mercoledì 28 novembre 2012

Old sweet food

Alle volte la mente fa voli strani. Basta un niente, un suono, una voce, un odore e subito parte il treno dei ricordi, che sai da cosa prende il via ma non puoi capire fin dove arriva. Devi solo lasciarti andare e seguirlo...
Sono qui a sfaccendare in cucina mentre aspetto Tato per il pranzo e un documentario in TV attira lamia attenzione : eccoli li, i delfini! Le creature più splendide, dolci e intelligenti di questo mondo. Li adoro, ma la mia mente malata non si sofferma sullo splendore di quelle immagini, no. Fa invece un'associazione insana e sgradevole: io il delfino me lo sono mangiato!
Sì, lo confesso, ho banchettato con quelle dolci creature, e me ne vergogno. Ma non è stata colpa mia. Bisognava mangiare quello che ci mettevano in tavola e senza tante storie. E c'è anche da dire che allora di tante cose non eravamo al corrente, non c'era tanta coscienza ne conoscenza in questo campo. non sapevo che i delfini erano più umani di noi.
Ora non lo rifarei ma, a quel ricordo, parto per un tour mnemonico- gastronomico che voglio dedicare a mio fratello dato che lui, come me, ha percorso impervi sentieri culinari e, come me, ogni tanto ne ha nostalgia.
Te la ricordi la pastasciutta col sugo di delfino? Ma quanto era buona porca miseria!
La carne era un po' scura, ma aveva un sapore.....E il "musciame"? Quel pidigozzo nero, secco e salato che il pappà appendeva nel sottoscala per poi tagliarcene qualche fettina quando in tavola c'erano i fagioli lessati. Che Flipper mi perdoni, giuro che ora non ne sarei più capace (anche perché fortunatamente ne hanno proibito il commercio) ma quanto era buono! E abbiamo fatto anche di peggio: abbiamo mangiato la carne di testuggine, la tartaruga di mare.
Ricordo che capitarono per caso anche Ivo e Fiorella da Livorno, e il pappà, che quando ci si metteva era un po' stronzo, gliela fece mangiare senza dir loro cos'era. Ottima, certo. Ma quando Ivo lo seppe per poco non si sentì male e sua madre lo tenne in purga per una settimana. Che ridere!
E vogliamo parlare delle lumache? Si prendevano nel campo dietro casa, tra vigne, giunchi e sterpi, il giorno dopo che aveva piovuto e il pappà le metteva in un retino chiuso, appeso a un ramo dell'arancio nell'orto. Le lasciava spurgare per qualche giorno poi la mamma le cucinava in umido con la "niepitella", e danni con gli stuzzicadenti.
Le ranocchie invece le compravamo a " filze " da una vecchietta che passava di strada in strada e le portava già sbuzzate e spellate. Fritte erano la passione di Livio, e la zia Nenzi avrebbe fatto i debiti pur di comprargliele. E gli sconcigli ? Te li ricordi? Quella specie di conchiglioni che ci portava il pappà e la mamma doveva sbollentare, tirarne fuori la polpa, tritarla fine fine con la sua fedele lunetta e poi farne il sugo. Da paura! Uno di quei sughi che il Silvano diceva: "Versimene un po'po' nelle braette.." perché, secondo lui, risvegliava i morti. Bemmi tempi!
Ma il periodo più libidinoso era l'inverno, quando cominciava il passaggio delle " cee" . Maremma maiala che passione!
Anch'io andavo a pescarle. Te no. Te ne stavi nel tuo lettino con le cinque stecche di persiana tirate su, il bicchiere dell'acqua sul comodino,la porta di canera aperta a 45 gradi, non di più, e la solita latania di tutte le sere: Non mi fate de' lupi, non mi fate delle streghe." e bonanotte al secchio.
Io invece ero col pappà, la sul molo tra la Madonnina e il Santa Monica, cioè come tra il sacro e il profano.
Era lui che ci teneva a portarmi con se e io non ho mai saputo dirgli di no. Mi stioccava addosso un'incerata da marinaio di colore arancione che aveva rimediato non so dove e che , secondo lui, avrebbe dovuto proteggermi dal vento e dall'acqua.
Un ti dio che freddo! Credevo di morì! oltre tutto era di un plasticone rigido, tutto rotto sul colletto ma che lui, bontà sua, aveva "riparato" con del nastro adesivo cui, immancabilmente, mi si appiccicavano i capelli. Ma io resistevo imperterrita. Per mio padre avrei affrontato qualsiasi intemperia, e quando ero là, col profumo di salmastro, tra gli spruzzi del mare e il tintinnio delle sartie delle barche sballonzolate dal vento, mi sentivo la padrona del mondo.
A pesca finita si si tornava a casa col nostro bel secchiello di cee e :"Pierina, vanno pulite!" Ed era un imperativo che non ammetteva repliche.
Allora, steso uno strofinaccio sul tavolo, ci rovesciava le ceoline e poi le spruzzava di farina gialla. Si ergevano immediatamente tutte come spermatozoi impazziti, e prendeva a strofinarle con un altro panno, una brancatina per volta. Ripeteva l'operazione due, tre volte finchè non erano completamente pulite e sgrassate e solo allora, finalmente, si poteva andare a dormire.A me piacevano tanto in umido con la polenta o semplicemente in padella con un filo d'olio, uno spicchio d'aglio, una foglia di salvia e la scorzetta dell'arancia. E ci vogliamo dimenticare le frittelline? Seconde, per sapore, solo a quelle di "bianchini ". Sbavo solo a pensarci!
Ora ci hanno tolto anche quelli.Ci serve un permesso per le arselle, per i funghi, e i nostri "muscoli" sono tabù.
Ricordo con nostalgia le passeggiate in pineta in cerca di galletti ( o finferle), di pinacci, di mazze di tamburo.Quei nei sughi unti, per condire tordelli, matuffi. Il brodo col collo di gallina ripieno, il polpettone ( o "milite ignoto" come lo chiamava il pappà). La faraona, ma solo per Befana, ché veniva a pranzo il Cappellano della Misericordia ( il perché poi non l'ho mai saputo).E la carne salata nel coppo, le olive marinate, i tagliarini co' fagioli, gli spaghetti ai coltellacci, il risotto con la tinca, la farinata  col cavolo nero e i fagioli dall'occhio, l'anguilla fritta e il baccala fatto come "cazzo ammollato" o lo stoccafisso in umido con la polenta. Le arselle dell'Aladina, la folaga, il fagiano, il rognone con le patate, la coratella, il maone, il picchiante e la testina dell'agnello bollita, spolpata poi il tutto fritto con gobbi e carciofi. Ogni cosa rigorosamente annaffiata con dell'ottimo "scosciato" ( a proposito, ma da dove cacchio veniva 'sto vino?).
Ecco, sto per svenire, ma un ultimo ricordo ossequioso va a quella forma di pecorino stagionato che gravava sulle nostre teste, appoggiato su una paranchina di legno ancorata con una fune al muro della veranda e il cui "aroma" , come di piedi stanchi, ci colpiva già dall'ingresso in casa.
Ci fanno una pippa a noi il kebab e il sushi.
A proposito, ti ricordi le incursioni del pappà al carretto della zia Assunta quando, per dimostrare ai clienti scettici la freschezza del pesce in vendita, se lo mangiava crudo sgusciando una cicala o scapocchiando un totanetto?
Oggi il pesce crudo è di moda, fa molta tendenza, ma all'epoca una signora nel vederlo per poco non sviene. Noi Puosi eravamo già "troppo avanti".!
Allora, ti è piaciuta la passeggiata nel tempo?
Bene, ora dimentica tutto perché non possiamo permetterci più niente. Ci siamo gastronomicamente eruditi: poco olio, niente burro, via i fritti dalla nostra tavola. Ma che vita è?
Te lo posso di', si stava meglio quando si stava peggio!
Non lo so te, ma per quanto mi riguarda vo' morì strafogata ma appagata. Almeno in quello.

P.S.  Per i dolci ti riservo un capitolo a parte, un po' più in la sennò la tu moglie mi picchia. A proposito.....

      La sposa ormai se deve de convince
      che ne le beghe della vita a due,
      si cià er fornello facile, pò vince.

                                       Aldo Fabrizi  da  "La pastasciutta"

    

5 commenti:

  1. avevo scritto un bel commento ma non me l'ha pubblicato uffa :( ci riprovo domani

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  2. delafia Ailfreda ma te sei un genio.....m'hai fatto sganascia' dal ride!!!!!! io fossi in te scriverei un libro

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  3. Cara vecchia sorella maggiore e maggiorata, chi leggesse con superficialità tutto quanto hai magistralmente descritto nel tuo post, potrebbe sorridere affermando che le conseguenze di tutto quel ben di Dio è facilmente leggibile nei nostri fisici tutt'altro che anoressici ed in effetti qualche conseguenza in questo senso la paghiamo, ma quello che un osservatore più attento dovrebbe percepire, è anche quello che ci rende delle persone privilegiate.
    Persone che hanno avuto il piacere e l'onore di essere cresciuti con due genitori che ci hanno inculcato valori sani che ci hanno reso persone "bele", se non fuori, sicuramente dentro!!!
    Se ci pensi, il portarti a pescare le cee di notte con il freddo, o le chiocciole nell'erba umida, è un insegnamento di vita: le cose migliori vanno conquistate col sacrificio, e alla fine sono anche più buone proprio per questo (a proposito le cee più buone per me erano quelle in bianco con la salvia e la scorzetta dell'arancio). Ed anche il condividere questi piaceri del palato con tante persone, che fossero amici, parenti, preti o compagni, amici facoltosi o persone invitate perchè non avevano niente da mangiare in casa loro, è un grande insegnamento di vita che abbiamo assimilato e ci portiamo dietro cercando di trasmetterlo ai nostri figli. In queste cose sta la grandezza dei nostri genitori. Mi ricordo che la mamma quando puliva le cee oltre alla farina gialla ci spruzzava dell'aceto e l'anguille facevano degli schizzi che sembravano capretti! Certo Piero Angela sarebbe inorridito, ma è vero, negli anni 60 non c'era ancora una coscienza etologica ed ecologica, quindi facciamo "outing" per aver mangiato certe cose e sicuramente non ne avremo più occasione, ma una fettina di musciame me la sogno ancora la notte, tagliato fino con i fagioli bianchi e l'olio buono!!! Abbiamo fatto cene complete a base di fagioli, te lo ricordi Leo il vigile che voleva che la mamma facesse anche la "torta di fagioli" ??? e fra i piatti qualche dimenticanza c'è, come il sugo tordellato, da paura!!! e le vassoiate di bracioline fritte che da tante che erano poi finivano rifatte nel pomodoro e con i capperi, oppure mangiate fredde nel panino??? e a proposito di fritto, le frittelline di riso regolarmente schiacciate e non tonde, belle spolverate di zucchero? e chissà quante altre cose ci dimentichiamo al momento... e pensare che sono a dieta da mesi!!!! via, visto che oggi sono a casa e non lavoro, stacco e vado a far da mangiare anche per Dino e la dadà che è al lavoro. Cosa leggera, tagliatella col tartufo portato da san Miniato dalla Serena!!! In vecchiaia ho cominciato anche a stare ai fornelli:) guarda un pò se sotto scala hai ancora un pezzo di carne sotto sale, sono anni che non la mangio!!!! A presto

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  4. Certo te sei peggio di me n quanto a gola. Per quel che riguarda la carne nel coppo non ti prometto niente, ma la tordellata è già inserita nel menu natalizio di quest'anno. Non lasciamoci sgomentare più di tanto! E ti do un consiglio, per far vedere quanto sono bella dentro ho deciso di adottare il metodi Nivea: vado in giro con le lastre. Alla prossima.

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  5. mi sono scordato di raccontarti l'origine del vino "scosciato" che veniva fatto da vigne sulle colline di Stiava sopra la zona delle feste di partito. Erano del Conte Cenami, che andava in barca col pappà ed era sordo, lui lo salutava da lontano deferente dicendo "Signor Conte di Poggio Merdoso buongiorno" ricevendo in cambio ampi sorrisi, tanto non sentiva :) sembra che la vigna fosse nata da una vite spaccata da un fulmine, quindi "scosciata" che invece di morire aveva dato vita al nuovo vitigno. Così la so io. e il vino dalla Sicilia che gli dava il Notaio Torrisi? nero e forte, piaceva a Vittorio della Liviana che diceva il vino "sorrisi" invece che Torrisi ....

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