martedì 29 maggio 2012

IL mondo che vorrei.

Sono a cena da mio figlio e gioco con Laura , cercando di godere ogni attimo con lei per non perdermi neanche un frammento del suo crescere.
Mia nuora ha acceso il televisore e ascolta le ultime notizie. D'un tratto Laura si blocca :"Nonna guarda, il terremoto". Ed è visibilmente turbata. "Io non l'ho sentito sai, perché dormivo. Ma il pappà e la mamma si."
Già, anche a Camaiore la scossa si è fatta sentire, per fortuna senza danni. Ma lì...
"Perché piange quella signora?"
"Perché è spaventata Laura, e perché non ha più niente, ha perso la casa, le sue cose, ma noi la possiamo aiutare, mandandole coperte,vestiti, giochi per i bambini che non hanno più niente".
Lei mi viene vicina vicina:"Ma qui non viene il terremoto, vero nonna?"
Cerco di tranquillizzarla :"Ma no amore, noi siamo al mare, sulla rena, e le scosse si sentono meno, sono più ...lente" le dico cercando un termine che meglio possa renderle l'idea.
Lei si gira, mi pianta in faccia due occhi enormi e mi dice quasi a fil di voce. "Nonna, io non la voglio una città veloce!" Ed è come una sferzata in faccia.
Allora penso: che cosa stiamo facendo di questo mondo, dove stiamo correndo, verso cosa?
Si continua a parlare in tv, nei forum, nelle grandi sedi, cercando di capire il perché di quanto accade nel mondo, i grandi cambiamenti climatici, gli tzunami, gli uragani, i terremoti. E intanto la gente muore.
-Si poteva evitare...Si poteva prevenire..- e così di seguito per giorni e giorni in un blaterare infinito e inutile, perché tanto nessuno farà niente. E intanto la gente muore.
Certo brutte teste di minchia che si potrebbe far qualcosa.
Ma forse qualcuno, da ora in avanti, avrà un occhio di riguardo per costruire case migliori , magari in zone meno a rischio? Forse qualcuno stara più attento all'emissione di onde magnetiche, o all'inquinamento ambientale, magari adottando la dottrina del riciclaggio? Forse useremo fonti di energie alternative senza dover correre il rischio di saltare in aria assieme alle centrali nucleari? Smetteremo di bucare la terra. scavare monti, disboscare foreste o alterare fondali marini?
NO. Non lo faremo. Perchè ci sono troppi interessi e l'uomo è troppo materialista e presuntuoso per preoccuparsi delle conseguenze. E intanto la gente muore.
Onestamente, guardiamoci intorno: questo mondo fa schifo. Niente funziona come dovrebbe. Eppure noi (parlo di quelli della mia generazione, i così detti sessantottini) ci avevamo creduto che le cose potessero migliorare. Ma quanti errori di valutazione. Troppi. Ed ora non abbiamo più ne la forza ne l'ottimismo per credere che le cose cambieranno. Togliendoci la speranza e la serenità , ci hanno scippato l'autunno della vita.  E non è giusto.
Allora, inarrendibile , mi metto a pensare al mondo che vorrei....ed è un sogno bellissimo, perché potrebbe essere realizzabile. Niente castelli in aria, niente voli pindarici, basterebbe solo un po' di buona volontà, e la voglia di ricominciare...
Vorrei un mondo dove ogni nuova coppia che si forma, a prescindere dai sessi dei componenti, potesse avere il proprio nido, una casetta propria da curare e abbellire, modesta ma decorosa. con un po' di giardino dove far crescere piante, cuccioli, bambini.
Vorrei che ognuno potesse contare su un salario decente, tale da poter fare una vita agiata, serena . Una vacanzetta con la famiglia, una cenetta ogni tanto con gli amici, un po' di cinema, un teatro.
Vorrei poter vedere che i ragazzi vanno contenti a scuola, perché certi di imparare cose utili per la vita, con insegnanti preparati perché dovranno preparare, motivati per motivare, e amanti del loro mestiere perché consci della loro importanza nella formazione dei nostri figli.
Vorrei un mondo meritocratico, perchè è vero che abbiamo tutti lo stesso diritto allo studio, ma è anche vero che non tutti abbiamo le stesse capacità. E basta con questo ipocrita appiattimento culturale. Non tutti sono portati per fare il medico, l'avvocato, il giudice. (Vogliamo parlare del Trota?). Servono anche buoni idraulici, buoni infermieri, elettricisti, falegnami, panettieri...e nessuno dovrebbe essere sottopagato o super valutato, perché ognuno di questi lavori, se fatto bene e con amore, è indispensabile alla società.
Vorrei un mondo che desse meno importanza al Dio soldo, e dove ad ognuno fosse concessa la possibilità di crearsi un futuro a propria immagine e somiglianza. Per questo vorrei che fosse rivisto il ruolo degli istituti di credito, che dovrebbero aiutare (senza interessi ) chi ha idee e progetti, invece di essere ormai ridotte a ruolo di strozzino che da soldi solo a chi già ne ha.
Vorrei un mondo che avesse più rispetto per gli animali, i vecchi, i bambini, la cui salvaguardia e cura dovrebbero essere la nostra priorità. Perché se è vero che una civiltà si giudica in base al valore che da a queste cose, allora siamo proprio indietro.
Vorrei che il ruolo della politica fosse veramente quello di occuparsi dei bisogni dei cittadini, di preoccuparsi delle loro necessità, senza privilegi di casta.
E vorrei un mondo dove il ruolo della Chiesa fosse davvero quello di accoglienza e amore, che abbandonasse ricchezze , lusso e potere. Che scendesse per le strade, in mezzo ai bisognosi per portarci il verbo, ma tutto quel clero di panzoni, non solo qualche sacerdote sparso per il mondo.
Poveri tra i poveri. Perchè non è certo così che il Cristo intendeva la sua Chiesa.
In ultimo vorrei che la vita tornasse a ritmi più lenti, più vivibili. Per assaporare un tramonto, una giornata all'aria aperta con i nostri bambini, una visita ai nostri anziani senza l'ansia di dover correre    via, senza obblighi incalzanti, senza fretta, con tranquillità.
I nostri figli ce lo chiedono, e noi, almeno questo, glielo dobbiamo. Dobbiamo fare un passo indietro, rallentare, perché noi siamo il male della terra. Noi siamo autori del nostro destino, non il fato o il caso, noi soli.
Dunque dovremmo imparare a "sentire" di più con la testa e a "ragionare " di più con il cuore, perché........gli astri imprimono un indirizzo ai nostri destini, ma non li decidono.
                  Altrettanto forte e misterioso regolatore delle nostre vite è quell'astro rosso
                  che palpita nel buio del corpo, sospeso nella sua gabbia di ossa e di carne.


                                                                                      Marguerite  Yourcenar.

lunedì 28 maggio 2012

La grande erezione

Sembra incredibile, ma siamo tornati indietro! In televisione, sui giornali, ogni giorno si legge di una donna stuprata, violentata, uccisa. Questo mondo è infarcito di violenza, di soprusi. Ci fanno fuori in qualunque modo, con qualsiasi mezzo, ora anche con le bombe. E si parla solo di violenze fisiche, perché quelle psicologiche neanche sono tenute in considerazione, non sono censite.
Forse perché non fanno notizia, eppure, vi assicuro, si consumano subdolamente fra le nostre pareti domestiche quasi ogni giorno. Ma nessuno le denuncia.Per timore, per ignoranza.
Del resto si denunciano poco anche le altre violenze, finché non ci scappa la vittima, e allora.....
Poi scopro che è recentemente uscito un libro (di cui volutamente non cito il titolo né l'autore onde evitare di far pubblicità gratuita ) in cui la protagonista passa nel giro di poche pagine, dalla verginità al sesso estremo e fa presupporre un'attitudine tutta femminile (?) al sadomaso. In poche parole sottintende che alla donna essere trattata male un po' piace, che adoriamo essere sottomesse e, tutto sommato, non disdegnamo un po' di violenza. E l'ha scritto una donna!
Ora io dico, emerita testa di cazzo, non so quale genere di prurito tu possa avere tra le gambe, ma perché queste cose non provi a dirle ai parenti di Gabriella ( 51 anni, strangolata col suo foulard dal marito geloso), oppure ai genitori di Antonella ( 21 anni, picchiata, strangolata e poi sgozzata dal suo ex), oppure ai figli di Matilde (63 anni, di cui quaranta di matrimonio, uccisa a coltellate dal marito).
Vuoi che te ne elenchi ancora? Ma possibile che pur di fare soldi (si dice che il libro sia  un nuovo best-seller) si speculi su questi argomenti e si faccia finta di non capire la differenza tra "erotismo" e "violenza"?
Non scherziamo, qui la cosa è seria, e meglio sarebbe chiedersi il perché di questa regressione culturale, di questo tornare ai tempi dell'inquisizione, dove le donne, colpevoli di saper curare, consigliare, spiegare, decidere, erano considerate troppo potenti, per cui, meglio darle al fuoco purificatore, eliminarle. Più o meno come ora.
Ci  vogliono schiacciare, ci temono. E se non riescono a dominarci ci fanno fuori.
Ci temono perché perché siamo forti nello studio, nel lavoro, nel sopportare il dolore, nel farci carico di impegni.E siamo capaci di stare da sole.
Forse la colpa attuale delle donne è di rivendicare il diritto di essere avvocati, docenti, chirurghi, ministri, manager, artigiani, imprenditori, anche capi o colf (perché no?), continuando a fare la madre acrobata tra casa e ufficio.
E questo brucia, perché loro, gli uomini, non ne sono capaci, con tutti i loro carri armati da piazzare o domini da conquistare.
La donna rimane per loro un territorio da possedere, quindi come si può arginare la violenza?
Ho letto che molte delle vittime (54 dall'inizio dell'anno ) Hanno evitato di denunciare il compagno pur temendone il gesto estremo. Non si sono difese, hanno sperato il meglio con la  generosità che  contraddistingue  la natura femminile.
Poi in televisione sento dire che "l'uomo", forse, compie queste violenze per soffocare la propria parte femminile. Temendola e disconoscendola, perché ritenuta una debolezza, cerca di sopprimerla facendoci fuori.
Ma che si ammazzassero loro piuttosto!
E' inutile, per quanti sforzi facciamo nel cercare di educare in modo diverso i nostri figli, non si ottiene quasi niente. Ecco, in questo sì possiamo ammettere le nostre colpe. L'educazione dei figli, di questo sì siamo responsabili, o se ne fanno degli smidollati o, per reazione, degli arrabbiati repressi. Finché qualcuno non scoppia.E i dati di oggi sono allucinanti!
In un articolo del '91 il giornalista Michele Serra scrisse sull'efficacia del - bordello come U.S.L. del coito-, e che - la guerra, in fondo, non è che un immenso bordello che serve, socialmente, a scaricare aggressività e violenza in forma legale e..sanitaria....Poiché l'uomo ha bisogno di sfogare i propri bisogni e le proprie debolezze, servono campi di battaglia e servono bordelli -.
Dunque non mi si venga a raccontare che la donna richiama la sottomissione. Non siamo patetici.
A me verrebbe da augurare all'uomo sopraffattore la totale estinzione se non pensassi che, anche dietro ad ognuno di loro,ci sono madri che piangono.
Perché l'aspetto più triste è proprio questo, il non riuscire a cambiarli. Ancora oggi l'uomo deve essere  dominatore e misura se stesso soprattutto con la gittata dei missili.
"Siamo al cospetto della Grande Erezione.
Che i maschi esultino, che le femmine tacciano ammirate".


                          (brani e spunti tratti da Panorama.)


                              Purtroppo ero nata donna


Quale grossa sfortuna per due poveri genitori aver partorito me, questo mostro di pelle liscia senza niente tra le cosce
-Scusate - dicevo loro - non ho fatto apposta -.
E dentro mi sentivo piccola e infelice.
Non ero neanche una donnina. Come potevo non amare le faccende? Strano che non mi sedessi mai per lavorare a maglia o, al limite, avrei potuto preparare qualche buon piatto. Niente. 
Non mi appassionava niente. Si, c'era la chitarra e il motorino, ma queste erano distrazioni inadatte.
- Scusate- dicevo loro - non avevo capito.-
E dentro mi sentivo inadeguata e fuori tema.
Un giorno feci a botte. Fu lo scandalo della scuola. Perbeniste, compagne e opache suore ne parlarono con i miei disperati genitori.
"E' una bimba strana, aggressiva; è un maschiaccio".
- Scusate - dicevo loro - non lo sapevo che non si deve fare.-
E dentro mi sentivo cattiva e sporca.
Finite le fantasie della fanciullezza, chiuse nel cassetto fate e principi azzurri, vennero gli uomini. Li volevo tutti per me. Possedendoli mi sarei fatta maschio, farfallina e puttana.
Dovevano mettermi al giogo. Così non va. Controllata, spiata, anche segregata.
Sono state le medicine per chetare i miei vomiti di libertà.
-Scusate - dicevo loro -non lo faccio più.-
E mi proponevo di espiare i miei peccati.
Poi venne l'uomo. Con lui sarebbe stato diverso, avrei rinunciato a tutto, anche all'amica del cuore, anche al trucco e alla minigonna.
Che bello stirargli le camice e preparargli la carbonara. Stare per interminabili ore e giorni  e sere con la sua mano nella mia a guardare la televisione.
Non esprimere le mie idee perchè erano capricci, erano la tremenda bestia che covavo dentro da quando ero nata. E dire sempre si, trascurare il lavoro.
Che idea quella di rimettersi a studiare. Quando una si sposa non pensa a queste sciocchezze.
"E' proprio molto strana, oserei dire matta".
- Scusate - ho detto - ma non ne posso più.-
Ho preso lo specchio e sono scappata via, lontano.
E dentro mi sono sentita, per la prima volta, finalmente, di avere un mondo nella fragile mano.

                                                                                            Luisa    
Perché

lunedì 14 maggio 2012

FIGLI

I vostri figli non sono i vostri figli.
Sono i figli e le figlie dell'ardore che la Vita ha per se stessa.
Essi vengono attraverso di voi, ma non da voi.
E benché vivano con voi non vi appartengono....

                              Kahlil  Gibran


Nella ricorrenza della festa della mamma mi sembra doveroso parlare dei figli, anzi, ai figli. A questa speranza grande che ci cresce dentro per nove lunghi mesi e che poi, in conseguenza, riteniamo nostri per tutta la vita.
Ma non è così, facciamocene una ragione.
Noi siamo un tramite, un appoggio, un esempio. Il nostro compito è solo quello di indirizzarli e accompagnarli nelle scelte, fornendo loro, per quanto ci è possibile, gli strumenti giusti perché possano diventare ciò che sceglieranno di essere.
E non stanchiamoci mai di mostrare loro il coraggio, la sincerità, la fierezza, l'allegria ricordando che il miglior educatore è l'esempio.
Non diciamo loro che , certe lotte, certi credi, sono utopie, perché ci sarà già la vita e il mondo intorno a cercare di castrare i loro slanci, a smontare i loro sogni.
Contro loro saranno impiegate molte armi, la lusinga, l'adulazione, ma soprattutto una : la paura.Ed è con questa che li ricatteranno.
La paura del giudizio altrui, della povertà, dell'insuccesso, della solitudine. La paura è il mezzo con il quale cercheranno di far perdere loro la dignità,  l'autonomia, in poche parole "la libertà".
Ecco, è qui che il ruolo dei genitori diviene fondamentale.
Certo non possiamo pensare che non commetteremo errori, che li preserveremo da dolori e delusioni. Magari fosse possibile!
Ma, per favore, non smettiamo di farli pensare che il mondo si può cambiare, che per le idee di uguaglianza e libertà vale la pena lottare.
Poi, con discrezione, tiriamoci da parte e lasciamo che seguano il loro percorso, così come abbiamo fatto noi, restando però abbastanza vicini da poter porgere una mano qualora ce la chiedano. Semplicemente, con umiltà e amore. Ricordando che: "Il mondo si sposta per cedere il passo a chiunque sappia dove vuole andare."
Alla prossima...

 

                                                 FIGLI

Figli del mondo, del cuore,
del caso, nodi di carne.
Figli fatti di fuliggine, ali di mosca.
figli in fila indiana,
figli a girotondo, tutti giù per terra
e dovremmo andarci noi
per guardarvi meglio.
Figli ritagliati nelle carta,
figli che disegnano, una casa, il sole.
Figli che disegnano la guerra,
i puntini di bombe,
i laghetti di sangue.

Figli scalzi in corridoio,
figli come cani, figli come scimmie,
figli maleducati, figli senza educatori.
Figli senza edifici scolastici,
figli che tremano, figli orfani
pezzi di corda rotta.
Figli come banane sul camion di banane.
Figli nelle miniere di diamanti,
nei cunicoli delle metropoli nere.
Figli che respirano colla,
figli in piedi sul tetto dei treni.
Figli nei container.
Figli d' Africa, uova d'argilla rossa.
Figli che corrono.
Figli carbone bianco del mondo.

Figli stuprati, figli stupratori.
Figli, figli, fili d'erba musicale,
figli che urlano,
figli del silenzio, incatenati ai letti.
Figli di crosta, figli di un fango minore,
figli degli altri.
Figli che non ci piacciono,
figli che ci fanno schifo.
Figli bucati, figli dei nostri buchi,
figli bacherozzi.
Figli inerti, figli violenti.
Figli al mare, cappellini e merende.
Figli in alto mare, sole e sale,
morti sui gommoni. Figli loro!

Figli salvati per miracolo,
perché ogni tanto Dio ci pensa.
Figli senza miracolo,
figli presi a calci.
Figli divini, destino del nostro destino.
Figli mentre nascono,
odore di lago, di fango celeste.
Figli mentre crescono,
figli con le occhiaie.
Figli nel traffico, figli a scuola.
Figli in piscina, davanti al computer.
Figli stanchi, inappetenti.
Figli grassi, figli anoressici.
Figli nati in carcere.
Figli soli, davanti alla t.v.
Figli nelle strade, figli che aspetti
mentre tornano a casa.
La schiena dei figli quando vanno nel mondo.
Figli soli, senza di te.

Figli ingrati, figli troppo grati.
Figli omosessuali.
Figli, una nuca curva, un fiume.
Figli, chiodi di carne vergine.
Figli, quella mano che cerca avanti
quella rete bianca.
Figli, nostalgia di tutto,
di ogni giorno che passa.
Figli, amore senza ritorno.
Figli oggi, perché domani sarà tardi.
Figli che si laureano, e tu ci piangi.
Figli che gli cucini,
figli che gli fai festa.
Figli che escon di casa la sera.
Figlia che esce di casa profumata
e qualcuno te la toglie.
Un figlio del Diavolo che lecca la terra.
Figli che ci tolgono il sonno, per amore.
Figli di cristallo, figli di diamante.

Figli che si contrappongono, figli che cedono.
Figli a carnevale, spade di plastica.
Figli malati, musi sui cuscini
occhi laccati di bisogno.
Figli che gli daresti tutto,se fosse possibile.
Invece non è possibile.
Figli preti, figli suore,
figli volontari,
clown negli ospedali.
Figli santi, figli maestri,
figli da mettersi in ginocchio.
Figli all'estero :-Telefona !
Figli di notte: -Stai attenta, non ti fidare.-
Figli a spasso tra le insidie, colombi.
Figli depressi, piccioni zoppi.

Quanti pezzi ci sono in un figlio?
Quanti passi del mondo?
Quanto cielo, quanta terra?
Quanto del tuo destino?

                                        Margareth  Mazzantini.
Figli in fila indiana,
figli a girotondo, tutti giù per terra,
e dovremmo andarci noi, 
per guardarvi meglio.  

giovedì 10 maggio 2012

Memorie del cuore

Se in amore non sono stata proprio fortunata ( e meno male sono nata per S.Valentino, ) per quanto riguarda invece le amicizie le cose sono andate decisamente meglio, anzi, se è vero che "chi trova un amico trova un tesoro", allora sono una delle persone più ricche del mondo.
Ognuno mi si è presentato con un bagaglio carico di cose, ed io ho preso a piene mani il bello e il brutto usandoli per costruire la parte migliore di me.
Non rinnego niente, anche se ho perso qualcuno per strada, anche se alcuni mi hanno profondamente ferita, perché comunque ciascuno ha avuto un dono per me nelle mani, un senso nel mio percorso, e a tutti sono riconoscente.
Di quelli che fortunatamente ho ancora accanto (pochi ma buoni) parlerò magari in seguito, ché meritano un capitolo a parte.
Voglio invece ricordare due amici preziosi che purtroppo se ne sono andati un po' in fretta facendomi anche arrabbiare, ma che hanno comunque inciso una traccia indelebile nel DVD della mia vita. Ve li presento volentieri.
ENRICO.

Ho conosciuto questa persona in un periodo della mia vita in cui provavo quell'aridità di cuore che segue a un eccesso di lacrime e il mio scoraggiamento sembrava tranquillità.
Ricordo che credevo di poter ordinare metodicamente i miei desideri e i miei dolori, come si dispongono gli oggetti nel cassetto di un mobile.
Lui, uomo di mezza età, viareggino d.o.c., reduce da un divorzio doloroso, era una carica esplosiva di ottimismo, vitalità e fantasia. Una botta di adrenalina pura. Un animo ricco che sapeva intrattenere gli amici con eleganza e classe tra una storiella e una canzone, magari delle sue.
Si, lui era l'ultimo cantastorie di una Viareggio che non esiste più, " quella Viareggio che piaceva a me."
Enrico Casani era un vero signore e un poeta. Ci siamo conosciuti per una passione comune, il teatro, e frequentati per anni senza che mai la sua amicizia potesse stancarmi.
Ci incontravamo a casa di amici comuni inventandoci il pretesto per qualche cenetta, oppure a teatro, dove lui metteva a disposizione delle mie amiche e mia il palco che, al Politeama, il titolare gli riservava.
"Perché mi tocca di diritto!" diceva sempre. E non aveva tutti i torti.
Aveva dato talmente tanto alla cultura viareggina, eppure, come spesso succede, non gli è stata poi un gran che riconoscente.
Educato, gentile, aveva un modo di scherzare e dire le cose molto garbato, quasi con humor inglese, finché poi la sua salmastrosità non esplodeva in tutta la sua verve sarcastica.
Un vero chansoniere, e non l'ho mai sentito dire parole sconce o parlare male di qualcuno, neanche dei suoi detrattori.
Poi, quella vigliacca malattia per la quale hai lottato e sofferto tanto.
Ti chiedo scusa se non ti sono stata vicina come avrei voluto, ma sapevo che del tuo soffrire hai sempre avuto un grande pudore. Allora mi sono fatta da parte ed ho aspettato....
" Senza avvisa' nessuno, un giorno ci hai lasciato
ma piglieresti un granchio a di' che t'ho scordato, amico mio..."
Si, tu l'hai scritta per Picciù, ed io te la rendo. Ma davvero non ti ho dimenticato, anzi, spesso e volentieri riascolto il nastro che mi regalasti, quello con i tuoi brani più belli, per sentirti ancora più  vicino. Per rinfrescare la sensazione di quelle atmosfere magiche e pulite che solo tu, con la tua musica, sapevi creare.
"Come un soffio di libeccio, quando soffia dal vialone..."

GIANPAOLO

Gianpaolo Bonuccelli faceva parte del gruppo di amici miei e di Enrico. La sua cartoleria nel centro di Viareggio, era spesso il punto focale dei nostri incontri ludici. Quante volte, tra un salatino e un aperitivo, abbiamo progettato, disquisito o criticato il nostro panorama culturale.
L'ho conosciuto al Teatro Estate, io nella giuria con Enrico, lui sul palco con la compagnia "I  Magienz" che recitava nel "La Mandragola".
Rimasi colpita dalla sua bravura e dalla sua sicurezza. Occhio azzurro, ceruleo, una folta chioma nera. Poi sono andata dietro le quinte e me lo hanno presentato...: "Ma chi sei?"
Cavoli, dismessi gli abiti di scena e sceso dal palco, quasi non lo riconoscevo : occhialetti spessi, proprio da "cecato" e capelli.., no, capelli proprio no,..piuttosto una peluria bianca agli angoli della testa, stile Paperon De Paperoni. Che delusione senza il parrucchino !
Ma è stata la prima e l'unica. Da quel giorno siamo diventati amici, anche perché lui ha creato con Alfia e me  una nuova compagnia teatrale, La Soffitta, che è andata avanti poi per anni regalando a tutti noi un sacco di gratificanti soddisfazioni.
La stima e l'affetto per lui mi sono cresciute dentro giorno dopo giorno, anche se non è stato semplice, perché la sua timidezza e la ritrosia nel mostrare se stesso agli altri, ha reso le cose più complicate. Forse per questo faceva l'attore, per potersi permettere di essere, come io lo definivo, "uno, nessuno e centomila". Ed era veramente bravo!
Ma la sua chiave di lettura era veramente semplice, bastava essere leali, onesti e sinceri, che lui ti apprezzava.
Di me gli piaceva, a suo dire, il mio appassionarmi ad ogni cosa, il mio vedere sempre il bicchiere mezzo pieno. "Riesci ad entusiasmarti ancora alle cose." mi diceva per giustificare il suo stare bene con me.
Si è anche innamorato un paio di volte durante il periodo della nostra amicizia.
No, non di me naturalmente. Di altre. Ma io sono sempre rimasta la sua confidente, non mi ha mai messa da parte.
Di lui amavo la cultura, l'eleganza nel porgersi, la sua educazione.
Il suo parlare forbito lo faceva sembrare un signorotto d'altri tempi, anche perché viveva da scapolo assieme alla matrigna in unna villetta isolata.
Disorganizzato, sprovveduto, imbranato, le cene a casa sua (impostegli da Alfia per obbligarlo a socializzare) erano sempre un incognita.Dovevamo organizzarci in due o tre e poi mancava sempre qualcosa. Ma quanto ridere abbiamo fatto.
A lui piaceva circondarsi di cose belle. Amava i libri e le piante. Nel giardino di casa sua ve ne erano di bellissime, e a volte me ne sciorinava i nomi in un latino che, mi hanno detto poi, essere parto della sua fantasia.
Si, si divertiva a prendermi in giro dicendomi spesso che ero ignorante come una capra. Ma non me ne offendevo, anzi, quel suo modo di rapportarsi a me così irriverente, me lo rendeva ancora più caro, perché era una confidenza in più, un "addomesticarci."
Il mio essere così semplice, così sanguigna, riusciva, spesso e volentieri, a spaccare la sua timida malinconia, facendolo ridere di cuore.
Compagno di gite piacevoli, di cene divertenti, di ore preziose, era sempre composto e contenuto, quasi un gradino sopra le cose. Solo Alfia riusciva a farlo andare in bestia, ma era così aldilà del suo modo di essere, che quando perdeva le staffe diventava quasi ridicolo, grottesco. Proprio come alcuni dei personaggi che interpretava.
Eri vero o fingevi? Giocavi, facendoti beffa di noi, o veramente in te c'era anche questo lato iroso?
Poi la malattia lo ha portato di botto con i piedi per terra, e qui si è dimostrato veramente grande, perché l'ha affrontata con un coraggio e una forza che non avrei mai immaginato potesse avere.
L'ho stimato e gli ho voluto, se possibile, ancora più bene di prima, di quando era solo un compagno di giochi.
La telefonata di Alfia che mi annunciava la sua morte è stata una pugnalata. Non la malattia, ma il cuore lo ha fregato . Quel cuore che aveva sempre voluto un po' celare agli altri non donandolo mai completamente a nessuno.
Di colpo così, da un giorno all'altro, niente più cene, niente più lunghe chiacchierate telefoniche.
Te ne sei andato lasciandomi attonita, arrabbiata e sola. E non c'è giorno che non mi venga in mente o non mi assalga la voglia di chiamarlo, consultarlo, per sentire ancora, tra l'ironia delle sue risposte e il suo prendermi bonariamente in giro, quell'affetto grande che, discretamente e pudicamente, mi hai sempre donato.
Mi manchi tanto. Anzi, mi mancate.
Vi ho voluto tanto bene amici cari, e ve ne vorrò ancora, perché la memoria dei giorni con voi non potrà affievolirsi mai, perché mi avete donato quella gioia di vivere che diveniva voglia di rubare, di starvi vicini per assomigliarvi un po'...


Come il vento sospirante

Come il vento sospirante la notte
così verso te il mio desiderio imperversa
ed ogni nostalgia è svelata-
o tu, che mi hai fatto ammalare,
che cosa sai di me!
Piano spengo la mia tardiva luce,
per vegliare su ore febbrili,
e la notte ha la tua immagine,
ed il vento, che parla d'amore,
ha il tuo indimenticabile riso.

              Hermann Hesse

domenica 6 maggio 2012

Amore sacro- amor profano

"A volte, nel cuore della notte,
il vento dell'amore bussa alle nostre finestre
ma noi non lo sentiamo e continuiamo a dormire."


Sinceramente penso di avere il sonno troppo profondo, perché le mie finestre di notte sono quasi sempre aperte, ma quel tipo di vento non ha mai voluto saperne di fermarmisi accanto.
Certo qualche folata c'è stata, ma nessuna è durata abbastanza da colmare la mia solitudine affettiva.
Il mio cuore è rimasto vuoto come le stanze di un vecchio castello che nessuno più vuole abitare.
Mi consola, in questo grigio generale, aver conosciuto persone veramente speciali che mi hanno camminato a fianco per un po' di tempo aiutandomi a diventare quella che sono oggi.
A due di questi voglio porgere un ricordo nostalgico e lo farò con cura e discrezione svelando solo gli incipit delle loro storie così come fossero favole, le fiabe della vita.

Primo appuntamento.


E' la classica, eterna situazione scontata. Personaggi: io lui e il mio immaginario.
Complici: La luce tenue di un vecchio lampione, il profumo della pineta bagnata, la pioggia che,cadendo fitta sui finestrini dell'auto, crea la parvenza discreta di un velo tra noi e un tempo che , fuori, scorre maledettamente troppo veloce.
E' ormai tardi e tu parli, parli, mentre io mi perdo nel suono delle tue parole che mi entrano dentro fino a farmi star male.
E' assurdo. Tutto maledettamente, stupidamente assurdo.
Fino a pochi giorni fa non potevo sopportarti, avrei fatto qualsiasi cosa pur di non doverti incontrare. Ora sono qui e vorrei non ti zittissi mai.
"Sei stanca, vuoi che ti riaccompagni a casa?"
"No,non voglio"
E il mio cuore batte, batte forte. Vorrei che il tempo si fermasse, invece è il nostro stesso affannoso respiro a scandirne il trascorrere.
Tu sorridi e abbassi gli occhi in modo schivo. Sembra assurdo in uno come te così sicuro, pacato, consapevole di sé. Eppure sei veramente intimidito. Perché?
Non ci tocchiamo, ma siamo vicini e le nostre mani appena si sfiorano. E' tutto così strano.
Trovare tanta parte di me nei pensieri di un altro mi esalta e mi spaventa al tempo stesso.
Cosa devo fare? Che cosa ne facciamo di noi, così stranamente, inaspettatamente persi uno nell'altro, in un gioco che ci coglie di sorpresa e che pure abbiamo condotto fino a questo punto.
La sensazione dei nostri corpi vicini ci toglie il respiro.
Ha smesso di piovere e il profumo della resina ci penetra le narici. E' il momento. Ora dobbiamo decidere e lo sappiamo.
Ma tu indugi in una rispettosa attesa che è mille volte più dolce di qualunque altro tentativo di coinvolgimento.
Tocca a me decidere, me ne lasci l'arbitrio e te ne sono grata. Ma che devo fare? Perchè non parli più? Perchè anche i grilli ora si sono messi a cantare, mentre la luna gioca a nascondino dietro l'ultima nuvola.
Vorrei girarmi e lasciarmi andare tra le tue braccia. Invece, senza alzare gli occhi, poggio le mie labbra sulla mano tesa ad accarezzarmi il viso, apro lo sportello dell'auto e mi ritrovo fuori, nella notte, in un freddo umido che mi porta lontano da te.
Così mentre torno a casa penso che ora potrei anche morire.
Sarebbe bello, dopo tutto, morire così, conscia di averti lasciato con il rimpianto di una gioia intravista ma rimasta sospesa.


Beh, di momenti così dopo ce ne sono invee stati tanti, e le promesse mantenute.
Lui è stato, in assoluto, quello che più mi ha coinvolta facendomi sognare. Colui che  rispondeva ai miei ideali di uomo, perché assomigliava caratterialmente a mio padre.
Purtroppo per me non era il momento per vivermi serenamente una relazione e così ho rovinato tutto.
Di lui mi è rimasta una profonda gratitudine per essermi stato vicino nei momenti bui e un rimpianto struggente per una felicità appena sfiorata.


"Adesso sono una torcia spenta
dopo che l'orma del tuo cammino
si è fermata ai miei occhi.
Che ciglio devastante il tuo
come mi penetri le ossa.
Se piangessi 
tu verresti a riprendermi 
ma io ho bisogno del mio dolore 
per poterti capire." 


                             -Alda Merini




Per fortuna il treno delle emozioni non passa una volta sola.Quando meno te lo aspetti... Perchè la felicità è cosi, gioca a nascondino.

Sogno di una notte di mezza estate


Sarebbe stata una sera come tutte le altre, sospesa tra un ricordo e un presente carico di promesse.
Poi all'improvviso ti sei avvicinato, mi hai poggiato le mani sulle spalle e nel girarmi sorpresa, ho incontrato le tue labbra, in bacio timido, sfuggente quasi pudico.
"Scusami- mi hai detto- non volevo farti soffrire." ed è stato come se un lampo squarciasse il buio della pineta.
trascorrevamo l'intervallo di una commedia al "Teatro Estate" di Via Zara, dove le mie amiche ed io eravamo state chiamate a far parte della giuria.
Tu ed io c'eravamo scontrati per gioco, o almeno così avevo creduto, in una delle tante "Recite a braccio" che mi piaceva inscenare con te.
Ti avevo ripreso fingendomi adirata perchè non mi avvi salutato all'ingresso, e tu a tua volta imbronciato, ti lamentavi del mio carattere impossibile.
Poi, ognuno era tornato alle proprio mansioni, e tutto sembrava finito lì..mentre invece doveva cominciare. 
Ed ecco, a sorpresa, la tua richiesta di perdono, le tu mani calde e le tue labbra rapide quasi adolescente. 
Così mi sono persa, in un attimo carico di tensione che passava solo tra noi. Nessuno si è accorto di niente.
C'è stato un seguito poi a quella sera. E' stata una necessità tua quanto mia l'incontrarci per parlare, capire, cercare di conoscerci.
Abbiamo giocato, ci siamo affibbiati ruoli, scrutati a vicenda facendo sì che il fantastico, l'immaginario, vestissero a festa il nostro stare insieme.
Poi i nostri mondi, troppo distanti nel tempo, si sono scontrati ed io ho avvertito tutto il disagio della nostra differenza.
Nel guardarti tra loro, con gli amici, ho avuto paura. Paura dell'inadeguatezza, paura di perderti.Ed ho capito, per la prima volta, che stavi diventando davvero importante per me.Troppo.
Ho cercato di tornare indietro, di riprendermi dignità e ruolo.Ma tu non me lo hai permesso.Mi hai promesso ancora doni, momenti. Mi hai chiesto ancora scintille per alimentare il tuo fuoco, per nutrire la tua mente. Mi hai di nuovo invitata al gioco, ed io non ho saputo dirti di no.
Così siamo andati avanti, ci siamo addomesticati.Tu intento a non alimentare le mie illusioni ed io intenta a non violentare le tue sensazioni.
Ma potevamo continuare così ,in questa perenne scherma in punta di fioretto? 
Eri troppo bravo per me, troppo caro , troppo dolce, troppo coinvolgente. Mi crescevi troppo dentro, ed io non potevo permettertelo perchè non potevo permettermelo.
Il gioco delle parti doveva finire. 
Ma a me cos'è rimasto? 
"Il colore del grano!" mi risponderai. Ed è vero, non lo posso negare, un estete di te non si può dimenticare.
Mi sono rimasti in ricordo i tuoi doni: la tua allegria mesta, la tua saggezza, la ricchezza delle tue analisi, dei tuoi consigli. Tutte le tue preziosità, la spontaneità, la timidezza, la tua pudicizia.
Siamo certo migliori tu ed io dopo esserci avvicinati così tanto, ed è per questo che, nonostante il rischio, nonostante le ferite, sono rimasta con te, a cercare di non perdere una attimo del nostro stare insieme per fare provvista di ricordi da celare in uno scrigno e riguardare con struggente nostalgia ora che il tuo regno è distante dal mio, e del tuo passaggio nei miei giorni non è rimasto che un dolce sconosciuto profumo.


"Io ti chiesi perchè i tuoi occhi
si soffermano nei miei
come una casta stella del cielo
in uno oscuro flutto.


Mi hai guardato a lungo
come si saggia un bimbo con lo sguardo
mi hai detto poi, con gentilezza:
-Ti voglio bene, perchè sei tanto triste-"
                                    
                                   - Hermann Hesse-


Si,lui era un bel po più giovane di me e la nostra storia si è sempre mantenuta a livello platonico, ma vi assicuro che ne è valsa la pena.Le storie così non deludono mai, perchè non chiedono ma riempono il cuore.
Queste storie risalgono a un po' di anni fa, fanno parte del mio vissuto.
Dovrei vergognarmene? Fare il -mea culpa- e battermi il petto? Assolutamente no, scusatemi, ma rivendico ora come allora ,il mio diritto all'amore, il mio diritto a sentirmi viva.
E non me ne vergogno,anzi.
Rileggiendo queste cose sin'ora custodite gelosamente in un cassetto, provo tanta nostalgia e tanta tenerezza per la ragazza che ero. Per la persona che ero e che non rinnega di avere cercato sempre e comunque in Amore la propria ragione di essere.

"La notte è buia e il tuo sonno è profondo
nel silenzio del mio essere.
Destati, pena d'Amore , perchè non so 
come aprire la porta, e rimango qui fuori.


Attendone l'ore, vegliano le stelle,
il vento si posa, 
il silenzio è pesante nel mio cuore.
Destati Amore! Colma il mio bicchiere 
vuoto,e increspa la notte
con il soffio d'un canto." 
                            - R.Tagore-

giovedì 3 maggio 2012

Lettera

C'erano una volta, in una terra lontana di la dai monti, due splendide principesse, belle quanto diverse nel fisico e nel modo di vivere. Eppure così simili. Piccola di statura una, tipicamente mediterranea: folti capelli ricci, occhio scuro, profondo ed un sorriso carico di promesse, una statua greca.
L'altra alta, longilinea, fisico da modella, capelli biondi, lisci, occhi verdi da gatta, un algida silfide.
Eppure si sono incontrate, casualmente, se non si vuole ammettere che " il caso " è la mano di Dio quando non vuole firmarsi di persona. Non solo, ma si sono piaciute. Forse perché entrambe con un vissuto non proprio semplice, certamente riscattato poi alla grande, e che ha donato loro una forza interiore e una gran voglia di rivalsa verso la vita, quasi che questa fosse loro debitrice. E il tempo ha preso a scorrere sereno, fino al coronamento dei loro rispettivi sogni d'amore.
Poi la famiglia, la casa , i bambini.
Simili nella loro dedizione al proprio compagno, simili nella passione e l'amore per la propria dimora, il proprio maniero, nella scelta delle cose belle con cui circondarsi. Niente è lasciato al caso, e tutto, intorno, ne descrive la personalità. Colori tenui, soft per la prima più introversa e spirituale. Tinte decise e aggressive per l'altra che ancora non ha esaurito il suo bisogno di esternare per farsi capire, conoscere.
Poi piano piano, ma inesorabilmente, un'incomprensione oggi, un malinteso domani, una frase non espressa, e il rapporto tra i due regni si è raffreddato. Anzi, si è proprio interrotto. Ed è sceso il gelo.
Un gelo innaturale, insensato, che coinvolge e fa star male tutti quelli che le conoscono e che le amano. Compresa me.
Ecco, qui non so più come proseguire la fiaba, e allora comincia il racconto della vita.
Scusate, potete anche mandarmi a quel paese dicendomi di farmi gli affari miei. Io non vi biasimerei, anzi,  vi posso capire.
Ma vi prego, vi ho ascoltate talmente tanto nei vostri sfoghi di ragazze che mi sento quasi in diritto, ora, di rivolgermi a voi col cuore in mano, proprio in virtù del grande affetto e della stima grande che ci ha sempre unite. Perdonatemi, perdonate il mio cuore nostalgico, ma lasciatemi perlomeno il diritto allo sfogo.
E' vero che la nostra lontananza non mi consente di conoscere tante cose, ma non temete, non voglio giudicare  né ammonire, non me lo posso permettere.
Non si tratta di stabilire chi ha ragione e chi ha torto, non è questo l'importante, credetemi, anche perché la ragione ha mille sfaccettature, e definirla e impossibile.
Qui si deve solo cercare di aprire cuore e mente per provare a farci entrare il buon senso. Si tratta di capire che arroccarsi sulle proprie posizioni non porta a niente, erigere  mura attorno non ci protegge ma ci isola. Chiudersi agli altri è come rinunciare a una parte di noi stessi. E' precludersi il calore della conoscenza, rendere sterile il nostro giardino. Il che potrebbe anche essere una legittima scelta di vita, se non fosse che coinvolge poi gli altri a noi vicini, i nostri bambini. Perché loro ci guardano, continuamente. Siamo i loro modelli, i loro punti di riferimento. Che cosa vogliamo insegnare ai nostri figli? Come potremo parlare loro di fraternità, perdono, accoglienza, tolleranza, che pure sono parole che fanno parte di noi, del nostro credo. Non può esserci felicita se le cose in cui crediamo sono diverse da quelle che facciamo. . E nessuno e mai abbastanza forte e sicuro da pensare di non dovere mai aver bisogno degli altri.
Vi prego, qualunque cosa possa essere accaduta, non vi chiedo di dimenticare. So per esperienza che i graffi dell'anima non si cancellano più. Però vi dico : fate tesoro del vostro dolore custodendolo nella parte più profonda del vostro io. Tenetevi strette le vostre lecite, legittime, reciproche rabbie, ma provate, per una volta anche se è difficile, a mettervi ognuna nella situazione dell'altra. Con obiettività e onestà invertite i vostri ruoli e chiedetevi, in coscienza, se il vostro orgoglio ferito vale veramente lo scotto che pagate, se i torti, le ingiustizie subite ( o quelle che ritenete tali ) valgono veramente più di ciò a cui rinunciate.
Non necessariamente si deve riprendere come prima, perchè le abitudini cambiano, mutano le esigenze di vita. Basta imparare a rispettarsi reciprocamente, accettare il reciproco modo di vivere in modo maturo e civile.
Davvero vi costa così tanto un piccolo gesto d'amore?
Amore, questa parola magica ormai così tanto abusata e svilita che maipiù di ora ha avuto bisogno di essere riempita di significato.
Amore, un piccolo passo oggi, un chinare il capo con consapevolezza e umiltà, un tendere la mano domani.
Piccoli passi, certo. Uno per volta. Quale delle due se la sente di fare il primo?
Vi prego, non tacciatemi di retorica o di buonismo.Il mio intervenire è dato solo dalla nostalgia per ciò che eravate insieme, per i nostri momenti, le nostre chiacchierate. Ma vi prometto che non parlerò mai più di tutto questo se la cosa in qualche modo vi urta.
E' solo che, egoisticamente, non vorrei più dovere fare il turno per godere di voi e dei vostri splendidi bambini. Vi voglio così tanto bene!
Coraggio, spesso l'amore di una persona vale per due. Poi, col tempo, è contagioso.

TI PREGO

Quando mi dai la tua piccola mano
che tante cose mai dette esprime
ti ho forse chiesto una sola volta
se mi vuoi bene?

Non è il tuo amore che voglio,
voglio soltanto saperti vicina
e che muta e silenziosa
di tanto in tanto, mi tenda la tua mano.

                Hermann Hesse