lunedì 30 dicembre 2013

Un Buon Anno speciale...

Un augurio alle persone care è , penso, talmente ovvio e scontato che rischia quasi di diventare banale. Per  cui diamolo per fatto e andiamo oltre.
Che questo non sia il migliore dei mondi possibili lo sappiamo bene, è sotto gli occhi di tutti. Ma è anche vero che è il nostro mondo, quello che noi creiamo giorno dopo giorno.
Si dice che per far sì che il male trionfi non serve agire negativamente, basta limitarsi a non fare il bene.
Per questo il mio pensiero va alle persone di "fede", a quelle che vivono con coraggio, che non si rassegnano.
Mi permetto quindi di volare un po' più in alto e di racchiudere in un saluto augurale quei pochi che hanno fatto sì che questo anno trascorso non fosse un tempo buttato via.
Nel ringraziare quelle poche che sono riuscite a spezzare le catene, voglio fare un augurio a tutte le donne che vivono quotidianamente abusi e violenze fisiche e psicologiche. Vorrei che trovassero la forza di chiudere, di dire basta. Chiunque usa violenza su un altro essere non è degno di dedizione. Chi alza le mani e ti picchia non ti ama, ti usa per scaricare le proprie frustrazioni e non è degno di essere chiamato "uomo".
Ecco, auguro a tutte loro di trovare il coraggio di ribellarsi, di denunciare, perché certe persone non cambieranno mai, ma voi avete diritto a molto di più di quanto siete in grado di sopportare.
E voglio fare un augurio a quei poliziotti che, durante gli ultimi cortei di protesta, hanno tolto i loro caschi e abbassato gli scudi in segno di solidarietà con i dimostranti. Evidentemente hanno capito, LORO.
No, non voglio far politica né demagogia, ma solo prendere la cosa per quello che è, una umana presa di coscienza. Non ribellione, non sovversivismo, ma la consapevolezza, finalmente, che in una guerra tra poveri chi ci guadagna è solo "il potere".
Voglio permettermi anche di fare un augurio a tutti quegli immigrati che arrivano qui per farsi un futuro, una famiglia, per lavorare cercando con noi di migliorare questa Italietta meschina e retrograda. A tutti quelli che non ci portano disordini e violenza, ma diversità culturali per arricchire le nostre conoscenze, per allargare i nostri orizzonti.
Un augurio speciale voglio farlo ai genitori bloccati con i loro bambini in Congo, classico esempio della meschinità umana e di quanto sia difficile anche riuscire a fare del bene. Voglio farlo a tutte quelle persone coinvolte nel "caso stamina", che lottano quotidianamente per il diritto ad una scelta di vita, che dovrebbe essere principio fondamentale della nostra Costituzione. Vorrei dir loro di non mollare e di continuare a credere, anche nei miracoli. Perché, in fondo, la speranza non ha mai ucciso nessuno.
E in ultimo vorrei fare un augurio a questo Papa, Francesco, che non ho ancora ben capito se c'è o ci fa, ma così come si presenta a me piace tanto!
Questo moderno Don Camillo riesce, con la sua semplicità, a farci tornare a "credere".A farci pensare ad una Chiesa d'accoglienza, di soccorso, di misericordia e d'amore. Riesce a farci sperare in un epurazione morale ed etica dell'Istituto Ecclesiastico. Ci prospetta, forse, un ritorno a quelli che erano i veri fondamenti della Cristianità. E che il Cielo ( ma più che altro chi gli è vicino fisicamente) lo proteggano sempre e lo aiutino nella sua missione di pace.
Ecco, finisco qui, con una speranza di pace.
Vorrei davvero che i miei auguri arrivassero ai destinatari. Vorrei davvero che i buoni esempi cominciassero ad espandersi a macchia d'olio sopraffacendo, piano piano, tutto il male del mondo.
Retorica? Utopia? E chi lo sa!
A me piace pensare che, prima o poi, i valori veri torneranno per ognuno di noi. Non se ne può fare a meno. Perché ritengo che questa umanità, per poter andare avanti, abbia davvero bisogno di fare qualche passo indietro.

Un buon anno a tutti, di cuore.

giovedì 12 dicembre 2013

Mi permetto di insistere...

E tanto per restare in tema, tra poco sarà Natale, la festa più attesa e amata, ma anche la più criticata e vituperata...., ed è proprio ai detrattori di questa che vorrei, sempre con affetto e tolleranza naturalmente, rivolgere due righe.
Sento spesso dire: -festa di merda..fiera della falsità ..la giornata dell'ipocrisia...e via discorrendo.
Ora, lungi da me il giudicare, ché ognuno è libero di pensarla come vuole, ci mancherebbe, ma perché accanirsi contro la  "festività" in sé per sé? Perché non soffermarsi invece a considerare il Natale per quello che realmente è, per ciò che rappresenta?
Siamo atei e non ci interessa il significato religioso? Benissimo. Vediamolo come un periodo breve, una piccola pausa nel gelo dell'inverno in cui potersi ritrovare, stare assieme e , perché no, concedersi quelle piccole trasgressioni di gola cui non sempre possiamo lasciarci andare.
Sì, è melassa, è vero. Perché c'è gente che ha perso la casa, che ha perso il lavoro. Ne so qualcosa, credetemi. Ma sentire un po' piu forte in quei giorni la solidarietà e l'amore della gente può fare male?Non credo proprio.
Siamo senza una lira e non possiamo fare regali? Anche questo mi pare un deja-vu! Ma sono davvero necessari o abbiamo esagerato un po' negli ultimi anni dando troppo ascolto alle campane del consumismo? Un regalo, se proprio ci serve per testimoniare il nostro affetto a qualcuno si può sempre inventare, creare. Basta un po' di fantasia e un po' di cuore. E alle volte basta anche solo una parola, un "se vuoi io sono qui".
E' vero, il Natale è ogni anno di più il ricordo delle grandi assenze. Ma perché, negli altri periodi dell'anno si pensa forse di meno ai nostri cari? Forse la loro mancanza è meno sentita? Certamente no. O almeno per me non è così:
Dunque, lasciamoci coinvolgere con serenità dalla ricorrenza. Si sa, un anno può essere più serena, un'altro meno.Ma se ci si pone di fronte ad essa con onesta intellettiva, sarà sempre un momento positivo, perché essere onesti vuol dire accettare anche le cose meno piacevoli. Vuol dire accettare le scelte altrui quali che siano, perché la vera democrazia consiste nel " consenso del dissenso ".
Io credo che, molto più del legame di sangue, quello che può e deve tenere veramente unita una famiglia è forse proprio quello del reciproco rispetto e della gioia per l'altrui serenità.
Credo fermamente che vede l'ipocrisia chi è ipocrita o si comporta come tale. Così come conosce la falsità chi la falsità pratica abitualmente.
Per quel che mi riguarda, so per certo che tutto questo non mi appartiene.
Quindi, come sempre, addobberò la mia casa e apparecchierò , nei limiti del mio possibile, per chiunque vorrà condividere la mia tavola.
Ma il mio "Buon Natale" sarà rivolto comunque di cuore anche a chi sceglierà di festeggiarlo altrimenti.
A me basterà trovare sotto l'albero, come strenne, le risate gaie delle mie bambine, la freschezza e la spontaneità della mia piccolina, un po' di serenità, finalmente , per i miei figli, e tanta speranza in più per tutti i giovani.
A noi vecchietti non resta che sperare in un po' di salute.
Auguro a tutti uno schietto, onesto, vero, sincero Buon Natale e, tanto per citare la mia amica Perla che ho sempre nel cuore ( a proposito, guarda che io metto un piatto in più)...

                               che la festa vi sorprenda, regalandovi cose che non sapevate di desiderare!

venerdì 6 dicembre 2013

E se invece....

Una delle convinzioni più radicate in me è che Dio sia donna, anche perché spesso ci toccano le stesse mansioni, una delle quali è "cercare di mettere ordine là dove regna il caos".
Così, mentre cercavo di risistemare chili di cartacce dal cassetto di mio marito, mi sono imbattuta nelle sue vecchie foto, quelle stesse che già, sempre io, gli avevo riordinato in ordine cronologico e raccomandato di raccogliere in un album. (Ma quanto fiato ho sprecato io nella mia vita?)
D'un tratto "boom", eccola qua che salta fuori dal mucchio la foto di "Lui", e il cuore dà un balzo accelerando i battiti.
Ma come, dopo tutti questi anni ancora mi emoziona? Sembra assurdo, ma è come se quella foto mi si fosse attaccata alle dita....ed io torno indietro.....a tanto tempo fa.....quando ero una ragazza e.....


.....Facevo atletica allo Stadio dei Pini, ma i giocatori del Viareggio già li conoscevo perché avevano soggiornato qui, all'angolo della mia strada, al "Pioniere".
Lui però, tra tutti, è stato il primo che ho invitato a casa mia, il primo a far parte della mia vita.
Si chiamava Remo e veniva da Bologna.
Tra tanti calciatori di quel periodo era, indubbiamente, uno dei più bravi e più seri, il vero perno della squadra.
Viaggiava su un GT sportivo color polenta e aveva il fascino un po' schivo della persona piuttosto chiusa, da buon Capricorno. Un Hanphry Bogart emiliano che, con la sigaretta tra le dita, un mezzo sorriso e quella esse strascinata tipica delle sue parti, aveva di certo un suo perché.
Io lo trovavo affascinante, e la prima volta che lo incontrai da solo, sul moletto in darsena, non ci pensai due volte a chiedergli di venire a cena da noi. E lui accettò.
Da li in poi è stato un crescendo in amicizia. I miei gli volevano bene come a un figlio, e lui ne voleva a loro.
Sì, sulla sua scia altri hanno preso a frequentare casa, compresi Sergio (che ho sposato), Nello (che ancora è amico caro), e Alberto (ancora nei nostri cuori). Ma lui è stato il primo, come il gianduiotto Ferrero.
Mio fratello lo adorava, e quando ha avuto dei problemi di salute, lui non ha esitato un attimo a portarselo a casa sua il Duvilio, come lo chiamava, in quel di San Lazzaro di Savena, per fargli cambiare aria e consentirgli una lesta convalescenza.
Era un ragazzo dal cuore d'oro Remo, buono e generoso come la sua terra. Semplice, onesto, e ..fidanzato.
Lei era una brunetta tutta pepe, alta come un soldo di cacio, ma frizzante come un bicchiere di gazzosa ( sì, perché lo champagne poco si addiceva al suo essere estremamente di sinistra.)
Mora, sempre sorridente, simpaticamente spregiudicata, fortemente politicizzata.
Me la fece conoscere e diventammo subito amiche, sul serio.
Io la ammiravo per il suo essere decisa e fortemente emancipata, e quando la squadra giocava in casa, lei arrivava al sabato mattina, dormiva da me, e ripartiva con lui dopo la partita. Ci raccontavamo tante cose, io del mio ragazzo (ché anche io ne avevo uno, cosa vi credete?) e lei di lui, di quanto fortemente l'avesse voluto appena conosciuto, e di quanto fosse importante nella sua vita di ragazza figlia di genitori separati.. E tutto questo durò per mesi e mesi.
Non so quando le cose cambiassero tra me e Remo, ma successe.
La mia storia svaniva piano piano, e la sua presenza era sempre più assidua, sempre più coinvolgente. Veniva qui spesso, parlavamo tanto. Lui si preoccupava per me, per il mio altercare sempre più acceso con mio padre, per il mio piangere spesso, per la mia scontentezza, le mie insofferenze da adolescente. Il bisogno di lui mi stava crescendo dentro piano piano. E più lui si faceva per me importante, più lei si allontanava. Ma io non me ne rendevo conto.
In cerca di un amore grande che non mi facesse soffrire, non mi accorsi che l'amore vero, il più importante e maturo, io l'avevo accanto. Non lo seppi riconoscere.
E una sera che i miei erano accorsi al capezzale della nonna, ed io ero sola a casa con i miei  fratelli, lui si offrì di tenerci compagnia...e l'amore sbocciò!
Non ricordo neanche come successe che ci ritrovammo abbracciati su quel divano del salotto, davanti al televisore acceso.
So solo che mi ero rannicchiata tra le sue braccia forti, sperduta, completamente persa in quella sensazione di benessere e sicurezza che lui mi donava, in quel torpore caldo e umido che mi fecero completamente partire di testa.
Saremmo certamente andati oltre se, seduto in poltrona davanti a noi, non ci fosse stato mio fratello che, di andarsene a letto, proprio non voleva saperne. Doveva "per forza" finire di vedere il programma che staqva seguendo. E una volta saliti di sopra, ormai ero tornata in me.
Lui ci provò ancora, venendo in camera dei miei, dove dormivo accanto al lettino di mia sorella, ancora molto piccola. Ma io, temendo che lei si svegliasse, lo respinsi.
Una vita intera condizionata dai miei fratelli! Ma non solo.
Quella ragazza troppo stupida che ero, si faceva troppi scrupoli: la fiducia tradita dei miei, la mancanza di rispetto per la ragazza di lui, il mio "essere promessa" ad un altro. Che cretina! Altro che donna matura ed emancipata. Volevo essere per forza la donnina perfetta che mio padre avrebbe potuto ammirare.
Immatura e superficiale, nei miei vent'anni dedicati al non voler deludere gli altri, non avevo capito ne riconosciuto l'opportunità grande che avevo per le mani.Ne ho stupidamente trascurato i segnali così ho buttato via una cosa bella  sprecando forse la più bella occasione della mia vita.

Tenevo una gemma tra le dita.
Me ne andai a dormire.
Il giorno era tiepido,
i venti erano banali,
dissi "Si serberà"
Mi svegliai
e sgridai le mie dita innocenti.
La gemma era scomparsa.
E ora, una memoria di Ametista
è quanto mi è rimasto.
                                         E.D.
Lui piano piano si è allontanato, forse pensando di non essere voluto. Dopo qualche tempo lei, che era senz'altro molto più furba e matura di me, rimase in cinta, e così si sposarono.
Io, dal canto mio,feci la mia scelta, quella che ritenevo più giusta, e mi sposai un po' di tempo dopo.
Loro non vennero al mio matrimonio. Senz'altro a lei che aveva capito, stavo un po' sulle scatole. Ma so che lui, quando quella mattina in albergo incontrò la Paola e il Nello che venivano da me, disse che quello sarebbe stato "il giorno più brutto della sua vita".
Così ci siamo persi di vista.
E' tornato qui una sola volta, alla morte di mio padre. Ma, lui chiuso nel suo imbarazzo, ed io nel mio dolore, non siamo stati capaci di "ritrovarci".
Mio padre diceva sempre:-Meglio avere rimorsi che rimpianti!-
Ecco, lui è senz'altro, il più grosso rimpianto della mia vita.
Non posso sapere cosa sarebbe stato di noi se avessi seguito il mio cuore anziché la mia testa. Se quella volta mi fossi lasciata andare, se gli avessi detto almeno una volta quanto avevo bisogno di lui, se avessi anteposto i miei desideri al rispetto per gli altri e avessi pensato un po' più a me stessa.
Purtroppo tutto questo non conta più, indietro non si torna.
Ma io l'ho sempre tenuto nel cuore, celato in quell'angolino segreto cui solo una volta ogni tanto si può avere accesso, per quell'istinto remoto risvegliato da ujn profumo, una musica, o una vecchia fotografia.

                            Annullare il presente
                            e riscoprire i tuoi passi
                            padrona del tuo passato,
                            per scoprire infine
                            dov'è che ti nascondi.
                            Come fossi l'aria
                            e non ti fai respirare.
                            Come acqua tra le dite
                            te ne scivoli via,
                            e ancora è sete di te.
                                                                      Perla

Dedico questo salto nel passato alla mia amica di sempre Paola, che un bel tuffo dal trampolino sta per farlo davvero e so che è un po' spaventata.
Allora viglio dirle: ti ricordi i primi tempi che venivi al mare e , non sapendo nuotare, avevi paura dell'acqua?
Bene, col tempo hai imparato e hai cominciato a lasciarti andare. Ecco, fai la stessa cosa, lasciati andare all'onda che viene. E' grande e può far paura, ma se te ne lasci sollevare senza far resistenza e irrigidirti, come niente ti ritroverai dall'altra parte.
E se anche un po' dovesse sciamblottarti, non temere, sempre a riva ti porterà, e lì, seduta su un patino, bella come la Sirenetta di Andersen, ci sarà la tua amica salmastrosa. Ad aspettarti come sempre!
Un bacione e ...a presto.
                                                         Alfry.

martedì 3 dicembre 2013

Bella e Bestia

No, non è mia intenzione raccontare una fiaba, anche perché questa non si annovera tra le mie preferite. (In effetti il mio trascorso è stato costellato di incontri con Principi che si sono poi trasformati in orchi.)
E' che ogni tanto la mia testa vaga e, dopo un periodo non proprio brillante, mi sono soffermata a pensare alla "doppiezza", se cosi si può dire, della nostra personalità. A quante volte la nostra parte "bella" si trova a dover lottare contro quel lato di "bestia" che è innegabilmente in ognuno di noi.
In genere chi mi  conosce mi definisce "una bella persona", e questo sinceramente mi gratifica. A chi non farebbe piacere sentirselo dire? Ma mica sono sempre stata così!
Effettivamente il più delle volte resto piacevolmente sorpresa dal mio "saperci fare" con le persone, dal mio riuscire a trovare sempre una parola giusta per chi ne ha bisogno. Riconosco con piacevole sorpresa il mio grado di tolleranza e la mia alta soglia di sopportazione, che potrebbe anche sembrare un atteggiamento forzoso o da buonista. Ma vi assicuro che non è così.
Il mio è stato un percorso fatto di letture, conoscenza e scelte a volte anche difficili, sofferte e impopolari.
Eppure, ancora oggi, ci sono momenti che, a dispetto di ogni mio "credo". la Bestia che è in me riesce a saltare fuori. E allora arrivo a dire e pensare cose che, sinceramente, non mi piacciono per niente.
Mi succede quando mi sento violata nella mia libertà, quando invadono i miei spazi, quando mi vedo costretta a fare ciò che non ho scelto di fare.
Ma più che altro, quando mi ritrovo inerme o impotente, quando penso di non poter più fare niente o sento di avere sprecato del tempo. Quando mi invade la disperazione perché ho la sensazione che il vivere onestamente sia inutile, non basti.
Allora la mia Bestia vorrebbe reagire, urlare tutta la sua rabbia, il suo disappunto. Perché in questo brutto mondo ci si alza la mattina e si è già incazzati.E io non sono una santa, sono un essere umano!
Poi c'è l'altra parte, quella Bella, che mi porta a cercare di capire, a mettermi magari nei panni degli altri, per provare a vedere le cose da un altro punto di vista. Perché  so che non esiste una verità assoluta. La verità ha mille sfaccettature.
Eppure non sempre ci riesco.
Le migliori intenzioni sono spesso cariche di delusioni, e se è vero che i caratteri più forti si temprano nella sofferenza, è anche vero che gli animi più forti sono segnati di cicatrici. 
I graffi dell'anima non si cancellano! Mi ferisce l'incuria del genere umano, il qualunquismo , la mancanza di rispetto, l'ingratitudine e l'indifferenza alle sofferenze. Mi fanno veramente male.
Questo, comunque, non mi impedisce poi di cercare il bello e il buono in ogni cosa. O almeno ci provo. Lo faccio così, istintivamente, proprio perché è un'esigenza mia. Perché so che lasciarsi riempire di rabbia e di rancori ci avvelena il sangue, ci fa male all'anima e al cuore. La negatività e la cattiveria inquinano il nostro corpo e la nostra mente.
Per questo cerco sempre di scegliere il bello e il positivo. L'amore insomma.
Anche se non è sempre facile. Anche se tante volte ci costa fatica.
E in questo continuo conflitto tra la "bella" e la "bestia si va avanti, ogni giorno , da persone semplici e umili cercando sempre di ricordare di "non fare ad altri ciò che non vorremmo fosse fatto a noi stessi".


Racconto Cherokee: I DUE LUPI

Un vecchio indiano Cherokee è seduto di fronte al tramonto con suo nipote, quando d'improvviso il bambino rompe l'incanto di questa contemplazione e rivolge al nonno una domanda molto seria per la sua età.
"Nonno, perché gli uomini combattono?"
Il vecchio, con gli occhi rivolti al sole calante, al giorno che stava perdendo la sua battaglia con la notte, parlò con voce calma: "Per ogni uomo c'è sempre una battaglia che aspetta di essere combattuta, da vincere o da perdere. Perché lo scontro più feroce è quello che avviene fra i due lupi."
"Quali lupi nonno?" "Quelli che ogni uomo porta dentro di sé".
Il bambino non riusciva a capire, ma attese che il nonno rompesse l'attimo di silenzio che aveva lasciato cadere fra loro, forse per accendere la sua curiosità. Infine il vecchio, che aveva dentro sé  la saggezza del tempo, riprese con tono calmo.
"Ci sono due lupi in ognuno di noi. Uno è cattivo, vive di odio, gelosia, invidia, risentimento, falso orgoglio, bugie, egoismo".
Il vecchio fece di nuovo una pausa, questa volta per dargli modo di capire quello che aveva appena detto.
"E l'altro?".
"L'altro è il lupo buono. Vive di pace, amore, speranza, generosità, compassione, umiltà e fede".
Il bambino rimase a pensare un istante a quello che il nonno gli aveva appena raccontato. Poi diede voce alla sua curiosità e al suo pensiero.
"E quale lupo vince ?"
Il vecchio cherokee si girò a guardarlo s rispose con i suoi occhi puliti.
"Quello che nutri di più".