lunedì 31 dicembre 2012

Il Circo

"Ecco...la musica è finita
gli amici se ne vanno.." e la casa si svuota, lasciandoti per un attimo con quello strano senso di...solitudine.
Sì, anche per quest'anno è andata, le feste sono quasi tutte passate e potrei dire che il bilancio è stato buono. I commensali al pranzo natalizio sono aumentati e nessuno si è lamentato del "servizio", così, se Dio me lo consentirà, il prossimo anno faremo il replay. Unica novità, la cena della vigilia a casa di mio figlio, ché mia nuora ci teneva tanto.
Non ho potuto mettere il ciocco nel camino, come da tradizione, per scaldare il bambinello alla nascita, ma l'emozione di Laura nello scartare i doni che le ha portato Babbo Natale è valsa la pena, e le sue risa cristalline mi hanno riempito di gioia il cuore più di un coro di Angeli.
Me lo concedo, sono stata proprio bene quest'anno. Una buona fine per un anno che di buono ci ha concesso veramente poco. Troppo caldo, troppe spese, troppi pensieri...ma, in fondo, quando mai è stato diverso?!
Con questo 2012 chiudo i sessant'anni, praticamente tre quarti della vita media di una persona. Ma non voglio fare bilanci, tanto i conti non tornano mai. E poi, sinceramente, mi sembra ancora un po' presto, anche se di acqua sotto i ponti ne è passata davvero tanta. Ho fatto di tutto e di più anche se,guardando indietro, mi rendo conto di aver vissuto con troppa sufficienza l'importanza delle cose che ho vissuto. Non per superficialità, ma perché il cercare di renderle ppiù leggere mi ha garantito la sopravvivenza, non me ne sono lasciata schiacciare.
Un po' come al Circo, dove tutto sembra semplice eppure puoi essere in pericolo ogni giorno, ma poi, con una rete o un salto all'indietro, riesci sempre a cavartela. Allora ho davvero rivisto tutta la vita scorrermi davanti come numeri dello "spettacolo più bello del mondo"
E' vero lo giuro, alle volte , leggera come una ballerina, mi sono trovata in bilico su un filo, lì in precario equilibrio, dove ogni passo deve essere calcolato se non vuoi rischiare di cadere nel nulla. Non puoi concederti nessuna distrazione.
Poi sono passata al trapezio. Appesa, volteggiando disinvolta tra sicurezza e voglia di avventura. Affidandomi ora all'una, ora all'altra e soffrendo, in maniera struggente, quel breve attimo di vuoto tra le due cose, prima di decidere a quale potermi definitivamente affidare.
Ma la prova più difficile è stata il calarsi nella gabbia delle fiere, e di bestie feroci ne ho affrontate davvero tante.
Devo dire che, tra le varie specie, ho decisamente preferito i leoni, anziché tigri o pantere. Forse perché di questi se ne distingue il sesso a colpo d'occhio, senza doverci pensare troppo, così sai subito con chi hai a che fare. E' vero, ne sono uscita con qualche graffio, ma me la sono sempre cavata, e le cicatrici, in fondo, servono a ricordare e a fare esperienza.
Decisamente più facile rapportarsi con pappagalli ciarlieri, foche ammaestrate e scimmie dispettose. Tutti carini e simpatici all'inizio, ma che palle! Troppi, decisamente troppi.
Ho provato ad avere a che fare anche con uno splendido esemplare di Orso Bruno, ma non è durata molto..., troppo grosso lui e troppo spaventata io. No, decisamente fuori dalla mia portata. Ma ne è valsa comunque la pena.
E vogliamo parlare della mia abilità nei giochi di prestigio? Inimitabile!
Arrivare a fine mese con stipendi esigui, far quadrare bilanci con le innumerevoli crisi, tenere unita la Banda, passare attraverso il fuoco senza scottarsi, e tirar fuori un coniglio dal cilindro quando tutto sembrava ormai perso. Beh, questo lo posso dire: sono stati numeri di alta magia.
Il ruolo però che in assoluto mi è costato più fatica è quello del clown.
Tante volte non avrei proprio voluto scendere in pista, ma quando la vita ti chiama e lo spettacolo te lo impone, non puoi tirarti indietro. Allora..., due dita di biacca sul viso, una una lacrima finta a mascherare quelle vere, e un sorriso che di naturale non ha niente se non la voglia, la necessità, di far credere a chi ti guarda che tutto va bene. Specialmente ai bambini.
Così, di spettacolo in spettacolo, la vita è andata avanti in un perenno Circo che ci accompagnerà finché avremo voglia di scendere in pista.
Ah, dimenticavo..: io non demordo. E siccome ho ancora voglia di avere i fari della vita puntati addosso, ancora spero in qualcuno che voglia prendermi per mano e trascinarmi in alto ( e non avrò paura se non sarò bella come dici tu..), per tutto questo ho in "cantiere" un nuovo strabiliante numero: la Donna Cannone!
Niente male, vero?
Buon anno nuovo a tutti....e una raccomandazione ai più giovani....

                                   Desiderata

Passa tranquillamente tra il rumore e la fretta, e ricorda quanta pace può esserci nel silenzio.
Finché è possibile, senza doverti abbassare, sii in buoni rapporti con tutte le persone.
Dì la verità con calma e chiarezza, e ascolta gli altri, anche i noiosi e gli ignoranti; anche loro hanno una storia da raccontare.
Evita le persone volgari ed aggressive, esse opprimono lo spirito.
Se ti paragoni agli altri, corri il rischio di far crescere in te orgoglio e acredine, perché sempre ci saranno persone più in basso o più in alto di te.
Gioisci dei tuoi risultati, così come dei tuoi progetti.
Conserva l'interesse per il tuo lavoro, per quanto umile. E' ciò che realmente possiedi per cambiare le sorti del tempo.
Sii prudente nei tuoi affari, perché il mondo è pieno di tranelli. Ma ciò non accechi le tue capacità di distinguere la virtù; molte persone lottano per grandi ideali e dovunque la vita è piena di eroismo.
Sii te stesso. Soprattutto no fingere negli affetti e neppure sii cinico riguardo all'amore, poiché, a dispetto di tutte le aridità e disillusioni, esso è perenne come l'erba.
Accetta benevolmente gli ammaestramenti che derivano dall'età, lasciando con un sorriso sereno le cose della giovinezza.
Coltiva la forza dello spirito per difenderti contro l'improvvisa sfortuna. Ma non tormentarti con l'immaginazione. Molte paure nascono dalla stanchezza e dalla solitudine. Aldilà di una disciplina morale, sii tranquillo con te stesso.
Tu sei un figlio dell'Universo, non meno degli alberi e delle stelle; tu hai diritto ad essere qui. E che ti sia chiaro o no, non vi è dubbio che l'Universo ti si stia schiudendo come dovrebbe.
Perciò sii in pace con Dio, comunque tu Lo concepisca, e qualunque siano le tue lotte e le tue aspirazioni. Conserva la pace con la tua anima pur nella  rumorosa confusione della vita.
Con tutti i suoi inganni, i lavori ingrati ed i sogni infranti, è ancora un mondo stupendo.
Fai attenzione.
Cerca di essere felice.


                Trovata nell'antica Chiesa di San Paolo.
                                                           Baltimora.   datata 1692

martedì 18 dicembre 2012

Il Giullare di Dio

Mi è capitato spesso di tornare con la mente a quando ero bambina e frequentavo la scuola elementare.  Ricordo che all'inizio delle lezioni, tutti assieme, si recitava una preghiera. Ricordo tutte quelle letture sul patriottismo e le poesie, le letture sulla grandezza dell'Italia e della sua storia. I suoi martiri, i suoi soldati, i suoi eroi e patrioti, e tutto questo orgoglio sull'italianità che poi, col tempo, è andato piano piano scemando. Non lo trovo più.
Ricordo che con mio padre assistevamo ad ogni parata militare che la televisione trasmetteva e ci commuovevamo ad ogni alza-bandiera o per qualsiasi ricorrenza in cui l'Inno di Mameli facesse da colonna sonora.
Poi, con l'allargarsi degli orizzonti, il nostro orgoglio è andato scemando e abbiamo cominciato col contestare il militarismo, il patriottismo, l'italianità.E la classe dirigente degli ultimi anni ci ha addirittura portati al ridicolo nel mondo, facendoci a volte addirittura vergognare di essere italiani.
Tutto messo in discussione quindi. Tutto da rivedere e rassettare. Fino a ieri sera...
Ieri sera ho assistito, in televisione, a una cosa di una grandezza unica, di una profondità, pur nella sua semplicità, che mi ha scosso l'anima dando un senso ed una risposta a tutte le domande in sospeso, facendomi riscoprire in un baleno quanto fosse lecito e giusto quell'amor di Patria che mi ha pervaso negli anni dell'adolescenza finché, ideologie più o meno fasulle, non mi hanno confuso la mente. Ho seguito Benigni in televisione che mi ha spiegato la "Costituzione Italiana". Come dice lui: la più bella del mondo.
E' stata un'esplosione di fuochi d'artificio!
Ha sciorinato un articolo dietro l'altro facendoci toccare con mano la ricchezza, l'ampiezza, la completezza e la grandezza di una cosa che la maggior parte di noi ignoranti ha sottovalutato e snobbato considerandola con supponenza e superficialità.
Invece lui ci ha aperto un mondo.
Ci ha presi per mano e ci ha fatto notare la forza, la ricercatezza, la profondità e il peso di ogni parola scritta. Rigo per rigo ci ha introdotti nella storia e ce ne ha fatti sentire protagonisti, ce ne ha resi parte.
Ha valorizzato ogni termine, ogni aggettivo, ogni verbo, ogni credo, ogni comandamento racchiuso in quei primi dodici articoli. Ed è stata una rivelazione.
Niente è lasciato al caso: la libertà di culto, la necessità vitale dello sviluppo nella ricerca, nella cultura, nell'arte. La tolleranza, l'accoglienza, l'amore per il diverso e per l'ambiente. Il diritto alla dignità del lavoro.
Praticamente un Vangelo laico di rara bellezza e profondità. E non so se avete notato che quando ne ha citato i redattori, i "padri fondatori", non omette mai di ringraziarne pariteticamente anche le "madri", concedendo a noi donne, in un sol colpo, riconoscimento, stima e uguaglianza. Cosa che, di questi tempi è quasi rivoluzionaria. Un novello Cristo.
Certamente poi qualche detrattore prezzolato troverà qualcosa da ridire. Su certe affermazioni, certe battute pungenti che lui si è concesso, sul compenso che ha ricevuto. Ma chi se ne frega! Tacete e imparate dal Maestro.
Vola alto Benigni. il suo parlare é semplice, immediato, ma forbito e aulico. Una miscellanea 
perfetta di politica, religione, fede e poesia. Non banalizza niente. Non trascura niente. E parla con il cuore, si vede e si sente.
E' autentico, schietto, onesto con se stesso. E' un "grande"! Ed è un italiano di Toscana, proprio come me, e ne sono fiera.
Che ci provino pure gli ignoranti, i vigliacchi, i novelli farisei a lapidarlo. Tanto lui non è alla loro portata. Non si farà infangare. Lui è gia oltre, troppo grande e troppo in alto per poterne essere scalfito. Che se ne facciano una ragione tutti quanti.
Neanche il suo finale è banale. Come ultimo omaggio esalta il nostro Tricolore e ci offre, con un filo di voce, la versione italiana della colonna sonora del suo film più importante, raccontandoci che non solo la vita è bella, quando è semplice e pulita, ma anche quanto debba essere rispettata e presa seriamente.
Grazie Roberto.

                    Alla vita.

La vita non è uno scherzo.
Prendila sul serio
come fa lo scoiattolo, ad esempio,
senza aspettarti nulla
dal di fuori o nell'aldilà.
Non avrai altro da fare che vivere.

La vita non è uno scherzo.
Prendila sul serio,
ma sul serio a tal punto
che messo contro un muro, ad esempio
le mani legate,
o dentro un laboratorio
col camice bianco e grandi occhiali,
Tu muoia affinché vivano gli uomini,
gli uomini di cui non conoscerai la faccia,
e morrai sapendo
che nulla è più bello, più vero della vita.

Prendila sul serio,
ma sul serio a tal punto
che a settant'anni, ad esempio,
pianterai degli ulivi,
non perché restino ai tuoi figli
ma perché non crederai alla morte,
pur temendola,
e la vita peserà di più sulla bilancia.

mercoledì 12 dicembre 2012

Letterina a Babbo Natale..

Una volta non si faceva, non c'era questa gran corsa allo shopping natalizio. Si aspettava che, la notte di Natale, Gesù Bambino ci addobbasse l'albero e poi era la Befana a portare i giocattoli. O almeno così mi sembra di ricordare...Già, ma io sto parlando della seconda metà del secolo scorso (OH  Giosuè!).
Oggi le cose sono diverse: è quasi sparita la vecchietta bruttina ma generosa ma al suo posto si festeggia Halloween, e Babbo Natale già da un paio di mesi è in giro per ristoranti e negozi a prendere accordi con una renna parlante. Boh! Non ci capisco più niente.
Comunque stanotte non riuscivo a prendere sonno e l'idea di una letterina al caro vecchietto mi è balenata nella mente. Chissà però che nel mio vagheggio mentale non abbia confuso le solite preghiere con un accorato appello al vegliardo. In fondo Padre e Babbo sono sinonimi. Dunque, vediamo un po'...

Caro Babbino nostro che scorrazzi nei cieli, fa' che quando vieni, una volta all'anno, tu sia veramente una gioia e non un problema in più. Da' un senso alla tua figura. Cerca di farci fare un pasto tranquillo, se pur parco, facendoci dimenticare che abbiamo debiti e anche debitori. Lascia che, almeno una volta, le nostre tentazioni di qualunque tipo possano essere appagate. E fa che l'idea del "male" che ci circonda per un giorno almeno ci abbandoni!
                                                                                                                      Grazie.
Si, in effetti forse un po' di confusione l'ho fatta. Del resto cosa si potrebbe chiedere per non cadere
nella solita retorica melassa qualunquista? La pace nel mondo? Non ci sarà mai e lo sappiamo. L'uomo è quello che è e la bellicosità fa parte della natura umana (se così si può chiamare) .Paradossalmente per l'uomo farsi guerre e uccidersi, è "vitale". A che prò dunque farsi illusioni.
La salute? Tutti vorremmo averla, ma sappiamo bene che il nostro corpo è soggetto ad un lento, inesorabile deterioramento cui non possiamo sottrarci.
Soldi? Disinquinamento? Evitare disastri ecologici?
Andiamo, per favore, siamo onesti con noi stessi. Accettiamo le nostre ipocrite bassezze ammettendo i nostri limiti. L'umanità fa veramente schifo e non troveremo le soluzioni in una slitta volante.
Contentiamoci di vivere una giornata serena, senza assilli, in armonia, che di questi tempi sarebbe già tanto.
Cerchiamo di goderci la compagnia dei presenti senza accusare troppo la mancanza di chi non c'è più. Sì, perché fondamentalmente il Natale è proprio questo: lo struggente ricordo delle grandi assenze!
Come non rivedersi davanti agli occhi Silvano o la Pierina, sempre nei miei pensieri. O riandare col pensiero alla Ida e alla Mila, che ci hanno lasciati da poco. Due grandi donne, due grandi caratteri, due vite importanti che hanno saputo lasciare ricordi importanti.
Perciò, caro Babbo natale, quando saremo tutti riuniti nella mia bella sala addobbata, con la tavola imbandita e il caminetto acceso, lascia che per un attimo mi dimentichi dell'IMU , del mutuo e della bolletta dell'ENEL. Facci perlomeno godere dello splendore delle luci dell'albero di Natale, così che, perdendoci nel luccichio delle sue palle colorate, ci dimentichiamo, per un po', di quanto invece le nostre girino!
Buon Natale a tutti.

Immaginandomi idealmente in volo sulla slitta del caro vecchietto, saluto idealmente tutti gli amici di  Milano, grandi e piccoli;  i parenti di Cremona, quelli di Livorno, i cugini per mare. Saluto caramente anche i parenti più vicini, anche quelli che non vedo mai. Un bacio agli amici della spiaggia e alle amiche di sempre, le più care (non occorre farne i nomi). Insomma, un saluto a tutti quelli che mi vogliono bene e, perché no, anche a quelli che fanno finta o addirittura non mi sopportano. In fondo non si può piacere a tutti. Per tutti un omaggio a costo zero.
E che la vita vi sorprenda regalandovi cose che non sapevate di desiderare!

                           Il mio Presepe

A sei passi dalla battigia, una posticcia baracca di canne allestita a custodia di una botte ormai scarsa di pece, di una cima sfilacciata ai capi, di due remi scompagnati, di un gozzo capovolto.
E' qui dove il preannunciato divino monello emette il primo vagito.
Lui se ne sta lì. Gli tolgo quel po' di sabbia che gli è rimasta appiccicata alle mani prima di addormentarsi.
A dargli protezione e fiato caldo gli ho messo accanto due cani randagi.
No, niente stella. Le stelle deludono come ci ha delusi la luna. Faccio, invece, suonare la sirena di un cantiere. Dalle case di rimpetto al "cantaccio" prende a muovere i primi passi tutta la gente imparentata col mare. Padroni di fogli, marinai, carpentieri, calafati, funari, pescatori. E i figli e le spose.

                     da "Il grande gioco"  di  Egisto Malfatti

domenica 9 dicembre 2012

La Bottega del mi' nonno

" Dai, salta su, vieni con tu pà"
"Ma dove si va pappà? "
"Si va in Darsena a bottega, dove vuoi andà.." ed io salivo sull'"orsetto", il motorino di mio padre, senza farmelo dire due volte chè con lui i "ma" e i "se" non esistevano. Quando chiedeva una cosa dovevi farla non subito, ma prima. E poi ci andavo proprio volentieri, perché la "bottega", come lui la chiamava, era la vecchia veleria di mio nonno, il posto più magico che io possa ricordare.
Si può dire che la storia di Viareggio e della sua marineria abbia sempre ruotato attorno a quel laboratorio, perché da lì usciva gran parte di quella che era la produzione velica dell' Italia d'allora, ed io ne sono fiera.Cordai, funai ,maestri d'ascia e calafati e poi c'eravamo noi a far la storia della città : i Puosi, maestri velai.
Recentemente il mio amico Claudio, un poliziotto in pensione con la passione della ricerca sulle nostre origini, ha scoperto che i miei precursori discendono da una stirpe tedesca che stabilitasi nella Garfagnana di secoli fa, ha quivi edificato un paese di nome "Puosi" per l'appunto,dalla cui popolazione poi noi discendiamo.
Ora, per i tedeschi mi può anche star bene (in fondo siamo quasi tutti alti, biondi e con gli occhi azzurri), ma lucchesi poi no. E delafia!! Questo spero proprio sia un errore.
Comunque lucchesi o no, i miei nonni avevano le palle. Uomini di mare, artigiani, grandi maestri. Insomma, loro avevano l'X-factor. E  misero su la "Veleria" proprio nel cuore della Darsena, sulla via Coppino davanti alla Pesa Pubblica e accanto al CRO.
Era un unico stanzone dal soffitto altissimo tutto di travi, le mura con le pietre a vista e il pavimento in legno, dove i fratelli Egisto e Duilio (mio nonno appunto) si dividevano spazio e lavoro.
Il nonno ebbe tre figli maschi: Alfredo, il più grande, che navigava sul  Colombo (di porto in porto, di mare in mar, passa il colombo nel navigar! così mi cantava sempre il pappà) ma è morto troppo giovane purtroppo; Emilio ha fatto il muratore e mio padre, il più piccolo, ha dovuto scegliere il lavoro in banca, anche se sono convinta che con il cuore e la mente era sempre a bottega.E lì trovava Sergio e Mario, i cugini, figli di Egisto, che invece hanno proseguito nel mestiere del padre. E l'hanno indovinata, perché la veleria era una vera miniera d'oro. A saperci fare naturalmente, e Sergio era veramente bravo nel tagliare le vele, mentre Mario era più portato per le tende.
Piuttosto chiuso, taciturno, era meno socievole del fratello Sergio che era invece un vulcano in eruzione, un eclettico, estroverso, folle personaggio indimenticabile. Era lui l'anima della veleria, ed è con lui che mio padre se la intendeva di più.
Due pazzi scatenati. Sergio, con quegli occhietti scuri, furbi e attenti come quelli di un furetto, non se ne perdeva una. Insieme avrebbero preso per il culo il mondo, e il vederli all'opera era un vero spasso.
A me piaceva da matti andare in veleria. C'erano, sul fondo dello stanzone, tantissime "pezzate" di stoffa dai colori sgargianti :blu,verde, arancio. Poi quella stoffa speciale, bianca, l'Eliolona, la chiamavano, che serviva per le vele delle barche da regata. Un bancone in legno ricoperto di rocchettoni di fili, metri sparsi qua e là, gessetti  per segnare la stoffa, forbicioni, poi scatole e scatolette piene di occhielli metallici di tutte le misure.
Sembrava un bazar. Appesi al muro cordami, cime, funi, e le foto di chi non c'era più compreso lo zio Alfredo.
Naturalmente una simile industria aveva bisogno di lavoranti e qui ce n'erano ben cinque, cinque donne ciarliere, tutte alla macchina da cucire.  Due, le più anziane, erano le loro sorelle, Alfreda e Raffaella, che in effetti un po' l'aria delle padrone l'avevano.
Capelli ricci , bianchi, occhialetti sul naso e quell'aria da zittelline furbette che a me, le rendeva anche simpatiche. Poi c'era Carmela, una bella moracchiotta, e altre due di cui non ricordo il nome.
Ricordo però di aver sentito tante volte parlare della prima, storica lavorante di bottega: la Selica. Ne parlavano sempre con affettuosa reverenza anche se poi la prendevano in giro, forse per le sue umili origini, dicendo che la sua passione era "l'arpa".Cosa ci azzeccasse poi l'arpa con la Selica  non l'ho mai saputo ne lo saprò mai, ma loro ci ridevano tanto quando lo dicevano.
Ecco, questo, assieme all'odore acre delle stoffe e della sciugna,ricordo con piacere: il simpatico cicaleccio che si faceva.
Quel posto era un vero porto di mare, vi approdavano elementi di tutti i tipi.
Io entravo, mi pascevo dei saluti affettuosi di tutti poi , mentre ognuno proseguiva il suo  lavoro, mi sdraiavo sopra le stoffe ammucchiate e ascoltavo.. ascoltavo..
Ogni tanto mio padre si ricordava di me e mi dava delle dritte sul mestiere. Mi insegnò anche tutti i nodi da marinaio rifilandomi pure qualche scappellotto sulla testa quando non  ne ricordavo la procedura: gruppo piano, scorsoio, parlato, gassa d'amante, e tanti altri che non ricordo più.
Poi interveniva Sergio che, agile come uno scoiattolo e rigorosamente scalzo, saltava da un lato all'altro della preziosissima tela stesa sul pavimento e mi spiegava con che criterio tagliarla,
Lui mi voleva molto bene. Avendo avuto due figli maschi, ero per lui la figlia femmina che tanto aveva desiderato, ed io lo ricambiavo con affetto e ammirazione. Perché, pur avendo a che fare anche con grandi nomi della velica venuti da tutta Italia a commissionargli le vele per le proprie prestigiose imbarcazioni, lui non se la tirava. Semplice ma non dimesso , umile ma fiero della propria maestria, dall' intelligenza pronta e dalla mente e corpo scattanti, non sopportava chi, al contrario di lui non aveva la "verve", chi non riusciva a stargli al passo.
Con mio padre se la intendeva più che con suo fratello, perché erano simili e nutrivano le stesse passioni: il mare e le regate. Il loro motto preferito era : se mi curi ti curo, se non mi curi ti vado in culo!
Ricordo con nostalgia quando, nel periodo di Carnevale, durante lo svolgersi del Rione Darsena, la veleria era aperta per amici e conoscenti.
La mamma e la Carla, moglie di Sergio, preparavano chili e chili di tordelli al sugo che sporzionavano  nel retro- bottega, mentre una damigiana di vino troneggiava in alto, su un seggiolone, con una "sughetta" immersa da cui si stillavano in continuazione bicchieri di vino.
Venivano i Benetti, i Cenami, i Giannotti, ricordo anche Delia Scala che si sdilinquiva in complimenti per la cucina di mia mamma, Egisto Malfatti e tanti altri della Viareggio bene. Poi i bomboloni dell'immancabile Zenzena e via, in balli e canti cui non si sottraeva nessuno. Davvero bei tempi.
Ora la veleria non c'è più.
I figli di Sergio non se la sono sentita di proseguire nel mestiere e sono diventati medici dentisti. Hanno lo studio proprio là dove sorgeva la veleria, loro al primo piano e sotto un anonimo negozio di oggettistica.
Neanche il CRO c'è più. Ma dalle finestre del loro studio ancora si domina la darsena.
E quando vedo dalla spiaggia una vela all'orizzonte, ricordo quelle atmosfere e spero, con orgoglio e nostalgia che ancora la gente si ricordi delle vele dei Puosi, quando le barche da regata lasciavano la banchina dietro al Club Nautico e si sentiva: "Orsa.. appuggia.. tira la sartia.. cazza la randa" .
E le seguivi con l'occhio fino a che il vento, ingravidata la vela, non se le portava via silenziose, al di la del molo... tra un fremito d'ali di gabbiani....

Un omaggio a mio padre che la sapeva a memoria.



                                           "Preghiera del Marinaio"

A Te, o grande Eterno Iddio, 
Signore del Cielo e dell'Abisso,
cui obbediscono i venti e le onde
Noi, 
Uomini di Mare  e di Guerra
Ufficiali e Marinai d'Italia,
da questa sacra nave
armata dalla Patria, 
leviamo i cuori.

Salva ed esalta nella Tua fede 
o grande Iddio, la nostra Nazione,
dà giusta gloria e potenza alla
nostra bandiera,

comanda che le tempeste
ed i flutti
servano a Lei.
Ispira al nemico il terrore di Lei 
fa che per sempre 
La cingano in difesa
petti di ferro 
più forti del ferro che cinge 
questa Nave.
A Lei per sempre 
dona Vittoria.

Benedici o Signore
le nostre case lontane,
le cari genti 
Benedici nella cadente notte
il riposo del Popolo.
Benedici noi 
che per esso
vegliamo in armi sul mare...
Benedici!! ,,, "

mercoledì 28 novembre 2012

Old sweet food

Alle volte la mente fa voli strani. Basta un niente, un suono, una voce, un odore e subito parte il treno dei ricordi, che sai da cosa prende il via ma non puoi capire fin dove arriva. Devi solo lasciarti andare e seguirlo...
Sono qui a sfaccendare in cucina mentre aspetto Tato per il pranzo e un documentario in TV attira lamia attenzione : eccoli li, i delfini! Le creature più splendide, dolci e intelligenti di questo mondo. Li adoro, ma la mia mente malata non si sofferma sullo splendore di quelle immagini, no. Fa invece un'associazione insana e sgradevole: io il delfino me lo sono mangiato!
Sì, lo confesso, ho banchettato con quelle dolci creature, e me ne vergogno. Ma non è stata colpa mia. Bisognava mangiare quello che ci mettevano in tavola e senza tante storie. E c'è anche da dire che allora di tante cose non eravamo al corrente, non c'era tanta coscienza ne conoscenza in questo campo. non sapevo che i delfini erano più umani di noi.
Ora non lo rifarei ma, a quel ricordo, parto per un tour mnemonico- gastronomico che voglio dedicare a mio fratello dato che lui, come me, ha percorso impervi sentieri culinari e, come me, ogni tanto ne ha nostalgia.
Te la ricordi la pastasciutta col sugo di delfino? Ma quanto era buona porca miseria!
La carne era un po' scura, ma aveva un sapore.....E il "musciame"? Quel pidigozzo nero, secco e salato che il pappà appendeva nel sottoscala per poi tagliarcene qualche fettina quando in tavola c'erano i fagioli lessati. Che Flipper mi perdoni, giuro che ora non ne sarei più capace (anche perché fortunatamente ne hanno proibito il commercio) ma quanto era buono! E abbiamo fatto anche di peggio: abbiamo mangiato la carne di testuggine, la tartaruga di mare.
Ricordo che capitarono per caso anche Ivo e Fiorella da Livorno, e il pappà, che quando ci si metteva era un po' stronzo, gliela fece mangiare senza dir loro cos'era. Ottima, certo. Ma quando Ivo lo seppe per poco non si sentì male e sua madre lo tenne in purga per una settimana. Che ridere!
E vogliamo parlare delle lumache? Si prendevano nel campo dietro casa, tra vigne, giunchi e sterpi, il giorno dopo che aveva piovuto e il pappà le metteva in un retino chiuso, appeso a un ramo dell'arancio nell'orto. Le lasciava spurgare per qualche giorno poi la mamma le cucinava in umido con la "niepitella", e danni con gli stuzzicadenti.
Le ranocchie invece le compravamo a " filze " da una vecchietta che passava di strada in strada e le portava già sbuzzate e spellate. Fritte erano la passione di Livio, e la zia Nenzi avrebbe fatto i debiti pur di comprargliele. E gli sconcigli ? Te li ricordi? Quella specie di conchiglioni che ci portava il pappà e la mamma doveva sbollentare, tirarne fuori la polpa, tritarla fine fine con la sua fedele lunetta e poi farne il sugo. Da paura! Uno di quei sughi che il Silvano diceva: "Versimene un po'po' nelle braette.." perché, secondo lui, risvegliava i morti. Bemmi tempi!
Ma il periodo più libidinoso era l'inverno, quando cominciava il passaggio delle " cee" . Maremma maiala che passione!
Anch'io andavo a pescarle. Te no. Te ne stavi nel tuo lettino con le cinque stecche di persiana tirate su, il bicchiere dell'acqua sul comodino,la porta di canera aperta a 45 gradi, non di più, e la solita latania di tutte le sere: Non mi fate de' lupi, non mi fate delle streghe." e bonanotte al secchio.
Io invece ero col pappà, la sul molo tra la Madonnina e il Santa Monica, cioè come tra il sacro e il profano.
Era lui che ci teneva a portarmi con se e io non ho mai saputo dirgli di no. Mi stioccava addosso un'incerata da marinaio di colore arancione che aveva rimediato non so dove e che , secondo lui, avrebbe dovuto proteggermi dal vento e dall'acqua.
Un ti dio che freddo! Credevo di morì! oltre tutto era di un plasticone rigido, tutto rotto sul colletto ma che lui, bontà sua, aveva "riparato" con del nastro adesivo cui, immancabilmente, mi si appiccicavano i capelli. Ma io resistevo imperterrita. Per mio padre avrei affrontato qualsiasi intemperia, e quando ero là, col profumo di salmastro, tra gli spruzzi del mare e il tintinnio delle sartie delle barche sballonzolate dal vento, mi sentivo la padrona del mondo.
A pesca finita si si tornava a casa col nostro bel secchiello di cee e :"Pierina, vanno pulite!" Ed era un imperativo che non ammetteva repliche.
Allora, steso uno strofinaccio sul tavolo, ci rovesciava le ceoline e poi le spruzzava di farina gialla. Si ergevano immediatamente tutte come spermatozoi impazziti, e prendeva a strofinarle con un altro panno, una brancatina per volta. Ripeteva l'operazione due, tre volte finchè non erano completamente pulite e sgrassate e solo allora, finalmente, si poteva andare a dormire.A me piacevano tanto in umido con la polenta o semplicemente in padella con un filo d'olio, uno spicchio d'aglio, una foglia di salvia e la scorzetta dell'arancia. E ci vogliamo dimenticare le frittelline? Seconde, per sapore, solo a quelle di "bianchini ". Sbavo solo a pensarci!
Ora ci hanno tolto anche quelli.Ci serve un permesso per le arselle, per i funghi, e i nostri "muscoli" sono tabù.
Ricordo con nostalgia le passeggiate in pineta in cerca di galletti ( o finferle), di pinacci, di mazze di tamburo.Quei nei sughi unti, per condire tordelli, matuffi. Il brodo col collo di gallina ripieno, il polpettone ( o "milite ignoto" come lo chiamava il pappà). La faraona, ma solo per Befana, ché veniva a pranzo il Cappellano della Misericordia ( il perché poi non l'ho mai saputo).E la carne salata nel coppo, le olive marinate, i tagliarini co' fagioli, gli spaghetti ai coltellacci, il risotto con la tinca, la farinata  col cavolo nero e i fagioli dall'occhio, l'anguilla fritta e il baccala fatto come "cazzo ammollato" o lo stoccafisso in umido con la polenta. Le arselle dell'Aladina, la folaga, il fagiano, il rognone con le patate, la coratella, il maone, il picchiante e la testina dell'agnello bollita, spolpata poi il tutto fritto con gobbi e carciofi. Ogni cosa rigorosamente annaffiata con dell'ottimo "scosciato" ( a proposito, ma da dove cacchio veniva 'sto vino?).
Ecco, sto per svenire, ma un ultimo ricordo ossequioso va a quella forma di pecorino stagionato che gravava sulle nostre teste, appoggiato su una paranchina di legno ancorata con una fune al muro della veranda e il cui "aroma" , come di piedi stanchi, ci colpiva già dall'ingresso in casa.
Ci fanno una pippa a noi il kebab e il sushi.
A proposito, ti ricordi le incursioni del pappà al carretto della zia Assunta quando, per dimostrare ai clienti scettici la freschezza del pesce in vendita, se lo mangiava crudo sgusciando una cicala o scapocchiando un totanetto?
Oggi il pesce crudo è di moda, fa molta tendenza, ma all'epoca una signora nel vederlo per poco non sviene. Noi Puosi eravamo già "troppo avanti".!
Allora, ti è piaciuta la passeggiata nel tempo?
Bene, ora dimentica tutto perché non possiamo permetterci più niente. Ci siamo gastronomicamente eruditi: poco olio, niente burro, via i fritti dalla nostra tavola. Ma che vita è?
Te lo posso di', si stava meglio quando si stava peggio!
Non lo so te, ma per quanto mi riguarda vo' morì strafogata ma appagata. Almeno in quello.

P.S.  Per i dolci ti riservo un capitolo a parte, un po' più in la sennò la tu moglie mi picchia. A proposito.....

      La sposa ormai se deve de convince
      che ne le beghe della vita a due,
      si cià er fornello facile, pò vince.

                                       Aldo Fabrizi  da  "La pastasciutta"

    

giovedì 22 novembre 2012

Stella di mare

" Tu che sei nata dove c'è sempre il sole
  sopra uno scoglio che ci si può tuffare..."

In principio fu il caos. Questa gravidanza ripresentatasi ad un anno di distanza dall'altra che avevo volontariamente interrotto, mi scombussolava l'esistenza.
Si, quello non era un buon periodo per me né per il mio matrimonio. La volta precedente mi ero lasciata convincere un po' da tutto e tutti. Non vivevo un rapporto sereno, non ero tranquilla.
Avevo Andrea già di sei anni e tutti a dirmi: "Ma sei matta, cosa ti metti a fare. Uno è anche troppo".
In casa e fuori era un coro unanime. E me ne sono servita come alibi per scusare me stessa e giustificare la mia debolezza.
Poi, dato che quando le cose devono accadere accadono, forse inconsciamente il mio desiderio di maternità ha prevalso sulla razionalità, e la gravidanza si è ripresentata. Tra mille tormenti e ripensamenti, temendo anche, forse a causa di una pavida coscienza cattolica, di venire "castigata" dalla giustizia divina per il gesto compiuto un anno prima.
All'epoca la mia spiritualità era molto latente e non avevo ancora maturato l'idea di un Dio che non punisse ma mettesse alla prova. Ero confusa, spaventata e nervosa. E tutto si ripercuoteva sulla creatura dentro di me.
Non stava mai ferma, avevo la pancia che andava per conto proprio e ogni tanto nell'agitarsi la creatura mi causava anche qualche colica di fegato, così, tanto per gradire.
Sembrava non riposare mai, e infatti....
E' venuta al mondo in un piovoso giorno di novembre, alle due del pomeriggio. E' uscita con il pugno chiuso, alla maniera dei comunisti di una volta, ed era bellissima! Un bambolotto roseo con una peluria biondissima sulla testa e due occhi grandi che poi si sono rivelati azzurri.
"Cavolo, è mio padre!" ho esclamato. Ed era vero, era già una Puosi dalla nascita, e di noi ha mantenuto la follia.
Avrei voluto chiamarla Selvaggia, e l'avrei azzeccata in pieno: un nome un destino. Invece fu suo fratello a sceglierlo: Daniela.
Daniela era irrequieta, non dormiva mai. Ebbe subito un ittero altissimo che ci spaventò a morte.
"Ecco " pensavo "questo è il castigo di Dio " e invece passò. Ma non si attaccava al seno. "Perché è pigra " mi dicevano. E vai con le "campanelle " attaccate ai miei capezzoli dalle quali io, con una cannula, suggevo il latte, mentre lei si limitava, attraverso la tettarella, a farselo scivolare in bocca.
Non c'è stato verso di passare un intera notte di sonno tranquillo fino verso i tre anni. Io seduto sul letto e lei in braccio. Lei piangeva e io piangevo.
"Sarà un castigo." mi dicevo. Però cresceva e diventava sempre più bella : una cascata di riccioli biondi su un viso d'Angelo.
Era la passione di parenti e vicinato. Le mie amiche si divertivano a vestirla e a pettinarla , come fosse una bambola. Pizzi, trine e fermaglietti colorati nei capelli. Tutto quello che, appena ha potuto, ha rinnegato.
Secondo me è stata la caduta al matrimonio di mio fratello che  l'ha cambiata. E' venuta giù da un muretto di tre metri e si è spaccata la testa. Non mi toglierò mai dalle orecchie quel " ciack " sordo che ha caratterizzato il colpo sull'asfalto.
"Ecco, ora Dio se la riprende.." ho pensato. E mi sono sentita morire!
Ma Dio non aveva fatto i conti con la sua  determinazione e la sua cocciutaggine. La sua testa dura, appunto. E anche quella volta è andata bene. Ma che caratterino..!
Voleva essere guardata, considerata. E' cresciuta selvatica, un maschiaccio irriverente, totalmente anarchica e indipendente. Un "codazzo" informe raccolto dietro la nuca, pantalonacci, maglietta, e via.......a giro con la bici.
Lo sport la stancava, la scuola l'annoiava. Una sola grande passione: i panini.
Mio padre la chiamava Poldo, come il personaggio dei cartoni  che aveva sempre un hot-dog per le mani. Carlo invece l'aveva soprannominata " la pastora ", perché nel frattempo aveva anche imparato a fischiare con le dita in bocca. E così su su negli anni fino all'adolescenza, all'incontro con il suo Tato, l'unico essere maschile ( a parte suo fratello che adora ) cui ha concesso di entrare nel suo mondo. E c'è ancora dopo diciannove anni.
Ma, nonostante le apparenze, il suo micro-cosmo non è solo questo. Daniela è molto di più.
Combattente nata, novella Don Chisciotte, si ritrova a combattere battaglie non sue, eppure non si tira mai indietro.
Senso del dovere e responsabilità verso gli altri sono le sue doti e il suo cruccio. Eppure la sua vita è fatta di piccole cose, semplici: i suoi cani, il suo ragazzo, la sua famiglia, la sua casa.
Non ha grandi ambizioni, non fa voli pindarici. Le piace quello che ha e il suo ruolo di padrona di casa. Lei è nata per fare la casalinga, e si trova perfettamente a suo agio tra pentole, fornelli  ed elettrodomestici vari. E' il suo regno e non pretende altro che di vivere serena e tranquilla, senza troppi pensieri.
Daniela cara, ora sei alla soglia dei trentatré anni e voglio farti un regalo, uno di quei regali particolari che noi ogni tanto ci scambiamo perché non costano niente, ma sono comunque testimonianza dell'amore e del rispetto che abbiamo una per l'altra.
Una volta, da piccola, venuta a conoscenza della mia interruzione di gravidanza mi dicesti : "Hai visto? Sono stata più forte io. sono tornata e stavolta son riuscita a nascere!"  Come se d'istinto, a quell'età, tu avessi già intuito e risolto il mistero cosmico dell'anima e del karma.
All'epoca pensai : "E meno male!" . E lo penso tutt'ora.
Te (come tuo fratello) sei stata un dono prezioso, una creatura speciale che mi è stata inviata per aiutarmi a capire, a maturare. Altro che castigo, è stata una fortuna averti, e ora che sei ormai una donna, vorrei farti capire quanto il vederti crescere ha riempito la mia vita.
E' vero, sei stata a volte faticosa, spesso impegnativa. Hai fatto delle scelte che non sempre ho condiviso, ma erano le tue, e non potevo fare diversamente che assecondarti.
Hai conosciuto la violenza, il dolore. Hai dovuto, fin da piccola, rapportarti a cose più grandi di te, e di questo ti chiedo scusa, ma tu sai che non avevo molta scelta. O forse si.
Forse, se avessi insistito di più, se mi fossi persa di più dietro a voi due, oggi non saresti a fare il mestiere che fai e avresti meno problemi. Perdonami, io non sono perfetta e ti chiedo scusa per non averti guidata verso un futuro diverso.
Ma qualcosa di buono devo averlo fatto se ancora ti ho vicina così come sei: forte come una amazzone, tenera come un panda, guerriera e incazzosa, fragile e spaventata. Anima grande, folata di vento, stella di mare, amore mio. Ti adoro.
Tanti auguri Daniela.

         L'INTRECCIO

Ho preso due raggi di sole
due fili d'erba mattutina 
due gocce di mare limpido
e li ho intrecciati con l'attesa.
Ho scavato nella terra nera
un giaciglio caldo e ti ho abbracciata;
-nove umide lune-.
Sei nata in un grido prepotente
dal tepore di un abbraccio
e sapevi di sale.

                                         Cristina S.

lunedì 19 novembre 2012

Come la fragola e il melograno

Effettivamente non l'avevo notato prima, poi stamani, mentre in giardino appendevo i panni al sole, mi è caduto l'occhio sul vaso delle fragole, e ho visto che le piantine non solo hanno ancora i fiori, ma addirittura ne spuntano due timide fragoline. Fragole a novembre?!
Sopra al vaso, quasi a protezione, i rami del melograno si protendono vanitosamente ad offrirmi i loro frutti, tante belle vermiglie melograne appese come lanterne cinesi.
Ma come convivono le fragole con il melograno? Dovrebbero essere in antitesi. Si, il melograno è un frutto invernale, ma le fragole sono un frutto primaverile.
Eppure sono lì, insieme, ad offrirmi tutta la loro dolcezza. Allora penso: la natura è strana, non puoi dare mai niente per scontato. Il clima cambia, stravolge le cose. Il suo controllo ci sfugge di mano continuamente. Quando decide di darci una lezione noi non possiamo farci niente,non siamo in grado di controllarne gli eventi e dobbiamo subire. Eppure, nonostante ci ritroviamo continuamente in ginocchio, non riusciamo ad imparare, a far tesoro degli errori. Perché nessuno può negare che gran parte dei disastri ecologici degli ultimi anni siano stati causati dall'uomo.
Si continua a fare esperimenti nel sottosuolo, a disboscare, a costruire dove non si dovrebbe e in malo modo.
I media sono pieni di discussioni, dibattiti e documentari sull'argomento. E poi? Niente, non cambia niente. Si continua come prima.
Guardate ad esempio la nave all'argentario. Aspettano il disastro ecologico, poi forse la smantelleranno. Ma intanto qualcuno si sarà fatto grasso speculandoci sopra. E a rimetterci è sempre la povera gente, che non potendo fare altro, impreca contro la natura e il fato.
Ma non è il Creato ad essere disarmonico, è l'uomo che fa schifo! Con la sua presunzione di voler spostare i corsi d'acqua, con la sua superficialità, la sua ignoranza.
La natura si difende e si adegua . Cosa che noi non abbiamo ancora imparato a fare.
Non mi se ne voglia per il richiamo forse non proprio idoneo, ma una volta dalle piene del Nilo gli egiziani trassero la loro ricchezza sfruttando il territorio al ritiro delle acque, e le loro costruzioni, come del resto quelle di altre civiltà antiche, hanno resistito nel tempo giungendo sino a noi.
D'accordo, forse è un paragone non felice, ma è solo per dimostrare quanto l'uomo non sia per niente progredito, tutt'altro. Allora, forse, qualcosa deve cambiare.
Forse nella sua rabbia la natura vuole dirci qualcosa, insegnarci qualcosa. Dobbiamo cominciare a ragionare in modo diverso, adeguarci al cambiamento. Ecco la parola magica: adeguarsi!
Dobbiamo mutare, per tornare in armonia con il creato. Altrimenti si rischia l'estinzione come i dinosauri.
Evitiamo di ricostruire dove si pensa il terreno possa cedere, piantiamo di nuovo gli alberi sui fianchi delle montagne. Rischiamo le piene? Non mettiamo case negli alvei dei fiumi, la dove sappiamo potrebbero esondare. Magari riprendiamo a fare case su "palafitte" in cemento, così che possano restare un po' più in alto qualora che....
Insomma, adeguiamoci! Ma con cervello e umiltà questa volta. Perchè se non vogliamo imparare niente non ce la faremo.
La natura è più forte e più intelligente di noi. E sa adeguarsi al cambiamento per sopravvivere e convivere in armonia nonostante tutto.
Appunto.. come la fragola e il melograno.

DEDICATE ALLA NATURA.......

Pavida e maestosa 
col tuo bouquet di verdi
mi interrompi il cielo 
di questo spento aprile
rorida betulla 
che mi concili al mondo.

                                              Sono entrata nel bosco,
                                              ma era solo un'anima.
                                              Ho camminato piano
                                              pei sentieri più duri
                                              osservando curiosa
                                              ogni ramo spezzato,
                                              ogni glauca foglia:
                                              ciò che il cuore trovava.
                                              Poi mi sono chinata
                                              a raccogliere un fiore,
                                              ma era solo una lacrima.

                                                                                            Perla

lunedì 22 ottobre 2012

Qualcosa che non va

Il suono del telefono mi coglie proprio mentre sono nel bel mezzo del mio sogno mattutino. Si, perché mi sveglio sempre dopo cinque, sei ore di sonno, ma dato che me lo posso permettere, mi concedo sempre un altro pisolino veloce, che è poi quello in cui, con più facilità, la mia mente partorisce sogni allucinanti così realistici che ancora non ho capito se veramente emigro in un' altra dimensione.
Il mio spirito vaga indisturbato in mondi paralleli tanto che, a volte, faccio fatica ad uscirne e a tornare in questa realtà, specialmente se il risveglio è brusco. Così parte la prima imprecazione mattutina.
"Alfré' c'ho du capocchioni belli freschi, li voi che te li fai lessi?" la voce di MariaPia, la mia pescivendola di fiducia, mi stupra le orecchie.
Lei sa che amo il pesce così detto "povero", ma non sempre posso permettermi questi sfizietti..
"Dai, che a te ti piace, non ti preoccupà' per i soldi, ci rifacciamo".
"No, ti ringrazio" dico io "ma non è giusto, sai come la penso".
"Ma sta zitta và', sì che è giusto, in questo momento è giusto così. Vieni che te li preparo". E riattacca!
Le sue parole mi colpiscono e mi fanno pensare...
"In questo momento è giusto " ha detto. E in quella frase c'è tutta la comprensione e la solidarietà della gente semplice, perchè solo gli umili si capiscono tra loro.
Della gente comune non importa niente ai nostri governanti, a quelli che dovrebbero guidarci, indirizzarci, tutelarci, fornirci gli strumenti per vivere degnamente.
A loro basta proteggere in qualche modo il loro posto privilegiato, poter salvaguardare ad ogni costo tutto quel ben di Dio che ci hanno rubato in questi anni.
Da bravi stronzi galleggiano su un mare di merda in cui  noi siamo immersi fino al collo, stando ben attenti a non fare l'onda per non affogare. Che schifo! Ti verrebbe voglia di mollare tutto e andare via.
Sì, andarsene da qualche parte, magari in uno di quei paradisi vergini dove non c'è canone RAI, né bollo auto, né IVA, ICI, IMU, IRPEF, e chi più ne ha più ne metta.
Un posto dove ancora puoi sentirti persona in mezzo alle persone e non un numero da statistiche. Dove parole come "aiuto reciproco" rispetto e solidarietà , hanno ancora un valore e dove non conta se hai il capello fatto o il vestito griffato, ma vali per quello che sei realmente.
Perché questa Italia non va, questo mondo non va, questa società così come è concepita non va...
E ti ritrovi alla sera, al momento delle solite preghiere, che non sai più a che Santo votarti, a chi raccomandarti. Perché è vero che sono una credente un po' atipica anche nelle preghiere che riduco molto spesso a dialoghi e suppliche anziché a litanie canoniche. In effetti a volte non sono neanche tanto sicura che ci sia chi mi ascolta, ma porca miseria, dovrò pur sfogarmi con qualcuno,no?
Così sfogo le mie delusioni e la mia rabbia in un dialogo paritetico e molto poco analitico che con il misticismo ha veramente poco a che fare. I miei pensieri vanno a ruota libera seguendo una logica dl tutto personale mentre nella mia mente stanca circola un mantra che ripeto all'infinito..: Non è giusto.....non è giusto.....E non è tanto per me, ma per i nostri ragazzi, per i nostri giovani.
Perché sono loro ad essere violentati nei sogni. Non hanno aspettative. Non hanno progettualità.
Non potendo sapere cosa accadrà domani, non riescono neanche ad organizzarlo questo "domani". E ti girano le balle!
Almeno noi i sogni li avevamo!
Ma forse no, forse mi sbaglio. Devo cancellare i pensieri negativi e tornare a sperare che le cose andranno meglio.
La solidarietà esiste....infatti la Befana mi ha fatto arrivare  sotto casa un carico di legna per l'inverno la mia amica MariaPia mi ha fatto avere il pesce, il nonno Dino mi ha mandato un sacco di mele del suo campo, e la mia adorata Perla è venuta a trovarmi portandomi olive e cachi del suo giardino. Che io ho ricambiato con peperoni e kiwi che avevo in abbondanza.
Ecco, anche per oggi è andata. Sono riuscita ancora a riporre la depressione nel cassetto per lasciare spazio alla serenità e alla speranza.
Tiriamo avanti, restiamo al nostro posto, non si sa mai che le cose migliorino.
In fondo, come diceva Rossella..: Domani è un altro giorno.


                       Il sasso per la minestra

In un villaggio una donna ebbe la sorpresa di trovare sulla soglia di casa uno straniero piuttosto ben vestito che le chiese qualcosa da mangiare.
"Mi dispiace" ella rispose,"al momento non ho in casa niente".
"Non si preoccupi", replicò lo sconosciuto amabilmente. "Ho nella bisaccia un sasso per minestra; se mi darete il permesso di metterlo in una pentola d'acqua bollente, preparerò la zuppa più deliziosa del mondo. Mi occorre una pentola molto grande, per favore".
La donna era incuriosita. Mise la pentola sul fuoco e andò a confidare il segreto del sasso per minestra a una vicina di casa.
Quando l'acqua cominciò a bollire, c'erano tutti i vicini, accorsi a vedere lo straniero e il suo sasso.
Egli depose il sasso nell'acqua, poi ne assaggiò un cucchiaino ed esclamò con aria beata: "Ah, che delizia! Mancano solo delle patate".
"Io ho delle patate in cucina", esclamò una donna.
Pochi minuti dopo era di ritorno con una grande quantità di patate tegliate a fette, che furono gettate nel pentolone.
Allora lo straniero assaggiò di nuovo il brodo. "Eccellente" gridò. Poi però aggiunse con aria malinconica: "Se solo avessimo un po' di carne, diventerebbe uno squisito stufato".
Un' altra massaia corse a casa per andare a prendere della carne, che l'uomo accettò con garbo e gettò nella pentola.
Al nuovo assaggio, egli alzò gli occhi al cielo e disse: "Ah, manca solo un po' di verdura e poi sarebbe perfetto, veramente perfetto!"
Una delle vicine corse a casa e tornò con un cesto di carote e cipolle.
Dopo aver messo anche queste nella zuppa, lo straniero assaggiò il miscuglio e dichiarò in tono imperioso:" Sale e salsa": "Eccoli "; disse la padrona di casa. Poi un'altro ordine:" Scodelle per tutti". 
La gente corse a casa a prendere le scodelle.
Qualcuno portò anche pane e frutta. Poi si sedettero tutti a tavola, mentre lo straniero distribuiva grosse porzioni di zuppa.
Tutti provavano una strana felicità, ridevano, chiacchieravano e gustavano il loro primo vero pasto in comune.
In mezzo all'allegria generale, lo straniero scivolò fuori silenziosamente, lasciando il sasso miracoloso affinché potessero usarlo tutte le volte che volevano per preparare la minestra più buona del mondo.

                                          DA.: LA PREGHIERA DELLA RANA 

                                           di Anthony de Mello

sabato 6 ottobre 2012

Le stagioni del cuore

E' fatta, ormai è ufficiale, siamo in Autunno.
Riposti teli da mare, costumi e borse da spiaggia, si torna finalmente a ritmi più lenti, meno frenetici.
E' come se, nel bel mezzo di un discorso concitato, si dicesse: calma, aspetta un attimo, parliamo ! E si tira un sospiro profondo.
Io amo l'Autunno, adoro l'aria che profuma di terra bagnata, il vento fresco che porta odore di mare e di sottobosco.
Si, lo so, qualcuno dirà che sono matta, ma che ci volete fare, nella vita si cambia, e i miei gusti in fatto di stagioni hanno forse seguito lo scorrere degli anni, i miei stessi ritmi biologici.
Sono nata nel crudo dell'Inverno, a Febbraio, proprio in mezzo al periodo di Carnevale.
Casa della nonna, dove vivevamo, era fredda, freddissima. Non c'era riscaldamento, non c'erano né termosifone né stufe. Era una vecchia casa viareggina, e, al massimo, potevi concederti una stufetta elettrica in camera, poche ore prima di andare a letto. Mentre in cucina dovevano bastarti i fornelli.
Ma passarsi di mano in mano lo scaldino, o "caldanino" come lo chiamava la nonna, assumeva quasi il valore di un rito tribale in quei mesi freddi.
Quel braciere di coccio con la carbonella accesa, sembrava un cuore pulsante, e poterlo tenere un po' sotto ai piedi era una goduria.
Eppure, nonostante la casa nuova, questa, dove venimmo ad abitare nel '53, l'inverno continuavamo a passarlo dalla nonna, perché qui era ancora più fredda vista la vicinanza della pineta. E a niente serviva il trabiccolo con lo scaldino acceso messo a riscaldare il letto. Ottenevi solo di tirar fuori l'umido dalle coperte.
Però che bei ricordi!
Mi torna in mente quando, dalla finestra della camera della mamma, una mattina vidi tutta la Via Cavallotti ammantata di bianco....: la nevicata del '56.
E i pranzi di Natale, l'odore dei crostini, del brodo di gallina con il collo ripieno, del sugo con i tortelli fatti in casa, e le vassoiate di fritto...La nonna era povera, ma i suoi pranzi natalizi erano luculliani, perché i suoi parenti contadini per manifestarle rispetto e affetto (che meritava) le donavano ogni ben di Dio.
E le domeniche al Carnevale, sempre alla stessa postazione: la soglia della Cassa di Risparmio di Lucca dove mio padre lavorava e che, nel periodo carnascialesco, era eccezionalmente aperta anche durante i corsi mascherati. Poi il ritorno a casa tutti insieme, tra nuvole di coriandoli e profumo di brigidini.
E le passeggiate in pineta con il pappà dell'Anna Maria che raccoglieva "boraccina" per il presepe mentre noi ci improvvisavamo pattinatrici sui fossetti ghiacciati.
E quelle sere "diverse" quando, portandoci dietro coperta e borsa dell'acqua calda, ci spostavamo due case più in là per andare dal Nannetti a guardare la televisione. Noi non l'avevamo ancora ed era scoppiato il fenomeno "Lascia o raddoppia". Imperdibile. Roba da sballo preistorico. Ma era tutto così intimo e rassicurante.
Poi ho cominciato ad apprezzare la Primavera, e con il risveglio della natura arrivava anche il risveglio dei miei ormoni.
I primi amori, il cercarsi tra gli scogli con Alfredo, le passeggiate alla Sassaia per potersi scambiare baci senza correre il rischio di essere visti. Il poter dedicare più tempo ai propri interessi, l'atletica allo stadio, ché io adoravo correre. Oppure, ormai donna, poter portare i figli in piscina o all'allenamento di calcio, facendoli godere il più possibile del sole e dell'aria aperta.
Con l'allungarsi delle giornate c'era più tempo per fare cose, passeggiate in bicicletta sulla marina, tra l'odore dei camuciori, o lungo il viale, con quel profumo di tigli che riempiva di effluvi anche le stanze di casa.
Poi ho capito che la stagione migliore era l'Estate.
Finita la scuola dei ragazzi, potevi concederti di alzarti più tardi la mattina e stare tutto il giorno sul mare, partire alla mattina con una borsa piene di panini, e tornare alla sera giusto in tempo per una doccia veloce e la cena.
Aveva un bel da fare mio padre a "bronciolare" perché ero sempre in spiaggia!
"Verrà settembre.." continuava a dire. Ma io non lo ascoltavo. IL mare è sempre stato la mia grande passione. Finché poi non ne ho scoperte altre con la maturità, come l'uscire con le amiche, il frequentare sale e convegni culturali della città, fare teatro, o cenare per due soldi al "Piccadilly" con Ciro, facendo notte fonda parlando ore ed ore di ogni cosa, dalla politica agli amori. Specialmente dei suoi.
Avevo scoperto " la notte " e tutto quello che in quelle ore si poteva vivere di bello. E con l'arrivo del buio, scompariva il buio dalla mia vita..... non ero più nel cuore della notte, era la notte che mi aveva rubato il cuore.!
Era come un grido di libertà. Sentirsi ancora viva, padrona di me stessa.
Finalmente facevo quello che mi piaceva fare. Reclamavo il mio diritto all'indipendenza mettendomi contro tutto e tutti, ma non me ne importava. Una volta tanto volevo mettere me stessa al centro de mio mondo, della mia vita. E quelle notti erano stracolme di vita.
Poi tutto cambia, tutto finisce. Col passare degli anni cambiamo inesorabilmente anche noi. Le forze scemano e le esigenze diventano altre.
Ora le estati un po' mi annoiano. Sopporto meno la confusione e il caldo eccessivo mi è divenuto intollerabile. I figli sono indipendenti, non hanno più bisogno della nostra presenza, si scelgono da soli amici e posti da frequentare.
Possiamo prendercela più comoda e anche i nostri argomenti di conversazione cambiano soggetto. non più amori e amorazzi, ma nipoti e acciacchi vari. Anche gli ormoni si assopiscono.
I momenti più " eccitanti" del'estate sono le sbirciate alle docce sulla battigia. Roba da infarto!
Ci sono soggetti che stanno lì, sotto il getto del'acqua, e continuano imperterriti a sciabordare nei loro slippini colorati (molto gettonati quest'anno il fucsia, il giallo e il verde acido) come se dentro nascondessero dei pitoni o delle anaconde tropicali.
E continuano, e continuano, sciorinando cotanta virtude come dovessero risvegliare un mostro addormentato.   CHE AMAREZZA!
Allora ben venga l'Autunno, col profumo del mosto nei tini di Dino, la pineta che odora di funghi e le giornate con quella luce color ambra che ti riconcilia col mondo.
Sì, sono in attesa delle castagne per addolcirmi le ore con ballocciori e mondine in santa pace.
Non so voi, non so se alle mia amiche mancherà questa torrida estate e come se la passeranno quest'inverno. Spero bene.
Per quello che riguarda me, beh....io speriamo che me la cavo!


       La nostra vita è quello che la nostra mente crea giorno dopo giorno,
       e noi siamo lo specchio di quei giorni.
                                                                Romano  Battaglia

martedì 2 ottobre 2012

OMNIA VINCIT AMOR

Mio è l'amore che mi tiene gli occhi aperti,
il devoto amor mio che annienta il mio riposo sempre
facendo guardia in tuo favore.
Per te sorveglio, mentre tu vegli altrove,
lungi da me, troppo ad altri vicino.
                                                              William Shakespeare


Domani sarebbe stato il tuo compleanno. Dico sarebbe, perché ormai te ne sei andato da tanti, troppi anni.  Eppure ancora mi manchi.
Mi manca tutto di te, i tuoi consigli, la tua ironia, il confidarmi e l'affidarmi. Perfino i nostri scontri mi mancano, perché erano motivo di crescita. Avresti dovuto resistere, e invece hai mollato.
Così mi sono ritrovata sola, in quel dubbio autunno della vita che non sai se aprire le finestre al sole o chiuderle al vento.
Ti ricordi quando ti dicevo di aprire il cuore, di non chiuderti in rabbia, rancore, paure. Quando cercavo di convincerti che aprirti all'amore, prima o poi, ti avrebbe ricompensato, perché l'amore vince sempre, vince su tutto?
Io ci credevo, ci credevo davvero, ma non sono riuscita più di tanto a trasmetterti la mia visione di vita, che a me era costata tanta fatica. D'altronde non si può evitare l'ineluttabile.
" Ma come fai a esser così!"mi chiedevi.  E io: "Me lo hai insegnato te pappà, quello che ora sono lo devo a te, ai tuoi insegnamenti." e tu piangevi, commosso per trovare in me un te che non conoscevi più.
Certo non si può dire che nella tua vita sia mancato l'amore, eppure....
Io l'amore l'ho cercato tanto, e in ogni direzione. Ho cercato amore nelle cose che facevo, nell'impegno che ci mettevo. Ho cercato amore nelle amicizie, nelle persone vicine, in uomini indegni, in avventure che io, immancabilmente, vestivo a festa per inventarle in me!
Volevo essere amata, di quell' amore che vedevo tra te e mamma e che un po' mi rendeva gelosa, ma nessuno mi ha mai detto " ti amo".
Poi finalmente un'illuminazione : l'amore era dentro di me! Era li che dovevo cercarlo, perché solo donandolo potevo sperare di riaverlo.
Noi due siamo di quelli che mettono il sacrificio al servizio della passione, ma l'amore non deve contemplare e nemmeno pretendere. L' amore deve avere la forza di diventare certezza dentro di sé. Non dona che se stesso e nulla pretende se non da se stesso. Non possiede né vorrebbe essere posseduto, poiché l'amore basta all'amore. E non ha limiti ne confini.
Non è chi è amato che ha felicità e pienezza interiore, ma è chi ama, perché amando e dando, prende. E mi si taccia pure di buonismo e di retorica. Io continuo per la mia strada.
Ti sogno quasi ogni notte, e quasi ogni notte mi raccomandi di aver cura di quel bambino che tengo per mano, di non abbandonarlo. A volte lo identifico in una persona, altre volte in un altra senza mai intendere chi sia veramente. Ma ora lo so, l'ho capito finalmente.
Il mio cuore chiude di nascosto tutti i cancelli, per meditare sui miracoli.
Ecco perché nel ricorrere del tuo compleanno voglio farti un regalo: donarti la mia serenità, il mio cuore colmo d'amore. E dirti di stare tranquillo, di non preoccuparti più per me. Io non sono sola, ho Amore in me, e lo tengo ben stretto.Non mi manca niente, non ho bisogno di niente..Riposa sereno.
OMNIA VINCIT AMOR, l'amore vince sempre, vince su tutto. E io, fortunatamente, ci ho creduto!

                   Come t'amo?
                    Lascia che te ne conti i modi:
                    T'amo fino alla profondità e all'ampiezza
                   e all'altezza
                   cui la mia anima arriva quando brancola
                   in cerca degli invisibili confini dell'essere
                   e della bellezza ideale.
                   T'amo a livello della più tranquilla
                   necessità quotidiana, a lume di sole
                   e di candela.
                   T'amo liberamente, come gli uomini lottano
                   per la giustizia,
                   T'amo con purezza, come son puri gli uomini
                   quando rifuggono la lode.
                   T'amo con la passione che mi fu utile
                   nelle mie antiche angosce, e con 
                   la fede della mia infanzia.
                   T'amo con l'amore che mi parve perdere
                   insieme ai miei cari perduti.
                   T'amo col respiro, il riso,
                   il pianto di tutta la vita!
                   E, se Dio vorrà,
                   T'amerò ancor meglio dopo la morte.

                                            Elisabeth  Barret Browning.

giovedì 20 settembre 2012

I nuovi mostri!

Dal dizionario enciclopedico Motta: 
MOSTRO- in senso figurato: persona eccezionale, singolare nell'operare sia il bene che il male.

E' vero, non lo metto in dubbio. Fortunatamente ci sono anche mostri  in senso positivo, come, ad esempio, mia nipote Giulia, mostro di incoscienza, che è riuscita a rimediare un anno scolastico disastroso, nato male e conclusosi peggio, facendosi un bel mazzo tutta l'estate e affrontando a viso aperto i suoi "mostri personali", riuscendo anche stavolta a sconfiggerli.
O quelli come mio genero, mostro di resistenza, che ha passato un'estate torrida lavorando anche più di dodici ore al giorno senza conoscere né domeniche, né altre feste comandate.
E' vero che lui è innamoratissimo del suo lavoro (fa il carpentiere navale),ma penso che si debba lavorare per poter vivere meglio, non vivere per lavorare e basta.
D'altra parte, con la crisi che c'è, meglio così che senza. Ma questa è tutta un'altra storia.
Sono altri i "mostri" di cui voglio parlare. Perché sono qui, ci circondano, fanno parte del nostro quotidiano. Sono ovunque, anche se non ci facciamo caso. Ma ci sono, e a me sembrano aumentare in maniera esponenziale.
E' vero, con l'età sono sempre più attenta alle piccole cose, alle sfumature.
Partecipo poco al chiacchiericcio da spiaggia fatto così, pour-parler, perché mi annoia profondamente. Preferisco ascoltare, osservare quello che accade intorno. E quello che vedo, il più delle volte, mi spaventa proprio. Di certi stereotipi di persone, perchè ormai questa umanità sembra fatta in serie, è pieno in giro, e più osservi più spuntano.
Parliamo di queste mammine moderne ad esempio: iper-attive, super-impegnate, e sempre, sempre, troppo nervose.
Arrivano in spiaggia già stanche, snervate, e se la rifanno su chi? Sui figli,naturalmente!
Ho assistito a scene quest'estate che per poco non mi costringevano all'intervento, perché io non tollero la violenza, di nessun genere.
Bambini maltrattati, strapazzati, umiliati di fronte agli estranei. Parole scagliate contro come lame di coltello, con l'intento proprio di ferire, di far del male. E non importa l'età di chi hai di fronte, non si risparmia nessuno, dal neonato piangente, stressato per il troppo caldo, alla bambina piccola che si annoia perché l'amichetta non è ancora arrivata, al ragazzino che cerca inutilmente l'attenzione di una madre troppo presa da se stessa e dalle chiacchiere vacue e fatue con la vicina d'ombrellone.
"Basta, mi hai rotto. Sono stanca, ti riporto a casa, così impari!"
Ecco la minaccia preferita: ti riporto a casa. Quasi che  il venire sul mare fosse un sacrificio come il lavorare in miniera.
Ma resta te a casa, brutto mostro, che reclami solo il tuo diritto al riposo e all'abbronzatura. Che non sai portare rispetto ai tuoi figli ma poi lo pretendi. Che li vivi come un lavoro.
E tra le pareti domestiche le cose non migliorano: "Sei un fallito. Non vali niente. Questa è casa mia e qui si fa come dico io."
Giuro, le ho sentite con le mie orecchie.
Mostri, sono mostri di brutalità e cattiveria che sfogano le proprie frustrazioni cercando di sopraffare il più debole, con il solo diritto che da loro l'essere più forti e prepotenti.
Ma restiamo in spiaggia, perché ce ne sono altri di casi da neuro.
Ad esempio: la tuttologa. Quella che sa tutto di tutti, che parla sempre, ininterrottamente, da quando arriva a quando se ne va. E spazia indifferentemente dalla cronaca, locale e non, alla politica, alla medicina, allo sport. Lei sa tutto! Vede tutto, capisce tutto e su tutto ha un opinione. Salvo poi ricondurre ogni cosa ad un unico soggetto : se stessa.
Che palle! Ma cosa mi può interessare del tuo rapporto con " quell'omo che sta con te" ( alias marito). Delle tue passeggiate in montagna durante le tue costosissime vacanze (perché, qui lavori?)
o del tuo diabete alimentare.
Ma ti ha insegnato nessuno ad usare qualche decibel in meno? Insopportabile! Specialmente quando infarcisce i propri discorsi con battutacce da viareggina da Canzonetta credendosi simpatica, e rincara la dose canticchiando e ballonzolando il suo motivo preferito: Il pulcino pio.
Che profondità! Sembra la Fossa delle Marianne.Non se ne può proprio più.
Se guardi un po' più in là, invece, trovi un altro prototipo da seguire (si fa per dire) : il bagnino intollerante.
Non criticatelo, non fategli osservazioni, non lo fate lavorare troppo perché si altera.
Sopporta poco lo straniero, che non capisce, e non tollera il diverso, che non apprezza.
Raggiunge il massimo della soddisfazione quando riesce a beccare il ladruncolo da spiaggia e a menarlo tanto da mandarlo in ospedale. E poco importa se finisce la stagione con il braccio ingessato, lui si sente un eroe!
Poi abbiamo la finta buonista, quella che si accosta solo per sapere come ti barcameni nei tuoi problemi, così si consola dei suoi.
L'incazzata perenne, che vede sempre tutto nero e ti dipinge un futuro che ti verrebbe voglia di buttarti in mare e nuotare all'infinito, fino allo sfinimento, almeno così si finisce prima.
Il cafoncello, che ostenta la propria posizione sociale, sentenzia, giudica, fa lo sbruffone, ma è accanto a te d'ombrellone anzi, a ben guardare, il suo è più sgarupato del tuo.
E ho notato un'altra cosa: più sono piccoli di statura, più cattivi sono. Forse perché, come diceva De Andrè :"hanno il cuore troppo vicino al buco del culo".
Certo potri andare avanti all'infinito in questo campionario damostroteca, ma la cosa mi demoralizza troppo.
Possibile che nessuno si faccia un po' di autocritica, abbia un minimo di introspezione, che nessuno sia capace di guardarsi allo specchio?
Mi sorge un dubbio, ché alla fine questa mia senile intolleranza un po' mi fa pensare....
Vuoi vedere che, tra tutti, la peggiore sono proprio io?
MA ANCHE NO


.....Avete girato una vita intera per cercare i vostri nemici! Siete stati sulle montagne e sulla riva del mare, nella pianura e nella foresta ma non li avete trovati.
Ora tu, amici mio, te ne torni triste e frastornato, hai sospettato, insinuato, maledetto, accusato, bestemmiato.
Sei stanco? Chinati e bevi al ruscello e troverai il tuo nemico riflesso nell'acqua. Come non lo sapevi? Tu sei il tuo nemico.

                                                      Giovanni Notarnicola (Quattro passi dentro..)

domenica 16 settembre 2012

A SIMONE E GIUSI

Simone caro, perdonami, ma altro non ho da donarti in questo momento che un grande augurio  per le tue nozze e un grande affetto che mi scaturisce dal profondo del cuore.
Ti ricordo bambino, quando di tanto in tanto anche da solo venivi a trovare la zia Pierina così. senza motivo, solo perchè la tua sensibilità e la tua educazione te lo chiedevano.
Sei sempre stato un ragazzino maturo, assennato.Più grande della tua età, con un grande senso del dovere.E per quanto vale, ti posso garantire che i tuoi nonni sarebbero stati orgogliosi di te e chi sa che di la un po' non si vantino di averti come nipote.
Da un po' ormai ti ho perso di vista, ma ho sempre seguito i tuoi passi attraverso le parole fiere(e a ragione) dei tuoi genitori.
Ora ti sposi, hai deciso, e sono sicura che anche nella ricerca della tua compagnia sarai stato serio e oculato.
Io non la conosco, ma certo sarà una bella persona se ha scelto te come compagno per il suo percorso.
il matrimonio è un grande passo ed io sono una che, nonostante le disillusioni, ancora ci crede e ricorda che non è l matrimonio che santifica l'amore, ma l'amore che giustifica il matrimonio.
Ti voglio bene Simo, e auguro a te e alla tua sposa, senza retorica, di riuscire insieme a costruire il migliore dei mondi possibili.
Ti lascio questi versi perchè ti siano preziosi.E' poco ma è tutto quello che posso e te li dono col cuore. Un bacione.

Allora Almitra nuovamente parlò e disse:Che cos'è il 
Matrimonio, maestro?
Ed egli rispose dicendo:
Voi siete nati insieme, e nsieme starete per sempre.
Voi sarete insieme quando le bianche ali  della morte 
disperderanno i vostri giorni.
Si, insieme anche nella tacita memoria di Dio.
Ma vi siano spazi nella vostra unione,
E fate che i celesti venti danzino tra voi.

Amatevi reciprocamente,ma non fate dell'amore un 
laccio:
Lasciate piuttosto che vi sia un maremoto tra le 
sponde delle vostre anime.
Riempia ognuno la coppa dell'altro, ma non bevete da 
una coppa sola.
Scambiatevi il pane, ma non mangiate dalla stessa pagnotta.
Cantate e danzate e siate gioiosi insieme, ma che ognuno
di voi resti solo, 
Così come le corde di un liuto son sole benchè vibrino 
della stessa musica.

datevi il cuore, ma l'uno non sia in custodia dell'altro. 
Poichè soltanto la mano della Vita può contenere entram
bi i cuori.
E restate uniti, benchè non troppo vicini insieme:
Poichè le colonne del tempio restino tra loro distanti,
E la quercia e il cipresso non crescono l'una a l'ombra 
dell'altro.
                                             Kahlil  Gibran 

sabato 15 settembre 2012

Acquerello d'Estate.

"Per quest'anno non cambiare
stessa spiaggia stesso mare..."
E no che non cambio, non ci penso proprio.
" Chi sta bene un si tramuti " diceva mia nonna, e a me l'idea di inoltrarmi tra le dune odorose di camuciori e non avere tanti ragazzi chiassosi intorno, sta proprio bene. In fondo il mio stabilimento balneare un po' mi assomiglia: decadente, fuori moda, con un look decisamente senza pretese, ma tranquillo e bello largo. Insomma, mi calza a pennello.
Certo tra bagnini e vicini di sdraio l'occhio un po' ne soffre, ma, quando dopo la chilometrica e soleggiata passerella, ti siedi al fresco dell'ombrellone e ti trovi di fronte quell'immenso tappeto turchese, beh, li hai la prova che Dio c'è! E come ogni anno ti ritrovi a doverlo ringraziare perché sei di nuovo a godere di tutto questo.
Oddio, dopo qualche giorno, quando ti accorgi che non è cambiato proprio niente, un po' le balle ti girano. stesse facce, stessi discorsi, stessi problemi dell'anno prima.
Per fortuna quest'anno, causa un forzato stop dal lavoro, ho con me mia figlia, e ne sono felice.
Finalmente me la godo un po' come quando era bambina, e come allora il suo pensiero principe sono "i panini". Sembra sempre possa morir di fame. Eppure, nonostante tutto, è dimagrita parecchio.
E' proprio bella la mia Dany, con quella massa di capelli biondi e gli occhi azzurri attira un sacco di sguardi. Ma lei non se ne accorge e continua a camminare sulla spiaggia avvolta in un enorme e pesante asciugamano. Meglio se nero ché sfina di più.
Contenta lei..! Intanto, sotto l'ombrellone, ringhia senza ritegno a chi non le piace, come fosse il mastino dei Baskerville.
A me fa ridere e mi diverte molto con quell'atteggiamento da spacca montagne, perché poi, in fondo, è buona come il pane, e menomale che c'è, altrimenti tra la nostalgia di Pascal per la sua Francia e Nivea che quest'anno sembra non reggerla proprio, sai la noia. Ogni anno è sempre peggio. Sarà l'eta che cresce o la tolleranza che cala?
Per fortuna al "Geriatrik Park" abbiamo avuto delle novità, delle botte di vita notevoli.
Sono state come pennellate di colore su una tavolozza grigia, e ve le voglio proprio raccontare.
Ma cominciamo dalla prima.....

LOLA. C'est la vie.

Lola è una parigina tutto pepe, nipote di Pascal, e in estate era solita venire con i genitori e la sorellina in vacanza a Viareggio.
Quest'anno si è concessa qualche giorno in più da sola per stare con la zia che lei chiama Tatà.
Ha sette anni Lola, è longilinea ed aggraziata, con gli occhi scuri e profondi. Sembra una bambina come le altre, ma purtroppo a lei la vita ha già riservato la prima batosta, ha perso la mamma un anno fa.
Tornata a casa dalle vacanze, la sorella di Pascal ha scoperto di aspettare un bambino. E' festa grande, ma dura poco. Dopo qualche mese perde la creatura e scopre il male che, in poco più di un anno, se la porterà via. Tutto il resto riguarda loro e il loro dolore, ma Lola è qui, ed io non riesco a guardarla senza che non mi si formi un nodo in gola. Perché la vita è ingiusta, e Dio, alle volte, si distrae un po'! Non ne capisco il disegno ma non importa, mi concentro sulla bambina per la quale, non so perché, ho un trasporto strano. Forse perché fisicamente mi ricorda tanto Laura, la mia piccoletta.
Lei è schiva e silenziosa, e se la guardo sembra quasi infastidita. D'altra parte il non conoscere l'italiano non l'aiuta con gli altri bambini. Gioca solo con la zia, che si dedica a lei anima e corpo.
Ma io sento dentro di me che devo, voglio stabilire con lei un dialogo. C'è una lingua universale che è "il linguaggio del corpo", e voglio provare.
Comincio con un sorrisetto, una carezzina quando è vicina, una smorfia o una faccina strana quando fa qualcosa di divertente.
Lei comincia a ricambiare gli sguardi, certo incuriosita da questo balenottero spiaggiato che ogni tanto butta li una mezza parola in un francese improbabile e buffo. Al terzo giorno di spiaggia le tiro un bacetto e lei TAC , lo ricambia.
E' fatta. Siamo entrate in contatto. Da li in avanti il nostro feeling si rafforza giorno dopo giorno in un crescendo rossiniano che mi fa felice e mi sprona ad andare in spiaggia. Perché lei mi cerca.
E quel giorno che, uscita dall'acqua infreddolita, riesco a prenderla tra le braccia avvolta nel suo asciugamano ecco, li sento tutta la sua fragilità di bambina e il suo bisogno d'amore.
Tiene la testina appoggiata sul mio seno e socchiude gli occhi lasciandosi cullare dolcemente.
Non posso sapere cosa lei stia pensando in quel momento, ma avverto, lo giuro, la sua mamma vicina a me, in ginocchio sulla sabbia, che mi ringrazia per quell'amore che, attraverso me, lei riesce ancora a trasmettere alla sua bambina. Sono attimi, e li recepiamo solo noi, ma è assai perché le nostre tre anime  s'incontrino in un momento che mi è rimasto impresso nel cuore.
Purtroppo le sue vacanze sono al termine e il papà, assieme a Louison, la splendida sorellina di cinque anni, vengono a riprendersela.
Devo fare qualcosa, voglio che si ricordi dell'affetto che ho per lei anche quando sarà a Parigi.
Le cerco un regalo, qualcosa di speciale che le ricordi il mare, questo posto. Giro mezza Viareggio e non trovo niente di adatto. Poi ricordo che lei, in questi giorni, ha raccolto conchiglie da portarsi via, e allora trovo una bella scatola di legno in cui potrà riporle. E' anche un carillon, e quando la apre una ballerina comincia a danzare. Bene, lei fa danza da tre anni.
Gliela consegno il giorno della sua partenza e le spiego il perché di quella scelta, mentre Pascal mi traduce.
"Vedi, è una ballerina come te. Quando quest'inverno a casa ti sentirai un po' sola e triste, aprirai la scatola, riguarderai le tue conchiglie e penserai a noi che ti vogliamo tanto bene."
Lei mi abbraccia e mi bacia, e al pensiero che se ne va mi si stringe il cuore.
Quando, ormai lontana sulla passerella del bagno. si gira e, rivolta a me, stringe forte sul petto, cullandola, la sua "preziosa" scatola. so che il bacio che mi manda è una promessa, che ricambio con tutto il cuore.
" Au revoir ma petite. A' la prochaine fois. Ti voglio bene!


Ma su questo piccolo, assolato lembo di terra non c'è spazio per la nostalgia e, come nella vita accade, bisogna andare avanti, voltare pagina. E sulla spiaggia arriva un ciclone........:
NAOMO E GONGOLO,  il ritrovarsi.

All'inizio erano tre, come i porcellini, Livio (il maggiore), Roberto e Gianluca (i gemelli).
Figli di mia cugina Liviana, vicina d'ombrellone, non li vedevo da una vita anche se posso dire di averli praticamente cresciuti. Livio perché con la famiglia frequentava altri lidi, molto più "in", e i gemelli, entrambi comandanti di grossi mercantili, imbarcati da un anno all'altro. Ognuno logicamente con la propria famiglia, i propri figli, la propria vita.
Poi il patatrac. " Ni c'ha preso la moria!" avrebbe detto mio padre, perché nel giro di due anni si sono separati, prima Livio, poi, inaspettatamente, Roberto. Il primo in effetti dopo anni di un matrimonio da sempre traballante e travagliato. Ma, mentre i genitori temevano una drastica decisione di Luca, che non se la passa tanto meglio degli altri due, a sorpresa (o quasi ) si è rotto il matrimonio di Roberto. E lui non l'ha presa molto bene, anzi, oserei dire che l'ha presa proprio male!
Così, dato che l'unione fa la forza, i tre dell'Ave Maria hanno optato per una terapeutica vacanza all'ombrellone di mamma. Ed è stato uno tzunami di ricordi..!
Veramente Gianluca, detto " il pirata" (capello alla Diego Abatantuono, orecchino e tatuaggi), è presto volato a Miami per raggiungere la famiglia in vacanza "culturale", non molto allegramente e con qualche "Madonna...",ma alla fine è andato. Mentre gli altri due....
Arrivavano sotto l'ombrellone verso l'ora di pranzo, quasi sempre separatamente, ma, anche se eri di spalle, avvertivi la loro presenza perchè l'aria si caricava di una strana energia frizzante.
Dopo i primi convenevoli (sono entrambi persone molto educate), abbandonate le formalità, hanno rotto come i cavalli da corsa, due fiumi in piena. E ne hanno avute di cose da dire!
Livio poi, é veramente incontinente. Lo conosco da quando è nato, e abbiamo condiviso tantissimo delle nostre vite, finché il fato, le cose, ci hanno separati. E ora è qui, termo - borsa carica di frutta fresca, olio abbronzante ( a fine stagione sembrerà uno "scarabeo stercularis"), e l'immancabile pareo al posto del telo da mare. Era inevitabile soprannominarlo "Naomo".
E' un guascone Livio, un sangue caldo, esuberante, smargiasso, chiacchierone, e incazzato. Lo è con la ex, col destino, e trasforma la sua rabbia in eccitazione frenetica.
Non si ferma mai. E' iper-attivo, iper-organizzato, sembra che le sue giornate siano di cinquanta ore, e lui te le vorrebbe esporre tutte! Ma è simpatico, affettuoso, e ha tanto, tanto bisogno di raccontarsi ..., e di essere ascoltato.
A me fa tanta tenerezza e lo ascolto sempre volentieri, anche perché ha una memoria da elefante e mi riporta spesso indietro, narrandomi cose che io magari ho dimenticato ma tengo ancora dentro.E il sapere che, nonostante tutto, lui le conserva in se, me lo rende ancora più caro. Perché lo so, lo percepisco che, nonostante la usa esuberanza e le sue spacconate, in realtà lui è forse il più fragile dei tre, e nasconde la sua fragilità dietro una faccia da "mascalzone" che lo fa sembrare ancora un ragazzino,Un salmastroso Peter Pan.
Tutt'altra cosa è invece Roberto, che mi si è rivelato come persona nuova, quasi sconosciuta, ma veramente cara.
Andatura caracollante, capelli cortissimi e occhialetti da intellettuale, sembra più un professore che un uomo di mare e, tra i tre, è all'apparenza il più remissivo, il più pacato.Ma non è così.
Roberto ha personalità da vendere, e se non fa esplodere la sua rabbia, è solo perchè la sua sensibilità e la sua intelligenza lo tengono a freno.
Lui non è uno che parla molto, non si espone più di tanto ma alle volte (voce dal sen fuggita) butta li qualche parolina, qualche frase tagliente che lasciano intravvedere un passato di sofferenza e sacrifici che lo hanno davvero segnato.
Roberto è arrabbiato triste, deluso e disilluso, perché, per l'ennesima volta, gli altri hanno deciso per lui. Una volta ancora ha "subito" una decisione, e ha visto vanificare i suoi sacrifici, ha dovuto mettere da parte i suoi sogni.
Ma non china la testa. Da buon incassatore ha ripreso in mano la sua vita perché lui sa, dentro di se, di avere tutti gli strumenti necessari per ricominciare. E non è solo!
Forza ragazzi, ogni crisi è come una stazione. E' come un punto di passaggio da cui, prima o poi, si riparte. E quelli come noi non hanno tempo per fermarsi sulla soglia della malinconia.
Il ritrovarci mi ha tolto di dosso dieci anni di vita, e le affinità che abbiamo scoperto di avere, quella visione di vita un po' così, fatalistica, irriverente, nonostante tutto positiva, è stata un' iniezione di vitalità spero per tutti.In fondo tutti, per sopravvivere, dobbiamo mantenere viva in noi una parte di follia. Grazie, brutti matti, spero sia un l'inizio di un nuovo ciclo di incontri, ma stavolta il quando e il come lo decideremo noi!

Poi sono arrivati gli amici di sempre; Paola e Nello, con le nostre abbuffate di pesce, la cena con Beppe, le bevute al KIOSCO in pineta. La cena da mio figlio per riscoprire una Camaiore veramente d'altri tempi, e la visita lampo in spiaggia, più che gradita, dell'Andrea Banfi che, di ritorno dall' Isola d'Elba, è passato con la famiglia per un breve saluto.
Emozionante è stato il rincontrarsi con Livio e Roberto con cui aveva trascorso le estati della sua infanzia.
Il resto è il solito tran-tran estivo, con un' afa insopportabile quest'anno, tanto da far passar la voglia di fare qualunque altra cosa che non fosse un bagno in mare.
Poi, di colpo, le giornate si accorciano, la luce cambia, e gli amici ritornano in città lasciando un grande vuoto in chi rimane.
Livio si è fatto male a un piede e Roberto è stato richiamato a bordo  un mese prima del dovuto.
E' venuto a salutare con un magone che per poco non fa piangere me.
L'estate è quasi al termine. Abbiamo fatto il pieno dei ricordi da riordinare  e tenere al caldo per quando, quest'inverno, sentiremo un po' di freddo dentro al cuore.....poi...
non ci resta che aspettare un nuovo anno,
quelli che sono andati torneranno! "

                                                           ALLA PROSSIMA.


Vorrei di nuovo 
orme sulla battigia,
sciacquio e silenzio,
quell' ombra chiara
delle estati lasciate,
gli aghi di pino
nell'odore di muschio,
rami scheggiati
da quel sole sfacciato.......

                                                                      PERLA

lunedì 18 giugno 2012

TANTI AUGURI !

Il comunicare con te epistolarmente è oramai diventata per me una piacevole abitudine, perché solo così riesco ad esprimere tutto quello che mi si accavalla nella menta e nel cuore quando ti penso e non ho la possibilità di parlarti.
Un po' perché non ci vediamo molto e un po' perché, comunque, tra noi c'è sempre stato una specie di pudore nell'esporre i sentimenti, cosa che ritengo sia normale tra persone particolarmente sensibili.
Allora, come per non perdersi nel bosco i bambini spargono sassi sul loro cammino, così io semino pensieri sperando che, come briciole di pane, tu le raccolga una ad una e ti conducano a me.
Oramai sei vicino agli "anta", sei nel pieno della maturità e del vigore, ma io, come penso ogni mamma, ho chiari nella mente ogni momento, ogni attimo del nostro vivere, da quando sul mare facevo un buco  nella rena per proteggere il pancione dal sole, fino all'altra sera seduta al tavolo di casa tua.
Sai Andrea, insieme ne abbiamo passate tante, ma ti devo confessare che quello che sei diventato mi riempe di orgoglio.E voglio dirtelo adesso, perché ho aspettato tanto che il nonno mi palesasse la sua stima e il suo amore, e quando lo ha manifestato non ho fatto nemmeno in tempo a dirgli grazie.
No, non fraintendere, non sei tu a dovermi dire grazie, ma io a te, e lo voglio fare ora, semplicemente, perché ...domani chissà.
Sono fiera di te, di come sei uscito dai momenti bui, di come gestisci la tua famiglia, le tue amicizie. Sono fiera del rapporto bello che hai con tua figlia, di come ti poni con lei, di come te ne prendi cura fermamente ma senza atti di forza né costrizioni. Sempre con calma e con quel mezzo sorriso che permette a lei di essere quella bambina forte e serena che, crescendo, sta diventando sempre più.
Bada, non dico che ti condivido in tutto, perché non sarei sincera. Ma, visti i buoni risultati, penso che tu sia sulla buona strada per essere sempre più un buon compagno e una buona guida.
Ci hai messo un po' per trovare il giusto equilibrio, ma ce l'hai fatta.
D'altronde, più un anima è grande e profonda, più le occorre tempo per conoscersi. Ma sei arrivato finalmente.
E ti sono grata perché tu, tra tutti, sei forse quello che più conosce le mie fragilità. Tu, più di tutti, hai vissuto le mie tristezze, i miei dolori. Hai conosciuto le mie debolezze, condiviso i miei smarrimenti. Mi hai vista piangere.
Ma ti sei sempre tenuto per te le tue amarezze. Non hai ferito, non hai recriminato. Neanche quando mi hai vista sbagliare o quando, per timore che tu potessi soffrire di più, ti ho tenuto un po' da parte, isolandoti. E invece volevo solo proteggerti!
Ti chiedo scusa, ho sbagliato sottovalutandoti e, col tempo, ho capito che avrei dovuto coinvolgerti di più, fidarmi.
Ora lo so, e so anche che tu sai che io lo so. Perciò basta con le smancerie, mi sono lasciata andare un po' troppo.
Ti voglio bene un mondo e anche di più, non occorre che te lo dica. ( O forse si ). Tra noi solo poche parole bastano.
Lasciami tornare a fare la madre carabiniera, la brontolona che fa sempre le osservazioni, la persona rigida e tutta d'un pezzo che non si concede debolezze. La donna forte.
Quella che fingo di essere e non sono.

                     Tanti auguri amore.              




 Tu non sai dirmi il tuo amore,
non vuoi svelarmi l'animo tuo
che tieni stretto
dentro una corazza di silenzio
per paura che qualcuno
abbia a intuirne
la tenerezza di colomba ancora sanguinante
per i colpi che ti inferse la vita
fin da fanciullo,
quando eri mite e indifeso come una colomba,
e come sei rimasto 
anche dopo le ferite 
di una lunga esistenza         
vissuta nel segno dell'amore 
che non sai dire 
che non vuoi svelare.
                               
                                                           -Marina Magalli-