mercoledì 20 febbraio 2013

Chi ha spento la musica?

Devo essere sincera, il Carnevale non mi ha mai fatto impazzire anzi, per meglio dire, il Corso Mascherato non mi ha mai entusiasmata, "un ci moro" ecco, per dirlo alla viareggina.
Sarà che non sono mai salita su un carro, sarà che non ho mai avuto la possibilità di partecipare a grandi mascherate ( ricordo un veglioncino alle scuole elementari dove, in mezzo ai miei compagni in maschera, mi presentai con una collanina di perle finte della mamma sul mio vestitino buono dicendo di essere vestita da gran signora), o sarà che quell'accozzaglia di parentela allargata, sempre la solita, sempre al solito "ritrovo", dai e dai mi aveva stufata.
Oppure, non lo so, magari il fatto di dare per scontato, sia da piccola con i miei che da grande con i figli, che si dovesse andare al Corso tutte le domeniche beh, sinceramente un po' mi pesava.
Tutti lì, ammassati, sorrisi veri o falsi, con quel continuo cicaleccio, viene da pensare....."Siam tutti coltellacci / che ad ogni marettone / ci ritroviamo sempre /  in mezzo al lavarone../"
Uffa, che noia. E lo dimostra il fatto che, una volta libera da vincoli e costrizioni, non ci sono più andata.
Oh, che volete farci, io sono così: un po' strana, un po' particolare, un po' anarchica. E le cose mi piace viverle a modo mio, con i miei tempi.
Ecco spiegato perché tante cose non me le ricordo, perché le ho subite, e quindi rimosse. Ma altre, quelle legate alle emozioni, alle sensazioni più forti, quelle sì mi tornano in mente anche solo evocate da un odore, un suono, un soffio di vento come....quando un soffio di libeccio, soffia forte dal vialone,..perché... è Viareggio che ti canta una canzone.
Ah...la musica del mio amico Enrico, quella si che ci riporta l'eco di un Carnevale in cui...Basta scende' il cavalcavia, senti' dì ' delafia, e il resto vien da sé..
E al richiamo del sangue non ci puoi fare niente. Tuo malgrado quando hai i coriandoli che ti scorrono nelle vene, un certo rimuginio ti coglie per forza.
Allora ripensi a quei risotti "pizzienti" che mangiavi al Carneval Darsena, ai bomboloni fritti in veleria da Zenzena anzi, Ettore Pasquinucci, come rimarcava stizzito a chi gli stava sul gozzo. Ma per noi era solo Zenzena.
E quella voglia di ridere e trasgredire ché tanto ormai la Primavera era alle porte anche se..: " O signora, ma un ni si ghiaccia la bernarda a lei?- " chiese irriverente mio padre ad una donna che, in una mascherata di gruppo, accennava ai passi di un azzardato Can-can, sventolando le gonne e mostrando generosamente i mutandoni merlettati.  -"A quell'omo, ve lo devo dì'? A congelammisi mi s'è storta tutta come la bocca della Ricciola! "- rispose.
Credo che rise tutta la via Coppino, Ma io, allora ragazzina, mi sentii un po' in imbarazzo, lo confesso.
Ma il Luna-Park in Piazza Grande se lo ricorda nessuno, o sono davvero tanto vecchia?
Con mio padre era uno spasso,perché mi portava sui giochi da grandi, quelli pericolosi, quelli dove le mie amiche non salivano perché i  loro padri non le accompagnavano. E io gongolavo.
L' Otto-volante, l' auto-scontro, le gabbie, che, a costo di vomitare il maone, avrei voluto provare, ma erano per adulti. E quando sono stata più grande non c'erano più.
Ma c'erano ancora le macchinine Zuccanti, come le chiamavamo noi, e i giostrai regalavano gettoni a me e alle mie amiche perché "richiamavamo" un sacco di ragazzi. Modestamente!
In quegli anni infatti, proprio in quel periodo, il nostro sport preferito era " la caccia al calciatore straniero", perché a Viareggio, come manifestazione carnevalesca, partiva il Torneo di Calcio per le squadre giovanili che venivano un po'da  tutta Europa e riempivano, allora come ora del resto, strade e alberghi di giovani festanti, belli, sani e goliardici, con i quali intessevamo "intense" relazioni pseudo amorose che duravano meno di una partita di calcio. Anche perché di quello che dicevano non si capiva una mazza.
I più gettonati erano, chissà perché, i giocatori del Dukla di Praga, con uno dei quali la mia amica Anna Maria si "fidanzò" perché voleva scappare con lui. Durò tre giorni, ma a lei è rimasto nel cuore.
A questo torneo sono tornata poi come giovane mamma per accompagnare mio figlio che sfilava alla cerimonia d'apertura nelle file del Centro Giovani Calciatori, l'associazione organizzatrice appunto.
Beh, momenti emozionanti, senza dubbio, ma era già tutta un'altra musica.
La musica, il filo conduttore di tutti questi anni. Ma c'è ancora "quella musica"?
Ho assistito in televisione alla sfilata dei carri e ho notato che sono accompagnati da orde di persone che coreografano di tutto tranne le canzoni del Carnevale.  Boh!, forse è meglio così, i tempi mutano, le cose evolvono. Ma ai nostalgici come me piace ancora ascoltare, sulle note di Stranger in the night, quelle romantiche parole del Casani: "dimmi come mai..me la prometti e poi non me la dai..
Era proprio "un concerto di mille orchestre in fondo all'anima".
Perché il Carnevale lo devi sentire dentro, è li che si nasconde..quel certo sentimento che non ti puoi scordà'. Ci si nasce da bamboretti, ce lo lascino i vecchi come un 'eredità!
Io non lo so se è quella musica che si è fermata o è la musica dentro me che non c'è più.
So solo che ho tanta nostalgia di quelle vasche con "lui" in passeggiata, al tramonto, quando le note delle canzoni del Festival di San Remo si diffondevano nell'aria, e dai microfoni di Radio Carnevale si confondevano con i battiti dei nostri cuori che ci tenevamo stretti stretti guardandoci negli occhi.
Sì, ricordo che, per qualunque cosa, a noi batteva forte il cuore!
Noi, che aspettavamo con ansia il Carnevale per imbrattare le pellicce delle signore che venivano al Corso imbacuccate come orsi marsicani.
Noi, che prendevamo per mano chiunque ci capitasse a tiro e formavamo lunghi biscioni uniti solo dalla comune voglia di correre e ridere.
Noi, che per allattare i nostri figli non avevamo alcun problema a sederci su uno scalino qualunque in mezzo a polvere di coriandoli.
Noi, che i coriandoli ce li comprava a sacchi il pappà dal Fornaciari e ci dovevano durare tutti i corsi.
Noi, che alla nostra postazione ne tiravamo talmente tanti che alla sera erano di uno spessore che ci arrivava alle caviglie.
Noi, che pensavamo maliziosi a  quei lucchesi che, rincasando la sera dopo il Corso, passavano di lì e se li raccoglievano i nostri coriandoli per usarli la domenica successiva.
Noi, che l'ultima sera assistevamo alla chiusura della Manifestazione dal moletto, accanto alla Madonnina "sul missile", per vivercela in santa pace.
Noi, che nonostante tutto, al momento dell'ammaina bandiera ci sentivamo un groppo in gola immaginando l'ultimo coriandolo posarsi sulla nostra spiaggia di velluto rosa, mentre seguivamo, con il cuore in subbuglio, quel "lento naufragare di fuochi d'artificio....."


Se qualcuno può, ....deve dire alla mia fanciullezza
                               se per gentilezza ripassa da me!

martedì 12 febbraio 2013

L'acqua lava e il sangue tira

Se una ventina di anni fa mi avessero detto che mi sarei ritrovata di questi tempi a cena con i figli di mia cugina Liviana, avrei pensato ad un film di fantascienza.
I ragazzi, si sa, vanno ognuno per la loro strada, seguono i propri sogni, le proprie ambizioni. Un agiato commercialista dandy ( Livio, il più grande) e uomini di mare gli altri due ( Gianluca e Roberto, i gemelli).
E invece eccoli qua Ping Pong e Pang, i tre scapoli d'oro della Versilia, uniti da un insolito e bizzarro destino, seduti al tavolo che li vide bambini mangiare pappette e pommaroline, mentre si strafogano con uno zuppierone da truppe militari di pastasciutta tordellata.
E' da questa estate al mare, dove ci siamo appunto ritrovati dopo  anni, che mi tormentano col venerato ricordo di uno dei cavalli di battaglia della zia Pierina: il sugo tordellato. E così, approfittando della disponibilità dei tre, ho mantenuto la promessa: che "tordellata" sia! Ed è stato un tuffo nel passato.
Sì, perché la cosa più bella, che neanche mi aspettavo visto quanti anni sono ormai trascorsi, è proprio questo loro attaccamento al tempo che fu, e non hanno dimenticato niente. Le immagini si susseguono, una dietro l'altra, evocate da quei " ti ricordi?" che ci riportano a fatti, persone, volti....
Così, evocato dal passato, si materializza all'improvviso sul tavolo il borsellino della Zia Assunta, con i soldi di carta tutti acciuccignati, buttati dentro alla rinfusa e che puzzavano di pesce. Sì, perché lei con una mano poggiava il pesce sulla bilancia che teneva in bilico con l'altra mano. Poi con una mano li avvolgeva nella carta gialla e con l'altra li passava alla cliente da cui poi con la mano aromatizzata ritirava i soldi mentre con l'altra apriva il borsellino e allo stesso tempo rimetteva una ciocca di capelli sotto la pezzuola da cui  nel frattempo era sfuggita. Il tutto in pochi secondi. Ma quante mani aveva la zia assunta?
E lo zio Valerio che si arrabbiava perché lei, una volta a casa, quei soldi tanto sudati voleva riordinarli e li "stirava"  meticolosamente con lo stesso ferro che poi il povero Buacenci ( così era chiamato lo zio ché faceva il sarto) usava per stirare giacche e pantaloni e che, immancabilmente, venivano "decorati" con scaglie di pesce.
Nella memoria ci è corsa in contro la zia Nenzy , che veniva in bicicletta dalla Via Matteotti quasi ogni giorno, con qualsiasi tempo, e che invece portava nel semivuoto borsellino pinzette per le ciglia e le sigarette, rigorosamente Nazionali.
Ma tra tutti troneggia il ricordo di Lui, lo zio Silvano.
Livio si è rifiutato di prendere il suo posto a capo tavola in segno di ossequio, mentre Gianluca non ci ha pensato due volte, ricordando che lo zio li aveva soprannominati "parabordi" per la loro rotondità. E le parolacce che imparavano, ma solo qui, perché gli altri parenti erano "più fini". Piccolissimi, eppure già sapevano distinguere la lana dalla seta .
" O bimbi, come dice lo zio Gino?"
"Dio buono.."
"E li zio Silvano?"
"Dio 'erpente!"  Ecco, questo era già un bel distinguo.
E come non tirare in ballo quei bei momenti in cui mio padre, sentendosi momentaneamente posseduto da Indiana Jones, prendeva il coltello dal tavolo apparecchiato e ....zac!, lo scagliava con forza sopra le teste dei commensali per farlo conficcare nel perlinato che, allora come ora, ricopre le pareti della veranda. Ci riusciva sempre, o quasi, e ne andava fiero.In fondo non era per niente facile.
Ieri ci ha provato anche Daniela, ma il suo coltello è andato mestamente a rintanarsi tra uno dei miei   libri e la brocca di rame, passando velocemente davanti al naso di Sergio che, pur non riuscendo a capire cosa stesse succedendo, ha "intuito" che qualcosa di alieno era transitato tra lui e il televisore.
Sì, è stato bello averli qui come ai vecchi tempi, con Gianluca che si genuflette ossequioso a venerare la pastasciutta tanto bramata e poi esulta con le braccia in alto al "tiramisù" della Daniela; Roberto, che sembra il più contento di questa ri-unione familiare, e Livio, il mio Livietto, che mi sovrasta di due palmi ed è tanto felice quando riesce, con una scusa qualunque, a mandarmi in culo. Che ci volete fare, è il suo modo di dirmi: Ti voglio bene.
Sono proprio tre ragazzi in gamba, c'è poco da dire,e se sono stati sfortunati in amore non devono prendersela più di tanto. Come ho detto loro, è la statistica che li frega. Perché presi singolarmente, sono come tanti altri, ma in gruppo, tre su tre, diventano un "caso".
Sto scherzando, faccio per sdrammatizzare. E a mia cugine che se ne fa una croce vorrei dire di stare tranquilla, ché loro stanno bene, stanno decantando e sono di razza buona.
Anzi, proprio oggi, 11 febbraio, è il compleanno dei gemelli, e nel farvi tanti auguri, vorrei dire a vostra madre che...sì, partorirvi sarà anche stato traumatico, ma se nascessero più persone come voi forse il mondo sarebbe un posto migliore.
E grazie per essere di nuovo approdati in questi lidi. Sarà che, nonostante tutto, come diceva il Silvano:  l'acqua lava, e il sangue tira!
Buon compleanno e...alla prossima.

                  Per incontrarsi bisogna prima perdersi,
                  ma per salutarsi, 
                  bisogna prima incontrarsi.