. Basta un niente, una frase letta, un fatto che non ti torna, una sensazione latente, e parte il turbinio dei pensieri. I segnali, sono i maledetti segnali che hai imparato a leggere.
Il pensiero è come un vento che cambia inspiegabilmente direzione ma ben consapevole, sempre, delle sue mete.
Per un po' puoi pensare di poterti permettere il lusso di godere degli attimi, dei risvegli carichi di promesse,  e chiudere gli occhi con le farfalle nello stomaco. Può succedere.
Ma all'improvviso ti accorgi di aver sbagliato, di essere andata troppo oltre. E non puoi fare altro che un passo indietro.
La consapevolezza, questa nemica della speranza, questa sorella triste del sogno ad un tratto ti dice: " lascia perdere, torna padrona di te".  E devi fermarti.
Succede.
Devi solo aspettare che il dolore passi, finché la delusione per le  aspettative  disattese non lascerà  di nuovo il posto a quella palude di rassegnazione che è compagna della tua vita. L'unica che ti puoi permettere.
Tanto lo sai che poi passa. Passa sempre.
Chi nella vita ha subito un "danno" diventa fatalista, ché tanto sa già di poter sopravvivere. C'è già passato
Quando hai imparato a correre con i  lupi sai che non può più esistere un noi, ma solo un "io".
Allora prendi la tua valigia di sogni, la riempi con le tue utopie, le tue chimere, con quegli attimi illusori e pure belli che sono stati i tuoi momenti, i tuoi ricordi. di cui hai previdentemente fatto provvista. Quelli nessuno te li può togliere.
Chiedi scusa, il più umilmente possibile, non tanto per andartene, quanto per essere rimasto così a lungo.
Ti guardi intorno un ultima volta e ti allontani, in silenzio, accostando delicatamente la porta.
Sh....... piano...., non vuoi disturbare più.  E così, all'improvviso come sei arrivata, te ne torni indietro.
Può succedere!



                          Ti sei stancata di portare il mio peso.                
                           Ti sei stancata delle mie mani
                           dei miei occhi, della mia ombra.
                          Le mie parole erano incendi
                           le mie parole erano pozzi profondi.
                          Verrà un giorno,un giorno improvvisamente
                          Sentirai dentro di te
                           le orme dei miei passi
                           che si allontanano.
                          E quel peso sarà il più grande.

                                                           Hikmet

lunedì 7 settembre 2015

"Le mi' nonne"

"E fu così che, per grazia ricevuta, Viareggio e i viareggini furono risparmiati dalla peste che circondava la città. La sua avanzata si bloccò proprio là, al canale, ai margini dell'attuale ponte di Pisa proprio dove ora  sorge quella marginetta dedicata alla Madonna. Era l'otto di settembre e, in suo omaggio, si volle fare  un falò di ringraziamento ripetuto negli anni a venire sempre alla stessa data. Ecco come nacquero le Baldorie".
O almeno così a me l'hanno raccontata i miei e in seguito io ai miei figli e nipoti. Ma quanti oggi lo ricordano?
Sono cresciuta proprio là, su quella terra bonificata denominata Campo d'Aviazione. Una striscia di case fiancheggiate dalla pineta e tutto intorno campi coltivati a grano e viti. Una meraviglia poter correre liberi anche per la macchia , ché tanto il sottobosco non era folto come ora e dalla strada si arrivava a vedere il Viale dei Tigli, quando ancora i tigli formavano, con le loro chiome, una galleria d'ombra che a primavera profumava anche le stanze di casa.
Dal piano di sopra aprivi la finestra in estate e una distesa vermiglia di papaveri interrompeva l'oro del grano, mentre in autunno potevi fare scorpacciate di cachi, uva e fichi, facendo attenzione a non farti beccare dal contadino. E le more? A grappoli!
Ma quando arrivava settembre, il pensiero era uno solo: anda' a fa' pinugliori per la baldoria.
Allora via, tutti in pineta, con cesti, cariole, sacchetti. Qualcuno provava a legare dietro alla bici due o tre cassette di legno da riempire per far prima. Ma erin più velli che si seminavino che velli che si riportava, I più trincati invece riuscivano a fassi presta' un caretto, tipo quello per i pesci della mi' zia.e vai......certe cariate  di pinugliori da sparge' nel campo dietro 'asa , così se anco pioveva , si rinsecchivino subito.
La baldoria vera, il covone, si tirava su solo all'ultimo giorno, che così quelli spioni de' villini o della stazione vecchia un potevino  vedè quanto era grossa. La concorenza tra quartieri era tanta e c'era anco la paura che ce la bruciassero prima.
Bemmi tempi quelli in cui l'unico rischio che corevi era che ti dessero foo alla baldoria!
Comunque l'impegno per proteggela era notevole, e i turni di guardianaggio perfettamente organizzati.
Ogni tanto vicino a quel campo passava una seicento bianca che usciva da una villa a fondo strada, e dal finestrino si affacciava una signora mora, elegante, sguardo intenso e vivace, che con un gran sorriso ci faceva avvicinare e ci regalava caramelle.
Solo dopo molti anni ho scoperto che quella signora, che si chiamava Franca Taylor, era una scrittrice e grande autrice di testi  teatrali. Anche lei illustre concittadina caduta nel dimenticatoio di questa ingrata città.
Ma finalmente arrivava il momento, il conquibusse come diceva la mi' nonna: c'avevimo da monta' la Baldoria. E qui entrava in gioo il mitico Birino!
A esse' sincera, chi fosse veramente un me lo riordo.Indubbiamente  uno de' contadini del vicinato. Un ometto già anziano, secco rinfrignito co' capelli bianchi, senz'altro venuto su a zuppa del seghetti. Ma come la faceva bella lu' un na faceva nessuno. Pareva gonfiata: un unico lungo palo inficcato nella rena, e po' tutt'intorno forconate di pinugliori. Un'opera d'arte, senza neanco stacci a pensa' du volte, la più bella di tutta Viareggio. Perché era la nostra!
Ultimo atto......appuntamento tutti alla stessa ora che per danni foo si voleva esse' tutt'insieme.
Ehi, una pottisa! Quando arivavi, un si sa perché, era già accesa, e il colpevole un saltava mai fori,
Belli i mi' amici.....La Cesi, la Meri. l'Anna Maria, la Floriana, Erichino, Marietto che ora fa il medico ma allora era soprannominato "Grande capo chiappe merdose". Alcuni, purtroppo, son già andati a accende' baldorie da altre parti, Massimo, Checchino.....mi viene il ghiozzo in gola se ci penso.
E invece no, un la voglia da' vinta al magone. perché ho avuto la fortuna di vive' questi momenti magici.Non come ora che coglie i pignugliori è diventato perioloso e troppo fatioso. E se qualcuno ancora si riorda per caso di questa festa, n'approfitta per da foo a ogni genere di troiaio che trova purché bruci e si  possa fa del casino con petardi e mortaletti anche periolosi. Senza considerà i miasmi che diffondino nell'aria. Uno schifo.,
Ma noi....noi no. Tutti a girare attorno al fuoco ridendo e scherzando, ipnotizzati dai guizzi di quelle lamelle cangianti e inebriati da quel meraviglioso profumo di ragia e sottobosco. Ci faceva una pippa a noi la Mariagiovanna!!!
Poi d'un tratto :" Sbraciamo la baldoria così s'alzino le mi' nonne."
E mi ma', povera donna : "Alfrè, un t'accosta' che se ti strini ti ce ne dò di sopra."
Toh, certo, perché alla festa c'erin tutti, grandi e piccini, mia solo noi bamboretti. Tutti insieme a condivide' quel rito quasi ancestrale, quel momento di euforia collettiva. Che ci volete fa' noi ci si divertiva con pogo, ma quel pogo ci bastava per senticci felici.  E quando qualcuno de' più temerari s'azzardava : ALLE MI' NONNE .......sembrava un grido di battaglia.
E eccole là, alte, stagliate nel buio della notte, tante fiammelle incandescenti e scoppiettanti che sembrava ridessero partecipi degli schiamazzi di noi bambini....
Chissà cosa ci vedevamo...cosa ci sembravano...Forse semplicemente le caricavamo della nostra energia, delle nostre speranze, dei nostri sogni....era una sensazione di libertà assoluta, di partecipazione all'armonia del mondo....sentirsi vivi e spensierati....ma che ne so!
Avevamo il mondo davanti e una vita intera per viverlo.
Quello che so per certo è che, allora come ora nel ricordarlo, mi batteva forte forte il cuore.

giovedì 25 giugno 2015

Tornare a casa

          "Ci sarà sempre un conflitto tra quello che so e quello che sento"

Vi è mai capitato di fare un sogno sempre uguale, sempre quello, fino a diventare un'ossessione?
A me sì, è successo. Magari può cambiare un po' lo scenario, qualche "attore", ma il contesto, la trama è sempre la solita.
Mi è successo da giovane  che sognavo sempre di dover dare un esame e non essere preparata (forse il timore di essere inadeguata di fronte ai problemi della vita?), e poi un po' più matura quando continuamente avrei dovuto prendermi cura di un bambino molto piccolo (l'amore per me stessa?).
Non pretendo di essere Freud naturalmente, ma con grande spirito di sopravvivenza ho affrontato i miei limiti e, cavillandovi sopra, con pazienza li ho superati.
E ora questo...una sera, due, tre,,,magari non di seguito ma Tac, puntualmente ricompare, e ti risvegli con un senso di soffocamento, di turbamento, di vuoto che ti riempe la giornata. Sogno di essere lontana da casa, magari a Milano dai miei amici, o fuori a teatro, e non so come tornare indietro.
Voglio con tutta me stessa tornare a casa mia, ché altrove non mi sento a mio agio. A volte ho intorno gente sconosciuta, corsi d'acqua torbidi e minacciosi, ma non posso farlo perché non ho un mezzo....non ci sono treni né pullman, addirittura non ho le scarpe, il motorino è bucato, non trovo dove ho parcheggiato la macchina e neppure ho un gettone per telefonare a mia figlia di venire a prendermi. Un incubo!
Basta, devo fermare la giostra che ho nel cervello, smetterla di dar fiato all'orchestra stonata che ho dentro in compagnia della quale mi risveglio ogni mattina.
Il primo passo è ammettere di avere un disagio, qualcosa che mi disturba, mi fa star male. Può essere doloroso ma è necessario.
Mi sento persa in questo silenzio assordante per cui il mio cuore ha smesso di guidarmi lasciandomi in balia della mia testa e dei suoi pensieri eccessivi e tortuosi. Basta pensare, basta con i sensi di colpa. Devo assolutamente trovare il modo di affrancarmi emotivamente dal mio "problema". Di qualunque natura esso sia. Da qualunque parte provenga.
"Esiste un solo modo per affrontare il dolore. Accettarlo e andare oltre."
Giusto, belle parole. Ma prima devi riconoscerlo , e per farlo occorre una buona dose di onestà verso se stessi.
Perché sappiamo bene che le risposte, tutte, sono già dentro di noi. Doppiamo solo avere il coraggio di riconoscerle, senza paura, e accogliere il "disturbo" senza ostacolarlo.
L'ansia, le fobie, la tristezza, sono tutti campanelli d'allarme che ci  giungono da un luogo sconosciuto per dirci qualcosa, e come tali vanno rispettati. Bisogna lasciarsi andare.
Ragionare, capire o cercar di spiegare cronicizza i problemi che devono invece essere affidati al buio,
al vuoto. Esser guardati come onde del mare. Perché non si può pretendere di gestire ne controllare l'ineluttabile.
Ed ecco che, piano piano, il tuo "io" riaffiora. Ritrovi la tua istintualità e di colpo ti accorgi che quel qualcosa che non va è proprio lì, di fronte a te. Devi solo prenderne atto e lasciarlo andare. Che non vuol dire "mandarlo via", ma accettare le cose per quello che sono, senza reprimerle o volerle cambiare. Non cercare di trattenere, di bloccare, o farle a tuo piacimento, ma lasciarne il naturale fluire.  E con queste tornare ad essere se stessi, perché quando cerchi di piacere per forza, di essere adeguata, quando vuoi diventare come ti vogliono gli altri, poi gli altri non ti vogliono più. E ti perdi.
Ecco ci siamo, sono arrivata al nocciolo, al fulcro, all'origine. Amen.
E di colpo ti svegli una mattina  accorgendoti che l'ansia è svanita. Ti senti leggera, serena riesci a respirare finalmente e realizzi.......Sì, anche stavolta, in un modo o nell'altro, sono tornata a casa.

                              "La  vera bellezza dei sogni è la loro atmosfera di libertà
                                infinita...la libertà dell'artista priva di volontà, libera di
                                volare."
                                                  Karen Blixen 

domenica 10 maggio 2015

Castelli di sabbia

Siamo qui, riuniti attorno al tavolo, e me li guardo bene i miei figli.
Sono proprio belli, non posso non convenirne, e non è solo orgoglio di madre. Sono belli obiettivamente, anche se completamente diversi uno dall'altro. Lui, che aveva capelli nerissimi, tutto brizzolato e occhi verdi simili a quelli di sua nonna. Lei con una gran cascata di capelli dorati e grandi occhi azzurri come il cielo in estate.
Me li guardo e me li godo, perché io sono fiera di loro, della loro maturità e di come sanno barcamenarsi in questa bolgia che è la vita. Mi piacciono così come sono, semplici, un po' rustici. E' vero, avrei preferito che avessero studiato, si fossero fatti "una posizione", ma per loro, non per me, per poterli vedere affrontare le avversità in modo più tranquillo e sereno.  Invece non li ho mai spinti, non ho mai insistito. Ho sempre lasciato che scegliessero da soli cosa fare,cosa voler essere. Li ho lasciati anche sbagliare, ma ho fatto bene? Che cavolo di madre sono stata?
E in  questa notte di primavera mi assalgono mille pensieri,,mille dubbi, mentre, dalla finestra di camera mia, osservando la notte che volge al pallore mattutino, ripercorro il mio essere madre.
Ho avuto Andrea che ero piuttosto giovane, ventidue anni, mentre per Daniela ero già un po' più matura, ma il mio approccio alla maternità, il mio rapportarmi con loro, è sempre stato lo stesso, quello di vivermeli in assoluta libertà.
Il diventare madre era una delle cose che desideravo di più al mondo..., più di un compagno, più di un matrimonio.  La mia grande famiglia come supporto e mio padre come punto di riferimento. Perché era a lui che volevo dimostrare il mio essere una grande donna, la mia capacità di degna educatrice, e tutto donando loro il massimo rispetto e la capacità del libero arbitro.
"Sono due le cose che i bambini dovrebbero ricevere dai loro genitori...radici e ali !"
Ma come potevo io , ribelle, irrequieta come un mare in tempesta, così fuori dagli schemi, a-normale sempre, zingara di mente, folle ingegnere della mia vita, insegnar loro a vivere "inquadrati"?!
Io che non accettavo di vivere in nessuno dei mondi che mi venivano offerti, io che avrei voluto crearmene uno tutto mio dove poter respirare e rigenerarmi dai colpi inferti dalla vita, come avrei potuto far loro capire che si ha bisogno di punti fermi, di porti sicuri cui approdare durante le tempeste?!
Avevo solo una strada possibile da percorrere: essere me stessa e all'occorrenza mettermi in gioco insieme a loro. E così ho fatto.
Non ho mai nascosto niente, onesta fino alla sfacciataggine. Non ho mai contrabbandato l'intolleranza per ipersensibilità, ne l'arroganza per sicurezza. Non ho mai avuto timore della parole forte o scomoda, della parola possente o pruriginosa. Non ho mai scansato o delegato i problemi ma li ho sempre affrontati, i miei e quelli degli altri. Mi hanno vista folle, allegra, guerriera, ferma e decisa, sempre pronta alla lotta, Oppure fragile e spaventata. Mi hanno vista piangere.....e poi rinascere dalle ceneri senza arrendermi mai.
Ho cercato di trasmettere loro dei valori, di fortificarli, di prepararli alle delusioni, alle lotte. Ho provato a far capire loro che le cose nella vita non capitano mai a caso e che ogni persona che incontriamo può insegnarci qualcosa. E poi.....?
Li ho lasciati scegliere quello che volevano essere, in virtù del loro diritto ai propri diritti, e li ho osservati, un po' in disparte,  come penso sia giusto fare.
Ho sbagliato ?  Può essere, non ho certo la presunzione di credere di poter essere immune da errori.
Ho voluto affrancarmi dal mondo dei miei genitori, così come i miei figli hanno voluto prendere le distanze dal mio. Ma ritengo sia un processo normale e lecito. In fondo, nella vita, è bene che ognuno impari ad essere "genitore" di se stesso.
Certo lo scopo era quello di vederli felici...ma la felicità non è di questo mondo. E' fuggevole e effimera. Un po' come costruire castelli di sabbia sulla battigia. Sappiamo bene che prima o poi arriva un onda e ce li può far crollare. Ma continuiamo imperterriti a tirarli su, ancora e ancora, senza arrenderci mai. Una sfida continua.
Il profumo penetrante delle zagare e delle rose mi riporta alla realtà, e mi rannicchio nel letto con il cuore colmo di speranze fragranti.
E' di nuovo il maggio odoroso e sono ancora qui a pormi domande, a cercare soluzioni. Perché anche se il tempo ci ha fatti andare avanti, io sono ancora lì, indomita, sulla riva di quel mare. In fondo, nonostante tutto, la vita è un'avventura meravigliosa!


          Quando, nella foresta,
           i rami litigano per il vento,
           le radici si tengono per mano,
                                                       
                                             R. Battaglia

giovedì 26 marzo 2015

Diversi...da chi?

La cena di qualche sera fa a casa di Perla non solo è stata piacevole e divertente, ma è stata anche un grosso stimolo per riflettere e ragionare, così, tanto per non perdere il vizio.
Alle volte vorrei davvero riuscire a fermare il turbine dei pensieri, domarli, chiudere la porta al mondo e mettermi in ascolto! Magari.....
Non è proprio un bel periodo questo, mi sento nervosa, intollerante. Non sopporto la massa becera, volgare, superficiale. E questo mi rende irrequieta, mi fa sentire "diversa"
Hanno sempre detto di me che sono una donna forte, volitiva. Ho seguito consigli, dottrine, letture. Ho meditato su me e sui miei limiti. Ho imparato ad "osservare la mente" come fosse un fiume che scorre lasciando arrivare pensieri, immagini, sensazioni, senza pretendere che fosse altro da quello che è.
Ho cercato di  correggere i miei difetti ed ho imparato ad accettare la mia solitudine affettiva. Perché è vero che imparando a star da soli si acquista forza, ma poi quello che diventiamo, quello che siamo, dobbiamo donarlo, condividerlo.Se non ci relazioniamo a che serve tutta la nostra crescita, e nel mettermi in gioco ho capito che non si sta male quando si dubita dell'altro, ma quando si dubita di noi stessi, del nostro valore.
Ho acquisito conoscenza, consapevolezza e forza, eppure alle volte mi sento un'aliene, proprio un essere avulso dalla massa. E questo, nonostante tutto, ancora mi fa star male.
Poi capita che ti trovi di fronte persone che davvero hanno lottato e sputato sangue per affermare la loro "diversità", e ti senti una merda.
"Ci sono anime sulle quali viene voglia di affacciarsi come ad una finestra piena di sole!"
Ed eccoli qui i miei nuovi amici che si raccontano, si mettono a nudo senza remore ne falsi pudori. Senza ipocrisia. E ascoltano te, che sei portata a fare altrettanto.
L'apice della serata si raggiunge quando, per provare una maglia che la mia amica vuol regalarmi, tolgo disinvoltamente quella che indosso e rimango in reggiseno davanti a vassoiate di triglie, totani e gamberi fritti che mi osservano perplessi, accompagnata dal gridolino di sgomento di Davide che finge di chiudersi gli occhi, e la "OH" di stupore di Stefano , che neanche la Madonna quando si trovò davanti alla palma traboccante polposi datteri.
Ridiamo. E' tutto facile, naturale, tutto scorre via in allegria, leggerezza, spensieratezza.
Allora pensi: il "diverso" è colui che comunque dovrà lottare nella vita per affermare se stesso.
Ma ha importanza poi avere l'approvazione, l'accettazione della massa?
Assolutamente no!
Quindi ti rassegni al fatto che non puoi piacere a tutti, te ne fai una ragione e smetti di sentirtene in colpa.
Pensi che in fondo se gli altri non ti apprezzano, forse non sempre dipende solo da te. Forse magari, semplicemente, sono gli altri a non essere alla tua altezza! Con rispetto, naturalmente.

"Ho il cuore grande ma con poche stanze e pochi ospiti, preferisco così.
  Chi ci entra non si sente soffocare, si sente comodo.  Si sente a casa."

martedì 3 marzo 2015

L' aura di Laura.

Bellissima, stamani è davvero una splendida giornata: l'aria tiepida, i colori vividi e brillanti, in aria tutto un rincorrersi di cinguettii, sugli alberi i primi germogli e nell'aiuola sono spuntate le violette.
Mi sento bene, ho la primavera addosso e mi metto di lena a far le cose........forse troppo di lena.
A un tratto sento un dolore forte al centro del petto. Lì per lì non mi preoccupo. Penso alla posizione a spalle piegate, o ad una boccata d'aria. Io non mi spavento facilmente. Però non passa, anzi.....Mi gira anche un po' la testa e...insomma, è meglio se mi siedo. In fondo sono sola in casa e se ne sentono talmente tante....
Avverto il ticchettio dell'orologio e cerco di impormi una respirazione controllata, socchiudendo gli occhi. Lo chiamano training autogeno...e funziona, funziona sempre.
Solo che stavolta non visualizzo boschi o prati ma il visino di Lei, con quegli   occhi dall'espressione così intelligente e buona...lei, la mia nipotina Laura.
E' normale che il mio pensiero la cerchi e la raggiunga. E' ancora così piccola, tutta da plasmare, con quell'aura così luminosa e pura come solo i bambini possono avere, e nella quale mi immergo quando stiamo insieme.
Laura è il mio amore grande, la mia grande scommessa per il futuro. Lei mi adora! Le piace quello che faccio, quello che dico, mi ama per come sono. Forse mi trova strana, certo non convenzionale, particolare, speciale insomma.
Ha appena otto anni ma sa benissimo cosa vuole. Ha già chiari i suoi interessi e tra questi, ringraziando Dio, ci sono anch'io, anche se ci vediamo poco, troppo poco.Lei così piena di ammirazione per me, piena di riguardi e gesti carini, sempre così affettuosa e premurosa. A noi il tempo per stare insieme non basta mai. Abbiamo sempre un sacco di cose da dirci, da raccontarci. E ogni sabato che, non avendo scuola, vuol passare qui con noi, è sempre un'avventura nuova.
A volte la guardo di sottecchi e penso al poco tempo che ho a disposizione per trasmetterle le cose che vorrei conoscesse.
E se il tempo poi si interrompesse all'improvviso? Ma no, non ci voglio neanche pensare.
Le devo parlare di valori importanti come la lealtà, la tolleranza, il rispetto, la fiducia in se stessa, l'importanza della valorizzazione, dello studio , della disciplina, delle regole..........Poi mi chiedo: "Ma perché? Sono stata così liberale con i miei figli ed ora vorrei inquadrare proprio lei? Questo splendido fiore di campo che ama gli animali, le piante, la vita all'aria aperta. Questa gemma preziosa che pende dalle mie labbra e ama frugare tra i miei libri, immergersi nei miei scritti. Che ci pensino i suoi genitori ad educarla, non è un compito mio. Io voglio godermela fin che posso raggiungendola nel suo mondo, non trascinandola nel nostro. Voglio nutrirla di sogni e di magie.
"Caccia fuori le parole nonna!" è il suo grido di battaglia.
Ed io parto in quarta con i miei ricordi più belli, con la narrazione delle nostre tradizioni, con le mie fantasie romanzate che ci trascinano in mondi incantati popolati da gnomi e fate. La nutro di parole che deve imparare a far sue e ad usarle senza timore elaborandole e plasmandole a suo piacimento.
Le piace da morire sedersi con me sul letto in camera mia, dove le pareti di un bel verde muschio   danno l'impressione di trovarsi in un bosco incantato e la sponda del letto sembra un candido cancello pronto ad aprirsi su un mondo immaginario dove non c'è violenza, cattiveria, paura. Un mondo dove gli angeli e le farfalle sparse qua e là o appese alla parete, la fanno da padroni. E' in quel mondo che mi piace portarla e che voglio condividere con lei. Perché se cresce con la speranza e l'amore nel cuore, se riesce a capire che la fantasia e la leggerezza aiutano nei momenti bui, se riesco a non farle aver timore degli "orchi " e delle "streghe"che ci circondano o a saper affrontare il brutto con consapevolezza della forza che abbiamo dentro, allora forse posso riuscire a darle una marcia in più. Tutto il resto poi sarà la vita stessa ad insegnarglielo.
Non potrò certo preservarla dai  mali del mondo, ma posso darle gli strumenti per aiutarla a capire che dentro noi ci sono tutte le forze che ci occorrono. Le voglio insegnare che le uniche cose davvero nostre sono i sogni e la nostra libertà di pensiero che nessuno dovrà mai ingabbiare. Voglio che impari ad inseguire le sue passioni, perché sono le passioni che ci trascinano avanti,
Ma mi serve tempo accidenti. ho bisogno di più tempo.......e all'improvviso mi rendo conto che quel fastidioso dolore è passato.
Apro gli occhi e guardo l'orologio alla parete.....saranno trascorsi al massimo due minuti, due brevi minuti in cui sono riuscita a pensare intensamente a un sacco di cose.....da fare, da programmare.        Sorrido. Fortunatamente, come direbbe un mio amico :  un ho ancora i vasi insevati ! (Tradotto in italiano : ancora non son pronta per il varo!)
Posso ancora far progetti ed escogitare giochi nuovi da dividere con Laura, il mio amore grande, la mia Guerriera di Luce.Tutte le mie verità, le mie memorie, tutti i miei sogni. Ma voglio farlo con leggerezza, con lievita, con il sorriso. Sì, perché noi insieme ridiamo tanto, ridiamo sempre.                Voglio che mi ricordi scherzosa, giocosa, un po' matta, come in effetti sono. Così che, quando poi da adulta parlerà di me, mi ricorderà come una nonna allegra e spensierata. E a chi le chiederà come mai lei risponderà con sicurezza:. "Semplice, a lei faceva schifo la tristezza!"



                             TI  AMERO'

Farò della mia anima uno scrigno per la tua anima,
del tuo cuore una dimora per la tua bellezza,
del mio petto un sepolcro per le tue pene.
Ti amerò come le praterie amano la primavera
e vivrò in te la vita di un fiore sotto i raggi del sole.
Canterò il tuo nome come la valle canta l'eco delle campane,
ascolterò il linguaggio della tua anima
come la spiaggia ascolta la storia delle onde.

                                                        Kalhil Gibran 

venerdì 13 febbraio 2015

Pandora

"Sarai felice, mi disse la vita, ma prima ti renderò forte!"


E così fui soprannominata "Pandora". Mi chiamavano così, amici e parenti.Forse per il mio aspetto paciocco, forse per i miei colori, non lo so. Fatto sta che , oltre al mio nome particolare e desueto (Alfreda: consigliera degli elfi o elfo consigliere), anche il mio appellativo è stato "premonitore".
Pandora, figurazione della terra che tutto dona, cui Zeus consegnò un orcio contenente tutti i mali che, ovviamente, vinta dalla curiosità di aprirlo, sparse poi per tutto il mondo.
Ecco, è cominciato da lì il grande senso di responsabilità che mi ha accompagnata sin qui, alla soglia del mio .....esimo compleanno.
"Te sei nata vecchia!" mi diceva mio padre. Riferendosi certo alla mia maturità precoce piuttosto che  al mio spirito.
Già, ma che genere di persona sono stata? E come sono diventata in questi anni? Io, chi sono?
Lungi da me l'idea di far bilanci ché ancora è presto, Voglio provare a tracciare un profilo di me stessa prima che qualcun altro ci provi " in ricordo di.."  Tieh! Mi descrivo da sola, grazie.
Sono stata una bambina buona, rispettosa, senza pretese, cresciuta sana, all'aria aperta e molto silenziosa. Proprio presa e buttata lì come un coriandolo. Ascoltavo e pensavo, pensavo piano per non dare fastidio a nessuno.
Poi da adolescente son diventata irrequieta, come vento instabile che scompiglia il mare. Ho inseguito utopie, speranze da ragazza semplice, sognatrice. Sempre in fermento. Ed   ero carina, non lo nego. Non vistosa, non appariscente, ma con qualcosa che accalappiava, attirava l'attenzione, anche se poco consapevole e, purtroppo, difficilmente addomesticabile.
Alle volte penso che dovrei chiedere scusa a me stessa per aver creduto di non essere mai abbastanza.
Poi ho aperto il vaso....e mi è capitato di tutto e di più.
Sono passata attraverso tante dure prove e ne sono uscita, ammaccata ma intera. Per carità, mica penso di essere migliore di altri o più sfortunata. Lo dico solo perché ritengo, presuntuosamente, di avere tante cose da dire e l'ambizione di essere in grado di saper raccontare una storia, quella che mi ha portata ad essere come sono.
Dell'infanzia mi trascino dietro la paura del buio (ancora dormo con un piccolo lume acceso) e quella che comunemente si definisce "gelosia" o "possessività", ma che io chiamo, più esplicativamente :"sindrome dell'abbandono". Perché succede sempre, ogni volta che mi affeziono a qualcuno. Mi assale la paura di perderli, amicizie, amori.La paura che si preferisca qualcun altro a me. Allo stesso modo come, da piccola, soffrivo ogni volta che temevo di perdere l'amore o l'attenzione esclusiva di mio padre.
Cosa ci posso fare, ora ci ragiono, o almeno ci provo, ma una morsa allo stomaco quando "credo" di essere messa da parte ancora mi assale.
D'altronde la mia fervida immaginazione ha ricamato parecchia della mia vita,  e, seppure ho capito, imparato che non si possono vivere le fantasie, è anche vero che la fantasia aiuta a vivere. E quando ci sono dentro, lascio fuori la vita senza poesia.
Forse per questo sono felice con poco.  Vivo di emozioni e nessuno può mettere un cancello alla mia libertà mentale.
Oddio, detta così sembro una folle priva di senno, ma in effetti nella realtà del mondo ho rischiato di annegare , e più di una volta.
Il fatto è che quelle come me si rimproverano sempre di non fare mai abbastanza e stringono i pugni per non farsi vedere a piangere.
Quelle come me hanno bisogno di abbandonarsi agli abbracci, di fidarsi, e arrossiscono quando ricevono un gesto gentile o un complimento.
Quelle come me raccolgono con pazienza i cocci di un vaso rotto, e con pazienza lo rimettono insieme pur rischiando di ferirsi.
Quelle come me non amano le sfilacciature ma preferiscono i tagli netti, le porte sbattute sulla parola fine. Eppure sono capaci di tornare indietro a riprendersi un amico rimettendo in gioco tutto, pur di ritrovare un sorriso.
Quelle come me ti guardano dritto negli occhi e ti scrutano fino ad arrivarti al centro dell'anima dove i cuori si toccano. E non ne escono più.
Amo l'istinto più della logica perché ho capito che nulla è più reale di una sconfinata sensazione. Amo i gesti spontanei ed ho imparato a selezionare.. So chi voglio accanto e la solitudine non mi spaventa più, perché l'esperienza mi ha fatto capire che essa non dipende dalla presenza o assenza di qualcuno ma anzi, le persone a volte occupano i tuoi spazi e te li rubano, senza offrirti in cambio una vera compagnia. Allora preferisco ballare sola al centro del mio mondo, piuttosto che nell'angolo della vita di qualcuno.
Ho imparato che non si può esigere l'amore  e che non si possono evitare dolori, ansie, tristezze, delusioni e notti insonni costruendo dighe intorno a noi. Dobbiamo semplicemente lasciare che la vita ci corra incontro, scorra verso di noi e ci avvolga, ne più ne meno di come vivono i fiori, le piante, senza costringerla, mortificarla, spegnerla o cercare di imbrigliarla. Dobbiamo smettere di recitare una parte.
Si rischia, certo.ma si vive. Di errori ne ho fatti parecchi, ma mai cattive azioni, non ne sono capace, anche se non dimentico i torti subiti. Ma non aspiro alla vendetta né porto rancori . E questo mi da forza. La forza di andare avanti ancora e, spero, ancora. E sapete che vi dico? Mi piacciono le  persone come  me e sono sicura che un domani, alla fine del viaggio, Lui senz'altro perdonerà i miei errori e mi darà l'assoluzione. Se non altro, per insufficienza di prove.