lunedì 30 dicembre 2013

Un Buon Anno speciale...

Un augurio alle persone care è , penso, talmente ovvio e scontato che rischia quasi di diventare banale. Per  cui diamolo per fatto e andiamo oltre.
Che questo non sia il migliore dei mondi possibili lo sappiamo bene, è sotto gli occhi di tutti. Ma è anche vero che è il nostro mondo, quello che noi creiamo giorno dopo giorno.
Si dice che per far sì che il male trionfi non serve agire negativamente, basta limitarsi a non fare il bene.
Per questo il mio pensiero va alle persone di "fede", a quelle che vivono con coraggio, che non si rassegnano.
Mi permetto quindi di volare un po' più in alto e di racchiudere in un saluto augurale quei pochi che hanno fatto sì che questo anno trascorso non fosse un tempo buttato via.
Nel ringraziare quelle poche che sono riuscite a spezzare le catene, voglio fare un augurio a tutte le donne che vivono quotidianamente abusi e violenze fisiche e psicologiche. Vorrei che trovassero la forza di chiudere, di dire basta. Chiunque usa violenza su un altro essere non è degno di dedizione. Chi alza le mani e ti picchia non ti ama, ti usa per scaricare le proprie frustrazioni e non è degno di essere chiamato "uomo".
Ecco, auguro a tutte loro di trovare il coraggio di ribellarsi, di denunciare, perché certe persone non cambieranno mai, ma voi avete diritto a molto di più di quanto siete in grado di sopportare.
E voglio fare un augurio a quei poliziotti che, durante gli ultimi cortei di protesta, hanno tolto i loro caschi e abbassato gli scudi in segno di solidarietà con i dimostranti. Evidentemente hanno capito, LORO.
No, non voglio far politica né demagogia, ma solo prendere la cosa per quello che è, una umana presa di coscienza. Non ribellione, non sovversivismo, ma la consapevolezza, finalmente, che in una guerra tra poveri chi ci guadagna è solo "il potere".
Voglio permettermi anche di fare un augurio a tutti quegli immigrati che arrivano qui per farsi un futuro, una famiglia, per lavorare cercando con noi di migliorare questa Italietta meschina e retrograda. A tutti quelli che non ci portano disordini e violenza, ma diversità culturali per arricchire le nostre conoscenze, per allargare i nostri orizzonti.
Un augurio speciale voglio farlo ai genitori bloccati con i loro bambini in Congo, classico esempio della meschinità umana e di quanto sia difficile anche riuscire a fare del bene. Voglio farlo a tutte quelle persone coinvolte nel "caso stamina", che lottano quotidianamente per il diritto ad una scelta di vita, che dovrebbe essere principio fondamentale della nostra Costituzione. Vorrei dir loro di non mollare e di continuare a credere, anche nei miracoli. Perché, in fondo, la speranza non ha mai ucciso nessuno.
E in ultimo vorrei fare un augurio a questo Papa, Francesco, che non ho ancora ben capito se c'è o ci fa, ma così come si presenta a me piace tanto!
Questo moderno Don Camillo riesce, con la sua semplicità, a farci tornare a "credere".A farci pensare ad una Chiesa d'accoglienza, di soccorso, di misericordia e d'amore. Riesce a farci sperare in un epurazione morale ed etica dell'Istituto Ecclesiastico. Ci prospetta, forse, un ritorno a quelli che erano i veri fondamenti della Cristianità. E che il Cielo ( ma più che altro chi gli è vicino fisicamente) lo proteggano sempre e lo aiutino nella sua missione di pace.
Ecco, finisco qui, con una speranza di pace.
Vorrei davvero che i miei auguri arrivassero ai destinatari. Vorrei davvero che i buoni esempi cominciassero ad espandersi a macchia d'olio sopraffacendo, piano piano, tutto il male del mondo.
Retorica? Utopia? E chi lo sa!
A me piace pensare che, prima o poi, i valori veri torneranno per ognuno di noi. Non se ne può fare a meno. Perché ritengo che questa umanità, per poter andare avanti, abbia davvero bisogno di fare qualche passo indietro.

Un buon anno a tutti, di cuore.

giovedì 12 dicembre 2013

Mi permetto di insistere...

E tanto per restare in tema, tra poco sarà Natale, la festa più attesa e amata, ma anche la più criticata e vituperata...., ed è proprio ai detrattori di questa che vorrei, sempre con affetto e tolleranza naturalmente, rivolgere due righe.
Sento spesso dire: -festa di merda..fiera della falsità ..la giornata dell'ipocrisia...e via discorrendo.
Ora, lungi da me il giudicare, ché ognuno è libero di pensarla come vuole, ci mancherebbe, ma perché accanirsi contro la  "festività" in sé per sé? Perché non soffermarsi invece a considerare il Natale per quello che realmente è, per ciò che rappresenta?
Siamo atei e non ci interessa il significato religioso? Benissimo. Vediamolo come un periodo breve, una piccola pausa nel gelo dell'inverno in cui potersi ritrovare, stare assieme e , perché no, concedersi quelle piccole trasgressioni di gola cui non sempre possiamo lasciarci andare.
Sì, è melassa, è vero. Perché c'è gente che ha perso la casa, che ha perso il lavoro. Ne so qualcosa, credetemi. Ma sentire un po' piu forte in quei giorni la solidarietà e l'amore della gente può fare male?Non credo proprio.
Siamo senza una lira e non possiamo fare regali? Anche questo mi pare un deja-vu! Ma sono davvero necessari o abbiamo esagerato un po' negli ultimi anni dando troppo ascolto alle campane del consumismo? Un regalo, se proprio ci serve per testimoniare il nostro affetto a qualcuno si può sempre inventare, creare. Basta un po' di fantasia e un po' di cuore. E alle volte basta anche solo una parola, un "se vuoi io sono qui".
E' vero, il Natale è ogni anno di più il ricordo delle grandi assenze. Ma perché, negli altri periodi dell'anno si pensa forse di meno ai nostri cari? Forse la loro mancanza è meno sentita? Certamente no. O almeno per me non è così:
Dunque, lasciamoci coinvolgere con serenità dalla ricorrenza. Si sa, un anno può essere più serena, un'altro meno.Ma se ci si pone di fronte ad essa con onesta intellettiva, sarà sempre un momento positivo, perché essere onesti vuol dire accettare anche le cose meno piacevoli. Vuol dire accettare le scelte altrui quali che siano, perché la vera democrazia consiste nel " consenso del dissenso ".
Io credo che, molto più del legame di sangue, quello che può e deve tenere veramente unita una famiglia è forse proprio quello del reciproco rispetto e della gioia per l'altrui serenità.
Credo fermamente che vede l'ipocrisia chi è ipocrita o si comporta come tale. Così come conosce la falsità chi la falsità pratica abitualmente.
Per quel che mi riguarda, so per certo che tutto questo non mi appartiene.
Quindi, come sempre, addobberò la mia casa e apparecchierò , nei limiti del mio possibile, per chiunque vorrà condividere la mia tavola.
Ma il mio "Buon Natale" sarà rivolto comunque di cuore anche a chi sceglierà di festeggiarlo altrimenti.
A me basterà trovare sotto l'albero, come strenne, le risate gaie delle mie bambine, la freschezza e la spontaneità della mia piccolina, un po' di serenità, finalmente , per i miei figli, e tanta speranza in più per tutti i giovani.
A noi vecchietti non resta che sperare in un po' di salute.
Auguro a tutti uno schietto, onesto, vero, sincero Buon Natale e, tanto per citare la mia amica Perla che ho sempre nel cuore ( a proposito, guarda che io metto un piatto in più)...

                               che la festa vi sorprenda, regalandovi cose che non sapevate di desiderare!

venerdì 6 dicembre 2013

E se invece....

Una delle convinzioni più radicate in me è che Dio sia donna, anche perché spesso ci toccano le stesse mansioni, una delle quali è "cercare di mettere ordine là dove regna il caos".
Così, mentre cercavo di risistemare chili di cartacce dal cassetto di mio marito, mi sono imbattuta nelle sue vecchie foto, quelle stesse che già, sempre io, gli avevo riordinato in ordine cronologico e raccomandato di raccogliere in un album. (Ma quanto fiato ho sprecato io nella mia vita?)
D'un tratto "boom", eccola qua che salta fuori dal mucchio la foto di "Lui", e il cuore dà un balzo accelerando i battiti.
Ma come, dopo tutti questi anni ancora mi emoziona? Sembra assurdo, ma è come se quella foto mi si fosse attaccata alle dita....ed io torno indietro.....a tanto tempo fa.....quando ero una ragazza e.....


.....Facevo atletica allo Stadio dei Pini, ma i giocatori del Viareggio già li conoscevo perché avevano soggiornato qui, all'angolo della mia strada, al "Pioniere".
Lui però, tra tutti, è stato il primo che ho invitato a casa mia, il primo a far parte della mia vita.
Si chiamava Remo e veniva da Bologna.
Tra tanti calciatori di quel periodo era, indubbiamente, uno dei più bravi e più seri, il vero perno della squadra.
Viaggiava su un GT sportivo color polenta e aveva il fascino un po' schivo della persona piuttosto chiusa, da buon Capricorno. Un Hanphry Bogart emiliano che, con la sigaretta tra le dita, un mezzo sorriso e quella esse strascinata tipica delle sue parti, aveva di certo un suo perché.
Io lo trovavo affascinante, e la prima volta che lo incontrai da solo, sul moletto in darsena, non ci pensai due volte a chiedergli di venire a cena da noi. E lui accettò.
Da li in poi è stato un crescendo in amicizia. I miei gli volevano bene come a un figlio, e lui ne voleva a loro.
Sì, sulla sua scia altri hanno preso a frequentare casa, compresi Sergio (che ho sposato), Nello (che ancora è amico caro), e Alberto (ancora nei nostri cuori). Ma lui è stato il primo, come il gianduiotto Ferrero.
Mio fratello lo adorava, e quando ha avuto dei problemi di salute, lui non ha esitato un attimo a portarselo a casa sua il Duvilio, come lo chiamava, in quel di San Lazzaro di Savena, per fargli cambiare aria e consentirgli una lesta convalescenza.
Era un ragazzo dal cuore d'oro Remo, buono e generoso come la sua terra. Semplice, onesto, e ..fidanzato.
Lei era una brunetta tutta pepe, alta come un soldo di cacio, ma frizzante come un bicchiere di gazzosa ( sì, perché lo champagne poco si addiceva al suo essere estremamente di sinistra.)
Mora, sempre sorridente, simpaticamente spregiudicata, fortemente politicizzata.
Me la fece conoscere e diventammo subito amiche, sul serio.
Io la ammiravo per il suo essere decisa e fortemente emancipata, e quando la squadra giocava in casa, lei arrivava al sabato mattina, dormiva da me, e ripartiva con lui dopo la partita. Ci raccontavamo tante cose, io del mio ragazzo (ché anche io ne avevo uno, cosa vi credete?) e lei di lui, di quanto fortemente l'avesse voluto appena conosciuto, e di quanto fosse importante nella sua vita di ragazza figlia di genitori separati.. E tutto questo durò per mesi e mesi.
Non so quando le cose cambiassero tra me e Remo, ma successe.
La mia storia svaniva piano piano, e la sua presenza era sempre più assidua, sempre più coinvolgente. Veniva qui spesso, parlavamo tanto. Lui si preoccupava per me, per il mio altercare sempre più acceso con mio padre, per il mio piangere spesso, per la mia scontentezza, le mie insofferenze da adolescente. Il bisogno di lui mi stava crescendo dentro piano piano. E più lui si faceva per me importante, più lei si allontanava. Ma io non me ne rendevo conto.
In cerca di un amore grande che non mi facesse soffrire, non mi accorsi che l'amore vero, il più importante e maturo, io l'avevo accanto. Non lo seppi riconoscere.
E una sera che i miei erano accorsi al capezzale della nonna, ed io ero sola a casa con i miei  fratelli, lui si offrì di tenerci compagnia...e l'amore sbocciò!
Non ricordo neanche come successe che ci ritrovammo abbracciati su quel divano del salotto, davanti al televisore acceso.
So solo che mi ero rannicchiata tra le sue braccia forti, sperduta, completamente persa in quella sensazione di benessere e sicurezza che lui mi donava, in quel torpore caldo e umido che mi fecero completamente partire di testa.
Saremmo certamente andati oltre se, seduto in poltrona davanti a noi, non ci fosse stato mio fratello che, di andarsene a letto, proprio non voleva saperne. Doveva "per forza" finire di vedere il programma che staqva seguendo. E una volta saliti di sopra, ormai ero tornata in me.
Lui ci provò ancora, venendo in camera dei miei, dove dormivo accanto al lettino di mia sorella, ancora molto piccola. Ma io, temendo che lei si svegliasse, lo respinsi.
Una vita intera condizionata dai miei fratelli! Ma non solo.
Quella ragazza troppo stupida che ero, si faceva troppi scrupoli: la fiducia tradita dei miei, la mancanza di rispetto per la ragazza di lui, il mio "essere promessa" ad un altro. Che cretina! Altro che donna matura ed emancipata. Volevo essere per forza la donnina perfetta che mio padre avrebbe potuto ammirare.
Immatura e superficiale, nei miei vent'anni dedicati al non voler deludere gli altri, non avevo capito ne riconosciuto l'opportunità grande che avevo per le mani.Ne ho stupidamente trascurato i segnali così ho buttato via una cosa bella  sprecando forse la più bella occasione della mia vita.

Tenevo una gemma tra le dita.
Me ne andai a dormire.
Il giorno era tiepido,
i venti erano banali,
dissi "Si serberà"
Mi svegliai
e sgridai le mie dita innocenti.
La gemma era scomparsa.
E ora, una memoria di Ametista
è quanto mi è rimasto.
                                         E.D.
Lui piano piano si è allontanato, forse pensando di non essere voluto. Dopo qualche tempo lei, che era senz'altro molto più furba e matura di me, rimase in cinta, e così si sposarono.
Io, dal canto mio,feci la mia scelta, quella che ritenevo più giusta, e mi sposai un po' di tempo dopo.
Loro non vennero al mio matrimonio. Senz'altro a lei che aveva capito, stavo un po' sulle scatole. Ma so che lui, quando quella mattina in albergo incontrò la Paola e il Nello che venivano da me, disse che quello sarebbe stato "il giorno più brutto della sua vita".
Così ci siamo persi di vista.
E' tornato qui una sola volta, alla morte di mio padre. Ma, lui chiuso nel suo imbarazzo, ed io nel mio dolore, non siamo stati capaci di "ritrovarci".
Mio padre diceva sempre:-Meglio avere rimorsi che rimpianti!-
Ecco, lui è senz'altro, il più grosso rimpianto della mia vita.
Non posso sapere cosa sarebbe stato di noi se avessi seguito il mio cuore anziché la mia testa. Se quella volta mi fossi lasciata andare, se gli avessi detto almeno una volta quanto avevo bisogno di lui, se avessi anteposto i miei desideri al rispetto per gli altri e avessi pensato un po' più a me stessa.
Purtroppo tutto questo non conta più, indietro non si torna.
Ma io l'ho sempre tenuto nel cuore, celato in quell'angolino segreto cui solo una volta ogni tanto si può avere accesso, per quell'istinto remoto risvegliato da ujn profumo, una musica, o una vecchia fotografia.

                            Annullare il presente
                            e riscoprire i tuoi passi
                            padrona del tuo passato,
                            per scoprire infine
                            dov'è che ti nascondi.
                            Come fossi l'aria
                            e non ti fai respirare.
                            Come acqua tra le dite
                            te ne scivoli via,
                            e ancora è sete di te.
                                                                      Perla

Dedico questo salto nel passato alla mia amica di sempre Paola, che un bel tuffo dal trampolino sta per farlo davvero e so che è un po' spaventata.
Allora viglio dirle: ti ricordi i primi tempi che venivi al mare e , non sapendo nuotare, avevi paura dell'acqua?
Bene, col tempo hai imparato e hai cominciato a lasciarti andare. Ecco, fai la stessa cosa, lasciati andare all'onda che viene. E' grande e può far paura, ma se te ne lasci sollevare senza far resistenza e irrigidirti, come niente ti ritroverai dall'altra parte.
E se anche un po' dovesse sciamblottarti, non temere, sempre a riva ti porterà, e lì, seduta su un patino, bella come la Sirenetta di Andersen, ci sarà la tua amica salmastrosa. Ad aspettarti come sempre!
Un bacione e ...a presto.
                                                         Alfry.

martedì 3 dicembre 2013

Bella e Bestia

No, non è mia intenzione raccontare una fiaba, anche perché questa non si annovera tra le mie preferite. (In effetti il mio trascorso è stato costellato di incontri con Principi che si sono poi trasformati in orchi.)
E' che ogni tanto la mia testa vaga e, dopo un periodo non proprio brillante, mi sono soffermata a pensare alla "doppiezza", se cosi si può dire, della nostra personalità. A quante volte la nostra parte "bella" si trova a dover lottare contro quel lato di "bestia" che è innegabilmente in ognuno di noi.
In genere chi mi  conosce mi definisce "una bella persona", e questo sinceramente mi gratifica. A chi non farebbe piacere sentirselo dire? Ma mica sono sempre stata così!
Effettivamente il più delle volte resto piacevolmente sorpresa dal mio "saperci fare" con le persone, dal mio riuscire a trovare sempre una parola giusta per chi ne ha bisogno. Riconosco con piacevole sorpresa il mio grado di tolleranza e la mia alta soglia di sopportazione, che potrebbe anche sembrare un atteggiamento forzoso o da buonista. Ma vi assicuro che non è così.
Il mio è stato un percorso fatto di letture, conoscenza e scelte a volte anche difficili, sofferte e impopolari.
Eppure, ancora oggi, ci sono momenti che, a dispetto di ogni mio "credo". la Bestia che è in me riesce a saltare fuori. E allora arrivo a dire e pensare cose che, sinceramente, non mi piacciono per niente.
Mi succede quando mi sento violata nella mia libertà, quando invadono i miei spazi, quando mi vedo costretta a fare ciò che non ho scelto di fare.
Ma più che altro, quando mi ritrovo inerme o impotente, quando penso di non poter più fare niente o sento di avere sprecato del tempo. Quando mi invade la disperazione perché ho la sensazione che il vivere onestamente sia inutile, non basti.
Allora la mia Bestia vorrebbe reagire, urlare tutta la sua rabbia, il suo disappunto. Perché in questo brutto mondo ci si alza la mattina e si è già incazzati.E io non sono una santa, sono un essere umano!
Poi c'è l'altra parte, quella Bella, che mi porta a cercare di capire, a mettermi magari nei panni degli altri, per provare a vedere le cose da un altro punto di vista. Perché  so che non esiste una verità assoluta. La verità ha mille sfaccettature.
Eppure non sempre ci riesco.
Le migliori intenzioni sono spesso cariche di delusioni, e se è vero che i caratteri più forti si temprano nella sofferenza, è anche vero che gli animi più forti sono segnati di cicatrici. 
I graffi dell'anima non si cancellano! Mi ferisce l'incuria del genere umano, il qualunquismo , la mancanza di rispetto, l'ingratitudine e l'indifferenza alle sofferenze. Mi fanno veramente male.
Questo, comunque, non mi impedisce poi di cercare il bello e il buono in ogni cosa. O almeno ci provo. Lo faccio così, istintivamente, proprio perché è un'esigenza mia. Perché so che lasciarsi riempire di rabbia e di rancori ci avvelena il sangue, ci fa male all'anima e al cuore. La negatività e la cattiveria inquinano il nostro corpo e la nostra mente.
Per questo cerco sempre di scegliere il bello e il positivo. L'amore insomma.
Anche se non è sempre facile. Anche se tante volte ci costa fatica.
E in questo continuo conflitto tra la "bella" e la "bestia si va avanti, ogni giorno , da persone semplici e umili cercando sempre di ricordare di "non fare ad altri ciò che non vorremmo fosse fatto a noi stessi".


Racconto Cherokee: I DUE LUPI

Un vecchio indiano Cherokee è seduto di fronte al tramonto con suo nipote, quando d'improvviso il bambino rompe l'incanto di questa contemplazione e rivolge al nonno una domanda molto seria per la sua età.
"Nonno, perché gli uomini combattono?"
Il vecchio, con gli occhi rivolti al sole calante, al giorno che stava perdendo la sua battaglia con la notte, parlò con voce calma: "Per ogni uomo c'è sempre una battaglia che aspetta di essere combattuta, da vincere o da perdere. Perché lo scontro più feroce è quello che avviene fra i due lupi."
"Quali lupi nonno?" "Quelli che ogni uomo porta dentro di sé".
Il bambino non riusciva a capire, ma attese che il nonno rompesse l'attimo di silenzio che aveva lasciato cadere fra loro, forse per accendere la sua curiosità. Infine il vecchio, che aveva dentro sé  la saggezza del tempo, riprese con tono calmo.
"Ci sono due lupi in ognuno di noi. Uno è cattivo, vive di odio, gelosia, invidia, risentimento, falso orgoglio, bugie, egoismo".
Il vecchio fece di nuovo una pausa, questa volta per dargli modo di capire quello che aveva appena detto.
"E l'altro?".
"L'altro è il lupo buono. Vive di pace, amore, speranza, generosità, compassione, umiltà e fede".
Il bambino rimase a pensare un istante a quello che il nonno gli aveva appena raccontato. Poi diede voce alla sua curiosità e al suo pensiero.
"E quale lupo vince ?"
Il vecchio cherokee si girò a guardarlo s rispose con i suoi occhi puliti.
"Quello che nutri di più".

martedì 29 ottobre 2013

Una vita in punta di piedi

In una plumbea giornata autunnale che cosa rimane da fare a due tardone solitarie sulla via della depressione se non cercare conforto nella convivialità e nel buon cibo?
Si sa che il calore della compagnia scalda i cuori e il buon vino la pancia. E' così che con mia cugina Emiliana domenica scorsa ci siamo sfacciatamente "imbucate" alla festa di compleanno di un caro amico, un ragazzo alla mano, sempre gentile e disponibile, che ha festeggiato il suo......novantatreesimo compleanno.
Si, parlo di Dino, il padre di mia cognata Daniela. Clandestine non proprio, perché la, in quel di Massarosa, siamo logicamente di casa.
Aver conosciuto Dino e la sua famiglia è stato indubbiamente un colpo di fortuna.
Lui è la persona che non ti stancheresti mai di stare a sentire, anche se ti parla dei momenti brutti come la guerra e la prigionia che lo hanno tenuto lontano dagli affetti per tanto tempo.Lui e la sua esperienza di vita.
E' uno di quei vecchi che potrebbero far parte di un brano qualsiasi della nostra letteratura classica.
Vecchio per modo di dire, perché a dimostrazione che l'età è una condizione mentale e non una questione anagrafica, lui conserva una mente lucida e uno spirito brillante da ragazzo maturo.
Non molto alto, magro, con il volto perennemente abbronzato di chi vive a contatto con la natura, ha una foltissima capigliatura di un bianco candido e due occhietti da sparviero sempre attenti e sorridenti.
Cordiale, educato, mai imbronciato, mai una parola storta. Non l'ho mai visto irato o rancoroso verso qualcosa o qualcuno.
Lui ha fatto del lavoro e dell'amore per la sua famiglia il suo scopo di vita, e si è dedicato al suo progetto con pazienza e devozione.
Penso che non sia mai dovuto ricorrere alle imposizioni o alla coercizione per allevare i suoi figli, consapevole come solo i migliori lo sono, che il modo più giusto per educare è l'esempio.E so di non sbagliare nel pensare a lui e alla sua consorte come a due persone dalle quali dover imparare molto.
Ida, la compagna di tutta una vita che l'ha lasciato ormai da qualche anno.
Ida, per amore della quale ha rinunciato al bar con gli amici e al fumo. In virtù di quei compromessi d'amore che rendono migliore il vivere insieme.
Ida, che accompagnava in Chiesa per tutte le feste comandate.
Ida, che ora spicca in una bellissima foto campestre appesa al muro, con lui in primo piano e lei con quei brillanti occhi verdi dietro le spesse lenti, che alle sue spalle lo guarda attenta come a dire: "Io sono qui e ti seguo ancora!"
Ma se qualcuno avesse potuto pensare a un crollo di lui beh, si sbagliava di grosso.
Il nonno Dino ha tenuto duro, ed ogni mattina, imperturbabile, risponde all'appello del destino con un "Presente!" ancora carico di cose da fare e di lavori da realizzare.
"Sapevamo bene" mi ha detto una volta serenamente, "che uno dei due prima o poi avrebbe dovuto andarsene. Sarebbe stato bello poterlo fare assieme, ma capita solo ai più fortunati. E ora non c'è che aspettare il momento in cui sarò chiamato a raggiungerla."
E all'Emiliana che non riesce a riprendersi dal trauma del suo recente lutto, ha detto quasi sottovoce per non dar fastidio ai commensali: "Non credere che col tempo il dolore passi. Non c'è giorno che io non pensi con nostalgia alla mia Ida. Ma bisogna andare avanti, anche per rispetto di chi abbiamo vicino e si prende cura di noi!"
Grande Dino! Sempre così moderato nell'esporre le sue idee. Sempre così attento ai problemi degli altri e così rispettoso delle altrui scelte. Così ponderato eppure così acuto, con quel suo simpatico, ricorrente intercalare, quel.."diciamo".. che usa così spesso per prendere tempo ed entrare nella vita degli altri senza irruenza, senza scalciare. In punta di piedi, ecco.
Ho saputo da non molto quanto è stato importante per mio padre e quanto lo abbia aiutato anche materialmente quando lui ne ha avuto bisogno. E per questo gli sarò riconoscente sempre.
Adoro e ammiro come lui si muove in mezzo ai suoi familiari non come un patriarca  arrogante e spocchioso, ma con serena compostezza come un attento compagno di vita. Umiltà e rispetto. Le doti che fanno grandi le persone.
E che dire di quanto si emoziona vedendo la nipote Sara in collegamento dalla Spagna che vuol fargli gli auguri?
Ha gli occhi lucidi ma sdrammatizza scherzando e offrendole, in un gioco da adolescente dispettoso, una fetta di torta attraverso il monitor.
Sì caro Dino, sei un uomo che offre ancora una miriade di emozioni, ed io...diciamo... ti voglio un gran bene.
Grazie a te e ai bei momenti che ci regali (ma anche all'ottimo vino che ci fai bere) , ho scoperto che per vivere bene " non abbiamo bisogno di giorni migliori, ma di persone che ci migliorino i giorni."
A presto.


                                                             Ognuno sta solo sul cuor della terra
                                                              trafitto da un raggio di sole,
                                                              ed è subito sera.

                                                                                                  Salvatore Quasimodo

martedì 8 ottobre 2013

Cronache d'Estate

Devo prenderne atto, non è stata un'estate delle migliori, anche se non si è mai sentito quel caldo torrido che io proprio non riesco a tollerare, e le notti, piuttosto fresche, ci ha costretti raramente ad azionare il ventilatore.
Ma qualcosa non è andata per il verso giusto, Troppe cose storte, troppa ansia, troppi eventi spiacevoli, e la tensione l'ha fatta un po' da padrona. Eppure, se pur con un mese di ritardo ché che giugno è piovuto quasi sempre, la stagione non era cominciata poi così male......

                                            12/ 6/ 2013

E così , finalmente, Giulia ce l'ha fatta, è riuscita in qualche modo a portarsi a casa il suo diploma di Maestra d'Arte, entrando così ufficialmente nel mondo dei disoccupati diplomati. Ma questo non è importante. L'importante per lei era riuscire a dimostrare di essere in grado di farcela, di riuscire ad arrivare come gli altri, come tutti quelli che hanno un minimo di orgoglio, di cervello e di discernimento, di non essere "diversa ". Ma quanta fatica!
Che lei non sia portata per lo studio è palese: non ama leggere, non ama approfondire. Riesce bene solo nelle materie più affini al suo modo di sentire, l'italiano, la storia dell'arte, la sociologia, e il lavoro manuale, che avrebbe dovuto essere prioritario nella sua scuola e invece negli ultimi due anni è stato completamente trascurato.
Se a questo aggiungi tutto il resto, il suo disagio, il suo non sapersi rapportare, il non sentirsi capita, appoggiata, apprezzata, e la sua assoluta mancanza di senso del sacrificio e del dovere, allora ti meravigli di come possa esserne venuta fuori.
In effetti è iniziato tutto con un patatrack. Quella che doveva essere una ritemprante vacanza pasquale, si è trasformata in un trasloco forzoso. Così si è stabilita qui, a casa della zia. Il paradiso fiscal-sentimentale di tutti i reietti e derelitti. Ed è stata dura per tutti!
Lei che vive in un mondo "tutto suo" dove non esistono regole, ha dovuto per prima cosa accettare l'idea che forse star fuori di casa poteva essere la soluzione migliore, prenderne atto e affrancarsene emotivamente.
Ha dovuto sottoporsi, lei che è un bradipo senza concezione del tempo, a ritmi regolari e frenetici per non perdere più neanche un giorno di scuola e dimostrare, anche ai prof la sua volontà di recuperare.
Ma più che altro ha dovuto mettersi sotto con lo studio, organizzando i suoi momenti per farci incastrare tutto, con la consapevolezza che nessuno ti regala niente, che anche la benevolenza e la stima vanno conquistate con i fatti.
Non è stato facile. Specialmente lottare contro i momenti "no", la sua voglia di mollare, di sbattersene di tutto e tutti. La sua voglia di richiudersi rifugiandosi nell'apatia e nel menefreghismo.
Ci sono stati momenti tremendi, colpi di mare a traverso che lei poi, immancabilmente, trasformava in disagi fisici e crisi psichiche.
Il momento peggiore è venuto a un mese dalla fine dell'anno scolastico quando, dopo un brutto scivolone proprio nella sua materia preferita, la storia dell'arte, aveva pensato di arrendersi. Ogni mattina alla sveglia la solita storia e il suo brutto inveire contro tutto. Ma la cosa peggiore era vederla piegata in due per i dolori di stomaco, prepararsi con le lacrime agli occhi. Giuro che sono stata tentata di dirle di mollare. Ma gli errori del passato insegnano (o così dovrebbero) e sono riuscita a tener duro. Non mi sono fatta intenerire.
Sì, perchè questo è stato un po' il diploma di tutti noi : della Daniela che ne ha ignorato gli irrispettosi scatti d'ira, la sua arroganza. Che ha saputo contenersi nel non mandarla a quel paese ogni volta che le capitava di dare i numeri per ogni minima contrarietà.
E' stato il diploma dei parenti che le sono stati vicini, delle mie amiche che l'hanno ascoltata con pazienza e consigliata. Dei suoi amici più cari che non hanno esitato ad "attaccarla al muro" rimbrottandola perché non si lasciasse di nuovo andare. Ed è stato il diploma di Serena, la cugina erudita, che è riuscita a donarle un po' del suo prezioso tempo per aiutarla nella stesura della sua tesina sull' Oigine dei tatuaggi, che si è poi rivelata essere il punto forte del suo esame perché ha colpito tutti per la sua originalità.
E' arrivato solo un 60, è vero. Ma per tutto quello che rappresenta, per tutta la fatica che le è costato, vi assicuro che vale più di un 100 e lode.
Sì, la Giulia deve dire grazie a tutte queste persone, perché ognuna di loro le ha donato qualcosa.
Ma deve dire grazie, come ho cercato di farle capire,  anche a quelle che le sono andate contro, quelle che l'hanno fatta incazzare, che l'hanno fatta piangere a volte umiliandola. Perché sono proprio loro che l'hanno fortificata costringendola a guardarsi dentro ed affrontare, vincendoli, i propri fantasmi.

Così, archiviata anche questa pratica, è cominciata la stagione. Ma quest'anno non è stata serena per niente.
Mancando i gemelli Luca e Roberto (per mare entrambi) , anche lo spirito goliardico di Livio ne ha risentito, ed è stato tutta l'estate, come un indomito Peter Pan, alla ricerca disperata di una spensieratezza tanto necessaria quanto oramai esaurita. Non fa più parte del nostro patrimonio genetico, ma lui non si arrende. E meno male, almeno noi ragazze siamo riuscite ogni tanto a farci una salutare risata.
Ma le brutte notizie incalzano e si susseguono ad un ritmo troppo incalzante.
Dopo il povero Gaetano, se ne va anche il mio amico Beppe, forse il più grande cheff della Versilia,, non che caro compagno di cene goliardiche. Una delle persone più speciali che io abbia mai conosciuto, e lascia un vuoto più grande di quello che avrei potuto immaginare, perché con lui si chiude veramente un epoca. E' la fine di un ciclo, ma non è finita.
Così, all'improvviso, "senz'avvisa'nessuno", come avrebbe detto il mio amico Casani, mio cugino Enzo se n'è andato in un soffio spirando, in una calda notte d'estate, tra le braccia di sua moglie, mia cugina Emiliana, lasciandola nello sconforto più assoluto.
Ed io, all'ennesima botta, non ho saputo far di meglio che rinchiudermi in me stessa. Mi sono rintanata nel bozzolo del mio dolore senza riuscire a dipanare la matassa dei pensieri tristi che mi si sono aggrovigliati in testa.
Nemmeno l'arrivo per le vacanze dei miei amici Nello e Paola mi ha tirata su di morale, anzi. arrivati con un paio di giorni di ritardo si sono tirati dietro il pensiero per il nipotino Gabriele tornato dalle vacanze con i genitori e ricoverato in ospedale per una forte diarrea.
E le cose poi sono andate anche peggio...ma andiamo con ordine....

                                          Il Guerriero !

Quando Daniela, da Milano, mi ha telefonato all'inizio dell'estate, per poco non mi prende un colpo tanto era concitata.
"Cosa sarà successo?" ho pensato subito. E poi:"Vuoi vedere che è di nuovo incinta ?"
E qui sono andata un po' in confusione non sapendo come prenderla né cosa dire. non potevo far altro che ascoltare fiduciosa.
Beh, non era una gravidanza ma ci sono andata vicina, perché è stato comunque l'annuncio di una nascita, anzi, di una  rinascita: quella di Gabriele.
"Sai Alfreda, volevo tu lo sapessi subito.. i medici hanno detto che il Gabri ce l'ha fatta, è uscito dall'autismo. Siamo così felici e volevamo condividere con te la nostra gioia."
Ho provato un tuffo al cuore, quasi un senso di mancamento. Ma che cavolo, non si può svenire per una bella notizia. Così, cercando di frenare il tremito della voce, provo a dirle le parole che forse lei si aspetta da me. Ma di fronte alla forza di questa splendida madre, mi sento totalmente inadeguata.
Che cosa si può dire quando si vivono cose come questa, così grandi che ti portano per forza a pensare che Qualcosa di veramente grande esiste, che ti portano a Credere.
Gabriele è caduto nell'autismo da piccolissimo, sembra a causa di un vaccino. Ed è stato un colpo durissimo per tutti, l'ennesimo per questa giovane coppia di ragazzi. Ma il loro Dio ha voluto che si accorgessero subito che qualcosa nel loro piccolo non andava, ed hanno reagito subito, senza indugiare, senza nascondersi dietro l'ipocrisia di parole pronunciate a metà o il non voler accettare la realtà.
Ci sono coppie che, al presentarsi delle prime difficoltà, barcollano, si perdono. Loro no!
Loro hanno subito preso coscienza della cosa ed hanno cominciato a lottare insieme, a lavorare con amore ancor più forte su quel progetto di famiglia che volevano costruire insieme. E il figlio maggiore, Matteo, non è certo stato da meno, perchè ha supportato i genitori in ogni modo e con ogni mezzo. Con amore.
Ecco, io penso proprio che sia l'Amore la chiave di questa storia.
L'amore che ti porta a credere, che ti spinge a dare senza aspettarti contropartite. L'amore che non giudica, che non addita che non inveisce mai, perché fatto di fiducia e fede.
Sì, sono sicura che la fede e l'amore hanno fatto di questa ragazza minuta e sensibile una fiera amazzone. E della sua forza la famiglia intera si è nutrita
Così dopo anni di triboli e sfiancanti alti e bassi, la loro temperanza ha dato i suoi frutti: Gabriele sta bene e a settembre potrà tranquillamente cominciare la scuola.
E' gioia grande e partono per le vacanze in Puglia, terra di Daniela, che dai suoi olivi ha ereditato la forza e la bellezza. Bellezza tipicamente mediterranea che nemmeno in questi anni tribolati si è affievolita e prorompe dalle foto vacanziere da loro postate su facebook per gli amici.
Ma non è finita. Ancora il fato è in agguato e il piccolo si ammala. Non una semplice diarrea, no.
La sua malattia, la SEU, è gravissima e rara. La cerco in Internet e mi terrorizzo.
Il bimbo, ormai ricoverato in ospedale, perde la media di un chilo al giorno, e non voglio ora elencare i rischi che corre con le piastrine ormai impazzite e i reni che potrebbero cedere da un momento all'altro.
Siamo tutti in apprensione e mentre i nonni non possono far altro che tornarsene a casa spaventatissimi, io sento crescere in me una rabbia assurda.
"Che senso ha "mi chiedo "fare questo miracolo del sanarlo da una malattia, se poi si deve cadere di nuovo nella disperazione, temere di perderlo e stavolta sul serio. Che senso ha accanirsi ancora contro questa creatura, questo scricciolo di bambino. E quanto ancora possono sopportare i suoi genitori?"
Tutte domande senza risposte.
Una sera Andrea, il padre, mi ha confessato per telefono di essere veramente spaventato e mi ha chiesto di pregare per il bambino. "Una di quelle preghiere che sai fare te!" mi ha detto.
E io mi sono sentita una merda. Perché in effetti io la preghiera già l'avevo fatta, proprio a modo mio, come voleva lui. Ma è stato meglio che non ne avesse mai conosciuto il contenuto.
Eppure, da parte loro, mai un segno di scoramento, di abbandono.
Poi, di colpo, il Guerriero ha reagito e ha di nuovo preso in mano le redini della sua vita. Ne è venuto fuori alla grande lasciando anche i medici di stucco.
Secondo me Gabriele è un prode, un lottatore nato. Non sottovaluterò mai più la sua forza, la sua "energia interiore", che non so da dove gli venga,m dove la trovi. Ma c'è. Non c'è dubbio.
E non so quante volte ancora la vita lo metterà alla prova, ma sono certa di una cosa: lui non mollerà mai. Perché ha un qualcosa dentro che va oltre ogni possibile umano pensare. E i poverini come me, quelli che credono di poter comprare la fede a etti nei supermercati, non possono che farsi da parte e inchinarsi al cospetto di questa forza da guerriero di luce.
Ecco, di lui ho voluto scrivere. Perché è una storia a lieto fine. Una storia d'amore, appunto.
E se non è amore questo........

Poi sono arrivate le piogge.
Via gli ombrelloni. Via quest' estate tediosa e faticosa. Ben venga l'Autunno, con un ritmo di vita più lento meno frenetico. Con meno gente ciarliera intorno ma un po più di tempo per se stessi e per riposare la mente. Per ricaricare lo spirito.
La vendemmia di Dino giunge a puntino. Un attimo di convivialità sereno, una pennellata di ottimismo che aiuta ad andare avanti.
Dino, che con i suoi 92 anni fa progetti per la semina della prossima Primavera. I ragazzi parlano di viaggi fatti e da fare, e l'Emiliana, seduta accanto a me, si sforza di sorridere cercando di non pensare a quello che è stato, con la consapevolezza che altro non si può fare se non cercare di tirare avanti. Provando ad ignorare che a volte, magari inaspettatamente....
"....la vita, ad un tratto....si mette a sede'  ".

Il mio amore

. .Sì, è vero, il nostro è stato un amore a prima vista. Non appena i miei occhi e i suoi si sono incrociati, ho capito che era l'uomo della mia vita, quello a cui ti puoi appoggiare, su cui poter fare affidamento. E che fosse anche bello era solo un fatto secondario, io lo avrei visto bello comunque perché aveva una luce dentro che lo rendeva speciale.
Simpatico, brillante, intelligente. Ma anche sarcastico, pungente e a volte irriverente, era comunque sempre l'anima, il cuore pulsante di ogni gruppo che frequentasse.  Un vero mattatore.
Condividevo gran parte delle sue passioni: le letture, le poesie che gustavamo spesso insieme, i films, la musica, lo sport e il mare, il fil-rouge della nostra vita assieme. E io mi nutrivo del piacere di essere spesso la sua compagna di giochi, la sua "complice".
Praticamente vivevo della sua luce riflessa, eppure avevo sempre una specie di timore reverenziale che mi impediva di manifestare in modo più esuberante il mio amore per lui.
Lo ammiravo; anche se, ogni tanto, tra me e lui scattavano scintille che innescavano liti furibonde.
Ma non ha mai smesso di essere il mio punto di riferimento, la mia guida, e, se possibile, l'ho amato ancora di più quando ho scoperto la sua fragilità, la sua debolezza.
Allora sì che avrei voluto stringerlo a me e coccolarlo, sbaciucchiarlo,infondergli forza e dargli fiducia in un futuro migliore e più sereno. Ma non ci sono riuscita, e così mi ha lasciata. Vuota, distrutta, smarrita. Sola.
Eppure tutto quello che di bello ha saputo donarmi, ancora mi sorregge e mi supporta . Ed oggi che è il tuo compleanno, anzi sarebbe stato, voglio comunque mandarti un pensiero caro: tanti auguri pappà.
E grazie di avermi aiutata a ricominciare a scrivere.

                                           Annullare il presente
                                           e ricopiare i tuoi passi
                                           padrona del tuo passato,
                                           per scoprire infine
                                           dov'è che ti nascondi.

                                           Come fossi l'aria
                                           e non ti fai respirare.
                                           Come acqua tra le dita
                                           te ne scivoli via
                                           e ancora è sete di te.

                                                                            Perla


sabato 20 aprile 2013

La " Mia Persona"

Avrei avuto voglia di scrivere parecchie cose sulla Pasqua, per rinverdire ricordi, per conservare memorie : mia nonna che torna dalla campagna con sulla testa una lunga tavola appoggiata sul "cercine" dove, in un fantastico gioco di equilibrio, porta torte di riso e cioccolato cotte nel forno a legna; le "Palme benedette" alla Domenica degli olivi, fatte con cornicette di carta colorata, tutta infiocchettata, attorno al santino di Gesù, e infilata su una lunga cannetta che noi bambini alzavamo al momento della benedizione ; la processione di Gesù Morto che impressionava per la sua suggestività, e la visita delle "sette chiese" al venerdì santo, stupende nella loro scenografia ricca di fiori e lumini.
Sì, avevo voglia di parlare di tutto questo, ma poi gli eventi, le cose accadute, mi hanno destabilizzato tanto da impedire alla mia mente di concentrarsi su questi temi, per farmene affiorare altri che ho preferito evitare.  Quindi è subentrato in me il pudore delle parole e ho scelto il silenzio come risposta.
Ma questa cosa non posso fare a meno di annotarla, perché a loro lo devo.
Se dicessi che la telefonata di Perla mi ha colto di sorpresa direi una bugia, perché l' aspettavo ormai da tempo. Gaetano, il suo compagno di tutta una vita, ha scelto una sabato pomeriggio per andarsene dopo lunghe sofferenze. Ha aspettato che intorno a lui si riunissero anche i tre figli, e dopo averli salutati ha chiuso gli occhi su una vita di lavoro e sacrificio.
Perla me ne ha dato l'annuncio subito, e così eccoci qua, il giorno dopo, a casa sua, attorno al tavolo. Noi tre amiche, come in tante altre occasioni, unite nel bene e nel male a parlare di Lui, con affetto e serenità: Perla, Nivea ed io, le amiche di sempre.
 Nivea è passata prima di lei da questa esperienza ed è visibilmente la più scossa, forse perché il ricordo di quei brutti momenti le è tornato di colpo alla mente.Io come al solito non so cosa dire e mi sento inadeguata. Ma , come sempre, è lei che ci rasserena, noi e i figli.
Niente ospedale oggi. Si è presa un giorno per sé, per riassestarsi un attimo dopo le ultime notti insonni. Lei il suo Gaetano se l'è accudito prima, da vivo, fino all'ultimo respiro. Non lo ha abbandonato un attimo e ora lascia che siano i suoi parenti a salutarlo.
Gaetano è stato un gran lavoratore, non conosceva soste ne feste comandate. Aveva una concezione della vita tutta particolare, forse non sempre condivisibile ma che certo ruotava attorno alla sua famiglia e certo non prescindeva da lei, "la mamma", come chiamava sua moglie. Era un Perla dipendente e quando lei, dopo che ci siamo conosciute oltre trent'anni fa, ha cominciato ad uscire con me alla sera per esplorare mondi ed esperienze che più si confacevano alla nostra natura artistica, credo mi abbia odiato.
Forse si è spaventato, ha avuto paura di perderla. Ma lei è stata capace di rassicurarlo facendo in modo che si accostasse al nostro mondo, così, conoscendomi meglio, ha imparato a volermi bene, tanto che mi chiamava Alfredina.
Gaetano era irriverente, a volte smargiasso, ma anche generoso. Era un signore, e quando esplodeva la sua "partenopeità" era anche divertente.
So quanto potrà mancarle, per questo la guardo preoccupata. Ma di nuovo non si smentisce, e ancora una volta si manifesta in tutto il suo essere "grande".
Amo la persona che trasforma ogni giorno disperato in un canto di gioia!
Perla è una persona speciale.
Ci siamo viste per la prima volta quando i nostri figli, coetanei, sono arrivati alle scuole medie. Ci siamo "riconosciute" subito e non ci siamo più perse di vista.
Lei, con quegli occhi color del cielo quando il cielo è limpido. Lei, con quelle mani piccole e tozze, da extra-terrestre, con le quali è capace di fare tutto, dalla maglia al ricamo, dal dipingere al bricolage, dal giardinaggio ai lavori più forti, anche da uomo. Non si è mai tirata indietro da niente. Ma il suo "io" migliore esce fuori quando scrive, e la sua lirica, la sua poesia, è quella che ci ha accompagnate in tutti questi anni.
Compagna in ogni momento topico della mia vita, ci siamo divertite come delle matte irresponsabili, impegnandoci nell'arte, nella cultura, nel sociale e nel teatro.Sempre condividendo ogni attimo, ogni moto dell'anima.
Ma lei è anche quella che mi è stata più vicina nei momenti più bui. Era lei che mi seguiva quando dovevo correre per mia sorella. Era lei che si alzava la notte e mi accompagnava per non lasciarmi andare da sola in quel mondo " al margine della società " nel quale ero costretta, gioco-forza,  ad infiltrarmi.
Lei è l'amica vera, quella che non ti asseconda per compiacenza quando stai per fare una cazzata, ma ti impedisce di farla. Anche a costo di darti contro, di farti star male.
E' stata spietatamente sincera, ha condiviso le mia lacrime aspettando, pazientemente, che uscissi dalla disperazione. Ha avuto la forza di farmi a pezzetti e poi mi ha aiutata, con pazienza, a rimettere insieme i miei i miei cocci.
Lei è " la mia persona " e se oggi sono come sono in gran parte glielo devo.
Abbiamo solo un'anima gemella nella vita e noi per fortuna ci siamo incontrate. Ed ora eccola li, davanti a me che la scruto attentamente pronta a cogliere un attimo di sconforto, di cedimento. Macché! Lei, con la sua concezione divina dell'amore, con il suo pensiero trascendentale della morte e dell'aldilà, non si smentisce.
Tra poco andrà a farsi sistemare i capelli dalla parrucchiera, perché il suo Gaetano vorrebbe vederla " a posto ", e andrà ad accompagnarlo per l'ultima volta con un vestito rosso che lui le ha regalato, fregandosene della gente, delle convenzioni, dell' ipocrisia e di tutto quel mondo finto nel quale, suo malgrado, ha imparato a rimanere a galla.
Lei, che una volta ad un convegno con le psicologhe con le quali collaboravamo come centro culturale, alla domanda : " Di chi avreste voluto essere amiche tra quanti conoscete? " rispose con candore :" Di Gesù!", lasciando tutte spiazzate, comprese le due luminari.
Lei che, per fortuna, in questa vita ha invece scelto me come amica. E quando, una volta finita l'adrenalina del dover reagire, potrà avere un attimo di crollo e di sconforto, mi troverà lì, accanto a lei, a tenerle la mano, in silenzio rispettoso, aspettando che "torni da me", una volta elaborato il suo dolore e averlo riposto in uno dei cassetti della sua anima.
Così , come insieme abbiamo imparato a fare!


Questa lei la dedicò al suo Gaetano, ed io voglio salutarlo così:

"Vorrei"

Vorrei di nuovo
orme sulla battigia:
sciacquio e silenzio,
quell'ombra chiara
delle estati lasciate.
Gli aghi di pino
nell'odore del muschio:
fruscii nascosti,
rami scheggiati
da quel sole sfacciato.
Vorrei di nuovo
ritrovare i riflessi:
magici specchi,
quando Venezia era solo nostra;
poi quel lampione:
solo noi sapevamo.

Le tue lacrime 
in quei giardini,
per non amarlo adesso.
                                    

Perla

giovedì 7 marzo 2013

Basta con le mimose!

" Se l'amore della donna è degno di un rispetto che l'altro amore non merita, è, forse unicamente, perché esso contiene l'avvenire"


                                             ---------------------------------------------




"Le radici del mio albero sono sane. Così alla mia età spuntano foglie verdi e fiori ancora profumati.
 E' una primavera continua."
(Alda Merini)

Assoluta, come, se fossi credente, parlerei con Dio.
(Alba de Cespedes)

"Un giorno avrà vent'anni. Partirà, allora, alla ventura, a cercare sua madre?........O io forse non sarò più..Non potrò più raccontargli la mia vita, la storia della mia anima.....e dirgli che l'ho atteso per tanto tempo! Ed è per questo che scrissi. Le mie parole lo raggiungeranno.                                    
(Sibilla Aleramo )

Fremito lungo i nervi, spasimi di fibra in fibra
occhi molto aperti sopra un vuoto immenso.  
(Marguerite  Jourcenar)


Quando sei partito, l'amore è  venuto./ Pensavo che sarebbe stato così. / La cena del cuore è quando l'ospite se n'è andato 
( Emily Dikinson ))

Niente rivela l'Uomo quanto la guerra. Niente ne esaspera con uguale forza la bellezza e la bruttezza, l'intelligenza e la stoltezza, la bestialità e l'umanità, il coraggio e la vigliaccheria, l'enigma.     
( Oriana Fallaci )

Sei giunto finalmente / che impazzivo per te./ Un po' di refrigerio / hai portato nel mio cuore / che arde di desiderio./ Amico caro, a chi assomigli?/ Certo ad un ramo snello tu somigli.         

(Saffo)

Quale forma imitare per essere detta tua? /  Il ginocchio? La testa? Il piede nella scarpa / di gomma?/ O la mano sfusa che un poco trema se con te/ parlo?/ Quale parte del tuo corpo essere per essere infine / parte di te?   

(E. Bishop)

Io amo te come persona, ma non "Io ti amo" come se ti possedessi. Chi sei tu che non sei né sarai mai "me" ne "mio"? Ti ascolto come rivelazione di una verità non riconducibile a me. Tu mi hai salutata, riconosciuta. Tu interroghi i tuoi limiti. Io ti do un silenzio dove il futuro di te, e forse di te con me, può emergere e fondersi.        

 (Luce Irigaray)

...per fare grandi cose ciò che manca soprattutto alla donna è l'oblio di se  stessa (...)Nuova venuta nel mondo degli uomini, la donna è ancora troppo occupata nella ricerca di sé!       
(Simone de Beauvoir)

Se il mio cervello distratto da un'ansia o da un'altra causa, deve distogliersi dalla carta bianca, è come un bimbo sperduto che gira per casa e siede a piangere sull'ultimo gradino.
 (Virginia Woolf)

Poiché la pietra / è stata gettata / nello scosceso fiume / dell'eterno / posso al fine scordare / Giungo al centro, alla chiave, / all'algebra, / allo specchio./ Presto somiglierò al mio nome.                  
( Julia Lang)

La speranza appartiene ai figli. Noi adulti abbiamo già sperato, e quasi sempre abbiamo perso. 
( M:  Mazantini )

Per i grandi cuori che muoiono nel corpo ma che continuano a battere nel cuore della notte, non ci sono canoni o bellezze regolari, armonie esteriori, ma tuoni e temporali devastanti che portano ad illuminare un fiore, nascosto, di struggente bellezza.
(Frida Kalho)

E  vengono i giorni delle grandi libellule / quando le nuvole coprono il sole / e il vento trascina i pensieri sulle ali bianche delle farfalle./ 
( Luisa )

Ti amo quando non mi fai paura / quando svisceri i tuoi sorrisi / e guardi il tuo sesso con aria sorpresa./ Ti amo quando combatti e non mi calpesti / quando pretendi i miei fianchi / dall'alto del tuo desiderio./ Ti amo quando mi guardi dormire / e rubi i miei sogni / fingendoti onesto / Ti amo quando riempi di lacrime dolci / il mio debito antico. 
( Cristina)

Guardarti, sentirti / le tue certezze ed un gelato. / Scoprire una stella che / tenta la notte / capire i tuoi mille perché / troppo semplici per essere visti / troppo veri per essere creduti. / Ci vorrebbe / una stella / ed una bolla a due piazze. 

( Antonella)

Il tuo viso / è, a tratti confuso,/ ma di nuovo ha una voce. / Intorno piccole statue brune, / che di alberi ossuti hanno sembianze, / ci nascondono il mondo./ Solo un tronco muschiato / fa da sponda all'amplesso. / La tua mano , esitante / mi contiene la coppa di un seno./ Ora, noi due, / corpi sottili,/ ci stringiamo a serrare l'un l'
 altro / questo istante bagnato.Soli,/fantasmi del nulla,/nel nostro giardino d'inverno.
(Alessandra)

Sarò donna, / l'altra faccia / della luna / e non potrà / l'astronauta / esplorarmi. / Da sola, ormai, / mi scoprirò ./ Camminerò / i miei prati./ Navigherò / i miei fiumi. / Affronterò / vette e abissi. / Mi perderò, / mi graffierò / tra i coralli/, ma seguirò / a cercarmi / anche per te. / Da sola, ormai,/ mi scoprirò. /  Quando saprò / che non dovrò / combatterti, / ti lascerò / conoscermi.            

(Perla)

Così, semplicemente, e senza commenti, senza aggiungere parole. Non servono più, Ma nessun sopruso, nessuna violenza, riuscirà mai a tacitare la Voce delle donne.

 Dedicato alle mie nipoti:






mercoledì 20 febbraio 2013

Chi ha spento la musica?

Devo essere sincera, il Carnevale non mi ha mai fatto impazzire anzi, per meglio dire, il Corso Mascherato non mi ha mai entusiasmata, "un ci moro" ecco, per dirlo alla viareggina.
Sarà che non sono mai salita su un carro, sarà che non ho mai avuto la possibilità di partecipare a grandi mascherate ( ricordo un veglioncino alle scuole elementari dove, in mezzo ai miei compagni in maschera, mi presentai con una collanina di perle finte della mamma sul mio vestitino buono dicendo di essere vestita da gran signora), o sarà che quell'accozzaglia di parentela allargata, sempre la solita, sempre al solito "ritrovo", dai e dai mi aveva stufata.
Oppure, non lo so, magari il fatto di dare per scontato, sia da piccola con i miei che da grande con i figli, che si dovesse andare al Corso tutte le domeniche beh, sinceramente un po' mi pesava.
Tutti lì, ammassati, sorrisi veri o falsi, con quel continuo cicaleccio, viene da pensare....."Siam tutti coltellacci / che ad ogni marettone / ci ritroviamo sempre /  in mezzo al lavarone../"
Uffa, che noia. E lo dimostra il fatto che, una volta libera da vincoli e costrizioni, non ci sono più andata.
Oh, che volete farci, io sono così: un po' strana, un po' particolare, un po' anarchica. E le cose mi piace viverle a modo mio, con i miei tempi.
Ecco spiegato perché tante cose non me le ricordo, perché le ho subite, e quindi rimosse. Ma altre, quelle legate alle emozioni, alle sensazioni più forti, quelle sì mi tornano in mente anche solo evocate da un odore, un suono, un soffio di vento come....quando un soffio di libeccio, soffia forte dal vialone,..perché... è Viareggio che ti canta una canzone.
Ah...la musica del mio amico Enrico, quella si che ci riporta l'eco di un Carnevale in cui...Basta scende' il cavalcavia, senti' dì ' delafia, e il resto vien da sé..
E al richiamo del sangue non ci puoi fare niente. Tuo malgrado quando hai i coriandoli che ti scorrono nelle vene, un certo rimuginio ti coglie per forza.
Allora ripensi a quei risotti "pizzienti" che mangiavi al Carneval Darsena, ai bomboloni fritti in veleria da Zenzena anzi, Ettore Pasquinucci, come rimarcava stizzito a chi gli stava sul gozzo. Ma per noi era solo Zenzena.
E quella voglia di ridere e trasgredire ché tanto ormai la Primavera era alle porte anche se..: " O signora, ma un ni si ghiaccia la bernarda a lei?- " chiese irriverente mio padre ad una donna che, in una mascherata di gruppo, accennava ai passi di un azzardato Can-can, sventolando le gonne e mostrando generosamente i mutandoni merlettati.  -"A quell'omo, ve lo devo dì'? A congelammisi mi s'è storta tutta come la bocca della Ricciola! "- rispose.
Credo che rise tutta la via Coppino, Ma io, allora ragazzina, mi sentii un po' in imbarazzo, lo confesso.
Ma il Luna-Park in Piazza Grande se lo ricorda nessuno, o sono davvero tanto vecchia?
Con mio padre era uno spasso,perché mi portava sui giochi da grandi, quelli pericolosi, quelli dove le mie amiche non salivano perché i  loro padri non le accompagnavano. E io gongolavo.
L' Otto-volante, l' auto-scontro, le gabbie, che, a costo di vomitare il maone, avrei voluto provare, ma erano per adulti. E quando sono stata più grande non c'erano più.
Ma c'erano ancora le macchinine Zuccanti, come le chiamavamo noi, e i giostrai regalavano gettoni a me e alle mie amiche perché "richiamavamo" un sacco di ragazzi. Modestamente!
In quegli anni infatti, proprio in quel periodo, il nostro sport preferito era " la caccia al calciatore straniero", perché a Viareggio, come manifestazione carnevalesca, partiva il Torneo di Calcio per le squadre giovanili che venivano un po'da  tutta Europa e riempivano, allora come ora del resto, strade e alberghi di giovani festanti, belli, sani e goliardici, con i quali intessevamo "intense" relazioni pseudo amorose che duravano meno di una partita di calcio. Anche perché di quello che dicevano non si capiva una mazza.
I più gettonati erano, chissà perché, i giocatori del Dukla di Praga, con uno dei quali la mia amica Anna Maria si "fidanzò" perché voleva scappare con lui. Durò tre giorni, ma a lei è rimasto nel cuore.
A questo torneo sono tornata poi come giovane mamma per accompagnare mio figlio che sfilava alla cerimonia d'apertura nelle file del Centro Giovani Calciatori, l'associazione organizzatrice appunto.
Beh, momenti emozionanti, senza dubbio, ma era già tutta un'altra musica.
La musica, il filo conduttore di tutti questi anni. Ma c'è ancora "quella musica"?
Ho assistito in televisione alla sfilata dei carri e ho notato che sono accompagnati da orde di persone che coreografano di tutto tranne le canzoni del Carnevale.  Boh!, forse è meglio così, i tempi mutano, le cose evolvono. Ma ai nostalgici come me piace ancora ascoltare, sulle note di Stranger in the night, quelle romantiche parole del Casani: "dimmi come mai..me la prometti e poi non me la dai..
Era proprio "un concerto di mille orchestre in fondo all'anima".
Perché il Carnevale lo devi sentire dentro, è li che si nasconde..quel certo sentimento che non ti puoi scordà'. Ci si nasce da bamboretti, ce lo lascino i vecchi come un 'eredità!
Io non lo so se è quella musica che si è fermata o è la musica dentro me che non c'è più.
So solo che ho tanta nostalgia di quelle vasche con "lui" in passeggiata, al tramonto, quando le note delle canzoni del Festival di San Remo si diffondevano nell'aria, e dai microfoni di Radio Carnevale si confondevano con i battiti dei nostri cuori che ci tenevamo stretti stretti guardandoci negli occhi.
Sì, ricordo che, per qualunque cosa, a noi batteva forte il cuore!
Noi, che aspettavamo con ansia il Carnevale per imbrattare le pellicce delle signore che venivano al Corso imbacuccate come orsi marsicani.
Noi, che prendevamo per mano chiunque ci capitasse a tiro e formavamo lunghi biscioni uniti solo dalla comune voglia di correre e ridere.
Noi, che per allattare i nostri figli non avevamo alcun problema a sederci su uno scalino qualunque in mezzo a polvere di coriandoli.
Noi, che i coriandoli ce li comprava a sacchi il pappà dal Fornaciari e ci dovevano durare tutti i corsi.
Noi, che alla nostra postazione ne tiravamo talmente tanti che alla sera erano di uno spessore che ci arrivava alle caviglie.
Noi, che pensavamo maliziosi a  quei lucchesi che, rincasando la sera dopo il Corso, passavano di lì e se li raccoglievano i nostri coriandoli per usarli la domenica successiva.
Noi, che l'ultima sera assistevamo alla chiusura della Manifestazione dal moletto, accanto alla Madonnina "sul missile", per vivercela in santa pace.
Noi, che nonostante tutto, al momento dell'ammaina bandiera ci sentivamo un groppo in gola immaginando l'ultimo coriandolo posarsi sulla nostra spiaggia di velluto rosa, mentre seguivamo, con il cuore in subbuglio, quel "lento naufragare di fuochi d'artificio....."


Se qualcuno può, ....deve dire alla mia fanciullezza
                               se per gentilezza ripassa da me!

martedì 12 febbraio 2013

L'acqua lava e il sangue tira

Se una ventina di anni fa mi avessero detto che mi sarei ritrovata di questi tempi a cena con i figli di mia cugina Liviana, avrei pensato ad un film di fantascienza.
I ragazzi, si sa, vanno ognuno per la loro strada, seguono i propri sogni, le proprie ambizioni. Un agiato commercialista dandy ( Livio, il più grande) e uomini di mare gli altri due ( Gianluca e Roberto, i gemelli).
E invece eccoli qua Ping Pong e Pang, i tre scapoli d'oro della Versilia, uniti da un insolito e bizzarro destino, seduti al tavolo che li vide bambini mangiare pappette e pommaroline, mentre si strafogano con uno zuppierone da truppe militari di pastasciutta tordellata.
E' da questa estate al mare, dove ci siamo appunto ritrovati dopo  anni, che mi tormentano col venerato ricordo di uno dei cavalli di battaglia della zia Pierina: il sugo tordellato. E così, approfittando della disponibilità dei tre, ho mantenuto la promessa: che "tordellata" sia! Ed è stato un tuffo nel passato.
Sì, perché la cosa più bella, che neanche mi aspettavo visto quanti anni sono ormai trascorsi, è proprio questo loro attaccamento al tempo che fu, e non hanno dimenticato niente. Le immagini si susseguono, una dietro l'altra, evocate da quei " ti ricordi?" che ci riportano a fatti, persone, volti....
Così, evocato dal passato, si materializza all'improvviso sul tavolo il borsellino della Zia Assunta, con i soldi di carta tutti acciuccignati, buttati dentro alla rinfusa e che puzzavano di pesce. Sì, perché lei con una mano poggiava il pesce sulla bilancia che teneva in bilico con l'altra mano. Poi con una mano li avvolgeva nella carta gialla e con l'altra li passava alla cliente da cui poi con la mano aromatizzata ritirava i soldi mentre con l'altra apriva il borsellino e allo stesso tempo rimetteva una ciocca di capelli sotto la pezzuola da cui  nel frattempo era sfuggita. Il tutto in pochi secondi. Ma quante mani aveva la zia assunta?
E lo zio Valerio che si arrabbiava perché lei, una volta a casa, quei soldi tanto sudati voleva riordinarli e li "stirava"  meticolosamente con lo stesso ferro che poi il povero Buacenci ( così era chiamato lo zio ché faceva il sarto) usava per stirare giacche e pantaloni e che, immancabilmente, venivano "decorati" con scaglie di pesce.
Nella memoria ci è corsa in contro la zia Nenzy , che veniva in bicicletta dalla Via Matteotti quasi ogni giorno, con qualsiasi tempo, e che invece portava nel semivuoto borsellino pinzette per le ciglia e le sigarette, rigorosamente Nazionali.
Ma tra tutti troneggia il ricordo di Lui, lo zio Silvano.
Livio si è rifiutato di prendere il suo posto a capo tavola in segno di ossequio, mentre Gianluca non ci ha pensato due volte, ricordando che lo zio li aveva soprannominati "parabordi" per la loro rotondità. E le parolacce che imparavano, ma solo qui, perché gli altri parenti erano "più fini". Piccolissimi, eppure già sapevano distinguere la lana dalla seta .
" O bimbi, come dice lo zio Gino?"
"Dio buono.."
"E li zio Silvano?"
"Dio 'erpente!"  Ecco, questo era già un bel distinguo.
E come non tirare in ballo quei bei momenti in cui mio padre, sentendosi momentaneamente posseduto da Indiana Jones, prendeva il coltello dal tavolo apparecchiato e ....zac!, lo scagliava con forza sopra le teste dei commensali per farlo conficcare nel perlinato che, allora come ora, ricopre le pareti della veranda. Ci riusciva sempre, o quasi, e ne andava fiero.In fondo non era per niente facile.
Ieri ci ha provato anche Daniela, ma il suo coltello è andato mestamente a rintanarsi tra uno dei miei   libri e la brocca di rame, passando velocemente davanti al naso di Sergio che, pur non riuscendo a capire cosa stesse succedendo, ha "intuito" che qualcosa di alieno era transitato tra lui e il televisore.
Sì, è stato bello averli qui come ai vecchi tempi, con Gianluca che si genuflette ossequioso a venerare la pastasciutta tanto bramata e poi esulta con le braccia in alto al "tiramisù" della Daniela; Roberto, che sembra il più contento di questa ri-unione familiare, e Livio, il mio Livietto, che mi sovrasta di due palmi ed è tanto felice quando riesce, con una scusa qualunque, a mandarmi in culo. Che ci volete fare, è il suo modo di dirmi: Ti voglio bene.
Sono proprio tre ragazzi in gamba, c'è poco da dire,e se sono stati sfortunati in amore non devono prendersela più di tanto. Come ho detto loro, è la statistica che li frega. Perché presi singolarmente, sono come tanti altri, ma in gruppo, tre su tre, diventano un "caso".
Sto scherzando, faccio per sdrammatizzare. E a mia cugine che se ne fa una croce vorrei dire di stare tranquilla, ché loro stanno bene, stanno decantando e sono di razza buona.
Anzi, proprio oggi, 11 febbraio, è il compleanno dei gemelli, e nel farvi tanti auguri, vorrei dire a vostra madre che...sì, partorirvi sarà anche stato traumatico, ma se nascessero più persone come voi forse il mondo sarebbe un posto migliore.
E grazie per essere di nuovo approdati in questi lidi. Sarà che, nonostante tutto, come diceva il Silvano:  l'acqua lava, e il sangue tira!
Buon compleanno e...alla prossima.

                  Per incontrarsi bisogna prima perdersi,
                  ma per salutarsi, 
                  bisogna prima incontrarsi.

mercoledì 30 gennaio 2013

Cogito ergo sum

Ci sono notti in cui non si riesce a prender sonno perché un groviglio di pensieri offusca la mente, e nonostante tu ci provi con tutta te stessa, non riesci a districarli, tanto meno a liberartene.
Allora tenti di rifugiarti nella preghiera, di affidarti. Ma se anche con quella non trovi conforto, è un casino, non  c'è sonno ne riposo. E, quando alla mattina ti alzi più stanca di quando ti sei coricata, non te la sentiresti proprio di affrontare la giornata. Ma lo devi fare e lo fai.
Quando però il tempo indugia nel grigio gelido di questi giorni, allora è facile che un certo scoramento ti riempa il cuore.
Hai voglia ad essere ottimista, a vedere il bicchiere mezzo pieno, a fare la Pollyanna della situazione cercando sempre il lato positivo delle cose. Alle volte è davvero troppo...
Sarà che io mi logoro sempre per tutto e tutti...per mia figlia che non vedo serena, per il lavoro che non c'è e abbrutisce le persone, per chi affronta i suoi fantasmi quotidiani cercando di costruirsi un futuro, per i soldi che sono sempre pochi e invece te ne succedono una dietro l'altra ( la nuova cisterna per il gasolio, fon e tostapane bruciati, il ferro da stiro in tilt per lo stress, e la batteria della macchina che è andata a farsi fottere). E tutto questo nel giro di pochi mesi.
Ma la cosa più brutta è che la situazione ristagna, non vedi sbocchi, niente luce alla fine del tunnel, e il tunnel t'inghiotte.
Allora mi arrabbio e dico tra me e me: ma come, ho sempre cercato di vivere in onestà, ho fatto tutto il possibile per chi, vicino a me, ha avuto bisogno e mi ha chiesto aiuto. Mi sono presa cura dei miei cari con amore, ho votato la mia vita alla famiglia senza pretese e senza lamenti sperando, alla fine, di vivere una terza età in serenità, e invece non si finisce mai!
Ma allora che senso ha la parola "sacrificio" se poi non c'è ricompensa?
Si potrebbe dire: ma allora hai fatto tutto solo per una contropartita ?
No, lo giuro.  neanche c'ho pensato al momento. Ho fatto tutto secondo coscienza, seguendo il mio istinto e assecondando il mio modo di essere. Ma un po' di serenità pensavo di essermela guadagnata.
E' per questo che, quando ho le giornate "no", mi soffermo davanti alla foto dei miei genitori
....e ci litigo. Con loro e con Dio. Perché la mia convinzione che dall'aldilà i nostri cari possano proteggerci e darci una mano sin'ora mi ha sempre sorretta, ma ultimamente la mia fede vacilla e il dubbio si fa strada nella mia mente: e se di là non ci fosse niente? Se una volta archiviata la pratica "vita" ci aspettasse il vuoto? Sai che fregatura. A ben pensarci è davvero spaventoso!
Già il distacco dagli affetti più cari sono riuscita ad ammortizzarlo solo con la speranza di un futuro ricongiungimento, del momento in cui potrò di nuovo affidarmi all'amore dei miei e sfogarmi confidando loro tutti i miei pensieri. Già il pensiero di una Giustizia Divina è la sola cosa che ci fa sopportare certe storture, ma se veramente tutto questo non ci fosse....no! Non voglio pensarci.
Devo smetterla di scivolare in questa spirale pericolosa, di pensare che non ci sia un Dio qualunque ad ascoltarmi. Preferisco credere che sia temporaneamente assente, momentaneamente in tutt'altre faccende affaccendato.  E io sono un'ingrata piagnucolona pessimista.
In fondo mi basta guardarmi  attorno e pensare, per esempio, alla positività della mia amica Nivea che da mesi ha il figlio senza lavoro  e quando la vedo riesce ancora a farmi sorridere. O all'abnegazione della mia amica Perla che già da qualche anno lotta con i problemi di salute di suo marito. E alla forza dei miei cari ragazzi di Milano, che ogni mattina si alzano e non sanno che cosa la giornata riserverà loro perché ogni giorno il loro splendido bambino può essere di umore diverso. Ogni giorno può svegliarsi in questo mondo o nel suo che è particolare. Forse non peggio del nostro, ma è solo suo, e raggiungerlo è difficile. E' difficile seguirlo nei suoi umori, nei suoi pensieri, nel suo universo. Ma sono lì, con forza, coraggio e amore, a gioire di ogni suo approccio, di ogni suo sorriso, di ogni sua "risposta", senza mai lamentarsi ne piangersi addosso, senza mai inveire, senza mai "dubitare". Sempre col sorriso sulle labbra.
Ecco, è quando penso a persone come loro che mi sento misera e meschina, e mi vergogno tanto della mia debolezza.
Anzi, chiedo scusa se mi sono sfogata un po', ma mi ha fatto bene e ora sono di nuovo pronta ad affrontare il mio quotidiano così come fanno tutti e così come è giusto che sia.... con la mente al passato ma con il cuore nel futuro..!

Un saluto particolare a Matteo che è piccolo ma già tanto grande. Ti aspetto.

     Ho sognato che camminavo sulla riva del mare assieme a Dio e ho
     rivisto, uno dopo l'altro, tutti i giorni della mia vita.
     Durante il percorso c'erano quattro orme sulla sabbia, le mie e le sue.
     Ma in certi punti, proprio quando avevo più bisogno di Lui, ho rivisto
     due sole orme.
     Allora ho detto: "  Signore, ti ho sempre amato e Tu mi avevi promesso
     che non mi avresti abbandonato. Perché proprio in quei momenti difficili
     mi hai lasciato solo?"
     Dio mi ha risposto : " Non ti ho mai abbandonato. In quei giorni nei
     quali hai visto sulla sabbia due sole orme, ti avevo preso in braccio".

sabato 5 gennaio 2013

Neve, gelo e tramontana....ecco arriva la Befana.

Befana, Befana,
che siete una dama,
che siete una sposa
tiratemi giù qualche cosa,
un melino, un arancino,
un pezzetto di befanino...
E troch! Immancabilmente, dopo uno stiocco sul soffitto della stanza che faceva sobbalzare, ti arrivava addosso dall'alto un qualcosina di sorprendentemente goloso: una cioccolata martoriata, un mandarino semi spiaccicato, o una misera noce.....ma per noi erano tesori. Volevano significare che la Befana non solo era vicina, ma ci teneva d'occhio, e ci dava in anticipo un contentino perché eravamo stati bravi. Beata ingenuità!
Naturalmente nessuno di noi bambini si accorgeva dei cenni d'intesa tra il nonno e la nonna che, praticamente, ci incitavano all'operazione solo quando, guarda caso, avevano sentito sul tetto un rumore strano, segno che "qualcuno" indubbiamente c'era. E se non arrivava niente? Beh, o i befanotti ( gli aiutanti della Befana) al momento erano altrove, oppure eravamo stati un po' cattivelli.
Allora dagli con gli esami di coscienza a cercare di ricordare cosa mai, povere creature, potessimo aver fatto di tanto sbagliato da non meritarci neanche una melina. Generazioni intere condizionate da quella cara vecchietta!
Sì, perché poi la cosa si è tramandata. Dopo noi tre "porcellini" il sadismo goliardico di mio padre si è riversato sui nipoti. E noi pure, una volta adulti e genitori, non ci siamo sottratti al perverso rito finché non è arrivata la generazione dei computer, e abbiamo temuto una denuncia al Telefono Azzurro. O più semplicemente, col passare dei tempi, è finita la Festa.  Ma in fondo poi questa vecchietta, chi è veramente ?
Sul vocabolario della lingua italiana leggi:
EPIFANIA- dal greco APPARIZIONE-  L'azione di una divinità che, presente e invisibile, manifesta la sua presenza con un qualsiasi segno.
'Sti cazzi! Allora è una cosa seria. Io tuttalpiù la collegavo all'arrivo dei Re Magi che portarono doni al Bambinello, e tanto mi bastava. Infatti, un po' strega, un po' maga, la Befana viene dai monti a cavallo della sua scopa e porta doni ai bambini buoni da tempi immemorabili.
La festività ha conosciuto, è vero, un periodo di oblio; poi, per fortuna, è tornata a furor di popolo per regalarci un momento di magia dal sapore antico. Ma più che magico era per noi un momento di grande pathos.  Si sussultava ad ogni strano rumore, specie se proveniente da fuori. Ci si lasciava condizionare dalla presenza dei "pettirosso" in giardino, spie che controllavano il nostro comportamento; e attenti a quello che si diceva perché rischiavamo l'espulsione dall'albo d'oro dei bambini buoni.
E' logico che la bella filastrocca che il pappà ci aveva insegnato diventava un incubo:
La Befana vien da' monti con un po' di vento in poppa.
Quando incontra una vecchia zoppa se la carica sul miccio.
Mentre il miccio camminava, la Befana...scureggiava!
"NO.." urlavamo noi bambini spaventati, timorosi che Lei potesse offendersi "non si può dire."
La Befana liscia liscia, tutti i giorni fa la piscia.
Se la fa nella sottana, porca sudicia Befana.
"Non sono stato io, scusi signora Befana, è stato il mi' pappà!" piagnucolava terrorizzato mio fratello. Povera creatura, pensare che poi è diventato un dirigente di banca. Ora sì che la Befana deve portarti il carbone.
Ma la genialata di mio padre, il tocco da maestro, fu nel comprare dal Fornaciari una maschera di plastica dall'aspetto di una megera. Era orrenda!
Lui di nascosto, lesto come una faina, si rifugiava in fondo all'orto e si "mascherava"....un mantellone nero di mia mamma e una pezzuolaccia in testa da cui sbucava quel viso arcigno con gli occhi rossi e un nasone bitorzoluto. Poi, piano piano, si accostava ai vetri della veranda e ..bussava.
Era un fuggi fuggi generale tra strilli e pianti. Roba da infarto o acetoni, e anche se, ormai più grandina, facevi parte di quelli che il trucco lo conoscevano, ti spaventavi lo stesso.
Io, Dudù, Livione, la Silvana, e in seguito Andrea, la Daniela, la Serena, la Sara, Livietto, i gemelli e la Giulia, non si è salvato nessuno dal martirio.
Verrebbe da pensare che mio padre fosse un sadico. Invece no, poverino, era solo uno spirito goliardico a sua volta da bambino vittima di scherzi atroci. Da parte  di chi?  Ma della zia Assunta naturalmente!
Mio padre era il più piccolo di cinque fratelli, era quindi logico che fosse un capro espiatorio per lo stress da miseria.
Narra la leggenda che un giorno, mentre in cucina della nonna attendeva l'arrivo della Befana, sentì dei versi strani fuori dalla porta e vide una manaccia intrufolarsi dal finestrino per cercare di aprirne il chiavaccio. Lui non fece storie: prese la prima accette che gli capitò per mano, e mollò un fendente micidiale nel tentativo di mozzare quell'artiglio orrendo.
Per fortuna la zia fu più lesta e ritirò il braccio, altrimenti anni e anni di onorato tiro del carretto col pesce da vendere si sarebbero fottuti! Logico che poi, da grande, si divertisse così. Che bei tempi!
Beh, scherzi a parte, fortunatamente questa "usanza" col tempo è andata scemando, perché spaventare i bambini non è proprio una bella cosa. Anche se , devo dire, siamo comunque cresciuti sani e normali.( ? )
E' meglio ricercare nella festa della Befana quelle atmosfere calde e serene che profumano di befanini e cialdoni, quelle cialde aromatizzate con l' anice che schiacciavi tra due piastre nerastre, unte con una patata intinta nell'olio per non farli bruciare. E come fischiavano quando le appoggiavi sul fuoco della stufa.
Ieri, in un impeto di nostalgia, sono andata a riprenderle in casetta (perché io non butto via niente) e ho pregato mia figlia di fare due cialdoni, perché è lei la depositaria delle vecchie ricette della nonna Pierina.
Per ora ha fatto solo una cestinata di "befanini" dorati e croccanti. Buonissimi.
Chissà se riesco a convincerla a cimentarsi anche con i cialdoni. Magari, se mi dice di no, la minaccio di farle portare il carbone o di chiamare l'Ascabodda, la sorella cattiva della Befana che viene per riportarti via i doni se non fai la brava.
Quella sì che è una bella invenzione, ..alla faccia del metodo Montessori! Ne vogliamo parlare?
Intanto, a me che sono tanto buona, la Befana ha già portato un dono grande: otto  anni fa è nata Laura!
Sì, con un giorno di anticipo sulla festività, ma cosa importa, è stato comunque un grande regalo, il più bello che potessi desiderare...un dono da godere...plasmare...scoprire...assaporare.
Un dono in divenire!  Grazie. E buona Epifania a tutti.

                                                     Acquerello

Mi tingo d'arcobaleno
Ubriaca di sogni.

                                            Perla