giovedì 10 maggio 2012

Memorie del cuore

Se in amore non sono stata proprio fortunata ( e meno male sono nata per S.Valentino, ) per quanto riguarda invece le amicizie le cose sono andate decisamente meglio, anzi, se è vero che "chi trova un amico trova un tesoro", allora sono una delle persone più ricche del mondo.
Ognuno mi si è presentato con un bagaglio carico di cose, ed io ho preso a piene mani il bello e il brutto usandoli per costruire la parte migliore di me.
Non rinnego niente, anche se ho perso qualcuno per strada, anche se alcuni mi hanno profondamente ferita, perché comunque ciascuno ha avuto un dono per me nelle mani, un senso nel mio percorso, e a tutti sono riconoscente.
Di quelli che fortunatamente ho ancora accanto (pochi ma buoni) parlerò magari in seguito, ché meritano un capitolo a parte.
Voglio invece ricordare due amici preziosi che purtroppo se ne sono andati un po' in fretta facendomi anche arrabbiare, ma che hanno comunque inciso una traccia indelebile nel DVD della mia vita. Ve li presento volentieri.
ENRICO.

Ho conosciuto questa persona in un periodo della mia vita in cui provavo quell'aridità di cuore che segue a un eccesso di lacrime e il mio scoraggiamento sembrava tranquillità.
Ricordo che credevo di poter ordinare metodicamente i miei desideri e i miei dolori, come si dispongono gli oggetti nel cassetto di un mobile.
Lui, uomo di mezza età, viareggino d.o.c., reduce da un divorzio doloroso, era una carica esplosiva di ottimismo, vitalità e fantasia. Una botta di adrenalina pura. Un animo ricco che sapeva intrattenere gli amici con eleganza e classe tra una storiella e una canzone, magari delle sue.
Si, lui era l'ultimo cantastorie di una Viareggio che non esiste più, " quella Viareggio che piaceva a me."
Enrico Casani era un vero signore e un poeta. Ci siamo conosciuti per una passione comune, il teatro, e frequentati per anni senza che mai la sua amicizia potesse stancarmi.
Ci incontravamo a casa di amici comuni inventandoci il pretesto per qualche cenetta, oppure a teatro, dove lui metteva a disposizione delle mie amiche e mia il palco che, al Politeama, il titolare gli riservava.
"Perché mi tocca di diritto!" diceva sempre. E non aveva tutti i torti.
Aveva dato talmente tanto alla cultura viareggina, eppure, come spesso succede, non gli è stata poi un gran che riconoscente.
Educato, gentile, aveva un modo di scherzare e dire le cose molto garbato, quasi con humor inglese, finché poi la sua salmastrosità non esplodeva in tutta la sua verve sarcastica.
Un vero chansoniere, e non l'ho mai sentito dire parole sconce o parlare male di qualcuno, neanche dei suoi detrattori.
Poi, quella vigliacca malattia per la quale hai lottato e sofferto tanto.
Ti chiedo scusa se non ti sono stata vicina come avrei voluto, ma sapevo che del tuo soffrire hai sempre avuto un grande pudore. Allora mi sono fatta da parte ed ho aspettato....
" Senza avvisa' nessuno, un giorno ci hai lasciato
ma piglieresti un granchio a di' che t'ho scordato, amico mio..."
Si, tu l'hai scritta per Picciù, ed io te la rendo. Ma davvero non ti ho dimenticato, anzi, spesso e volentieri riascolto il nastro che mi regalasti, quello con i tuoi brani più belli, per sentirti ancora più  vicino. Per rinfrescare la sensazione di quelle atmosfere magiche e pulite che solo tu, con la tua musica, sapevi creare.
"Come un soffio di libeccio, quando soffia dal vialone..."

GIANPAOLO

Gianpaolo Bonuccelli faceva parte del gruppo di amici miei e di Enrico. La sua cartoleria nel centro di Viareggio, era spesso il punto focale dei nostri incontri ludici. Quante volte, tra un salatino e un aperitivo, abbiamo progettato, disquisito o criticato il nostro panorama culturale.
L'ho conosciuto al Teatro Estate, io nella giuria con Enrico, lui sul palco con la compagnia "I  Magienz" che recitava nel "La Mandragola".
Rimasi colpita dalla sua bravura e dalla sua sicurezza. Occhio azzurro, ceruleo, una folta chioma nera. Poi sono andata dietro le quinte e me lo hanno presentato...: "Ma chi sei?"
Cavoli, dismessi gli abiti di scena e sceso dal palco, quasi non lo riconoscevo : occhialetti spessi, proprio da "cecato" e capelli.., no, capelli proprio no,..piuttosto una peluria bianca agli angoli della testa, stile Paperon De Paperoni. Che delusione senza il parrucchino !
Ma è stata la prima e l'unica. Da quel giorno siamo diventati amici, anche perché lui ha creato con Alfia e me  una nuova compagnia teatrale, La Soffitta, che è andata avanti poi per anni regalando a tutti noi un sacco di gratificanti soddisfazioni.
La stima e l'affetto per lui mi sono cresciute dentro giorno dopo giorno, anche se non è stato semplice, perché la sua timidezza e la ritrosia nel mostrare se stesso agli altri, ha reso le cose più complicate. Forse per questo faceva l'attore, per potersi permettere di essere, come io lo definivo, "uno, nessuno e centomila". Ed era veramente bravo!
Ma la sua chiave di lettura era veramente semplice, bastava essere leali, onesti e sinceri, che lui ti apprezzava.
Di me gli piaceva, a suo dire, il mio appassionarmi ad ogni cosa, il mio vedere sempre il bicchiere mezzo pieno. "Riesci ad entusiasmarti ancora alle cose." mi diceva per giustificare il suo stare bene con me.
Si è anche innamorato un paio di volte durante il periodo della nostra amicizia.
No, non di me naturalmente. Di altre. Ma io sono sempre rimasta la sua confidente, non mi ha mai messa da parte.
Di lui amavo la cultura, l'eleganza nel porgersi, la sua educazione.
Il suo parlare forbito lo faceva sembrare un signorotto d'altri tempi, anche perché viveva da scapolo assieme alla matrigna in unna villetta isolata.
Disorganizzato, sprovveduto, imbranato, le cene a casa sua (impostegli da Alfia per obbligarlo a socializzare) erano sempre un incognita.Dovevamo organizzarci in due o tre e poi mancava sempre qualcosa. Ma quanto ridere abbiamo fatto.
A lui piaceva circondarsi di cose belle. Amava i libri e le piante. Nel giardino di casa sua ve ne erano di bellissime, e a volte me ne sciorinava i nomi in un latino che, mi hanno detto poi, essere parto della sua fantasia.
Si, si divertiva a prendermi in giro dicendomi spesso che ero ignorante come una capra. Ma non me ne offendevo, anzi, quel suo modo di rapportarsi a me così irriverente, me lo rendeva ancora più caro, perché era una confidenza in più, un "addomesticarci."
Il mio essere così semplice, così sanguigna, riusciva, spesso e volentieri, a spaccare la sua timida malinconia, facendolo ridere di cuore.
Compagno di gite piacevoli, di cene divertenti, di ore preziose, era sempre composto e contenuto, quasi un gradino sopra le cose. Solo Alfia riusciva a farlo andare in bestia, ma era così aldilà del suo modo di essere, che quando perdeva le staffe diventava quasi ridicolo, grottesco. Proprio come alcuni dei personaggi che interpretava.
Eri vero o fingevi? Giocavi, facendoti beffa di noi, o veramente in te c'era anche questo lato iroso?
Poi la malattia lo ha portato di botto con i piedi per terra, e qui si è dimostrato veramente grande, perché l'ha affrontata con un coraggio e una forza che non avrei mai immaginato potesse avere.
L'ho stimato e gli ho voluto, se possibile, ancora più bene di prima, di quando era solo un compagno di giochi.
La telefonata di Alfia che mi annunciava la sua morte è stata una pugnalata. Non la malattia, ma il cuore lo ha fregato . Quel cuore che aveva sempre voluto un po' celare agli altri non donandolo mai completamente a nessuno.
Di colpo così, da un giorno all'altro, niente più cene, niente più lunghe chiacchierate telefoniche.
Te ne sei andato lasciandomi attonita, arrabbiata e sola. E non c'è giorno che non mi venga in mente o non mi assalga la voglia di chiamarlo, consultarlo, per sentire ancora, tra l'ironia delle sue risposte e il suo prendermi bonariamente in giro, quell'affetto grande che, discretamente e pudicamente, mi hai sempre donato.
Mi manchi tanto. Anzi, mi mancate.
Vi ho voluto tanto bene amici cari, e ve ne vorrò ancora, perché la memoria dei giorni con voi non potrà affievolirsi mai, perché mi avete donato quella gioia di vivere che diveniva voglia di rubare, di starvi vicini per assomigliarvi un po'...


Come il vento sospirante

Come il vento sospirante la notte
così verso te il mio desiderio imperversa
ed ogni nostalgia è svelata-
o tu, che mi hai fatto ammalare,
che cosa sai di me!
Piano spengo la mia tardiva luce,
per vegliare su ore febbrili,
e la notte ha la tua immagine,
ed il vento, che parla d'amore,
ha il tuo indimenticabile riso.

              Hermann Hesse

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