mercoledì 15 ottobre 2014

Come Thelma & Louise

Non provate a dirmi che non è vero, tutti abbiamo bisogno di qualcuno che si occupi di noi in esclusiva, che ci faccia sentire, magari ogni tanto, unici e preziosi.
Ma gli errori della vita ci causano, a volte, un vuoto affettivo che ci soffoca, ci fa mancare l'aria, per
cui ci aggrappiamo a qualunque cosa, pur di non sentirci "disabitate"
Poi capita che una mattina viene a svegliarti un'amica e ti dice: " Vestiti che andiamo a giro".
"Ma sei matta?  Dove?"
"Così, dove ci va di andare."
L' aria è calda, la luce invitante. Ma sì, perché no, per una volta si può fare!  Mollo tutto e salgo con lei in macchina.
     Sapere esattamente dove siamo diretti, può essere il modo migliore per perdere la strada.
     A volte è meglio andare in giro senza meta.
La guardo di sottecchi mentre guida e mi sembra la solita di una trentina d'anni fa, di quando ci siamo conosciute. A parte l'argento dei capelli, stesso taglio corto, piglio sicuro e fisico asciutto, da ragazza. Il contrario esatto di me che sono quasi il doppio di allora. Ma chi se ne frega! Sono i nostri cuori e le nostre teste che contano, e qui, mi permetto immodestamente di dire, che siamo addirittura migliorate. Sì, il nostro percorso parallelo è stato notevole. Ed io mi affido a lei ora, come allora, e come farò domani, finché ci sarà data la fortuna di camminare a fianco.
Non ho dubbi, lei è proprio la mia persona!
Quando sto con Perla mi sento a casa. Ci capiamo, ci ascoltiamo, condividiamo quasi tutto, ma non ci risparmiamo critiche reciproche o discussioni.Anzi, è proprio attraverso queste che la nostra amicizia si è consolidata giorno dopo giorno. Insomma, ci vogliamo bene!
Così, novelle Thelma e Louise, facciamo la prima sosta sul mare a Torre del Lago.
Stranamente, per essere sabato, non c'è molta gente. Sarà perché c'è un vento noioso, anche se caldo,
e il cielo non promette niente di buono.
C'è molta polvere e lei prende a tossire un po' troppo. "E' allergia.." dice. Però, nata d'un cane, ha sempre la sigaretta in mano. Va beh!
"Spostiamoci sul lago" le dico. Così andiamo.
Mi vergogno un po' a confessarlo, ma sono almeno due o tre anni che non vengo a passeggiare da queste parti. Se ci penso mi rendo conto di quanto troppo mi sono fatta prendere dai problemi di tutti, in famiglia, e di quanto poco abbia pensato a me stessa in questi ultimi tempi. E mi viene il magone.
Ma assolutamente non voglio che i brutti pensieri mi avvelenino la giornata. Così mi concentro su quel quadro stupendo che è il Massaciuccoli. Di una bellezza mozzafiato!
Il grigio plumbeo del cielo assume contorni frastagliati accarezzando le Apuane. Mentre sotto, il lago increspato dal vento, è di un verde cangiante, intervallato, in lontananza, dal baluginio dorato di qualche timido e sporadico riflesso del sole. Mi viene subito pensato alla poesia che Perla scrisse per me tanti e tanti anni fa...."Briciole incandescenti nei tuoi occhi, rubati al fondo d'altro mare....." e mi immergo in una sensazione d'altri tempi, d'altri momenti..
Passiamo dal dietro, dall'ingresso che porta al teatro, lo stesso che dà accesso alla darsena. E mi tornano in mente le domeniche con mio padre, quando lui faceva le regate con la barca a vela, e con mamma lo raggiungevamo una volta finita la gara.
Correva in coppia con Andrea il Bandoni, un personaggio particolarissimo delle Focette, alto quasi due metri, ciuffo biondo ribelle alla Bobby Solo, occhialetti a specchio e l'immancabile sigaro in bocca. Poi tutti gli altri, Carlo, Sergio, il professor Pucci, tutti passati a regattare in altri luoghi, in altri laghi. Cazzo, sembro Valerio Scanu.
No, oggi niente malinconie. Si sta troppo bene.
C'è una pace, un silenzio, che entrambe rispettiamo, ben consce che i nostri pensieri stanno vagando per sentieri vicini ma divergenti. Ci sta!
Si ode solo, a parte lo sciabordio dell'acqua, lo strano sfrigolio delle foglie dei pioppi mossi dal vento.
Ci avete mai fatto caso? Sembrano tante mani che volteggiano in aria. Mi ricordano una cerimonia con gli indiani Apaches cui ho assistito anni fa, vicino a Pisa.  Loro stavano mettendo a dimora le giovani piante, e ci raccontarono che quel frullare di fronde, era proprio come una preghiera di ringraziamento al loro Dio. Suggestiva!
Attraversiamo tutto il piazzale erboso e ci avviciniamo al lago. Fa così caldo che mi viene voglia di mettere i piedi nell'acqua, e raggiungo lentamente il punto dove questa, spinta dal vento, s'inoltra ad attraversare il pontiletto di legno.
"Sola m'en vò ...." cantava Musetta nella Boheme, e come sempre, quando approdo su quelle sponde, le melodie del Maestro mi sommergono il cuore. E' una magia, e mi prende in automatico ogni volta che tocco quei lidi.
Non mi staccherei mai da lì, ma si è fatta una certa, e cominciamo ad avvertire un qualche languorino.
Tra me e me penso a quel ristorantino sul laghetto dietro alla Bufalina. Lo rivedrei volentieri, ma non so cosa lei abbia in mente e continuo a farmi portare. Tanto, insieme , mi andrebbe bene anche un panino su una panchina. Invece no, è proprio lì che andiamo, ma non me ne stupisco più di tanto.
L'ho detto, lei è la mia persona.
Ci sediamo vista lago, ordiniamo e partiamo con lo scorrere infinito delle nostre variegate conversazioni, miscelandole con ricordi e deja-vu spaziando per un infinità di temi.
Perla è unica nel suo approcciare la vita, le cose, l'amore.
Lei e la sua concezione liberalistica dei rapporti.
Lei che si accorge subito quando qualcosa mi turba e ascolta i miei sfoghi.
Lei che sa capirmi e condividere i miei sogni, le mie speranze.
Lei che cerca sempre di convincermi a non mollare, ad andare avanti, ché tanto ne vale sempre la pena.
Lei che non si stanca mai di dirmi che sono speciale, e finisce poi per farmelo credere davvero.
Lo so, qualche sciocchino può anche ipotizzare che il nostro rapporto vada oltre la semplice amicizia travisando e immaginando chi sa cosa. Bene, si sbaglia.
E non lo preciso perché possa importarmene qualcosa, che se anche fosse sarebbero comunque fatti nostri. Ma confesso che ne lei ne io siamo attratte da relazioni saffiche purtroppo, che così avremmo risolto i nostri problemi colmando reciprocamente le nostre solitudini.
Invece è proprio la nostra amicizia a trecento sessanta gradi che è unica e speciale. E mi rincresce per chi non è stato fortunato come noi.
La giornata volge al termine e ce ne torniamo a casa. In fondo, dobbiamo riconoscere e ammettere con noi stesse di non avere più vent'anni.
Ma abbiamo ancora tempo e un bel margine di crescita davanti a noi. O almeno lo spero, perché vogliamo ancora conoscere e sperimentare. In fondo, non troviamo il significato della vita da soli, ma solo insieme a qualcun altro.
Che ci volete fare, non ve l'ho detto?  Lei è la mia persona!


                       Lievi come betulle
                       sfidiamo il tempo.
                       Qualche foglia ingiallisce
                       e vola via,
                       ma restiamo maestose nel vento
                       e l'imbrunire esalta i nostri riflessi d'argento.

                                                                           Perla


giovedì 9 ottobre 2014

Signori.............Su il sipario!

        Quando senti qualcosa che ti fa vibrare il cuore, non domandarti mai cosa sia, 
         ma vivilo sino in fondo, perché quel brivido, quella sensazione, si chiama vita.
                                                                                        Alda Merini

E quell'epoca, quel periodo, fu tutta una vibrazione di cuore per me. Uno dei momenti più belli e intensi della mia vita...........

Fin da bambina ho sempre avuto una passione sfegatata per il teatro, passione evidentemente anche questa ereditata da mio padre che amava recitare.
Quando la TV era ancora in bianco e nero e cominciavano appena a fare le prove per il secondo canale, ricordo che al venerdì sera trasmettevano sempre una commedia :  Il giardino dei ciliegi, Arsenico e vecchi merletti, Anna dei miracoli, Le medaglie della vecchia signora, e tutto il meraviglioso repertorio di Eduardo de Filippo. Come non appassionarsi!
Per questo quando Enrico Casani chiese a me e alle mie amiche Perla ed Enrica di far parte della giuria nella rassegna Teatro Estate di Via Zara, accettai con entusiasmo. Era intorno al '94 se non sbaglio, e fu lì che conobbi Alfia Meliani.
Piccola, minuta, con una lunga massa di riccioli castani e occhi verdi, profondi e intensi.
La sua competenza teatrale mi colpì subito e ci fu molto utile nel giudicare le opere presentate e nell'assegnazione dei premi. Che fosse una donna di teatro già da tempo l'ho saputo in seguito.
Aveva frequentato il Teatro Laboratorio di Vittorio Gassman e diretto la compagnia "Teatroupe" dal '76 all''86. Poi la famiglia, il crescere la figlia, l'avevano allontanata da quel mondo che era il suo Habitat naturale. Ed ora era qui, con noi, a giudicare gli altri.
Fu un caso poi, o forse no, che il direttore della rassegna, Adolfo , le presentasse un suo progetto per farne la regia. Era tratto dalla vita di Mozart, e sembrava scritto su misura per il suo socio, Walter, un eclettico, poliedrico, camaleontico attore che di Mozart aveva le fisic-du- ruole.
Cominciarono le prove con grande entusiasmo di tutti, poi, per incompatibilità caratteriali, le cose precipitarono e Adolfo e Walter si tirarono indietro. Tutto il lavoro sarebbe finito a puttane se non ci fosse venuta l'idea di creare una compagnia ex-novo, associandola al nostro Centro Culturale che già possedeva uno statuto tale da consentirci di poter usufruire di ogni qual cosa un' associazione avesse bisogno, dai finanziamenti agli spazi comunali. Fu così che nacque la Compagnia Teatrale la Soffitta.
E fu l'inizio di un sogno.
Ci suddividemmo gli incarichi: Perla, che ne era presidente, si dava sempre un gran da fare per quanto riguardava l'organizzazione scenica. Mentre io, un po' più  addentro nei meandri della burocrazia, mi occupavo dei contatti con gli enti preposti, la ricerca degli spazi per prove e allestimenti, finanziamenti, permessi e ricerca di siti dove rappresentare i lavori. Insomma, tutta la parte amministrativa e burocratica. Praticamente Perla ed io ci facevamo il "culo" a mattinate da un ufficio all'altro. Ma non ce ne lamentavamo.
L'anima della compagnia però era lei, Alfia. Lei aveva idee geniali e brillanti, e a me si spalancò un mondo. Mai avrei immaginato che dietro ad una performance teatrale ci fosse così tanto lavoro e studio.
Partire da un testo, elaborarlo pur mantenendone integro il contenuto, e porgerlo al pubblico filtrato attraverso il taglio e la sensibilità della regia.
Quell' "Amadeus- atto d'amore" fu un piccolo capolavoro
La chiave di lettura della regia partì da un parallelismo tra il 1700 e il 1900; tra l'Illuminismo razionale e il materialismo sfrenato, tra il barocco e il dark, mentre il tutto si muoveva in una scenografia, specchio del sociale, gerarchica e scomoda.
Poi Lui, il personaggio chiave, il diverso, l'anticonformista, l'anarchico, il Candido, alieno da tutto ciò che lo circonda e dal tempo in cui vive. Che si muove non in orizzontale ma in profondità, per arrivare attraverso l'amore fino all'anima e farla vibrare.La magia dell'Arte.
Io ero ammaliata da tutta questa poesia.
Con il mio copione in mano per seguire e suggerire, osservavo la scelta dei costumi e imparavo l'importanza delle scelte cromatiche, il loro significato. Poi restavo incantata dal geometrico lavoro delle luci studiato a tavolino da Alfia e il suo compagno Luigi, un genio in quel campo. Da ultime, ma non meno importanti, la scelta delle musiche, che miscelavano sapientemente le due epoche, partendo appunto dalla Rapsodia in Blu di Gershwin e, passando attraverso le varie arie del genio mozartiano, approdavano poi, nello sfilare finale dei vari personaggi ( che neanche il saluto al pubblico era lasciato al caso ) al "Who want to leve for evere" dei Qeen.
Lo rappresentammo la prima volta al Teatro Politeama di Viareggio e fu un vero successo. Il primo di una lunga serie.
Mi sentivo fiera, orgogliosa e importante. Rappresentammo nel corso degli anni tanti lavori "scomodi"
e particolari: "alarm" di Hanay Geiogamah, "L'annivORSOrio" due atti unici di Cechov con cui a S.Miniati vincemmo cinque premi su cinque, "Macbett" di Ionesco, "La Soap-Opera da tre Soldi" liberamente tratta dal lavoro di Bertolt Brecht, "Stato d'assedio" di Albert Camus e una trilogia di lavori di Rosso di San Secondo, il Pirandello della Versilia, che rappresentammo anche a Camaiore davanti alla sua vedova. E tanti altri ancora.
Eravamo bravi. Talmente bravi che le altre compagnie cominciarono a non vederci di buon occhio. Ci temevano!
Così io avevo un bel da fare a barcamenarmi tra assessorati, associazioni, facendo lo slalom tra la loro riluttanza, l'arroganza di Luigi e la lingua che Alfia non teneva mai a freno. Pure lei ed io riuscimmo anche per alcuni anni a lavorare con i ragazzi delle scuole locali e non, proponendo il nostro Cantiere Teatrale.
Ma era sempre più difficile a causa dei dissesti economici e la poca disponibilità delle casse scolastiche.
Poi ognuno di noi, come succede nelle così dette dinamiche di gruppo, cominciò a portare all'interno della Compagnia le proprie problematiche, e col tempo non ce la feci più. Troppi problemi a casa, dentro me, non riuscivo più a barcamenarmi tra il teatro della vita e una vita fatta di teatro.
E, a dimostrazione del fatto che, se era vero che Alfia era l'anima della Compagnia, io comunque ne ero il cuore pulsante, poco tempo dopo la mia defezione, il gruppo si sciolse.
Sono stati ad ogni buon conto anni intensi e importanti per me. Mi hanno fatto crescere e insegnato tantissime cose. Ho conosciuto persone meravigliose. Gianpaolo, Walter, Roberto, Michele, Stefano, Luciana Enzo, Elena, e tanti altri ancora. Alcuni li ho persi per la strada, altri purtroppo non ci sono più. Ma quello che ognuno di loro mi ha donato  , resterà con me per sempre.
Non c'è niente da fare, chi non ha provato questa esperienza non può capire. La convivialità, il condividere opinioni o il discutere anche, i momenti di stanca, l'ammazzarsi di fatica per allestire e smontare le scene senza avere orari, le prove che sembravano non bastare mai e tutto mentre giorno dopo giorno vedevi un idea prendere forma.Una magia. E col plasmarsi di questa, tu stessa venivi plasmata, te ne sentivi parte.Emozioni uniche , irripetibili.
Stranamente il mio vivere dietro la quinte mi fece sentire per la prima volta al centro del palcoscenico della mia vita. Mi ha scandagliato dentro portando a galla tutto quel sommesso che per anni mi aveva soffocata.
Loro contavano su di me, si affidavano a me e alle mie capacità. Mi facevano sentire importante ed unica.
Io, fino ad allora comparsa tra le comparse, divenni la prima donna della mia commedia.
Vivevo un mondo immaginario, ma specchio  della vita. E mi ci trovavo a mio agio.
Ho fatto riserva di quei momenti, e li conservo dentro di me come un tesoro prezioso dal quale attingo, come grani di un rosario, ogni volta che mi sembra di affogare nella mediocrità del quotidiano.
E sarò grata e riconoscente a chi mi ha permesso di vivere questa preziosa esperienza rendendomene parte, consentendomi, allora come ora, di sentire forte i battiti del mio cuore.


" Il Maestro, che sedeva tra la gente con i suoi discepoli, disse : "Avete sentito e pronunciato
   molte preghiere. Questa sera vorrei che ne vedeste una".
   In quel momento si alzò il sipario, e il balletto ebbe inizio.