mercoledì 12 dicembre 2012

Letterina a Babbo Natale..

Una volta non si faceva, non c'era questa gran corsa allo shopping natalizio. Si aspettava che, la notte di Natale, Gesù Bambino ci addobbasse l'albero e poi era la Befana a portare i giocattoli. O almeno così mi sembra di ricordare...Già, ma io sto parlando della seconda metà del secolo scorso (OH  Giosuè!).
Oggi le cose sono diverse: è quasi sparita la vecchietta bruttina ma generosa ma al suo posto si festeggia Halloween, e Babbo Natale già da un paio di mesi è in giro per ristoranti e negozi a prendere accordi con una renna parlante. Boh! Non ci capisco più niente.
Comunque stanotte non riuscivo a prendere sonno e l'idea di una letterina al caro vecchietto mi è balenata nella mente. Chissà però che nel mio vagheggio mentale non abbia confuso le solite preghiere con un accorato appello al vegliardo. In fondo Padre e Babbo sono sinonimi. Dunque, vediamo un po'...

Caro Babbino nostro che scorrazzi nei cieli, fa' che quando vieni, una volta all'anno, tu sia veramente una gioia e non un problema in più. Da' un senso alla tua figura. Cerca di farci fare un pasto tranquillo, se pur parco, facendoci dimenticare che abbiamo debiti e anche debitori. Lascia che, almeno una volta, le nostre tentazioni di qualunque tipo possano essere appagate. E fa che l'idea del "male" che ci circonda per un giorno almeno ci abbandoni!
                                                                                                                      Grazie.
Si, in effetti forse un po' di confusione l'ho fatta. Del resto cosa si potrebbe chiedere per non cadere
nella solita retorica melassa qualunquista? La pace nel mondo? Non ci sarà mai e lo sappiamo. L'uomo è quello che è e la bellicosità fa parte della natura umana (se così si può chiamare) .Paradossalmente per l'uomo farsi guerre e uccidersi, è "vitale". A che prò dunque farsi illusioni.
La salute? Tutti vorremmo averla, ma sappiamo bene che il nostro corpo è soggetto ad un lento, inesorabile deterioramento cui non possiamo sottrarci.
Soldi? Disinquinamento? Evitare disastri ecologici?
Andiamo, per favore, siamo onesti con noi stessi. Accettiamo le nostre ipocrite bassezze ammettendo i nostri limiti. L'umanità fa veramente schifo e non troveremo le soluzioni in una slitta volante.
Contentiamoci di vivere una giornata serena, senza assilli, in armonia, che di questi tempi sarebbe già tanto.
Cerchiamo di goderci la compagnia dei presenti senza accusare troppo la mancanza di chi non c'è più. Sì, perché fondamentalmente il Natale è proprio questo: lo struggente ricordo delle grandi assenze!
Come non rivedersi davanti agli occhi Silvano o la Pierina, sempre nei miei pensieri. O riandare col pensiero alla Ida e alla Mila, che ci hanno lasciati da poco. Due grandi donne, due grandi caratteri, due vite importanti che hanno saputo lasciare ricordi importanti.
Perciò, caro Babbo natale, quando saremo tutti riuniti nella mia bella sala addobbata, con la tavola imbandita e il caminetto acceso, lascia che per un attimo mi dimentichi dell'IMU , del mutuo e della bolletta dell'ENEL. Facci perlomeno godere dello splendore delle luci dell'albero di Natale, così che, perdendoci nel luccichio delle sue palle colorate, ci dimentichiamo, per un po', di quanto invece le nostre girino!
Buon Natale a tutti.

Immaginandomi idealmente in volo sulla slitta del caro vecchietto, saluto idealmente tutti gli amici di  Milano, grandi e piccoli;  i parenti di Cremona, quelli di Livorno, i cugini per mare. Saluto caramente anche i parenti più vicini, anche quelli che non vedo mai. Un bacio agli amici della spiaggia e alle amiche di sempre, le più care (non occorre farne i nomi). Insomma, un saluto a tutti quelli che mi vogliono bene e, perché no, anche a quelli che fanno finta o addirittura non mi sopportano. In fondo non si può piacere a tutti. Per tutti un omaggio a costo zero.
E che la vita vi sorprenda regalandovi cose che non sapevate di desiderare!

                           Il mio Presepe

A sei passi dalla battigia, una posticcia baracca di canne allestita a custodia di una botte ormai scarsa di pece, di una cima sfilacciata ai capi, di due remi scompagnati, di un gozzo capovolto.
E' qui dove il preannunciato divino monello emette il primo vagito.
Lui se ne sta lì. Gli tolgo quel po' di sabbia che gli è rimasta appiccicata alle mani prima di addormentarsi.
A dargli protezione e fiato caldo gli ho messo accanto due cani randagi.
No, niente stella. Le stelle deludono come ci ha delusi la luna. Faccio, invece, suonare la sirena di un cantiere. Dalle case di rimpetto al "cantaccio" prende a muovere i primi passi tutta la gente imparentata col mare. Padroni di fogli, marinai, carpentieri, calafati, funari, pescatori. E i figli e le spose.

                     da "Il grande gioco"  di  Egisto Malfatti

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